La merce - Cap.2
di
Petulka
genere
orge
Petra si risvegliò con un brivido. Il cemento freddo del bancone le si era impresso sulla pelle. Ogni muscolo del suo corpo era un dolore sordo, ogni orifizio una memoria bruciante di volgarità estrema e piacere. Si sentiva vuota, svuotata, e stranamente, incredibilmente viva. Attorno a lei, il capannone era deserto. I sette uomini se n'erano andati, lasciandola sola con il suo respiro affannato e il pacchetto che era il motivo di tutto. Si rialzò a fatica, le gambe che tremavano come quelle di un cerbiatto. Si riallacciò il cappotto di pelle, ora rigido e unto, raccolse la merce dal bancone e, zoppicando, uscì nell'aria fredda della notte.
La sua piccola utilitaria l'aspettava parcheggiata sotto un lampione stinto. Salì a bordo, ansimando mentre il sedile di pelle le si incollava alla pelle sudata. Accese il motore, che ruggì con un suono rassicurante. Mentre guidava lentamente lungo la strada deserta che portava in città, la sua mente era un vuoto ronzante. Non pensava a ciò che era successo, non sentiva né vergogna né rimorso. C'era solo una calma strana, una sensazione di essere stata purificata dal fuoco.
A metà strada, il motore fece un colpo di tosse, poi un altro. L'auto scosse, perse potenza e si morì con un ultimo gemito di protesta, lasciandola in balia del silenzio e del buio. "No, per favore, no ora," mormorò Petra, battendo il pugno sul volante. Estrasse il telefono, le dita ancora un po' intorpidite che faticavano a digitare il numero del soccorso stradale.
Attese quasi un'ora, avvolta nel cappotto, prima che le luci di un carro attrezzi bucano il buio. Il veicolo si fermò dietro la sua e due uomini scesero dalla cabina. Erano giovani, forse vent'anni, e si muovevano con l'aria annoiata di chi ha fatto la stessa cosa centinaia di volte. Uno era alto e slanciato, con un po' di barba da pochi giorni e gli occhi vivaci. L'altro era più basso, tarchiato, con le braccia muscolose che uscivano dalla sua tuta da lavoro.
"Siamo del soccorso," disse quello alto, guardando la sua auto. "Problemi al motore?"
"Non parte," rispose Petra, la voce roca. "Si è spenta e non si riaccende più."
L'uomo tarchiato si aggirò intorno all'auto, diede un'occhiata al motore e scosse la testa. "Dobbiamo caricarla. Salga sulla cabina, signora, ci vorrà un po'."
Petra annuì e salì sul sedile del passeggero del carro attrezzi. L'interno odorava di sigarette stanche e caffè. Mentre l'uomo alto manovrava il braccio meccanico per sollevare la sua auto, l'altro si mise al volante e iniziò a guidare lentamente verso la città. Il viaggio era silenzioso, solo il ronzio del motore diesel a riempire l'aria. Petra si appoggiò al finestrino, gli occhi chiusi, sentendo le vibrazioni del veicolo percorrere il suo corpo indolenzito.
"La sera è stata pesante, eh?" chiese improvvisamente l'uomo alto, che era salito sul sedile dietro di lei.
Petra aprì gli occhi e lo guardò nello specchietto retrovisore. C'era una strana luce nei suoi occhi, una comprensione che non si aspettava. "Cosa?"
L'uomo sorrise. "Non faccia la stupida. Sappiamo tutti cosa succede in quel capannone. È un passatempo molto... popolare per alcuni tipi di affari."
Il cuore di Petra si fermò. "Non... non so di cosa state parlando."
"Ah, davvero?" intervenne l'autista, l'uomo tarchiato, senza distogliere gli occhi dalla strada. "Allora come mai sa di sperma e di figa, questo cappotto?"
Petra rimase senza parole. La sua mano si portò istintivamente al colletto del cappotto, come per coprirsi.
"Tranquilla, non siamo la polizia," disse quello alto, avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla. "Anzi, siamo ammiratori. Un amico nostro era lì stasera. Ci ha detto che c'era una vera professionista. Una che sa come trattare sette uomini."
La mano dell'uomo scese lungo la sua schiena, fino al suo fondoschiena. Petra si irrigidì, ma non si mosse. Il suo corpo, ancora sensibile dopo l'abuso, reagì al tocco con un brivido di calore.
"Ci ha detto che sei una vera cagna," sussurrò l'uomo all'orecchio. "Una che ama essere riempita. È vero?"
Petra chiuse gli occhi, una singola lacrima che le scendeva lungo la guancia. Non era di tristezza. Era di resa. "Sì," sussurrò, la voce appena udibile. "È vero."
L'uomo tarchiato accostò il carro attrezzi in una piazzola buia e isolata, lontana dalla strada principale. Spense il motore. "Allora," disse, voltandosi verso di lei. "Forse la tua serata non è ancora finita. Forse il tuo servizio di emergenza è appena iniziato."
Quello alto le aprì il cappotto, rivelando il suo corpo nudo e rigonfio sotto. "Ci ha detto che sei un po' rotta. Lascia che ti diamo una mano... o meglio, qualcos'altro."
Petra si lasciò andare, la testa all'indietro sul sedile, mentre le loro mani iniziavano a esplorare il suo corpo. Non era più un'affarista in difficoltà. Era di nuovo Petra, la troia del capannone. E la notte era ancora giovane.
L'uomo tarchiato, che chiameremo Marco, si sporse verso di lei, il suo alito che sapeva di caffè e nicotina. "Allora, signora, vediamo se sei così brava come dicono." Le sue mani rozze le afferrarono le tette, schiacciandole con forza, i pollici che le tormentavano i capezzoli già indolenziti. Petra gemette, un suono basso e profondo che partì dalle sue viscere. Il dolore si mescolava a un piacere immediato, una scintilla che riaccendeva il fuoco che credeva spento.
L'altro, Luca, quello alto, le si mise dietro, le sue dita che le correvano lungo la schiena e le si infilavano tra le chiappe. "Dai, facciamo vedere che buca sei." Le trovò il culo ancora umido e rilassato e vi infilò due dita senza preavviso. Petra sobbalzò, il suo corpo che si apriva di nuovo, un ricordo muscolare di violenza e goduria. "Sì... lì... sento tutto," sussurrò, spingendo il suo fondoschiena contro la mano di lui.
Luca la prese per i capelli e la costrinse a piegarsi verso il sedile del passeggero. "Leccami il cazzo, troia." Mentre lei si chinava per aprirgli i pantaloni, Marco si era già abbassato sul sedile del guidatore, la sua faccia che si infilava tra le sue cosce. La sua lingua era diversa da quella degli altri uomini, era più lenta, più insistente. Leccava le labbra della figa, succhiava il clitorice, la penetrava con la lingua, facendola gemere contro il cazzo di Luca che ora era in bocca.
"Guarda che porca, già si bagna tutta," rise Marco, venendo a galla per un attimo, il viso lucido dei suoi umori. "Sei una fontana, eh?"
Petra non poteva rispondere, la sua bocca era piena del cazzo di Luca, che la prendeva a spinte lente e profonde, facendola soffocare dolcemente. Sentiva le mani di Marco che le aprivano le gambe, che le infilavano di nuovo le dita in figa, prima due, poi tre, inanellandole e allungandola.
"Basta, voglio sentire che stretta è," disse Marco, tirandosi fuori dai pantaloni e rivelando un cazzo tozzo e duro come un mattone. Si mise sopra di lei, schiacciandola contro il sedile, e le infilò il cazzo in figa con un solo colpo possente. Petra urlò, un suono soffocato dal cazzo di Luca. Era di nuovo piena, un cazzo in figa e uno in gola.
Iniziarono a scoparla in un ritmo forsennato, un martellare costante da due lati. Ogni spinta di Marco la faceva inghiottire più a fondo il cazzo di Luca. Ogni movimento della sua bocca faceva contrarre la figa intorno al cazzo di Marco. Era una macchina del piacere, un ingranaggio perfetto di lussuria. "Sì, così, scopatemi, usatemi, sono la vostra puttana," gemeva ogni volta che riusciva a prendere fiato.
Poi Luca si tirò fuori. "Adesso il culo. Voglio sentire il culo che si stringe."
La sollevarono come se non pesasse nulla. Marco si sdraiò sulla schiena sul sedile del guidatore e la costrinse a montarlo, infilandole il cazzo in figa. Petra, con la schiena rivolta verso di lui, si appoggiò al suo petto ansimante. Luca, allora, le si mise dietro, le allargò le chiappe e le infilò il cazzo nel culo. La doppia penetrazione la fece impazzire. "brutti porci mi sfondate con due cazzi dentro di me.... si scopatemi in doppia maiali...mmmmmmm"
Il suo corpo era teso come una corda di violino, vibrante di piacere. Sentiva i due cazzi che si muovevano dentro di lei, separati solo da un sottile lembo di carne, e l'attrito la stava portando al limite.
"Vengo! Sto venendo! Non riesco a... ahhhhhhhhh" gridò, mentre un orgasmo potentissimo la scosse, facendola tremare e contrarsi, la figa che spruzzava il suo nettare caldo sul cazzo di Marco.
"La troia viene! Goditi questa sborra, puttana!" ringhiò Luca, scaricandola dentro il culo con un urlo, riempiendola di un'altra ondata di sperma calda.
Subito dopo, Marco la inondò la figa, sentendola contrarsi di nuovo in un orgasmo prolungato che la lasciava senza fiato.
La lasciarono crollare sul sedile, un mucchio di carne ansimante e sudata. Ma non era finita. Marco, ancora duro, la sollevò e la costrinse a mettersi a carponi sul pavimento sporco della cabina. "Non hai ancora finito di lavorare, cagna."
Le si mise dietro e le infilò di nuovo il cazzo in figa, iniziando a scoparla come un animale. Luca, intanto, si era messo in ginocchio davanti a lei e le infilò il cazzo in bocca. "Leccami pulito, leccami tutto."
Petra li prese entrambi, completamente sottomessa, il suo corpo che rispondeva a ogni stimolo, ogni colpo, ogni umiliazione. Sentiva che un altro orgasmo stava montando, diverso dagli altri, più profondo, più totale.
"Vengo di nuovo! Cazzooo.. vengo ancoraaaaaaa...mmmmmmmmm...!" urlò, con la bocca piena di cazzo.
Questa volta, quando l'orgasmo la colpì, fu troppo. Il suo corpo si irrigidì, le sue mani si strinsero a pugni, e con un gemito finale, gli occhi le si rovesciarono indietro e svenne di nuovo, crollando pesantemente sul pavimento del carro attrezzi.
La sua piccola utilitaria l'aspettava parcheggiata sotto un lampione stinto. Salì a bordo, ansimando mentre il sedile di pelle le si incollava alla pelle sudata. Accese il motore, che ruggì con un suono rassicurante. Mentre guidava lentamente lungo la strada deserta che portava in città, la sua mente era un vuoto ronzante. Non pensava a ciò che era successo, non sentiva né vergogna né rimorso. C'era solo una calma strana, una sensazione di essere stata purificata dal fuoco.
A metà strada, il motore fece un colpo di tosse, poi un altro. L'auto scosse, perse potenza e si morì con un ultimo gemito di protesta, lasciandola in balia del silenzio e del buio. "No, per favore, no ora," mormorò Petra, battendo il pugno sul volante. Estrasse il telefono, le dita ancora un po' intorpidite che faticavano a digitare il numero del soccorso stradale.
Attese quasi un'ora, avvolta nel cappotto, prima che le luci di un carro attrezzi bucano il buio. Il veicolo si fermò dietro la sua e due uomini scesero dalla cabina. Erano giovani, forse vent'anni, e si muovevano con l'aria annoiata di chi ha fatto la stessa cosa centinaia di volte. Uno era alto e slanciato, con un po' di barba da pochi giorni e gli occhi vivaci. L'altro era più basso, tarchiato, con le braccia muscolose che uscivano dalla sua tuta da lavoro.
"Siamo del soccorso," disse quello alto, guardando la sua auto. "Problemi al motore?"
"Non parte," rispose Petra, la voce roca. "Si è spenta e non si riaccende più."
L'uomo tarchiato si aggirò intorno all'auto, diede un'occhiata al motore e scosse la testa. "Dobbiamo caricarla. Salga sulla cabina, signora, ci vorrà un po'."
Petra annuì e salì sul sedile del passeggero del carro attrezzi. L'interno odorava di sigarette stanche e caffè. Mentre l'uomo alto manovrava il braccio meccanico per sollevare la sua auto, l'altro si mise al volante e iniziò a guidare lentamente verso la città. Il viaggio era silenzioso, solo il ronzio del motore diesel a riempire l'aria. Petra si appoggiò al finestrino, gli occhi chiusi, sentendo le vibrazioni del veicolo percorrere il suo corpo indolenzito.
"La sera è stata pesante, eh?" chiese improvvisamente l'uomo alto, che era salito sul sedile dietro di lei.
Petra aprì gli occhi e lo guardò nello specchietto retrovisore. C'era una strana luce nei suoi occhi, una comprensione che non si aspettava. "Cosa?"
L'uomo sorrise. "Non faccia la stupida. Sappiamo tutti cosa succede in quel capannone. È un passatempo molto... popolare per alcuni tipi di affari."
Il cuore di Petra si fermò. "Non... non so di cosa state parlando."
"Ah, davvero?" intervenne l'autista, l'uomo tarchiato, senza distogliere gli occhi dalla strada. "Allora come mai sa di sperma e di figa, questo cappotto?"
Petra rimase senza parole. La sua mano si portò istintivamente al colletto del cappotto, come per coprirsi.
"Tranquilla, non siamo la polizia," disse quello alto, avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla. "Anzi, siamo ammiratori. Un amico nostro era lì stasera. Ci ha detto che c'era una vera professionista. Una che sa come trattare sette uomini."
La mano dell'uomo scese lungo la sua schiena, fino al suo fondoschiena. Petra si irrigidì, ma non si mosse. Il suo corpo, ancora sensibile dopo l'abuso, reagì al tocco con un brivido di calore.
"Ci ha detto che sei una vera cagna," sussurrò l'uomo all'orecchio. "Una che ama essere riempita. È vero?"
Petra chiuse gli occhi, una singola lacrima che le scendeva lungo la guancia. Non era di tristezza. Era di resa. "Sì," sussurrò, la voce appena udibile. "È vero."
L'uomo tarchiato accostò il carro attrezzi in una piazzola buia e isolata, lontana dalla strada principale. Spense il motore. "Allora," disse, voltandosi verso di lei. "Forse la tua serata non è ancora finita. Forse il tuo servizio di emergenza è appena iniziato."
Quello alto le aprì il cappotto, rivelando il suo corpo nudo e rigonfio sotto. "Ci ha detto che sei un po' rotta. Lascia che ti diamo una mano... o meglio, qualcos'altro."
Petra si lasciò andare, la testa all'indietro sul sedile, mentre le loro mani iniziavano a esplorare il suo corpo. Non era più un'affarista in difficoltà. Era di nuovo Petra, la troia del capannone. E la notte era ancora giovane.
L'uomo tarchiato, che chiameremo Marco, si sporse verso di lei, il suo alito che sapeva di caffè e nicotina. "Allora, signora, vediamo se sei così brava come dicono." Le sue mani rozze le afferrarono le tette, schiacciandole con forza, i pollici che le tormentavano i capezzoli già indolenziti. Petra gemette, un suono basso e profondo che partì dalle sue viscere. Il dolore si mescolava a un piacere immediato, una scintilla che riaccendeva il fuoco che credeva spento.
L'altro, Luca, quello alto, le si mise dietro, le sue dita che le correvano lungo la schiena e le si infilavano tra le chiappe. "Dai, facciamo vedere che buca sei." Le trovò il culo ancora umido e rilassato e vi infilò due dita senza preavviso. Petra sobbalzò, il suo corpo che si apriva di nuovo, un ricordo muscolare di violenza e goduria. "Sì... lì... sento tutto," sussurrò, spingendo il suo fondoschiena contro la mano di lui.
Luca la prese per i capelli e la costrinse a piegarsi verso il sedile del passeggero. "Leccami il cazzo, troia." Mentre lei si chinava per aprirgli i pantaloni, Marco si era già abbassato sul sedile del guidatore, la sua faccia che si infilava tra le sue cosce. La sua lingua era diversa da quella degli altri uomini, era più lenta, più insistente. Leccava le labbra della figa, succhiava il clitorice, la penetrava con la lingua, facendola gemere contro il cazzo di Luca che ora era in bocca.
"Guarda che porca, già si bagna tutta," rise Marco, venendo a galla per un attimo, il viso lucido dei suoi umori. "Sei una fontana, eh?"
Petra non poteva rispondere, la sua bocca era piena del cazzo di Luca, che la prendeva a spinte lente e profonde, facendola soffocare dolcemente. Sentiva le mani di Marco che le aprivano le gambe, che le infilavano di nuovo le dita in figa, prima due, poi tre, inanellandole e allungandola.
"Basta, voglio sentire che stretta è," disse Marco, tirandosi fuori dai pantaloni e rivelando un cazzo tozzo e duro come un mattone. Si mise sopra di lei, schiacciandola contro il sedile, e le infilò il cazzo in figa con un solo colpo possente. Petra urlò, un suono soffocato dal cazzo di Luca. Era di nuovo piena, un cazzo in figa e uno in gola.
Iniziarono a scoparla in un ritmo forsennato, un martellare costante da due lati. Ogni spinta di Marco la faceva inghiottire più a fondo il cazzo di Luca. Ogni movimento della sua bocca faceva contrarre la figa intorno al cazzo di Marco. Era una macchina del piacere, un ingranaggio perfetto di lussuria. "Sì, così, scopatemi, usatemi, sono la vostra puttana," gemeva ogni volta che riusciva a prendere fiato.
Poi Luca si tirò fuori. "Adesso il culo. Voglio sentire il culo che si stringe."
La sollevarono come se non pesasse nulla. Marco si sdraiò sulla schiena sul sedile del guidatore e la costrinse a montarlo, infilandole il cazzo in figa. Petra, con la schiena rivolta verso di lui, si appoggiò al suo petto ansimante. Luca, allora, le si mise dietro, le allargò le chiappe e le infilò il cazzo nel culo. La doppia penetrazione la fece impazzire. "brutti porci mi sfondate con due cazzi dentro di me.... si scopatemi in doppia maiali...mmmmmmm"
Il suo corpo era teso come una corda di violino, vibrante di piacere. Sentiva i due cazzi che si muovevano dentro di lei, separati solo da un sottile lembo di carne, e l'attrito la stava portando al limite.
"Vengo! Sto venendo! Non riesco a... ahhhhhhhhh" gridò, mentre un orgasmo potentissimo la scosse, facendola tremare e contrarsi, la figa che spruzzava il suo nettare caldo sul cazzo di Marco.
"La troia viene! Goditi questa sborra, puttana!" ringhiò Luca, scaricandola dentro il culo con un urlo, riempiendola di un'altra ondata di sperma calda.
Subito dopo, Marco la inondò la figa, sentendola contrarsi di nuovo in un orgasmo prolungato che la lasciava senza fiato.
La lasciarono crollare sul sedile, un mucchio di carne ansimante e sudata. Ma non era finita. Marco, ancora duro, la sollevò e la costrinse a mettersi a carponi sul pavimento sporco della cabina. "Non hai ancora finito di lavorare, cagna."
Le si mise dietro e le infilò di nuovo il cazzo in figa, iniziando a scoparla come un animale. Luca, intanto, si era messo in ginocchio davanti a lei e le infilò il cazzo in bocca. "Leccami pulito, leccami tutto."
Petra li prese entrambi, completamente sottomessa, il suo corpo che rispondeva a ogni stimolo, ogni colpo, ogni umiliazione. Sentiva che un altro orgasmo stava montando, diverso dagli altri, più profondo, più totale.
"Vengo di nuovo! Cazzooo.. vengo ancoraaaaaaa...mmmmmmmmm...!" urlò, con la bocca piena di cazzo.
Questa volta, quando l'orgasmo la colpì, fu troppo. Il suo corpo si irrigidì, le sue mani si strinsero a pugni, e con un gemito finale, gli occhi le si rovesciarono indietro e svenne di nuovo, crollando pesantemente sul pavimento del carro attrezzi.
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