Serva di famiglia (parte 16)
di
Kugher
genere
sadomaso
Camille era a terra.
Stava abbracciando le caviglie di Michelle e non riusciva a calmarsi.
Continuava a piangere e a tremare.
Sentì con immenso piacere le mani della donna che la stava accarezzando sui capelli e sulle spalle, sul fianco.
Michelle aspettava, in silenzio. Accarezzava e taceva.
Le carezze erano lente, calme, e riuscirono a infondere sicurezza anche a Camille che, piano piano, riuscì a calmare l’animo ed il pianto.
Le carezze di Michelle non vennero meno e continuarono. La ragazza sentiva che erano sincere, fatte con le mani che conosceva perché l’avevano fatta crescere e l’avevano tenuta stretta.
In quel momento capì l’importanza di quella donna ed il rapporto cresciuto nel tempo, anche se nelle ultime settimane era mutato in quella nuova situazione, ma certe cose non possono venire meno.
Lei sapeva che era predominante l'aspetto della sua servitù, ma sentiva e sapeva che in Michelle c’era ancora affetto, e quelle carezze lo dimostrano.
“Ti ho bagnato tutti i piedi”.
Fu la prima cosa che riuscì a dire quando riprese il controllo delle emozioni.
“Non ti preoccupare, tesoro”.
In quel momento avvertì l’importanza ed il valore di quel “tesoro”, cui sempre faceva ricorso la donna ai cui piedi ora si trovava.
Senza ordini o altri comandi, iniziò a leccare i piedi per asciugarli dalle lacrime. La lingua andò anche sulle ciabatte in pelle che si erano bagnate e che lei leccò volentieri, quasi a dimostrare riconoscenza per le carezze.
Capiva, sentiva che stava leccando per sé stessa e non per dare piacere alla donna che le riceveva.
Ottenne che adesso i piedi erano bagnati dalla saliva della lingua. Le parve cosa naturale utilizzare i suoi capelli per asciugarli.
Poi appoggiò il viso sui piedi asciutti.
Michelle smise di accarezzarla solo quando il respiro divenne regolare.
Poi si sistemò comoda in poltrona.
“Tesoro, cosa è successo?”
In quel momento Camille realizzò che era venuto definitivamente meno il suo apporto economico.
Iniziò a piangere, ma riuscì a raccontare l’accaduto, tenendo il viso sui piedi della donna, timorosa della sua reazione, di essere cacciata via perché a quel punto nessuna entrata avrebbe potuto provenire da lei, attesa anche l’impossibilità che potesse trovare un posto di lavoro in paese.
Michelle la fece sfogare.
“Su, tesoro, mettiti in ginocchio”.
Caille si inginocchiò davanti a lei che ricominciò a carezzarle il viso, tranquillizzandola.
Camille sentì una colata di calore entrarle dentro ad ogni carezza.
Si sentiva tranquillizzata dalle sue paure, anche se adesso la sua situazione era cambiata, in quanto avrebbe solo potuto essere utile con il suo lavoro da serva.
Michelle le mise la mano sotto il mento e le fece alzare il capo, in modo che le potesse vedere gli occhi.
“Massaggiami i piedi”.
Michelle le raccontò della sua giornata, cambiando discorso. Le raccontò cosa era accaduto in paese proseguendo quei dialoghi che facevano la sera, dopo cena, quando le due Signore (o Padrone) erano sedute e lei, Camille, accucciata ai loro piedi, quando la rendevano partecipe dei loro discorsi, come fosse indifferente il fatto che lei fosse a terra pronta ad ubbidire. In quei momenti poteva anche parlare tranquillamente e dire il suo pensiero senza timore alcuno.
Quando si fu calmata definitivamente, Michelle le disse di non preoccuparsi per la mancata consegna del danaro.
La donna sapeva che la situazione di Camille era cambiata ulteriormente.
Ormai dipendeva esclusivamente da loro e dal rapporto che lei era riuscita ad instaurare, nonostante le intemperanze della figlia.
Il fatto che quella ragazza fosse ulteriormente ai loro piedi, anche psicologicamente, ebbe l’effetto di eccitarla.
Tolse il piede dalle mani di Camille che lo stava massaggiando.
Si alzò la gonna.
“Camille, tesoro, mi daresti piacere con la tua lingua?”.
Non fu un ordine, formalmente, e di questo Camille si sentì rassicurata.
Lo fece volentieri. Così si chinò in avanti dopo averla aiutata a togliersi le mutandine.
La leccò con affetto, con quell’affetto che, nonostante tutto, aveva ricevuto in quei mesi di servitù.
La leccò nel più profondo della figa, entrando il più possibile con il solo desiderio di darle piacere.
Leccò le grandi labbra che accarezzò con le dita mentre la lingua si soffermava sul clitoride.
Leccava senza pensare ad altro, come se quella figa bagnata fosse tutto ciò che esisteva al mondo, almeno nel suo mondo.
Voleva solo darle piacere, dargliene tanto, dimostrare il suo desiderio di darle piacere.
Leccò a lungo, affondando lingua e faccia nella figa, ignorando i peli che le entravano in bocca.
Leccò fino a che Michelle non godette. Solo allora si staccò e si accucciò ai suoi piedi, col viso accanto alle sue mutandine.
Michelle le pose sopra i piedi e si rilassò del tutto, addormentandosi.
Stava abbracciando le caviglie di Michelle e non riusciva a calmarsi.
Continuava a piangere e a tremare.
Sentì con immenso piacere le mani della donna che la stava accarezzando sui capelli e sulle spalle, sul fianco.
Michelle aspettava, in silenzio. Accarezzava e taceva.
Le carezze erano lente, calme, e riuscirono a infondere sicurezza anche a Camille che, piano piano, riuscì a calmare l’animo ed il pianto.
Le carezze di Michelle non vennero meno e continuarono. La ragazza sentiva che erano sincere, fatte con le mani che conosceva perché l’avevano fatta crescere e l’avevano tenuta stretta.
In quel momento capì l’importanza di quella donna ed il rapporto cresciuto nel tempo, anche se nelle ultime settimane era mutato in quella nuova situazione, ma certe cose non possono venire meno.
Lei sapeva che era predominante l'aspetto della sua servitù, ma sentiva e sapeva che in Michelle c’era ancora affetto, e quelle carezze lo dimostrano.
“Ti ho bagnato tutti i piedi”.
Fu la prima cosa che riuscì a dire quando riprese il controllo delle emozioni.
“Non ti preoccupare, tesoro”.
In quel momento avvertì l’importanza ed il valore di quel “tesoro”, cui sempre faceva ricorso la donna ai cui piedi ora si trovava.
Senza ordini o altri comandi, iniziò a leccare i piedi per asciugarli dalle lacrime. La lingua andò anche sulle ciabatte in pelle che si erano bagnate e che lei leccò volentieri, quasi a dimostrare riconoscenza per le carezze.
Capiva, sentiva che stava leccando per sé stessa e non per dare piacere alla donna che le riceveva.
Ottenne che adesso i piedi erano bagnati dalla saliva della lingua. Le parve cosa naturale utilizzare i suoi capelli per asciugarli.
Poi appoggiò il viso sui piedi asciutti.
Michelle smise di accarezzarla solo quando il respiro divenne regolare.
Poi si sistemò comoda in poltrona.
“Tesoro, cosa è successo?”
In quel momento Camille realizzò che era venuto definitivamente meno il suo apporto economico.
Iniziò a piangere, ma riuscì a raccontare l’accaduto, tenendo il viso sui piedi della donna, timorosa della sua reazione, di essere cacciata via perché a quel punto nessuna entrata avrebbe potuto provenire da lei, attesa anche l’impossibilità che potesse trovare un posto di lavoro in paese.
Michelle la fece sfogare.
“Su, tesoro, mettiti in ginocchio”.
Caille si inginocchiò davanti a lei che ricominciò a carezzarle il viso, tranquillizzandola.
Camille sentì una colata di calore entrarle dentro ad ogni carezza.
Si sentiva tranquillizzata dalle sue paure, anche se adesso la sua situazione era cambiata, in quanto avrebbe solo potuto essere utile con il suo lavoro da serva.
Michelle le mise la mano sotto il mento e le fece alzare il capo, in modo che le potesse vedere gli occhi.
“Massaggiami i piedi”.
Michelle le raccontò della sua giornata, cambiando discorso. Le raccontò cosa era accaduto in paese proseguendo quei dialoghi che facevano la sera, dopo cena, quando le due Signore (o Padrone) erano sedute e lei, Camille, accucciata ai loro piedi, quando la rendevano partecipe dei loro discorsi, come fosse indifferente il fatto che lei fosse a terra pronta ad ubbidire. In quei momenti poteva anche parlare tranquillamente e dire il suo pensiero senza timore alcuno.
Quando si fu calmata definitivamente, Michelle le disse di non preoccuparsi per la mancata consegna del danaro.
La donna sapeva che la situazione di Camille era cambiata ulteriormente.
Ormai dipendeva esclusivamente da loro e dal rapporto che lei era riuscita ad instaurare, nonostante le intemperanze della figlia.
Il fatto che quella ragazza fosse ulteriormente ai loro piedi, anche psicologicamente, ebbe l’effetto di eccitarla.
Tolse il piede dalle mani di Camille che lo stava massaggiando.
Si alzò la gonna.
“Camille, tesoro, mi daresti piacere con la tua lingua?”.
Non fu un ordine, formalmente, e di questo Camille si sentì rassicurata.
Lo fece volentieri. Così si chinò in avanti dopo averla aiutata a togliersi le mutandine.
La leccò con affetto, con quell’affetto che, nonostante tutto, aveva ricevuto in quei mesi di servitù.
La leccò nel più profondo della figa, entrando il più possibile con il solo desiderio di darle piacere.
Leccò le grandi labbra che accarezzò con le dita mentre la lingua si soffermava sul clitoride.
Leccava senza pensare ad altro, come se quella figa bagnata fosse tutto ciò che esisteva al mondo, almeno nel suo mondo.
Voleva solo darle piacere, dargliene tanto, dimostrare il suo desiderio di darle piacere.
Leccò a lungo, affondando lingua e faccia nella figa, ignorando i peli che le entravano in bocca.
Leccò fino a che Michelle non godette. Solo allora si staccò e si accucciò ai suoi piedi, col viso accanto alle sue mutandine.
Michelle le pose sopra i piedi e si rilassò del tutto, addormentandosi.
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