La presentazione
di
Petulka
genere
orge
L'architettura era fredda, sterile, perfetta. Il nuovo headquarters della "Innovatech Dynamics" era una torre di vetro e acciaio che sfidava il cielo, un tempio moderno dedicato all'efficienza e al profitto. Petra era lì per una presentazione, l'ultima di una lunga serie. Indossava un tailleur grigio perla, tagliato con precisione chirurgica, che nascondeva più di quanto rivelasse. Orecchini a cerchio d'argento e un orologio minimalista al polso: l'immagine della professionalità.
L'ascensore era una capsula di vetro silenziosa che saliva vertiginosamente verso i piani superiori. Le porte si aprirono direttamente nella suite del CEO, uno spazio aperto e minimale dominato da una scrivania di legno scuro e una parete di vetri che mostrava la città come un tappeto di luci in miniatura. Dietro la scrivania c'era lui, Alexander Voss. Un uomo che sembrava modellato nel marmo, con un sorriso che non raggiungeva mai i suoi occhi blu ghiaccio.
"Signorina Petra," disse, la sua voce un basso calmo e controllato. "Puntuale. Apprezzo la puntualità. Ma la sua presentazione può attendere. C'è un altro tipo di performance che vorrei valutare."
Le sue parole la gelarono. Notò per la prima volta gli altri uomini nella stanza. Non erano impiegati. Erano guardie del corpo, massicce e immobili, vestite con abiti scuri che sembravano fusi con le ombre. Erano quattro, ai quattro angoli della stanza, e la loro assenza di sguardo era più intimidatoria di uno sguardo diretto.
"Non capisco," disse Petra, la sua voce un po' meno ferma di prima.
"Oh, credo di sì," rispose Voss, alzandosi e facendo un giro lentamente attorno alla scrivania. "Vede, nel mio mondo, non ci sono segreti. Ogni persona ha un prezzo, ogni resistenza ha una crepa. E io... io adoro trovare le crepe." Si fermò dietro di lei, le sue mani le posarono sulle spalle. Il contatto fu elettrico, carico di una minaccia sottile. "Abbiamo fatto le nostre ricerche su di lei, Petra. Sappiamo tutto. Dalle sue piccole debolezze finanziarie ai suoi... gusti notturni."
Il cuore di Petra martellava contro le costole. Voss le prese il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. "Stasera, lei non è una consulente. È un'acquisizione. Un asset da testare a fondo."
Con un cenno del capo, le guardie del corpo si mossero. Non furono bruschi, furono efficienti. Le tolsero la giacca, la sfilzarono della gonna. Il suo tailleur, la sua armatura, fu smontato pezzo per pezzo e gettato con disprezzo su una sedia. Rimase in reggiseno e perizoma, nera e delicata contro la sua pelle pallida, un contrasto grottesco con la freddezza della stanza.
Voss la spinse verso la scrivania di legno pregiato. "Toglili," ordinò, la sua voce priva di emozione. Con le mani tremanti, Petra obbedì, sentendosi esposta e ridicola. La fece sdraiare sulla superficie fredda e liscia, la sua schiena nuda si strusciò contro il legno lucido.
"La prima regola dell'efficienza è l'ottimizzazione delle risorse," disse Voss, mentre una delle guardie si avvicinava. "E lei, mia cara, ha tre risorse principali da sfruttare."
La guardia le si aprì le gambe senza cerimonie e la penetrò con un colpo secco. Petra emise un gemito soffocato. L'uomo era un macchina, scopandola con un ritmo costante e impersonale, senza un suono, senza una espressione. Mentre la riempiva da una parte, Voss si sfilò la camicia, rivelando un torso tonico e privo di imperfezioni. Si avvicinò al suo viso.
"Apri la bocca," comandò. Petra obbedì, e lui le infilò il suo cazzo, già duro e grosso. Non fu violento, ma dominante. La usò con calma, controllando la sua respirazione, facendola sentire completamente al suo potere.
La terza guardia si avvicinò, prendendo una delle sue mani e guidandola verso il suo cazzo erezione. Petra si ritrovò a essere usata contemporaneamente in tre modi, un ingranaggio in una macchina di piacere sadico. Il suo corpo, confuso e terrorizzato, iniziò a reagire. Una vergogna calda la invase quando sentì un'ondata di piacere montare dentro di lei, un tradimento fisico che la faceva sentire ancora più impotente.
Voss si accorse. "Ah, eccola la crepa," sussurrò, ritirandosi dalla sua bocca. "Vede? Anche la più forte delle fortezze ha una porta segreta."
Le fece cambiare posizione. La costrinsero a mettersi a quattro zampe sulla scrivania, un'esibizione umiliante davanti alla parete di vetri che rifletteva la sua immagine distorta. Una guardia la prese da dietro, nel culo, con una lentezza che era una tortura in sé stessa. Voss si mise sotto di lei, la sua bocca che le leccava la figa con un'esperienza crudele, mandandola in estasi contro la sua volontà. Petra si dimenò, un groviglio di piacere e dolore, fino a che un orgasmo violento la scosse, facendola gridare e crollare sulle braccia.
"Brava," disse Voss, asciugandosi le labbra. "Ora il test di stress."
La fecero rialzare e la portarono al centro della stanza, sul pavimento di marmo freddo. La circondarono. I quattro uomini e Voss. Iniziarono a toccarla, a passarla da uno all'altro come un oggetto. Le loro mani erano dappertutto, i loro corpi un muro invalicabile. La misero al centro, inginocchiata. Uno dopo l'altro, la usarono la sua bocca, facendola ingoiare i loro cazzi fino in fondo. Poi, in un cerchio, iniziarono a masturbarsi, i loro occhi fissi su di lei.
"La performance finale," disse Voss, la sua voce un sussurro eccitato. "La valutazione del suo valore come ricettacolo."
Il primo a venire fu una guardia, che le scaricò un getto caldo e denso sul viso, accecandola. Un altro le venne sulle tette, lo sperma colava lungo i suoi seni come cera fusa. Il terzo le sborrò sulla schiena, un caldo schiaffo umiliante. Voss fu l'ultimo. Si avvicinò, le prese il viso e le venne in bocca, costringendola a tenere il suo sperma sulla lingua prima di inghiottarlo.
"Ottimo lavoro, team," disse Voss, sistemandosi i pantaloni come se nulla fosse. "L'asset è stato pienamente testato e si è dimostrato... versatile."
Si voltarono e la lasciarono lì, sul pavimento di marmo. Petra era un cumulo di carne tremante, ricoperta di sborra, con il sapore del loro potere ancora in bocca. Le luci della città brillavano indifferenti attraverso il vetro. Sentì i loro passi allontanarsi, il suono di una porta che si chiudeva. Era sola, nuda e umiliata nel cuore del potere. Si raggomitolò su se stessa, singhiozzando silenziosamente, mentre la sua identità professionale si sgretolava, lasciando solo il vuoto di ciò che era diventata.
L'ascensore era una capsula di vetro silenziosa che saliva vertiginosamente verso i piani superiori. Le porte si aprirono direttamente nella suite del CEO, uno spazio aperto e minimale dominato da una scrivania di legno scuro e una parete di vetri che mostrava la città come un tappeto di luci in miniatura. Dietro la scrivania c'era lui, Alexander Voss. Un uomo che sembrava modellato nel marmo, con un sorriso che non raggiungeva mai i suoi occhi blu ghiaccio.
"Signorina Petra," disse, la sua voce un basso calmo e controllato. "Puntuale. Apprezzo la puntualità. Ma la sua presentazione può attendere. C'è un altro tipo di performance che vorrei valutare."
Le sue parole la gelarono. Notò per la prima volta gli altri uomini nella stanza. Non erano impiegati. Erano guardie del corpo, massicce e immobili, vestite con abiti scuri che sembravano fusi con le ombre. Erano quattro, ai quattro angoli della stanza, e la loro assenza di sguardo era più intimidatoria di uno sguardo diretto.
"Non capisco," disse Petra, la sua voce un po' meno ferma di prima.
"Oh, credo di sì," rispose Voss, alzandosi e facendo un giro lentamente attorno alla scrivania. "Vede, nel mio mondo, non ci sono segreti. Ogni persona ha un prezzo, ogni resistenza ha una crepa. E io... io adoro trovare le crepe." Si fermò dietro di lei, le sue mani le posarono sulle spalle. Il contatto fu elettrico, carico di una minaccia sottile. "Abbiamo fatto le nostre ricerche su di lei, Petra. Sappiamo tutto. Dalle sue piccole debolezze finanziarie ai suoi... gusti notturni."
Il cuore di Petra martellava contro le costole. Voss le prese il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. "Stasera, lei non è una consulente. È un'acquisizione. Un asset da testare a fondo."
Con un cenno del capo, le guardie del corpo si mossero. Non furono bruschi, furono efficienti. Le tolsero la giacca, la sfilzarono della gonna. Il suo tailleur, la sua armatura, fu smontato pezzo per pezzo e gettato con disprezzo su una sedia. Rimase in reggiseno e perizoma, nera e delicata contro la sua pelle pallida, un contrasto grottesco con la freddezza della stanza.
Voss la spinse verso la scrivania di legno pregiato. "Toglili," ordinò, la sua voce priva di emozione. Con le mani tremanti, Petra obbedì, sentendosi esposta e ridicola. La fece sdraiare sulla superficie fredda e liscia, la sua schiena nuda si strusciò contro il legno lucido.
"La prima regola dell'efficienza è l'ottimizzazione delle risorse," disse Voss, mentre una delle guardie si avvicinava. "E lei, mia cara, ha tre risorse principali da sfruttare."
La guardia le si aprì le gambe senza cerimonie e la penetrò con un colpo secco. Petra emise un gemito soffocato. L'uomo era un macchina, scopandola con un ritmo costante e impersonale, senza un suono, senza una espressione. Mentre la riempiva da una parte, Voss si sfilò la camicia, rivelando un torso tonico e privo di imperfezioni. Si avvicinò al suo viso.
"Apri la bocca," comandò. Petra obbedì, e lui le infilò il suo cazzo, già duro e grosso. Non fu violento, ma dominante. La usò con calma, controllando la sua respirazione, facendola sentire completamente al suo potere.
La terza guardia si avvicinò, prendendo una delle sue mani e guidandola verso il suo cazzo erezione. Petra si ritrovò a essere usata contemporaneamente in tre modi, un ingranaggio in una macchina di piacere sadico. Il suo corpo, confuso e terrorizzato, iniziò a reagire. Una vergogna calda la invase quando sentì un'ondata di piacere montare dentro di lei, un tradimento fisico che la faceva sentire ancora più impotente.
Voss si accorse. "Ah, eccola la crepa," sussurrò, ritirandosi dalla sua bocca. "Vede? Anche la più forte delle fortezze ha una porta segreta."
Le fece cambiare posizione. La costrinsero a mettersi a quattro zampe sulla scrivania, un'esibizione umiliante davanti alla parete di vetri che rifletteva la sua immagine distorta. Una guardia la prese da dietro, nel culo, con una lentezza che era una tortura in sé stessa. Voss si mise sotto di lei, la sua bocca che le leccava la figa con un'esperienza crudele, mandandola in estasi contro la sua volontà. Petra si dimenò, un groviglio di piacere e dolore, fino a che un orgasmo violento la scosse, facendola gridare e crollare sulle braccia.
"Brava," disse Voss, asciugandosi le labbra. "Ora il test di stress."
La fecero rialzare e la portarono al centro della stanza, sul pavimento di marmo freddo. La circondarono. I quattro uomini e Voss. Iniziarono a toccarla, a passarla da uno all'altro come un oggetto. Le loro mani erano dappertutto, i loro corpi un muro invalicabile. La misero al centro, inginocchiata. Uno dopo l'altro, la usarono la sua bocca, facendola ingoiare i loro cazzi fino in fondo. Poi, in un cerchio, iniziarono a masturbarsi, i loro occhi fissi su di lei.
"La performance finale," disse Voss, la sua voce un sussurro eccitato. "La valutazione del suo valore come ricettacolo."
Il primo a venire fu una guardia, che le scaricò un getto caldo e denso sul viso, accecandola. Un altro le venne sulle tette, lo sperma colava lungo i suoi seni come cera fusa. Il terzo le sborrò sulla schiena, un caldo schiaffo umiliante. Voss fu l'ultimo. Si avvicinò, le prese il viso e le venne in bocca, costringendola a tenere il suo sperma sulla lingua prima di inghiottarlo.
"Ottimo lavoro, team," disse Voss, sistemandosi i pantaloni come se nulla fosse. "L'asset è stato pienamente testato e si è dimostrato... versatile."
Si voltarono e la lasciarono lì, sul pavimento di marmo. Petra era un cumulo di carne tremante, ricoperta di sborra, con il sapore del loro potere ancora in bocca. Le luci della città brillavano indifferenti attraverso il vetro. Sentì i loro passi allontanarsi, il suono di una porta che si chiudeva. Era sola, nuda e umiliata nel cuore del potere. Si raggomitolò su se stessa, singhiozzando silenziosamente, mentre la sua identità professionale si sgretolava, lasciando solo il vuoto di ciò che era diventata.
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