Il circo - Cap.2
di
Petulka
genere
orge
Petra galleggiava in un vuoto nero e silenzioso. Il suo corpo era un'arma smarrita, una collezione di dolori pulsanti e piaceri fantasma. Non c'erano più riflettori, né odore di segatura, né le risa infernali del pubblico. C'era solo il nulla, un sonno profondo e curativo che la stava lentamente ricucendo.
Fu un leccata umida e ruvida a strapparla dall'oblio.
Non era la leccata di un uomo. Era diversa, più strisciante, quasi rasposa. Petra aprì gli occhi con fatica, le ciglia incollate da sperma essiccato. L'arena era deserta, illuminata debolmente solo da un paio di luci di emergenza che proiettavano ombre lunghe e inquietanti. Accanto a lei, due figure si muovevano. Erano scimmie. Due grandi scimpanzé, con il pelo nero e lucido e occhi intelligenti e curiosi.
L'avevano trovata lì, un cumulo di carne femminile esanime, ancora ricoperta dei residui della sua umiliazione. L'odore era un cocktail pungente di sesso, urina e sudore, un profino che aveva evidentemente stuzzicato la loro curiosità animale. Uno di loro, il più grande, le stava leccando lentamente la coscia, la sua lingua lunga e rosa pulendo via le sborrate secche. Petra si congelò, il terrore che le si gelava il sangue nelle vene. Ma la paura si mescolò presto a un'altra sensazione. La leccata era insistentemente, costante, e un caldo indesiderato iniziò a diffondersi dalla sua gamba fino all'inguine.
L'altro scimpanzé si avvicinò al suo viso, annusandola con curiosità. Petra rimase immobile, trattenendo il respiro. La scimmia le leccò la guancia, pulendola come fa una madre con il suo cucciolo. Poi il suo naso si bagnò, annusando più a fondo, tra le sue gambe. Con un grugnito sommesso, si spostò, aprendole le gambe con una forza sorprendentemente delicata. Petra non resistette. Era troppo debole, troppo confusa, e una parte oscura e depravata di lei era morbosamente curiosa.
La scimmia le infilò il muso tra le labbra della figa e iniziò a leccare. Petra emise un gemito soffocato. La sua lingua era diversa da qualsiasi cosa avesse mai provato, ruvida, quasi sabbiosa, e incredibilmente agile. Leccava, sondava, succhiava con un'energia bruta e istintiva. Il suo corpo, nonostante lo sfinimento, reagì. I suoi capezzoli si indurirono, il suo cuore iniziò a battere più forte. La prima scimmia, vedendo la scena, si unì alla festa. Mentre il compagno si concentrava sulla sua figa, lui iniziò a leccarle i seni, mordicchiandole i capezzoli con i suoi denti aguzzi ma senza ferirla, stimolandola fino a farla gemere.
Petra era in preda a un delirio di piacere e orrore. Era degradata al rango di fattrice per animali, eppure il suo corpo tradiva la sua mente, rispondendo con un' eccitazione febbrile. Le leccate diventavano più insistenti, più profonde. La scimmia tra le sue gambe la stava portando verso un altro orgasmo, un orgasmo sporco, animalesco, che la faceva sentire ancora più umiliata e viva. Quando l'orgasmo la colpì, fu un'esplosione sorda e secca, che la fece arcuare e urlare in un silenzio arena vuota.
Ma gli scimpanzé non avevano finito. La loro curiosità si era trasformata in eccitazione. Petra li vide alzarsi, i loro corpi muscolosi tesi. E poi vide i loro cazzi. Erano di un rosa intenso, sottili e incredibilmente lunghi, e si ergevano dritti e tesi dal loro pelo. Il più grande si avvicinò, la spinse con delicatezza a quattro zampe, sulla sua pozza di umori. Petra capì cosa stava per succedere e una lacrima di pura, inconfessabile lussuria le scese lungo la guancia.
La scimmia la montò da dietro. La sua penetrazione fu rapida e meccanica. Il suo cazzo lungo e sottile la penetrò in profondità, spingendola in avanti ad ogni colpo. Non c'era romanticismo, non c'era tenerezza, solo un istinto bruto e riproduttivo. La scopava con un ritmo veloce e martellante, i suoi gemiti animaleschi che echeggiavano nel silenzio. Petra era un'oggetto, un foro da riempire, e l'idea la faceva impazzire di piacere. Mentre la prima scimmia la riempiva da dietro, la seconda si posizionò davanti a lei, leccandole il viso e cercando di introdurre il suo cazzo nella sua bocca. Petra, in un atto di totale abbandono, aprì la bocca e lo accettò.
Fu uno scambio animalesco, un trio innaturale che la spinse oltre ogni limite. Sentiva i loro corpi pelosi e caldi contro di lei, il loro respiro affannoso, i loro colpi disordinati. Poi, quasi contemporaneamente, i due animali gemettero e la inondarono. Getti caldi e abbondanti di sperma le riempirono la bocca e la figa. Il sapore era salato, selvaggio, diverso. Petra deglutì, sentendosi un'animale lei stessa.
Soddifatte, le scimmie smisero di prenderla e si allontanaronono, iniziando a pulirsi a vicenda. Petra crollò a terra, di nuovo inerme, ma questa volta non era più solo esausta. Era trasformata. Si sentiva sporca, usata, degradata fino al midollo, ma anche incredibilmente, terribilmente viva. Mentre giaceva lì, nuda e ricoperta di nuovi fluidi, vide il direttore del circo emergere dall'ombra. Non era sorpreso. Sorrideva, un sorriso complice e orgoglioso.
"Benvenuta nello spettacolo, Petra," disse con la sua voce da baritono. "La vera attrazione sta per iniziare." E Petra, per la prima volta quella sera, sorrise. Era a casa.
Il sorriso del direttore del circo era la ciliegina su un torto di perversione. Petra lo guardò, i suoi occhi che brillavano di una nuova consapevolezza, una fame che non sapeva di possedere. Era stata rotta, rimodellata e ora era pronta per qualsiasi cosa.
"La nostra regina ha sete di potere vero," disse il direttore, facendo un cenno. Dall'ombra del tunnel di entrata, due stallieri emersero, guidando non un uomo, ma un magnifico stallone nero. L'animale era enorme, muscoloso, con i suoi muscoli che ondeggiavano sotto una pelle lucida. Il suo respiro usava dalle narici come fumo, e i suoi occhi grandi e scuri erano pieni di un fuoco selvaggio. Petra sentì un brivido percorrere la sua schiena, un misto di terrore primordiale e un desiderio così grande da farle male.
Lo portarono al centro dell'arena, vicino a lei. L'odore del cavallo, forte, terroso e maschile, la pervase. Uno degli stallieri si avvicinò allo stallone, parlandogli a bassa voce e accarezzandolo il collo. L'animale si agitò, nervoso, e allora Petra vide il motivo. Tra le sue zampe posteriori, un membro enorme e scuro iniziò a scendere, lungo e spesso come il braccio di un uomo, pulsante di vita e di un istinto irresistibile.
"È per te, regina," sussurrò il direttore. "Vogliono che tu lo domi."
Petra, su ordine degli stallieri, si strisciò verso l'animale. Era nuda, sporca, umiliata, e si sentiva la creatura più bassa sulla terra, eppure più potente che mai. Si mise sotto lo stallone, il suo corpo minuscolo rispetto a quello massiccio dell'animale. Con le mani tremanti, lo toccò. Il suo cazzo era caldo, liscio e incredibilmente duro. Lo strinse a due mani, sentendolo pulsare contro il suo palmo. Lo avvicinò alla sua bocca e, con un atto di totale sottomissione, iniziò a leccarlo. Il sapore era salato, selvaggio, puro. Lo prese in bocca il più che poteva, la sua mandibola quasi si slogò per la sua dimensione, ma lei non si fermò. Lo leccò, lo succhiò, lo adorò come una divinità pagana, finché lo stallone non sborrò, un getto potente e caldo che la inondò, coprendole il viso e i capelli.
Mentre lei era ancora a terra, in preda a un orgasmo sordo e umiliante, gli altri stallieri entrarono in scena. Erano cinque in totale, uomini grandi e rustici, con le mani callose e gli occhi che bruciavano di desiderio. Erano venuti per pulire, ma non l'arena. Erano venuti per lei.
Senza una parola, la sollevarono. Uno di loro si sdraiò a terra e la fece sedere sopra di lui, facendola scivolare sulla sua verga dura e spessa. Petra gemette, sentendosi di nuovo piena. Ma non era finita. Un altro stalliere si inginocchiò dietro di lei e, con una spinta decisa, la penetrò nel culo. Petra urlò, un suono di puro dolore e piacere che si perse nel vuoto del tendone. Era un trancio, riempita da entrambi i lati, il suo corpo teso come un arco.
Poi un terzo si presentò davanti a lei, la sua verga già pronta. Lei la prese in bocca, iniziando a succhiare con rinnovata energia. Era al centro di un vortice di carne, un buco da riempire in ogni suo orifizio. Le sue mani non rimasero vuote: le presero, le guidarono verso i cazzi dei due stallieri rimanenti. Petra si trovò a masturbare due uomini mentre ne veniva scoprata in figa, culo e bocca. Ogni colpo era un sussulto, ogni sborrata un'ondata che la travolgeva. I loro corpi sudati si sfregavano contro il suo, le loro mani rovide le stringevano i seni, le schiaffeggiavano il culo, le tiravano i capelli.
La scoparono per quello che sembrò un'eternità, cambiando posizioni, usando lei in ogni modo possibile. La sborrarono ovunque: in bocca, facendola deglutire; in figa, riempiendola fino a farla traboccare; in culo, un getto caldo che la fece tremare; sul suo corpo, che diventò una tela bianca su cui dipingere il loro piacere. Petra ebbe orgasmi così intensi da farle perdere la vista, onde di piacere che la spazzavano via, lasciandola solo un cumulo di nervi scoperti.
Quando l'ultimo stalliere ebbe finito, la deposero a terra. Petra era un relitto, un'opera d'arte dimenticata e sporca. Non riusciva a muovere un muscolo. Il suo corpo era un campo di battaglia di piacere, ogni centimetro della sua pelle dolorante e sensibile. Le luci del circo si spensero del tutto, lasciandola di nuovo al buio, ma questa volta non era più sola. Il suo respiro era l'unico suono nell'arena, un respiro corto e affannoso, il respiro di una donna che era toccato il fondo e aveva scoperto di non voler risalire. Era loro. Era dell'arena. E non avrebbe voluto essere altrove.
Fu un leccata umida e ruvida a strapparla dall'oblio.
Non era la leccata di un uomo. Era diversa, più strisciante, quasi rasposa. Petra aprì gli occhi con fatica, le ciglia incollate da sperma essiccato. L'arena era deserta, illuminata debolmente solo da un paio di luci di emergenza che proiettavano ombre lunghe e inquietanti. Accanto a lei, due figure si muovevano. Erano scimmie. Due grandi scimpanzé, con il pelo nero e lucido e occhi intelligenti e curiosi.
L'avevano trovata lì, un cumulo di carne femminile esanime, ancora ricoperta dei residui della sua umiliazione. L'odore era un cocktail pungente di sesso, urina e sudore, un profino che aveva evidentemente stuzzicato la loro curiosità animale. Uno di loro, il più grande, le stava leccando lentamente la coscia, la sua lingua lunga e rosa pulendo via le sborrate secche. Petra si congelò, il terrore che le si gelava il sangue nelle vene. Ma la paura si mescolò presto a un'altra sensazione. La leccata era insistentemente, costante, e un caldo indesiderato iniziò a diffondersi dalla sua gamba fino all'inguine.
L'altro scimpanzé si avvicinò al suo viso, annusandola con curiosità. Petra rimase immobile, trattenendo il respiro. La scimmia le leccò la guancia, pulendola come fa una madre con il suo cucciolo. Poi il suo naso si bagnò, annusando più a fondo, tra le sue gambe. Con un grugnito sommesso, si spostò, aprendole le gambe con una forza sorprendentemente delicata. Petra non resistette. Era troppo debole, troppo confusa, e una parte oscura e depravata di lei era morbosamente curiosa.
La scimmia le infilò il muso tra le labbra della figa e iniziò a leccare. Petra emise un gemito soffocato. La sua lingua era diversa da qualsiasi cosa avesse mai provato, ruvida, quasi sabbiosa, e incredibilmente agile. Leccava, sondava, succhiava con un'energia bruta e istintiva. Il suo corpo, nonostante lo sfinimento, reagì. I suoi capezzoli si indurirono, il suo cuore iniziò a battere più forte. La prima scimmia, vedendo la scena, si unì alla festa. Mentre il compagno si concentrava sulla sua figa, lui iniziò a leccarle i seni, mordicchiandole i capezzoli con i suoi denti aguzzi ma senza ferirla, stimolandola fino a farla gemere.
Petra era in preda a un delirio di piacere e orrore. Era degradata al rango di fattrice per animali, eppure il suo corpo tradiva la sua mente, rispondendo con un' eccitazione febbrile. Le leccate diventavano più insistenti, più profonde. La scimmia tra le sue gambe la stava portando verso un altro orgasmo, un orgasmo sporco, animalesco, che la faceva sentire ancora più umiliata e viva. Quando l'orgasmo la colpì, fu un'esplosione sorda e secca, che la fece arcuare e urlare in un silenzio arena vuota.
Ma gli scimpanzé non avevano finito. La loro curiosità si era trasformata in eccitazione. Petra li vide alzarsi, i loro corpi muscolosi tesi. E poi vide i loro cazzi. Erano di un rosa intenso, sottili e incredibilmente lunghi, e si ergevano dritti e tesi dal loro pelo. Il più grande si avvicinò, la spinse con delicatezza a quattro zampe, sulla sua pozza di umori. Petra capì cosa stava per succedere e una lacrima di pura, inconfessabile lussuria le scese lungo la guancia.
La scimmia la montò da dietro. La sua penetrazione fu rapida e meccanica. Il suo cazzo lungo e sottile la penetrò in profondità, spingendola in avanti ad ogni colpo. Non c'era romanticismo, non c'era tenerezza, solo un istinto bruto e riproduttivo. La scopava con un ritmo veloce e martellante, i suoi gemiti animaleschi che echeggiavano nel silenzio. Petra era un'oggetto, un foro da riempire, e l'idea la faceva impazzire di piacere. Mentre la prima scimmia la riempiva da dietro, la seconda si posizionò davanti a lei, leccandole il viso e cercando di introdurre il suo cazzo nella sua bocca. Petra, in un atto di totale abbandono, aprì la bocca e lo accettò.
Fu uno scambio animalesco, un trio innaturale che la spinse oltre ogni limite. Sentiva i loro corpi pelosi e caldi contro di lei, il loro respiro affannoso, i loro colpi disordinati. Poi, quasi contemporaneamente, i due animali gemettero e la inondarono. Getti caldi e abbondanti di sperma le riempirono la bocca e la figa. Il sapore era salato, selvaggio, diverso. Petra deglutì, sentendosi un'animale lei stessa.
Soddifatte, le scimmie smisero di prenderla e si allontanaronono, iniziando a pulirsi a vicenda. Petra crollò a terra, di nuovo inerme, ma questa volta non era più solo esausta. Era trasformata. Si sentiva sporca, usata, degradata fino al midollo, ma anche incredibilmente, terribilmente viva. Mentre giaceva lì, nuda e ricoperta di nuovi fluidi, vide il direttore del circo emergere dall'ombra. Non era sorpreso. Sorrideva, un sorriso complice e orgoglioso.
"Benvenuta nello spettacolo, Petra," disse con la sua voce da baritono. "La vera attrazione sta per iniziare." E Petra, per la prima volta quella sera, sorrise. Era a casa.
Il sorriso del direttore del circo era la ciliegina su un torto di perversione. Petra lo guardò, i suoi occhi che brillavano di una nuova consapevolezza, una fame che non sapeva di possedere. Era stata rotta, rimodellata e ora era pronta per qualsiasi cosa.
"La nostra regina ha sete di potere vero," disse il direttore, facendo un cenno. Dall'ombra del tunnel di entrata, due stallieri emersero, guidando non un uomo, ma un magnifico stallone nero. L'animale era enorme, muscoloso, con i suoi muscoli che ondeggiavano sotto una pelle lucida. Il suo respiro usava dalle narici come fumo, e i suoi occhi grandi e scuri erano pieni di un fuoco selvaggio. Petra sentì un brivido percorrere la sua schiena, un misto di terrore primordiale e un desiderio così grande da farle male.
Lo portarono al centro dell'arena, vicino a lei. L'odore del cavallo, forte, terroso e maschile, la pervase. Uno degli stallieri si avvicinò allo stallone, parlandogli a bassa voce e accarezzandolo il collo. L'animale si agitò, nervoso, e allora Petra vide il motivo. Tra le sue zampe posteriori, un membro enorme e scuro iniziò a scendere, lungo e spesso come il braccio di un uomo, pulsante di vita e di un istinto irresistibile.
"È per te, regina," sussurrò il direttore. "Vogliono che tu lo domi."
Petra, su ordine degli stallieri, si strisciò verso l'animale. Era nuda, sporca, umiliata, e si sentiva la creatura più bassa sulla terra, eppure più potente che mai. Si mise sotto lo stallone, il suo corpo minuscolo rispetto a quello massiccio dell'animale. Con le mani tremanti, lo toccò. Il suo cazzo era caldo, liscio e incredibilmente duro. Lo strinse a due mani, sentendolo pulsare contro il suo palmo. Lo avvicinò alla sua bocca e, con un atto di totale sottomissione, iniziò a leccarlo. Il sapore era salato, selvaggio, puro. Lo prese in bocca il più che poteva, la sua mandibola quasi si slogò per la sua dimensione, ma lei non si fermò. Lo leccò, lo succhiò, lo adorò come una divinità pagana, finché lo stallone non sborrò, un getto potente e caldo che la inondò, coprendole il viso e i capelli.
Mentre lei era ancora a terra, in preda a un orgasmo sordo e umiliante, gli altri stallieri entrarono in scena. Erano cinque in totale, uomini grandi e rustici, con le mani callose e gli occhi che bruciavano di desiderio. Erano venuti per pulire, ma non l'arena. Erano venuti per lei.
Senza una parola, la sollevarono. Uno di loro si sdraiò a terra e la fece sedere sopra di lui, facendola scivolare sulla sua verga dura e spessa. Petra gemette, sentendosi di nuovo piena. Ma non era finita. Un altro stalliere si inginocchiò dietro di lei e, con una spinta decisa, la penetrò nel culo. Petra urlò, un suono di puro dolore e piacere che si perse nel vuoto del tendone. Era un trancio, riempita da entrambi i lati, il suo corpo teso come un arco.
Poi un terzo si presentò davanti a lei, la sua verga già pronta. Lei la prese in bocca, iniziando a succhiare con rinnovata energia. Era al centro di un vortice di carne, un buco da riempire in ogni suo orifizio. Le sue mani non rimasero vuote: le presero, le guidarono verso i cazzi dei due stallieri rimanenti. Petra si trovò a masturbare due uomini mentre ne veniva scoprata in figa, culo e bocca. Ogni colpo era un sussulto, ogni sborrata un'ondata che la travolgeva. I loro corpi sudati si sfregavano contro il suo, le loro mani rovide le stringevano i seni, le schiaffeggiavano il culo, le tiravano i capelli.
La scoparono per quello che sembrò un'eternità, cambiando posizioni, usando lei in ogni modo possibile. La sborrarono ovunque: in bocca, facendola deglutire; in figa, riempiendola fino a farla traboccare; in culo, un getto caldo che la fece tremare; sul suo corpo, che diventò una tela bianca su cui dipingere il loro piacere. Petra ebbe orgasmi così intensi da farle perdere la vista, onde di piacere che la spazzavano via, lasciandola solo un cumulo di nervi scoperti.
Quando l'ultimo stalliere ebbe finito, la deposero a terra. Petra era un relitto, un'opera d'arte dimenticata e sporca. Non riusciva a muovere un muscolo. Il suo corpo era un campo di battaglia di piacere, ogni centimetro della sua pelle dolorante e sensibile. Le luci del circo si spensero del tutto, lasciandola di nuovo al buio, ma questa volta non era più sola. Il suo respiro era l'unico suono nell'arena, un respiro corto e affannoso, il respiro di una donna che era toccato il fondo e aveva scoperto di non voler risalire. Era loro. Era dell'arena. E non avrebbe voluto essere altrove.
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