La presentazione - Cap.3

di
genere
orge

La luce del mattino filtrava attraverso le finestre sbarrate, non come una promessa, ma come un'accusa. Petra si svegliò non con un sobbalzo, ma lentamente, come se emergesse da una palude densa e tossica. Ogni muscolo del suo corpo era un nodo di dolore. La sua pelle tira, segnata da lividi e graffi. Ma sotto il dolore fisico, c'era qualcosa di molto peggio: il vuoto chimico. L'afrodisiaco se n'era andato, lasciando dietro di sé un deserto arido di rimpianto e un'umiliazione così profonda che le sembrava di essere impregnata fino al midollo. La collana di diamanti al suo collo sembrava un marchio di ferro rovente.

La porta si aprì senza bussare. Entrò Elara, impeccabile come sempre, con un vassoio d'argento. Sul vassoio non c'era cibo, ma una siringa, una fiala di un liquido color ambra e un bicchiere d'acqua.

"Buongiorno, signorina," disse Elara con il suo solito tono placido. "Il signor Voss la attende. Ha bisogno di un... rinvigorimento."

Petra si rannicchiò contro il cuscino, scuotendo la testa. "No. Non più. Non lo farò."

Elara sorrise, un'espressione fredda come il ghiaccio. "Capisco la sua riluttanza. Ma non è una richiesta. È una condizione. Lei pensa che quanto successo ieri sera sia stato il test? Quella era solo la selezione del cast. Oggi inizia lo spettacolo vero. E lei è la star."

Si avvicinò al letto con una velocità che la spaventò. Prima che Petra potesse reagire, Elara le afferrò un braccio con una forza sorprendente e le iniettò il liquido ambra in una vena. Il bruciore fu istantaneo, un'ondata di fuoco che si diffuse in tutto il suo corpo. Ma questa volta era diverso. Non era solo desiderio, era una disperazione acuta, una fame che le divorava la mente e la sostituiva con un unico, ossessivo istinto: essere riempita.

"Ora è pronta," disse Elara con soddisfazione, posando il bicchiere d'acqua sul comodino. "Si vesta. I vestiti sono sull'attibale. Ha dieci minuti."

I vestiti non erano un tailleur. Erano un abito di seta nera, completamente trasparente, che si attaccava al suo corpo come una seconda pelle, mettendo in ridicolo ogni tentativo di decenza. Non c'erano mutande. Non c'erano reggiseni. Solo lei, la sua nudità esposta e la collana di diamanti che brillava come un faro sulla sua vergogna.

Elara la guidò per un corridoio diverso, verso una stanza che le fece fermare il cuore. Era la sala del consiglio. Un'enorme tavola di legno scuro e lucido dominava la stanza, circondata da una dozzina di poltrone in pelle di nera. Ma non erano sedute. Gli uomini erano in piedi, tutti loro. Voss, i suoi "partner", e altri due volti nuovi, occhi che la valutavano come un pezzo di carne pregiata.

"Signore, come potete vedere, il nostro asset è stato... ottimizzato per le massime prestazioni," annunciò Voss, facendola girare su se stessa come un manichino. "Oggi non testeremo solo la sua resistenza, ma la sua capacità di gestire la complessità. La capacità di essere... multifunzionale."

La spinse verso la tavola. "Sdraiati," comandò.

Petra, con il corpo che bruciava di bisogno, obbedì. Il legno freddo contro la sua schiena nuda le fece emettere un gemito. Voss si avvicinò, le aprì le gambe e le infilò due dita nella figa già bagnata e pulsante. "È pronta," sentenziò.

Poi, fece un cenno. Due uomini si avvicinarono. Non erano guardie del corpo goffi, erano uomini eleganti, con occhi che brillavano di crudeltà calcolata. Si posizionarono tra le sue gambe. Petra li guardò con terrore e, allo stesso tempo, con un'anticipazione che la disgustava.

"Oggi impariamo una nuova lezione di efficienza," disse Voss, leccandosi le dita bagnate dei suoi succhi. "Due ingressi, un solo compito. Massima occupazione."

Il primo uomo le si infilò dentro, un cazzo grosso e liscio che la riempì con un gemito di puro piacere. Subito dopo, il secondo si accovacciò sopra di lei, e Petra capì. Sentì la pressione del suo cazzo contro quello del primo uomo, sulla sua apertura già tesa. "No... non ci stare..." gemette, ma l'uomo spinse, e con una lacerazione umida e dolorosa, la sua testa scivolò dentro. Petra urlò, un suono straziato di dolore e shock. Era piena. Stretta oltre ogni immaginabile, i due cazzi che la allargavano, che si sfregavano l'uno contro l'altro attraverso il sottile lembo della sua carne. L'afrodisiaco trasformò il dolore in una pioggia di scintille, un piacere così intenso da essere insopportabile.

Iniziarono a muoversi, un ritmo caotico e disperato che la scuoteva fino alle ossa. Ogni spinta era un'esplosione. "Guarda me, troia!" sibilò uno, afferrandola per il mento. Petra aprì gli occhi pieni di lacrime e lo vide godere della sua sofferenza.

Mentre la sfondavano in due, Voss si era sfilato i pantaloni. Si avvicinò alla sua testa. "La sua bocca è sottoutilizzata," disse, e le infilò il cazzo in gola, bloccandole il respiro. Era piena. Tre cazzi dentro di lei. Due nella figa, uno in gola. Un contenitore umano per la loro violenza, un oggetto da usare fino a rompersi.

Il suo corpo reagì con convulsioni. Un orgasmo la scosse, un sisma che la fece sbrodolare e tremare. "La sta già venendo la puttana!" rise uno. "Pompale, riempiamela fino a farla esplodere!"

La usarono per un tempo che sembrò infinito. La sua gola era dolente, la sua figa era un rogo di dolore e piacere. Poi Voss si ritirò. "Cambio di configurazione," annunciò.

La fecero girarsi, stanchezza e dolore. La misero a quattro zampe sul tavolo lucido. Uno dei due uomini si sdraiò sotto di lei, la sua figa già aperta si abbassò sul suo cazzo. L'altro si posizionò dietro di lei. Petra sapeva cosa stava per accadere e provò a divincolarsi, ma due altre mani la tennero ferma. L'uomo dietro le aprì le chiappe del culo e le infilò il cazzo dentro, con un urlo di trionfo che si fuse con il suo gemito di dolore. Due cazzi, uno in fica, uno in culo, che la muovevano come un burattino. Il terzo uomo, quello che era rimasto in piedi, le prese la testa e la costrinse a succhiare di nuovo.

Era il triplo inferno. Ogni suo orifizio era riempito, sfondato, usato. Il suo corpo non era più suo. Era un ammasso di carne pulsante, un'orchestra di gemiti e sussulti guidata dalla loro voluttà crudele. Gli orgasmi la travolsero in ondate successive, ogni uno più forte e umiliante del precedente. Sentiva la sua figa contrarsi, stringere i due cazzi che la violentavano, sentiva il suo culo pulsare, la sua gola dolorante. E poi, l'inevitabile.

Il primo a venire fu quello sotto di lei, che la riempì di un getto bollente che la fece urlare. Pochi istanti dopo, quello nel culo esplose, riempiendola fino a farla colare. L'ultimo, quello nella sua bocca, le scaricò tutto in gola, costringendola a ingoiare ancora.

La lasciarono crollare sul tavolo, un ammasso di carne tremante e sudata, ricoperta di sperma, con i suoi fluidi che le colavano lungo le cosce. Ma non era finita.

"Bravo," disse Voss, applaudendo lentamente. "Ora l'ultimo atto. La valutazione della... capacità di carico."

La sollevarono, due uomini per braccia e gambe. La portarono verso un angolo della stanza dove c'era un supporto di metallo, una sorta di cavalletto da esposizione. La legarono, le gambe divaricate, le braccia tese sopra la testa. Era esposta, un'opera d'arte degradata.

Voss si avvicinò con un piccolo telecomando. Premette un pulsante e due dildo enormi, collegati al supporto, emersero dal pavimento. Uno di metallo freddo, l'altro di silicone nero e nodoso. "Questo è un test di resistenza meccanica," spiegò alla stanza. "Vediamo quanto a lungo può durare."

Con un altro clic, i dildo iniziarono a muoversi. Uno le si infilò nella figa, l'altro nel culo. Iniziarono a pompare, un ritmo meccanico, costante, implacabile. Petra urlò, un suono disperato che si trasformò in un lamento continuo. La macchina la stava scopando, senza pietà, senza sosta.

Gli uomini guardarono, sorseggiando i loro drink, commentando. "Guarda come trema." "Sento che sta per venire di nuovo."

E venne. Un orgasmo così lungo e così potente da sembrare un attacco epilettico. Il suo corpo si contrasse, si arcò contro le legature, e un getto di squirt le schizzò fuori, inondando il pavimento. La macchina non si fermò. Continuò a pomparla, attraverso l'orgasmo, verso il successivo. Un altro orgasmo la travolse. E un altro. Persa la cognizione del tempo, dello spazio, di sé stessa. Era solo un punto di dolore e piacere, un giocattolo nelle mani di un sadista e della sua macchina.

Alla fine, il suo corpo cedette. Con un ultimo sussulto, mentre un orgasmo la squassava, i suoi occhi si rollarono indietro e svenne, un guscio vuoto appeso al supporto metallo, ancora violata dalla macchina inarrestabile.

Voss rise, spegnendo il telecomando. "Test superato con eccellenza," disse alla stanza. "L'asset è pronto per il mercato globale." La lasciarono lì, appesa, nuda e inerme, un trofeo della sua completa e totale distruzione. Il suo vecchio io era morto, sepolto sotto strati di sperma, dolore e vergogna. Al suo posto c'era solo questo: una cosa. Un prodotto. Un brand. E la sua vita, d'ora in poi, sarebbe stata solo questo.
scritto il
2025-11-14
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