La rapina - Cap.2
di
Petulka
genere
incesti
Il silenzio nella camera era una sostanza densa, pesante, quasi palpabile. I ladri se n'erano andati, lasciando dietro di sé solo il caos e l'odore acre del sesso e del sudore. Suo marito era ancora legato, un groviglio di rabbia e impotenza, i suoi occhi lanciavano fulmini verso il corpo esanime di Petra e verso il figlio, ancora fermo sulla sua sedia. Ma il figlio non guardava suo padre. I suoi diciannove anni erano incollati alla scena sul letto, allo spettacolo indecente di sua madre, nuda, ricoperta di sborra, le gambe ancora spalancate in un'invito tacito.
E non c'era solo shock nei suoi occhi. C'era qualcos'altro. Un'ombra cupa e torbida che lui stesso non avrebbe saputo nominare. Mentre guardava il corpo di Petra, il seno che saliva e scendeva a fatica, il ventre liscio e le cosce macchiate, sentì un'ondata di calore vergognosa percorrergli le vene. Il suo cazzo, traditore, iniziò a indurirsi nei pantaloni, un pulsare sordo e insistente che gli riempiva la testa di pensieri oscuri. Era sbagliato, era malato, era contro ogni legge della natura e dell'amore. Ma era così. La visione di sua madre usata e posseduta da quei uomini l'aveva elettrizzato. L'aveva risvegliato a un desiderio che non sapeva di avere.
Con un movimento convulso, si liberò delle fascette di plastica che lo legavano. La plastica si spezzò sotto la forza disperata della sua fuga. Si alzò, le gambe tremanti, e suo marito emise un gemito soffocato, capendo cosa stava per succedere. "No... non farlo... bastardo..." sussurrò dalla bavaglia.
Ma il figlio non lo sentì. Era in un altro mondo, guidato da un istinto primario che aveva cancellato ogni ragione. Si avvicinò al letto, i suoi occhi fissi sulla fica di sua madre, ancora aperta, stillante lo sperma dei suoi stupratori. Era una visione infernale e magnifica.
Si spogliò in silenzio, i suoi vestiti che cadevano a terra come un'ultima residua barriera di decenza. Il suo cazzo era ora duro come il marmo, pulsante, la cappella già lucida di umidità. Si inginocchiò sul bordo del letto, tra le gambe di Petra.
Petra si mosse debolmente, aprì gli occhi annebbiati. Per un attimo, non riconobbe il volto che si chinava su di lei. Vide solo un uomo, un cazzo duro, una promessa di piacere. Un sorriso stanco e beato le incorniciò le labbra. "Ancora..." sussurrò, la voce roca. "Non avete... finito... con me..."
Quelle parole furono la sua condanna e la sua redenzione. Senza esitazione, il figlio le infilò il cazzo dentro. Entrò in una calda, viscida, un miscuglio di eccitazione e del seme degli altri uomini. La sensazione lo folgorò. Era calda, morbida, sua. Era la fica di sua madre.
"Ti sento... ti sento..." gemeva Petra, il suo corpo che rispondeva a quella nuova invasione. "Scopami... cazzo, scopami di nuovo..."
E lui obbedì. La prese con una furia che non sapeva di possedere, una rabbia mista a desiderio, un bisogno di possederla, di cancellare gli altri, di diventare lui l'unico, l'ultimo. Le sue mani le afferrarono i seni, ancora appiccicosi di sborra, stringendoli fino a farle gemere. Le sue labbra le cercarono la bocca, un bacio famelico, pieno di lingua e di saliva, un bacio che era allo stesso tempo un atto d'amore e di violazione.
"Sei mia," sibilava nell'orecchio di lei, mentre la scopava con colpi sempre più profondi. "Sei solo mia, puttana. Mamma puttana. Mia."
Le parole volgari, il nome, tutto la spinse oltre il limite. L'idea di essere scopata dal proprio figlio, di essere la troia di suo figlio, la fece esplodere in un orgasmo così violento da farle archeggiare la schiena e urlare un nome che non era né di suo marito né dei ladri. Era il suo nome.
"Siììì! Figlio mio! Sì! Scopami! Sborra dentro la mamma! Riempimi!"
Suo marito, legato e impotente, guardava la scena con occhi vitrei, la sua mente che si rifiutava di elaborare ciò che i suoi occhi vedevano. Urlava contro la bavaglia, lacrime di rabbia e disperazione che gli rigavano il viso. Ma i suoi suoni erano solo un rumore di fondo, la colonna sonora di un inferno privato.
Il figlio, sentendo quelle parole, sentendo il corpo di sua madre contrarsi intorno al suo cazzo in un orgasmo sfrenato, non si trattenne più. Con un urlo che era un lamento e un trionfo, venne, scaricando dentro di lei la sua sborra giovane e bollente, mescolandosi a quella degli altri, sigillando il loro patto incestuoso.
Crollò su di lei, esausto, il cuore che gli batteva all'impazzita. Rimasero così per un lungo momento, uniti, sudati, il respiro pesante che riempiva la stanza. Poi, si sollevò, la guardò. Nei suoi occhi non c'era più vergogna, solo una possessività ferina.
Petra lo guardò di nuovo, e questa volta lo vide davvero. Vide il figlio, l'uomo che era diventato. E gli sorrise. Un sorriso di pura, inconfessabile complicità. La notte non era ancora finita. E per lei, era solo l'inizio.
E non c'era solo shock nei suoi occhi. C'era qualcos'altro. Un'ombra cupa e torbida che lui stesso non avrebbe saputo nominare. Mentre guardava il corpo di Petra, il seno che saliva e scendeva a fatica, il ventre liscio e le cosce macchiate, sentì un'ondata di calore vergognosa percorrergli le vene. Il suo cazzo, traditore, iniziò a indurirsi nei pantaloni, un pulsare sordo e insistente che gli riempiva la testa di pensieri oscuri. Era sbagliato, era malato, era contro ogni legge della natura e dell'amore. Ma era così. La visione di sua madre usata e posseduta da quei uomini l'aveva elettrizzato. L'aveva risvegliato a un desiderio che non sapeva di avere.
Con un movimento convulso, si liberò delle fascette di plastica che lo legavano. La plastica si spezzò sotto la forza disperata della sua fuga. Si alzò, le gambe tremanti, e suo marito emise un gemito soffocato, capendo cosa stava per succedere. "No... non farlo... bastardo..." sussurrò dalla bavaglia.
Ma il figlio non lo sentì. Era in un altro mondo, guidato da un istinto primario che aveva cancellato ogni ragione. Si avvicinò al letto, i suoi occhi fissi sulla fica di sua madre, ancora aperta, stillante lo sperma dei suoi stupratori. Era una visione infernale e magnifica.
Si spogliò in silenzio, i suoi vestiti che cadevano a terra come un'ultima residua barriera di decenza. Il suo cazzo era ora duro come il marmo, pulsante, la cappella già lucida di umidità. Si inginocchiò sul bordo del letto, tra le gambe di Petra.
Petra si mosse debolmente, aprì gli occhi annebbiati. Per un attimo, non riconobbe il volto che si chinava su di lei. Vide solo un uomo, un cazzo duro, una promessa di piacere. Un sorriso stanco e beato le incorniciò le labbra. "Ancora..." sussurrò, la voce roca. "Non avete... finito... con me..."
Quelle parole furono la sua condanna e la sua redenzione. Senza esitazione, il figlio le infilò il cazzo dentro. Entrò in una calda, viscida, un miscuglio di eccitazione e del seme degli altri uomini. La sensazione lo folgorò. Era calda, morbida, sua. Era la fica di sua madre.
"Ti sento... ti sento..." gemeva Petra, il suo corpo che rispondeva a quella nuova invasione. "Scopami... cazzo, scopami di nuovo..."
E lui obbedì. La prese con una furia che non sapeva di possedere, una rabbia mista a desiderio, un bisogno di possederla, di cancellare gli altri, di diventare lui l'unico, l'ultimo. Le sue mani le afferrarono i seni, ancora appiccicosi di sborra, stringendoli fino a farle gemere. Le sue labbra le cercarono la bocca, un bacio famelico, pieno di lingua e di saliva, un bacio che era allo stesso tempo un atto d'amore e di violazione.
"Sei mia," sibilava nell'orecchio di lei, mentre la scopava con colpi sempre più profondi. "Sei solo mia, puttana. Mamma puttana. Mia."
Le parole volgari, il nome, tutto la spinse oltre il limite. L'idea di essere scopata dal proprio figlio, di essere la troia di suo figlio, la fece esplodere in un orgasmo così violento da farle archeggiare la schiena e urlare un nome che non era né di suo marito né dei ladri. Era il suo nome.
"Siììì! Figlio mio! Sì! Scopami! Sborra dentro la mamma! Riempimi!"
Suo marito, legato e impotente, guardava la scena con occhi vitrei, la sua mente che si rifiutava di elaborare ciò che i suoi occhi vedevano. Urlava contro la bavaglia, lacrime di rabbia e disperazione che gli rigavano il viso. Ma i suoi suoni erano solo un rumore di fondo, la colonna sonora di un inferno privato.
Il figlio, sentendo quelle parole, sentendo il corpo di sua madre contrarsi intorno al suo cazzo in un orgasmo sfrenato, non si trattenne più. Con un urlo che era un lamento e un trionfo, venne, scaricando dentro di lei la sua sborra giovane e bollente, mescolandosi a quella degli altri, sigillando il loro patto incestuoso.
Crollò su di lei, esausto, il cuore che gli batteva all'impazzita. Rimasero così per un lungo momento, uniti, sudati, il respiro pesante che riempiva la stanza. Poi, si sollevò, la guardò. Nei suoi occhi non c'era più vergogna, solo una possessività ferina.
Petra lo guardò di nuovo, e questa volta lo vide davvero. Vide il figlio, l'uomo che era diventato. E gli sorrise. Un sorriso di pura, inconfessabile complicità. La notte non era ancora finita. E per lei, era solo l'inizio.
6
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La rapinaracconto sucessivo
La rapina - Cap.3
Commenti dei lettori al racconto erotico