I nuovi mobili
di
Petulka
genere
orge
*** Dichiarazione liberatoria ***
Il presente racconto costituisce un’opera di fantasia. Eventuali riferimenti a persone, fatti, luoghi o circostanze reali sono da ritenersi puramente casuali e non intenzionali.
Tutti i personaggi ivi rappresentati sono da considerarsi maggiorenni e consenzienti in relazione a ogni azione o situazione descritta.
Qualsiasi interpretazione che attribuisca ai contenuti natura fattuale o rispondenza alla realtà è esclusa.
Ogni racconto derivante dalle fantasie è esclusivamente dedicato ad un pubblico adulto.
Questa dichiarazione ha valore per tutti i miei racconti precedenti e futuri.
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La camera da letto era un'officina di carne. Sei operai, sudati e con i muscoli tesi dal lavoro, avevano abbandonato i nuovi mobili appena consegnati per montare un'altra cosa: la troia di Petra. Lei era al centro della stanza, già senza fiato, il corpo un campo di battaglia di segni rossi e sborra appiccicosa. Ma i suoi occhi, due carboni ardenti, chiedevano ancora. "Ancora", sussurrò, e la sua voce era un filo di ruggine. "Riemitemi tutta".
Due di loro la sollevarono da terra. Uno, tatuato come un muro di un carcere, si sdraiò sul tappeto e la fece abbassare su di sé, la sua fica bagnata e calda si inghiottì il suo cazzo fino ai coglioni in un solo movimento fluido. Petra gemette, un suono profondo che le uscì dalla pancia. Poi un secondo, più magro e con un cazzo lungo e curvo, si inginocchiò alle sue spalle. "Adesso apri quel culo, puttana". Petra obbedì, spingendo indietro le chiappe. Lui le allargò le natiche e iniziò a spingere. L'ano di Petra, già usato, si aprì con una resistenza minima, un anello di carne che cedette all'assedio. Il cazzo le entrò fino in fondo, riempiendola, stirandola dall'interno. La sensazione di essere così piena, di avere due membra che la trafiggevano contemporaneamente, la fece gemere più forte. Un terzo operaio, alto e con un cazzo enorme, le si mise davanti. Lei aprì la bocca senza che lui dovesse chiederlo, la lingua pronta. Lui gliela infilò in gola, spingendola fino a farle lacrimare gli occhi, bloccandole il respiro. Le sue guance si gonfiarono.
Ma non bastava. Un quarto si avvicinò, si inginocchiò accanto al primo e, con una forza che le fece urlare soffocata, spinse anche il suo cazzo nella sua fica già occupata. Petra sentì una lacerazione dolcissima, uno stiramento estremo. La sua fica, un calice già pieno, si dovette dilatare ancora per accogliere quel secondo invasore. Ora due cazzi si muovevano dentro di lei, uno contro l'altro, un'armonia violenta che la martellava dall'interno. Poi arrivò il quinto, che si mise dietro di lei, accanto a quello che le stava sfondando il culo. Petra sentì una pressione ancora più umiliante e incredibile. "No... non ci sta..." balbettò tra un cazzo e l'altro in gola. Ma l'uomo insistette, e con uno sforzo collettivo, il secondo cazzo le entrò anche nel culo. Petra urlò, un suono animalesco di puro dolore e piacere. Era una spada nella sheath, un'impalata totale, una quadrupla penetrazione che la disintegrava. Il sesto operaio, vedendo quella carne vibrante, si mise sopra di lei, infilando il suo cazzo tra le sue tette enormi, premendole, e iniziando a scoparle il seno mentre lei veniva distrutta da tutte le altre parti.
Iniziarono a scoparla come un unico organismo, un mostro a sei teste. I due cazzi nella sua fica si muovevano alternati, creando un frastuono umido, una schiacciata continua contro il suo punto G. I due nel culo la spingevano all'unisono, allargandola, dilatandola fino a farle credere che si sarebbe spaccata in due. Quello in gola la usava come un buco, una passera da riempire, mentre le sue palle le sbattevano sul mento. Quello tra le tette le stringeva il seno con forza, puntando il cazzo verso il suo viso. Petra era solo un recipiente, un'orchestra di carne che suonava una sinfonia di gemiti e sberli.
Poi arrivò l'orgasmo. Non fu un'ondata, fu un terremoto. Un'onda sismica che partì dalle viscere e la scosse tutta. Le sue gambe iniziarono a tremare, a contrarsi in modo incontrollabile. Il suo corpo si arcuò con una violenza che quasi scagliò via gli uomini. "ARRRRGGHHHH! SI! SI! SCOPIATEMI! VENGOOOOOOOOOOOOOO.....!" urlò, con la voce rotta dalla convulsione. Le sue contrazioni vaginali e anali divennero spasmi violenti, che strinsero i cazzi dentro di lei come in una morsa. Sentì le loro eiaculazioni quasi simultanee. Uno schizzo bollente le riempì il culo, poi un altro. La sua fica fu inondata da un doppio getto di sperma che le colò lungo le cosce. Quello in gola la costrinse a ingoiare, sentendo il sapore salato scendere lungo la gola. E quello tra le titta le sborrò tutto sul viso, un rivolo bianco e denso che le colò dagli occhi, dal naso, dalle labbra. Petra era un cum-shot vivente, un'opera d'arte oscena.
Ma l'orgasmo non finiva. Le convulsioni continuarono, così forti da farle perdere il controllo. Un getto caldo le schizzò dalla fica, un uragano d'oro che inzuppò il tappeto e le gambe degli uomini che la scopavano. Pisciava. Non poteva farci niente, il suo corpo, stravolto dal piacere, si stava svuotando di tutto. "La troia piscia! La vacca sta pisciando!" rise uno, e l'urina si mischiò allo sperma, creando un lago sudicio sotto di lei.
Mentre lei era ancora presa dalle convulsioni, la porta si aprì. Suo figlio, Marco, con quattro amici, entrò ridendo. "Mamma, siamo qui per..." La frase morì sulle loro labbra. Rimasero immobili, a bocca aperta, di fronte a quella scena apocalittica: loro madre, o quello che ne restava, impalata da quattro cazzi, ricoperta di sborra e pisci, con altri due uomini che la guardavano soddisfatti. Petra, tra uno spasmo e l'altro, alzò la testa, il viso una maschera di liquidi. Un sorriso demoniaco le si disegnò sulle labbra. "Ciao, piccoli... Venite a giocare anche voi? C'è posto per tutti".
Non c'è bisogno di dire cosa accadde dopo. L'istinto bestiale, la curiosità perversa, il brivido del proibito. I cinque ragazzi si gettarono su di lei come iene. I loro cazzi, giovani e durissimi, la sostituirono a quelli degli operai. La presero in tutti i modi, uno alla volta, due alla volta. La misero a pecorina, la stesero sul letto, la fecero saltare sopra di loro. La sborrarono in bocca, sul viso, sul seno. La riempirono di un'altra ondata di sperma, più giovane, più impudente. E Petra prese tutto, rideva, li incitava, una sacerdotessa del culto della sua stessa distruzione.
Quando l'uomo arrivò dal lavoro, la casa era in silenzio. Troppo silenzio. Aprì la porta della camera da letto e il mondo gli crollò addosso. La vide, distesa sul letto, nuda, con la pelle lucente di un manto di sperma secco e fresco. Intorno a lei, i corpi addormentati o esausti di sei operai e cinque adolescenti. L'odore era denso, irrespirabile: un misto di sesso, sudore, birra e piscio. Lui non riuscì a emettere un suono, solo un rantolo strozzato. Due operai, mezzo addormentati, lo videro. Si alzarono a fatica e lo presero per le braccia. Lui si lasciò fare, un burattino senza fili. Lo trascinarono verso il letto, verso sua moglie. Petra lo guardò con occhi vuoti, soddisfatti. Lo costrinsero a inginocchiarsi. Uno le allargò le gambe, mostrando la sua fica un'ampia voragine rossa e stillante. "Pulisci", sussurrò l'operaio. E l'uomo, con le lacrime che gli rigavano il viso, abbassò la testa e iniziò a leccare, a pulire con la lingua la vergogna, il tradimento, la sua totale e definitiva sconfitta. Mentre leccava, uno degli operai, con un ghigno di disprezzo, si mise dietro di lui e, senza una parola, iniziò a pisciare sulla sua schiena, un getto caldo e umiliante che lo segnava per sempre.
Il presente racconto costituisce un’opera di fantasia. Eventuali riferimenti a persone, fatti, luoghi o circostanze reali sono da ritenersi puramente casuali e non intenzionali.
Tutti i personaggi ivi rappresentati sono da considerarsi maggiorenni e consenzienti in relazione a ogni azione o situazione descritta.
Qualsiasi interpretazione che attribuisca ai contenuti natura fattuale o rispondenza alla realtà è esclusa.
Ogni racconto derivante dalle fantasie è esclusivamente dedicato ad un pubblico adulto.
Questa dichiarazione ha valore per tutti i miei racconti precedenti e futuri.
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La camera da letto era un'officina di carne. Sei operai, sudati e con i muscoli tesi dal lavoro, avevano abbandonato i nuovi mobili appena consegnati per montare un'altra cosa: la troia di Petra. Lei era al centro della stanza, già senza fiato, il corpo un campo di battaglia di segni rossi e sborra appiccicosa. Ma i suoi occhi, due carboni ardenti, chiedevano ancora. "Ancora", sussurrò, e la sua voce era un filo di ruggine. "Riemitemi tutta".
Due di loro la sollevarono da terra. Uno, tatuato come un muro di un carcere, si sdraiò sul tappeto e la fece abbassare su di sé, la sua fica bagnata e calda si inghiottì il suo cazzo fino ai coglioni in un solo movimento fluido. Petra gemette, un suono profondo che le uscì dalla pancia. Poi un secondo, più magro e con un cazzo lungo e curvo, si inginocchiò alle sue spalle. "Adesso apri quel culo, puttana". Petra obbedì, spingendo indietro le chiappe. Lui le allargò le natiche e iniziò a spingere. L'ano di Petra, già usato, si aprì con una resistenza minima, un anello di carne che cedette all'assedio. Il cazzo le entrò fino in fondo, riempiendola, stirandola dall'interno. La sensazione di essere così piena, di avere due membra che la trafiggevano contemporaneamente, la fece gemere più forte. Un terzo operaio, alto e con un cazzo enorme, le si mise davanti. Lei aprì la bocca senza che lui dovesse chiederlo, la lingua pronta. Lui gliela infilò in gola, spingendola fino a farle lacrimare gli occhi, bloccandole il respiro. Le sue guance si gonfiarono.
Ma non bastava. Un quarto si avvicinò, si inginocchiò accanto al primo e, con una forza che le fece urlare soffocata, spinse anche il suo cazzo nella sua fica già occupata. Petra sentì una lacerazione dolcissima, uno stiramento estremo. La sua fica, un calice già pieno, si dovette dilatare ancora per accogliere quel secondo invasore. Ora due cazzi si muovevano dentro di lei, uno contro l'altro, un'armonia violenta che la martellava dall'interno. Poi arrivò il quinto, che si mise dietro di lei, accanto a quello che le stava sfondando il culo. Petra sentì una pressione ancora più umiliante e incredibile. "No... non ci sta..." balbettò tra un cazzo e l'altro in gola. Ma l'uomo insistette, e con uno sforzo collettivo, il secondo cazzo le entrò anche nel culo. Petra urlò, un suono animalesco di puro dolore e piacere. Era una spada nella sheath, un'impalata totale, una quadrupla penetrazione che la disintegrava. Il sesto operaio, vedendo quella carne vibrante, si mise sopra di lei, infilando il suo cazzo tra le sue tette enormi, premendole, e iniziando a scoparle il seno mentre lei veniva distrutta da tutte le altre parti.
Iniziarono a scoparla come un unico organismo, un mostro a sei teste. I due cazzi nella sua fica si muovevano alternati, creando un frastuono umido, una schiacciata continua contro il suo punto G. I due nel culo la spingevano all'unisono, allargandola, dilatandola fino a farle credere che si sarebbe spaccata in due. Quello in gola la usava come un buco, una passera da riempire, mentre le sue palle le sbattevano sul mento. Quello tra le tette le stringeva il seno con forza, puntando il cazzo verso il suo viso. Petra era solo un recipiente, un'orchestra di carne che suonava una sinfonia di gemiti e sberli.
Poi arrivò l'orgasmo. Non fu un'ondata, fu un terremoto. Un'onda sismica che partì dalle viscere e la scosse tutta. Le sue gambe iniziarono a tremare, a contrarsi in modo incontrollabile. Il suo corpo si arcuò con una violenza che quasi scagliò via gli uomini. "ARRRRGGHHHH! SI! SI! SCOPIATEMI! VENGOOOOOOOOOOOOOO.....!" urlò, con la voce rotta dalla convulsione. Le sue contrazioni vaginali e anali divennero spasmi violenti, che strinsero i cazzi dentro di lei come in una morsa. Sentì le loro eiaculazioni quasi simultanee. Uno schizzo bollente le riempì il culo, poi un altro. La sua fica fu inondata da un doppio getto di sperma che le colò lungo le cosce. Quello in gola la costrinse a ingoiare, sentendo il sapore salato scendere lungo la gola. E quello tra le titta le sborrò tutto sul viso, un rivolo bianco e denso che le colò dagli occhi, dal naso, dalle labbra. Petra era un cum-shot vivente, un'opera d'arte oscena.
Ma l'orgasmo non finiva. Le convulsioni continuarono, così forti da farle perdere il controllo. Un getto caldo le schizzò dalla fica, un uragano d'oro che inzuppò il tappeto e le gambe degli uomini che la scopavano. Pisciava. Non poteva farci niente, il suo corpo, stravolto dal piacere, si stava svuotando di tutto. "La troia piscia! La vacca sta pisciando!" rise uno, e l'urina si mischiò allo sperma, creando un lago sudicio sotto di lei.
Mentre lei era ancora presa dalle convulsioni, la porta si aprì. Suo figlio, Marco, con quattro amici, entrò ridendo. "Mamma, siamo qui per..." La frase morì sulle loro labbra. Rimasero immobili, a bocca aperta, di fronte a quella scena apocalittica: loro madre, o quello che ne restava, impalata da quattro cazzi, ricoperta di sborra e pisci, con altri due uomini che la guardavano soddisfatti. Petra, tra uno spasmo e l'altro, alzò la testa, il viso una maschera di liquidi. Un sorriso demoniaco le si disegnò sulle labbra. "Ciao, piccoli... Venite a giocare anche voi? C'è posto per tutti".
Non c'è bisogno di dire cosa accadde dopo. L'istinto bestiale, la curiosità perversa, il brivido del proibito. I cinque ragazzi si gettarono su di lei come iene. I loro cazzi, giovani e durissimi, la sostituirono a quelli degli operai. La presero in tutti i modi, uno alla volta, due alla volta. La misero a pecorina, la stesero sul letto, la fecero saltare sopra di loro. La sborrarono in bocca, sul viso, sul seno. La riempirono di un'altra ondata di sperma, più giovane, più impudente. E Petra prese tutto, rideva, li incitava, una sacerdotessa del culto della sua stessa distruzione.
Quando l'uomo arrivò dal lavoro, la casa era in silenzio. Troppo silenzio. Aprì la porta della camera da letto e il mondo gli crollò addosso. La vide, distesa sul letto, nuda, con la pelle lucente di un manto di sperma secco e fresco. Intorno a lei, i corpi addormentati o esausti di sei operai e cinque adolescenti. L'odore era denso, irrespirabile: un misto di sesso, sudore, birra e piscio. Lui non riuscì a emettere un suono, solo un rantolo strozzato. Due operai, mezzo addormentati, lo videro. Si alzarono a fatica e lo presero per le braccia. Lui si lasciò fare, un burattino senza fili. Lo trascinarono verso il letto, verso sua moglie. Petra lo guardò con occhi vuoti, soddisfatti. Lo costrinsero a inginocchiarsi. Uno le allargò le gambe, mostrando la sua fica un'ampia voragine rossa e stillante. "Pulisci", sussurrò l'operaio. E l'uomo, con le lacrime che gli rigavano il viso, abbassò la testa e iniziò a leccare, a pulire con la lingua la vergogna, il tradimento, la sua totale e definitiva sconfitta. Mentre leccava, uno degli operai, con un ghigno di disprezzo, si mise dietro di lui e, senza una parola, iniziò a pisciare sulla sua schiena, un getto caldo e umiliante che lo segnava per sempre.
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