Il satiro

di
genere
feticismo

l Museo d'Arte Classica era un mausoleo di marmo perfetto. Le statue si ergevano come fantasmi di pietra in un'eterna posa di bellezza e virtù, i loro occhi di agata fissanti un vuoto che nessun visitatore poteva colmare. Ma quella notte, il vuoto aveva un nome: Petra.

Entrò non come un'ospite, ma come un'assolutista. Il suo corpo era avvolto in un tubino nero di latex che cigolava lievemente a ogni passo, un suono sacrilego nel silenzio sacro del museo. I suoi tacchi affilati sembravano pugnali pronti a sgozzare la quiete. Non si fermò davanti ai capolavori di Canova o ai busti imperiali. La sua meta era l'ultima sala, dedicata all'arte ellenistica.

Lì, su un piedistallo di granito nero, c'era lui: "Il Satiro in Fuga". Non era un Dioniso gioioso e ubriaco. Era una creatura catturata in un momento di pura, animalesca terrore. Il suo corpo snello e muscoloso era proteso in una fuga disperata, il volto contorto in un'espressione di panico primordiale, gli occhi sgranati verso un'inesistente minaccia. La sua unica copertura era una pelle di pantera, e tra le sue gambe, un membro semi-eretto non era un simbolo di fertilità, ma di paura, di un'erezione involontaria scatenata dall'adrenalina del cacciatore che sta per essere catturato.

"Che bello," sussurrò Petra, avvicinandosi. "Tutto questo terrore inutile. Tutta questa energia sprecata."

Posò una mano sul piedistallo. Non lo toccò per esaminarlo. Lo usò come leva per saltare su, sedendosi accanto alla statua, le gambe incrociate. Era così vicina che il suo respiro caldo poteva appannare il marmo freddo.

"Non devi più scappare," mormorò all'orecchio di pietra del Satiro. "Hai trovato la tua predatrice. O meglio... la tua dea."

Le sue dita iniziarono a vagare sul corpo della statua. Non erano carezze di ammirazione. Erano ispezioni. Seguivano i contorni dei muscoli tesi, la curva delle costole, la linea del fianco. Quando la sua mano scese verso il basso, sfiorando il membro di pietra, qualcosa accadde.

Un calore intenso, quasi bruciante, emanò dal marmo. Petra sorrise, sentendo la vibrazione sotto la sua pelle. "Sì. È lì. Non è paura. È desiderio. Un desiderio così forte che ti ha paralizzato."

Si spostò, inginocchiandosi sul piedistallo. Con movimenti lenti e rituali, si strappò il latex all'inguine, esponendo la sua figa, già umida e pulsante. Non si limitò a toccare la statua. La montò.

Si arrampicò sul Satiro, avvolgendo le gambe attorno alla sua vita di pietra, stringendo il busto freddo con le braccia. Premette la sua carne calda e umida contro il membro semi-eretto di marmo. E allora iniziò la preghiera profana.

"Vieni," sussurrò, la sua voce un comando che era anche un invocazione. "Smettila di fuggire dal piacere. Accettalo. Diventa parte di me."

Il marmo sotto di lei iniziò a gemere. Un suono profondo, di roccia che si spacca. Una crepa sottile si aprì sulla coscia del Satiro, da cui non uscì polvere, ma un fumo denso e biancastro, che odorava di ozono e di terra umana. Petra inspirò profondamente, il suo corpo che si rigirava contro quello della statua in un'orgia solitaria.

La crepta si allargò. Il marmo iniziò a non essere più freddo. Sotto le sue mani, Petra sentì il polso. Un vero polso. Debole, irregolare, ma presente.

"Sì! Svegliati!" gridò, mordendo la spalla di pietra, lasciando il segno dei suoi denti sul marmo.

E il Satiro si svegliò.

La pietra si ammorbidì, divenendo una specie di carne elastica e fredda. Il membro semi-eretto si indurì completamente, diventando un'asta di granito caldo e vivo che si allungò, la punta che le sfiorò l'ingresso. La statua si mosse. Le sue braccia, prima rigide, la afferrarono, le sue dita di pietra che si conficcarono nella sua pelle. Il suo volto, prima bloccato in un maschera di terrore, si contorse in un ricto di pura, brutale concupiscenza.

Con un urlo che fu pietra che si frantuma, il Satiro la penetrò.

Petra sbattò la testa indietro in un orgasmo che la scosse dalle fondamenta. Non era solo il suo. Era l'orgasmo della statua, la liberazione di secoli di tensione immobile. Il Satiro iniziò a muoversi, a scoparla con una forza disumana, un ritmo selvaggio e spasmodico, un animale finalmente liberato dalla sua gabbia di roccia. Ogni colpo era uno schianto, una violenza che era anche una grazia. Il marmo si staccava a scaglie dal suo corpo, rivelando underneath una pelle grigia, ruvida, muscolosa, con vene scure che pulsavano di un liquido denso e argentato.

Era vivo. E stava scoppiando.

Il suo corpo non reggeva alla trasformazione. Con ogni spinta, pezzi di lui si staccavano. Un braccio, una gamba, pezzi del torso. Ma non si fermava. Anzi, la sua disintegrazione lo eccitava ancora di più. Il suo urlo di piacere divenne un ruggito di agonia estatica.

Petra si sentiva riempire non solo da quel membro di pietra viva, ma dall'essenza stessa della creatura. Sentiva il suo panico, la sua fuga, la sua fame, la sua rabbia. E tutto questo si trasformava in un piacere così intenso da essere dolore. L'orgasmo la travolse, una serie di esplosioni incontrollabili che la fecero svenire e risvegliare in un ciclo infinito.

Quando il Satiro venne, non fu uno sborro. Fu un'esplosione. Il suo corpo si disintegrò in una miriade di frammenti di marmo e schizzi di quel liquido argentato. Petra fu sbalzata via, atterrando sul pavimento di marmo, ricoperta da una pioggia di polvere di pietra e di un seme freddo e metallico.

Rimase distesa per minuti, ansimante, il suo corpo che tremava per le scosse di ritorno. Quando si alzò, era coperta di una polvere grigia che le dava l'aspetto di una statua rotta. Ma si sentiva completa. Potente. Aveva assorbito il terrore e lo aveva trasformato in estasi.

Si rialzò, si raddrizzò il tubino lacerato e uscì dalla sala, zoppicando leggermente. Lasciò dietro di sé il piedistallo vuoto e un cumulo di detriti di marmo. Ma sul pavimento, dove era stata la statua, c'era una macchia umida e argentata. E da quella macchia, lentamente, qualcosa stava iniziando a crescere. Un piccolo germoglio di pietra, pulsante di una luce argentata. Il terrore del Satiro non era morto. Era stato solo seminato. E ora, nel museo, c'era un nuovo giardino di piaceri proibiti in attesa di fiorire.
scritto il
2025-11-14
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