Petra Croft - La fucina del dolore
di
Petulka
genere
orge
*** Dichiarazione liberatoria ***
Il presente racconto costituisce un’opera di fantasia. Eventuali riferimenti a persone, fatti, luoghi o circostanze reali sono da ritenersi puramente casuali e non intenzionali.
Tutti i personaggi ivi rappresentati sono da considerarsi maggiorenni e consenzienti in relazione a ogni azione o situazione descritta.
Qualsiasi interpretazione che attribuisca ai contenuti natura fattuale o rispondenza alla realtà è esclusa.
Ogni racconto derivante dalle fantasie è esclusivamente dedicato ad un pubblico adulto.
Questa dichiarazione ha valore per tutti i miei racconti precedenti e futuri.
Inoltre per qualsiasi commento relativo al racconto e fornirmi spunti per nuovi racconti vi prego di scrivere a:
petulka-cz@hotmail.com
__________________________________________________________________________
Questa volta, Petra Croft inseguiva un'eco. Non una traccia su una mappa, ma un sussurro che le rimbalzava nel cranio dopo la sua trasformazione nella Galleria dei Vizi. Un richiamo più oscuro, più violento. La leggenda della Fucina del Dolore, una fortezza nascosta nel cuore di un vulcano attivo, dove non si venerava il piacere, ma la sua unione con la sofferenza. "La luce mi ha annoiata," sibilò Petra, i suoi occhi viola ora ardenti di una fame nuova. "Voglio sentire il bruciato. Voglio essere forgiata nel fuoco."
La Fucina non era un luogo, ma un'architettura di ferocia. Scavata direttamente nella roccia viva del vulcano, le sue pareti stillavano zolfo e vapore acido. L'aria era un soffio rovente che bruciava i polmoni. E i suoi abitanti... erano gli Infernieri. Non erano alieni eleganti, ma semidei brutali, alti e massicci, con la pelle rossa e screpolata come la lava e capelli fiammeggianti. Erano nudi, i loro corpi ricoperti di cicatrici e piercing di metallo rovente. E i loro cazzi... erano armi di distruzione. Neri, nodosi, venosi, con anelli di ferro infuocato infilati lungo l'asta e teste enormi che gocciolavano un liquido denso e nero come il catrame.
Petra entrò nella sala del trono, un'immensa cava dove un fiume di magma scorreva lentamente, gettando un'ombra danzante su tutto. Sul trono di ossidiana siedeva il Gran Forgione, un colosso così grande che la sua ombra poteva inghiottire un uomo. Il suo cazzo era un masso, appoggiato sulla coscia come un bastone da comando. "La Galleria ci ha mandato la sua puttana luminosa," ringhiò, la voce come il frastuono di una frana. "Sembra fragile. Vediamo se resiste al fuoco."
Petra non rispose. Si limitò a sfilare i pochi brandi di pelle che la coprivano, presentando il suo corpo al giudizio di quella corte di demoni. "Sono venuta a essere spezzata," disse, la voce ferma. "Non deludetemi."
La sua sfida fu accolta con un risata collettiva, un suono roco e metallico. Due Infernieri la afferrarono. Le loro mani erano tenaglie roventi che le impressionarono la pelle. La trascinarono verso una grande incudine di ferro nero, ancora fumante. "La prima forgiatura è per il suo culo," sibilò il Gran Forgione. La gettarono a pancia in giù sull'incudine. Petra urlò quando la sua pelle si bruciò sul metallo rovente. Il dolore era acuto, elettrico, e si fuse istantaneamente con un bramosia folle che le bagnò la figa.
Un Inferniere si positionò dietro di lei. Non le preparò il culo con delicatezza. Le infilò due dita ruvide, quasi spezzandole, e poi, con un urlo selvaggio, le conficcò il suo cazzo nodoso dentro. Petra emise un verso che non era umano, un lamento di pura agonia. Il cazzo le strappava l'intestino, gli anelli di ferro rovente le bruciavano le pareti interne. "SÌ! BRUCIAMI! SPEZZAMI! TRASFORMAMI IN CENERI!" gridò, le lacrime che le evaporavano sul viso rovente.
Mentre la sodomizzavano con una violenza che le dislocava quasi le anche, un altro si positionò davanti. Le afferrò i capelli e le infilò il suo cazzo catramoso in gola. Era amaro, puzzava di zolfo, e la soffocava. Petra non lottò. Si lasciò scopare la gola, sentendo i muscoli del collo protestare, il suo corpo un'extensión della loro ferocia. Poi un terzo si sdraiò sotto di lei, schivando il metallo rovente, e le infilò il cazzo nella figa che gocciolava. Era impalata, un pezzo di carne da martellare su un'incudine. Ogni colpo era un colpo di maglio, un'esperienza di dolore e piacere così intensa da farle perdere la cognizione del tempo.
"LA TROIA RESISTE! VEDIAMO QUANTO!" urlò il Gran Forgione. Fece un cenno. Due Infernieri si avvicinarono con delle tenaglie. Non la presero per la pelle, ma per le labbra della figa. Le strinsero, allungandole, tirandole come fossero gomma da masticare. Petra urlò, un suono straziato di dolore puro. Ma in mezzo a quell'agonia, un orgasmo esplosivo la scosse. Uno squirt violento le schizzò dalla fica, un getto che sibilò quando toccò l'incudine rovente. "LA PUTTANA VENNE DAL DOLORE! È DEGNA!"
Ma la vera distruzione era ancora arrivare. La sollevarono, il suo corpo un masso di dolore e piacere. Uno si sdraiò a terra, il suo cazzo eretto come un chiodo. La fecero abbassare, impalandola nel culo. Poi un secondo si positionò davanti e le infilò il cazzo in fica. Poi un terzo le riempì la bocca. Era piena, stremata. Ma il Gran Forgione si alzò. Il suo cazzo era un'arma da assedio. Si positionò davanti a lei, tra le sue gambe, mentre gli altri due la tenevano aperta. Con un ruggito, le infilò il suo cazzo nella fica già piena. DUE CAZZI IN FICA, UNO NEL CULO, UNO IN BOCCA. Petra non svenne. Il suo corpo non glielo permise. Il suo cervello si fuse in un pulpido di pura sofferenza estatica. Era un buco, un recipiente, un'offerta sacrificale. Sentiva i suoi muscoli lacerarsi, le sue ossa scricchiolare, la sua anima bruciare. E amava ogni secondo.
"ORA, L'ULTIMA BATTITURA!" urlò il Forgione. Sentì i loro corpi irrigidirsi. Le sborrate furono un'inondazione infernale. Non erano sperma, ma lava liquida, bollente, densa, che le inondò l'interno. Le vennero in fica, bruciandola dall'interno. Le vennero nel culo, un'infusione di fuoco. Le vennero in gola, costringendola a inghiottire il metallo fuso. Petra urlò, ma il suono fu soffocato dalla lava che le riempiva. Quando la tempesta finì, la gettarono a terra come un ferro battuto e raffreddato.
Stava lì, un ammasso di carne tremante, coperta di sudore, di sperma catramoso e dei suoi stessi fluidi, il suo corpo un'opera d'arte di violenza. Ma il suo riposo fu di breve durata. Dalle caverne più profonde della Fucina, attirati dal rumore e dall'odore del sesso, emersero nuove creature. Erano i Bruti, i lavoratori non-sapienti della fortezza. Essi erano ancora più grandi e deformi degli Infernieri, corpi tozzi e sproporzionati, con braccia più lunghe delle gambe e volti senza espressione, solo una bocca enorme e denti aguzzi. E tra le loro gambe, una selva di cazzi deformi, some dei vermi, alcuni con due teste, altri ricoperti di aculei.
Il Gran Forgione sorrise, un'espressione crudele sul suo volto di roccia. "I miei cani hanno fame. Facciamela divertire."
Un bruto si gettò su di lei come un animale, le divaricò le gambe con una forza brutale e le infilò il suo cazzo aculeato nella figa già devastata. Petra urlò, un suono roco e spezzato. Gli aculei le graffiavano le pareti interne, una frizione di fuoco. Poi un altro le infilò il cazzo in culo, così grosso che le sentì le ossa del bacino protestare. Un terzo le si sedette sul petto, le schiacciò le tette e le infilò il suo cazzo biforcuto in bocca. Era un'orgia di pura brutalità, senza tecnica, senza grazia, solo una violenza animale.
Ma Petra, in mezzo a quell'agguato, trovò una nuova forza. La rabbia. Si ribellò. Con un urlo che scosse le fondamenta della fortezza, si liberò dalla presa del bruto che la stava soffocando. Si rialzò, un'immagine furiosa di una dea della battaglia. "NON SONO LA VOSTRA CAGNA!" ringhiò, e con un movimento fulmineo, afferrò il cazzo di un altro bruto e lo strinse con forza così tremenda da farlo urlare. Lo tirò, sbilanciandolo, e lo gettò contro un altro.
La sua ribellione infiammò la folla. I Bruti, invece di spaventarsi, divennero ancora più eccitati. La circondarono, decine di loro, un muro di carne deforme e famelica. Questa volta, non c'era scampo. La gettarono a terra, e l'assalto divenne un'orgia di violenza totale. Un cazzo in fica, due nel culo, uno in bocca, due che le strofinavano la loro carne ruvida contro il viso, altri che le leccavano i piedi, le mordicchiavano i polpacci. Era sommersa, sepolta sotto un'onda di corpi bestiali. Le sue mani afferravano qualsiasi cosa potessero trovare, palle, cazzi, culi, strappando e graffiando, non più per piacere, ma per pura sopravvivenza.
Le sborrate dei Bruti erano un'esplosione disgustosa. Spermatiche, maleodoranti, abbondanti, le inondarono da ogni parte, le riempirono fino a farla strabordare, la ricoprirono come una melma. Quando l'ultimo bruto ebbe finito con lei, Petra giaceva immobile, in una pozza di sperma, secrezioni vaginali, urina e latte uscito dalle sue tette gonfie e piene. Era sconfitta, annientata, umiliata.
Ma non era morta. Si rialzò, lentamente, il suo corpo un masso di dolore. Si guardò intorno, gli occhi che bruciavano di un nuovo fuoco, un fuoco di odio. Si rivolse al Gran Forgione, che la guardava con un'espressione di divertimento. "Non hai finito con me," sibilò Petra, la voce un ghigno di sfida. "Hai solo fatto arrabbiare la bestia. E ora, la bestia vuole vendetta." La Fucina del Dolore aveva creato un mostro. E quel mostro era lei.
Il presente racconto costituisce un’opera di fantasia. Eventuali riferimenti a persone, fatti, luoghi o circostanze reali sono da ritenersi puramente casuali e non intenzionali.
Tutti i personaggi ivi rappresentati sono da considerarsi maggiorenni e consenzienti in relazione a ogni azione o situazione descritta.
Qualsiasi interpretazione che attribuisca ai contenuti natura fattuale o rispondenza alla realtà è esclusa.
Ogni racconto derivante dalle fantasie è esclusivamente dedicato ad un pubblico adulto.
Questa dichiarazione ha valore per tutti i miei racconti precedenti e futuri.
Inoltre per qualsiasi commento relativo al racconto e fornirmi spunti per nuovi racconti vi prego di scrivere a:
petulka-cz@hotmail.com
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Questa volta, Petra Croft inseguiva un'eco. Non una traccia su una mappa, ma un sussurro che le rimbalzava nel cranio dopo la sua trasformazione nella Galleria dei Vizi. Un richiamo più oscuro, più violento. La leggenda della Fucina del Dolore, una fortezza nascosta nel cuore di un vulcano attivo, dove non si venerava il piacere, ma la sua unione con la sofferenza. "La luce mi ha annoiata," sibilò Petra, i suoi occhi viola ora ardenti di una fame nuova. "Voglio sentire il bruciato. Voglio essere forgiata nel fuoco."
La Fucina non era un luogo, ma un'architettura di ferocia. Scavata direttamente nella roccia viva del vulcano, le sue pareti stillavano zolfo e vapore acido. L'aria era un soffio rovente che bruciava i polmoni. E i suoi abitanti... erano gli Infernieri. Non erano alieni eleganti, ma semidei brutali, alti e massicci, con la pelle rossa e screpolata come la lava e capelli fiammeggianti. Erano nudi, i loro corpi ricoperti di cicatrici e piercing di metallo rovente. E i loro cazzi... erano armi di distruzione. Neri, nodosi, venosi, con anelli di ferro infuocato infilati lungo l'asta e teste enormi che gocciolavano un liquido denso e nero come il catrame.
Petra entrò nella sala del trono, un'immensa cava dove un fiume di magma scorreva lentamente, gettando un'ombra danzante su tutto. Sul trono di ossidiana siedeva il Gran Forgione, un colosso così grande che la sua ombra poteva inghiottire un uomo. Il suo cazzo era un masso, appoggiato sulla coscia come un bastone da comando. "La Galleria ci ha mandato la sua puttana luminosa," ringhiò, la voce come il frastuono di una frana. "Sembra fragile. Vediamo se resiste al fuoco."
Petra non rispose. Si limitò a sfilare i pochi brandi di pelle che la coprivano, presentando il suo corpo al giudizio di quella corte di demoni. "Sono venuta a essere spezzata," disse, la voce ferma. "Non deludetemi."
La sua sfida fu accolta con un risata collettiva, un suono roco e metallico. Due Infernieri la afferrarono. Le loro mani erano tenaglie roventi che le impressionarono la pelle. La trascinarono verso una grande incudine di ferro nero, ancora fumante. "La prima forgiatura è per il suo culo," sibilò il Gran Forgione. La gettarono a pancia in giù sull'incudine. Petra urlò quando la sua pelle si bruciò sul metallo rovente. Il dolore era acuto, elettrico, e si fuse istantaneamente con un bramosia folle che le bagnò la figa.
Un Inferniere si positionò dietro di lei. Non le preparò il culo con delicatezza. Le infilò due dita ruvide, quasi spezzandole, e poi, con un urlo selvaggio, le conficcò il suo cazzo nodoso dentro. Petra emise un verso che non era umano, un lamento di pura agonia. Il cazzo le strappava l'intestino, gli anelli di ferro rovente le bruciavano le pareti interne. "SÌ! BRUCIAMI! SPEZZAMI! TRASFORMAMI IN CENERI!" gridò, le lacrime che le evaporavano sul viso rovente.
Mentre la sodomizzavano con una violenza che le dislocava quasi le anche, un altro si positionò davanti. Le afferrò i capelli e le infilò il suo cazzo catramoso in gola. Era amaro, puzzava di zolfo, e la soffocava. Petra non lottò. Si lasciò scopare la gola, sentendo i muscoli del collo protestare, il suo corpo un'extensión della loro ferocia. Poi un terzo si sdraiò sotto di lei, schivando il metallo rovente, e le infilò il cazzo nella figa che gocciolava. Era impalata, un pezzo di carne da martellare su un'incudine. Ogni colpo era un colpo di maglio, un'esperienza di dolore e piacere così intensa da farle perdere la cognizione del tempo.
"LA TROIA RESISTE! VEDIAMO QUANTO!" urlò il Gran Forgione. Fece un cenno. Due Infernieri si avvicinarono con delle tenaglie. Non la presero per la pelle, ma per le labbra della figa. Le strinsero, allungandole, tirandole come fossero gomma da masticare. Petra urlò, un suono straziato di dolore puro. Ma in mezzo a quell'agonia, un orgasmo esplosivo la scosse. Uno squirt violento le schizzò dalla fica, un getto che sibilò quando toccò l'incudine rovente. "LA PUTTANA VENNE DAL DOLORE! È DEGNA!"
Ma la vera distruzione era ancora arrivare. La sollevarono, il suo corpo un masso di dolore e piacere. Uno si sdraiò a terra, il suo cazzo eretto come un chiodo. La fecero abbassare, impalandola nel culo. Poi un secondo si positionò davanti e le infilò il cazzo in fica. Poi un terzo le riempì la bocca. Era piena, stremata. Ma il Gran Forgione si alzò. Il suo cazzo era un'arma da assedio. Si positionò davanti a lei, tra le sue gambe, mentre gli altri due la tenevano aperta. Con un ruggito, le infilò il suo cazzo nella fica già piena. DUE CAZZI IN FICA, UNO NEL CULO, UNO IN BOCCA. Petra non svenne. Il suo corpo non glielo permise. Il suo cervello si fuse in un pulpido di pura sofferenza estatica. Era un buco, un recipiente, un'offerta sacrificale. Sentiva i suoi muscoli lacerarsi, le sue ossa scricchiolare, la sua anima bruciare. E amava ogni secondo.
"ORA, L'ULTIMA BATTITURA!" urlò il Forgione. Sentì i loro corpi irrigidirsi. Le sborrate furono un'inondazione infernale. Non erano sperma, ma lava liquida, bollente, densa, che le inondò l'interno. Le vennero in fica, bruciandola dall'interno. Le vennero nel culo, un'infusione di fuoco. Le vennero in gola, costringendola a inghiottire il metallo fuso. Petra urlò, ma il suono fu soffocato dalla lava che le riempiva. Quando la tempesta finì, la gettarono a terra come un ferro battuto e raffreddato.
Stava lì, un ammasso di carne tremante, coperta di sudore, di sperma catramoso e dei suoi stessi fluidi, il suo corpo un'opera d'arte di violenza. Ma il suo riposo fu di breve durata. Dalle caverne più profonde della Fucina, attirati dal rumore e dall'odore del sesso, emersero nuove creature. Erano i Bruti, i lavoratori non-sapienti della fortezza. Essi erano ancora più grandi e deformi degli Infernieri, corpi tozzi e sproporzionati, con braccia più lunghe delle gambe e volti senza espressione, solo una bocca enorme e denti aguzzi. E tra le loro gambe, una selva di cazzi deformi, some dei vermi, alcuni con due teste, altri ricoperti di aculei.
Il Gran Forgione sorrise, un'espressione crudele sul suo volto di roccia. "I miei cani hanno fame. Facciamela divertire."
Un bruto si gettò su di lei come un animale, le divaricò le gambe con una forza brutale e le infilò il suo cazzo aculeato nella figa già devastata. Petra urlò, un suono roco e spezzato. Gli aculei le graffiavano le pareti interne, una frizione di fuoco. Poi un altro le infilò il cazzo in culo, così grosso che le sentì le ossa del bacino protestare. Un terzo le si sedette sul petto, le schiacciò le tette e le infilò il suo cazzo biforcuto in bocca. Era un'orgia di pura brutalità, senza tecnica, senza grazia, solo una violenza animale.
Ma Petra, in mezzo a quell'agguato, trovò una nuova forza. La rabbia. Si ribellò. Con un urlo che scosse le fondamenta della fortezza, si liberò dalla presa del bruto che la stava soffocando. Si rialzò, un'immagine furiosa di una dea della battaglia. "NON SONO LA VOSTRA CAGNA!" ringhiò, e con un movimento fulmineo, afferrò il cazzo di un altro bruto e lo strinse con forza così tremenda da farlo urlare. Lo tirò, sbilanciandolo, e lo gettò contro un altro.
La sua ribellione infiammò la folla. I Bruti, invece di spaventarsi, divennero ancora più eccitati. La circondarono, decine di loro, un muro di carne deforme e famelica. Questa volta, non c'era scampo. La gettarono a terra, e l'assalto divenne un'orgia di violenza totale. Un cazzo in fica, due nel culo, uno in bocca, due che le strofinavano la loro carne ruvida contro il viso, altri che le leccavano i piedi, le mordicchiavano i polpacci. Era sommersa, sepolta sotto un'onda di corpi bestiali. Le sue mani afferravano qualsiasi cosa potessero trovare, palle, cazzi, culi, strappando e graffiando, non più per piacere, ma per pura sopravvivenza.
Le sborrate dei Bruti erano un'esplosione disgustosa. Spermatiche, maleodoranti, abbondanti, le inondarono da ogni parte, le riempirono fino a farla strabordare, la ricoprirono come una melma. Quando l'ultimo bruto ebbe finito con lei, Petra giaceva immobile, in una pozza di sperma, secrezioni vaginali, urina e latte uscito dalle sue tette gonfie e piene. Era sconfitta, annientata, umiliata.
Ma non era morta. Si rialzò, lentamente, il suo corpo un masso di dolore. Si guardò intorno, gli occhi che bruciavano di un nuovo fuoco, un fuoco di odio. Si rivolse al Gran Forgione, che la guardava con un'espressione di divertimento. "Non hai finito con me," sibilò Petra, la voce un ghigno di sfida. "Hai solo fatto arrabbiare la bestia. E ora, la bestia vuole vendetta." La Fucina del Dolore aveva creato un mostro. E quel mostro era lei.
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