L'invito

di
genere
orge

L'invito era arrivato su una carta pesante e profumata, un biglietto che sembrava più un ordine di comparizione. "La signorina Contessa Isabella de la Croix ha il piacere di invitarla a una serata esclusiva nella sua residenza privata, Le Grotte Rose." Petra, ora completamente assorbita nel suo nuovo ruolo, sapeva cosa significava. Non era un invito, era una convocazione. Un nuovo spettacolo. Indossò un abito di pizzo nero, trasparente, che le arrivava a malapena sotto le natiche, e tacchi a spillo che la costrinsero a camminare con un'andatura di sottomessa vulnerabilità.

Le Grotte Rose non erano una villa, ma un labirinto sotterraneo scavato nel tufo rosso ai piedi di una collina isolata. L'ingresso era una porta di ferro massiccio, sorvegliata da due uomini enormi vestiti come groom, ma con occhi che promettevano violenza. Dentro, l'aria era umida e profumata di rose e incenso, un contrasto bizzarro con l'atmosfera carica di tensione. Le pareti erano scolpite a formare nicchie e caverne, illuminate da torce elettriche che proiettavano ombre danzanti. Al centro di una vasta caverna, una fontana di marmo rosa zampillava silenziosamente.

Sul trono di pietra di fronte alla fontana c'era lei, la Contessa Isabella. Era una donna matura, magnifica, con i capelli neri raccolti in una acconciatura complessa e un abito di velluto rosso sangue che le aderiva ai fianchi come una seconda pelle. I suoi occhi erano scuri e penetranti, e quando posarono su Petra, la sentì nuda fino all'anima. Ai suoi lati, in piedi come statue viventi, c'erano due gemelli. Altissimi, muscolosi, con capelli biondi platino e occhi ghiaccio. Erano vestiti solo con stivali di pelle nera e perizoma di pelle, i loro corpi olio e pronti.

"Benvenuta, mia piccola opera d'arte," disse la Contessa, la sua voce un sussurro carico di potere. "Spero ti piaccia il mio piccolo teatro. Stasera, non sarai tu a esibirti per gli uomini. Sarai tu a essere il centro del piacere. Il nostro strumento. La nostra musica."

Fece un cenno. I gemelli si mossero con una grazia felina, afferrando Petra per le braccia. Non furono violenti, ma la loro forza era ineludibile. La portarono verso un'area della grotta dove il pavimento era ricoperto di cuscini di velluto e seta. La deposero delicatamente al centro, come un'offerta.

"La prima sinfonia," annunciò la Contessa. "Un duetto di forza."

I gemelli si inginocchiarono ai lati di Petra. Uno di loro, il più audace, le prese una gamba e la sollevò, aprendola completamente. L'altro si chinò e le leccò la figa con una lentezza tortuosa, la sua lingua esperta che la faceva gemere nonostante il terrore. Il primo gemello le prese un seno, afferrando il capezzolo e stringendolo fino a farle male, un dolore che si mescolava al piacere che saliva dal basso. Poi, si infilò dentro di lei con un colpo lento e profondo, mentre il fratello continuava a leccarle il clito. Petra si dimenò, intrappolata tra due sensazioni opposte, un'onda di piacere che la costrinse a un primo orgasmo tremante.

Ma la Contessa voleva di più. "Basta. È il momento dell'armonia vera."

I gemelli la misero a quattro zampe. Uno si positionò dietro di lei, l'altro davanti. Quello dietro le infilò il cazzo in figa, quello davanti le aprì la bocca. Iniziarono a scoparla in tandem, un ritmo perfetto e同步izzato che la faceva sentire come un meccanismo di un orologio del sesso. Ogni spinta da dietro la spingeva a ingoiare più a fondo il cazzo davanti. Era una doppia penetrazione ritmica, un'umiliazione coreografica. Le sue tette dondolavano al ritmo, e la Contessa si avvicinò, le allungò una mano e le pinzò i capezzoli, tirandoli con forza.

"Più forte," ordinò la Contessa. "Voglio sentirla gridare."

E loro obbedirono. Il ritmo accelerò, divenne feroce. Petra urlava, un suono senza parole che era un misto di dolore e di un piacere così intenso da farle perdere la cognizione di sé. Un altro orgasmo la travolse, più violento del primo, facendola crollare sulle braccia.

Ma non ebbero tregua. La fecero sdraiare sulla schiena. Uno dei gemelli si sdraiò accanto a lei, la costringendo a cavalcarlo, il suo cazzo che la riempiva la figa. L'altro si arrampicò dietro di lei, e Petra sentì la pressione del suo cazzo contro il suo culo, già aperto e usato. Con un gemito condiviso, si infilò dentro. Petra urlò, un suono straziato di pienezza estrema. Era in due, ancora una volta, ma questa volta lei era sopra, costretta a muoversi, a partecipare alla sua stessa violazione.

"Adesso," disse la Contessa, la sua voce eccitata. "Il gran finale. Il concerto completo."

Mentre i gemelli la riempivano, la Contessa si alzò. Si sollevò l'abito di velluto, rivelando che non indossava nulla sotto. Con un movimento regale, si strinse la fica con le dita e la portò alle labbra di Petra. "Lecca," comandò. Petra, persa in un turbine di sensazioni, obbedì. La sua lingua leccò la fica calda e umida della Contessa, mentre il suo corpo era impalato da due cazzi. Era una tripla penetrazione totale. Due in lei, e lei nella Contessa. Un cerchio di potere e piacere sadico.

La stanza si riempì dei suoni della carne, dei gemiti, delle risate della Contessa. Petra era il centro di tutto, uno strumento suonato da maestri crudeli. Il suo corpo reagì con orgasmi a catena, uno dopo l'altro, senza sosta, ondate di piacere che la annientavano, la facevano svenire e poi risvegliarsi solo per essere travolta da un'altra ondata.

Poi, la musica cambiò. La Contessa si allontanò, e i gemelli la misero al centro della caverna, inginocchiata. Tutti gli uomini presenti – le guardie, i servitori invisibili fino a quel momento – emersero dalle ombre. Erano almeno dieci, tutti con i cazzi in mano, tutti con gli occhi fissi su di lei.

"La pioggia d'oro," annunciò la Contessa con un gesto teatrale.

Iniziarono a masturbarsi, formando un cerchio intorno a lei. Petra era al centro, la preda, il bersaglio. Uno dopo l'altro, iniziarono a venire. Il primo getto la colpì sul viso, caldo e denso. Un altro le venne sulle tette, un altro sulla schiena. Era un diluvio di sborra, una pioggia calda e umiliante che la ricoprì da capo a piedi. Le chiusero gli occhi, le riempirono la bocca, le inondarono i capelli. Petra giunse lì, inginocchiata, piangendo e gemendo, mentre il suo corpo era completamente dipinto di bianco.

Ma la Contessa non aveva ancora finito. Fece portare una sorta di altare di pietra basso e largo. Vi legarono Petra, supina, le braccia e le gambe divaricate. Era un'offerta sacrificale. La Contessa si avvicinò, tenendo in mano un piccolo dildo di vetro con delle spine di gomma.

"Questo è il mio sigillo," disse. E con una lentezza sadica, lo infilò nella figa di Petra, già piena di sperma. Le spinse fino in fondo, facendola urlare. Poi, prese una candela accesa da una parete. "E questa è la mia benedizione."

Inclinò la candela, e una goccia di cera bollente cadde sul capezzolo di Petra. Petra urlò dal dolore, un suono puro e agghiacciante. La Contessa ne versò un'altra sull'altro capezzolo, poi sul suo basso ventre, disegnando linee di fuoco sulla sua pelle. Il dolore si mescolava al piacere residuo, creando una sinfonia di sensazioni insopportabili.

Alla fine, la Contessa sembrava soddisfatta. Si sistemò l'abito e fece un cenno. Slegarono Petra, che crollò a terra, un cumulo di carne tremante, coperta di sperma, cera e dolore. Era sfinita, distrutta, svuotata.

La Contessa si chinò su di lei, le sussurrò all'orecchio: "Sei stata magnifica. Un vero capolavoro. Ti aspettiamo per la prossima mostra."

Petra non rispose. Non poteva. Giaceva nel buio della grotta, il suo corpo un campo di battaglia, la sua anima un'ombra fugace. Aveva raggiunto un nuovo livello di degradazione, un'umiliazione così totale che non era più umana. Era un'opera d'arte vivente, un capolavoro di perversione, e il suo unico scopo, d'ora in poi, sarebbe stato quello di essere esposta, usata e distrutta, ancora e ancora.
scritto il
2025-11-14
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