Serva di famiglia (parte 15)
di
Kugher
genere
sadomaso
Le sue giornate erano tutte identiche: pulire, lavare, sistemare e, quando aveva finito, ricominciare a pulire.
Arrivava a sera stanchissima. Era la prima ad alzarsi e l’ultima ad andare a letto.
Ancora non vi era stato alcun uso sessuale, ma temeva che sarebbe arrivato.
Al momento la sua vita era quella della serva, anzi, qualcosa di più in quanto le serve non stanno sempre in ginocchio davanti ai Padroni.
Venne il giorno in cui aveva appuntamento per andare a ritirare i soldi che mamma le faceva avere.
Era comunque una operazione pericolosa, sicuramente vietata.
Dalla prima ed unica consegna era passato un mese, un mese in cui si era consumata e sciupata, benché cercasse di avere sempre cura di sé.
Era stanca. La facevano lavorare tantissimo, soprattutto Nala, il più delle volte con attività inutili o, meglio, utili solo per divertirla nel sapere che lei le doveva svolgere sul suo semplice comando.
Nala sembrava stesse giocando con quella forza che è il dominio, senza però riuscire a governarla.
Camille non dormì quella notte, perché sapeva cosa sarebbe successo con la guardia.
Non poteva sottrarsi.
Andò all’appuntamento e attese. Passò un’ora, due.
Dall’altra parte vedeva sua madre, ma non potevano parlare. Le cose erano cambiate e adesso anche gli scambi di parole erano vietati.
La guardia si presentò con un complice. Probabilmente qualcuno al quale era dovuto ricorrere per riuscire a gestire quegli affari pericolosi.
Camille fu tentata di andarsene. Vide lo sguardo spaventato di sua madre. Arrivò la guardia dall’altra parte che non si avvicinò a sua madre. Evidentemente lo scambio della busta era avvenuto in precedenza.
I due si avvicinarono a lei. Cominciarono a toccarla e a infilare le mani sotto il vestito.
“Inginocchiati”.
Camille eseguì.
Uno dei due tirò fuori il cazzo, mentre l’altro iniziò a strizzarle i capezzoli, evidentemente eccitato.
“Oggi ti prenderemo contemporaneamente. Mettiti a pecorina, mentre lo devi succhiare a me, il mio compagno ti incula”.
Fu tentata di resistere, ma la guardia le fece vedere la busta piena di soldi, mimando il gesto di infilarla in tasca e andarsene.
Camille obbedì.
Uno dei due le sollevò il vestito e cominciò a sculacciarla.
Aveva il cazzo durissimo.
Per divertirsi, la guardia le pose la busta con i soldi sulla schiena.
“Se non stai bene ferma e la fai cadere, noi ti scopiamo, ma poi non ti diamo nulla”:
Camille era tesissima.
La guardia le infilò il cazzo in bocca e l’altra stava per penetrarla.
Vi fu un tafferuglio. La guardia al di là del confine scappò velocemente trascinandosi via sua madre.
La guardia che aveva il cazzo in bocca lo tolse e, immediatamente, gli si ammosciò.
Solo allora Camille vide arrivare la polizia militare che, senza troppi complimenti, la allontanarono spingendola via, prendendo la busta con i soldi.
“Questi li requisiamo noi”.
Le due guardie corrotte cercarono di scappare, ma vennero circondate.
“Voi venite con noi. Sapete che vi aspetta il plotone di esecuzione, voi ed altri bastardi traditori dello Stato”.
Camille, spaventata, corse via, velocissima, senza pensare alla madre, ai soldi. Aveva in mente solo il pericolo, quegli uomini con le armi spianate, le manette alle due guardie trascinate via, lei che era tra i due quando era avvenuto l’arresto e temeva di essere coinvolta come complice, anche se era vittima.
Scappò senza guardare se la stessero inseguendo, senza sentire se le stessero urlando di fermarsi. Aveva solo paura di udire uno sparo e non pensava ad altro.
Corse a casa. Le chiavi le caddero 3 volte prima di riuscire ad aprire la serratura.
Per miracolo riuscì poi a chiudere la porta dietro di sé.
Solo con il secondo scatto della serratura all’interno si lasciò andare.
Corse in sala dove sperava di trovare Michelle, rendendosi conto che, in ogni caso e nonostante tutto, era la sua unica ancora.
Fu istintivo cercarla e correre da lei e la trovò in sala, seduta in poltrona, mentre leggeva aspettando il ritorno con la busta dei soldi.
Camille iniziò a piangere a dirotto, tremando per la tensione e la paura, gettandosi ai piedi della donna e abbracciando le caviglie.
Tirò fuori tutta l'enorme tensione maturata in pochissimo tempo, ad ogni passo di quella corsa contro il tempo e la vita, con la paura di sentire lo sparo.
Con il viso sulle sue caviglie, continuò a piangere.
Arrivava a sera stanchissima. Era la prima ad alzarsi e l’ultima ad andare a letto.
Ancora non vi era stato alcun uso sessuale, ma temeva che sarebbe arrivato.
Al momento la sua vita era quella della serva, anzi, qualcosa di più in quanto le serve non stanno sempre in ginocchio davanti ai Padroni.
Venne il giorno in cui aveva appuntamento per andare a ritirare i soldi che mamma le faceva avere.
Era comunque una operazione pericolosa, sicuramente vietata.
Dalla prima ed unica consegna era passato un mese, un mese in cui si era consumata e sciupata, benché cercasse di avere sempre cura di sé.
Era stanca. La facevano lavorare tantissimo, soprattutto Nala, il più delle volte con attività inutili o, meglio, utili solo per divertirla nel sapere che lei le doveva svolgere sul suo semplice comando.
Nala sembrava stesse giocando con quella forza che è il dominio, senza però riuscire a governarla.
Camille non dormì quella notte, perché sapeva cosa sarebbe successo con la guardia.
Non poteva sottrarsi.
Andò all’appuntamento e attese. Passò un’ora, due.
Dall’altra parte vedeva sua madre, ma non potevano parlare. Le cose erano cambiate e adesso anche gli scambi di parole erano vietati.
La guardia si presentò con un complice. Probabilmente qualcuno al quale era dovuto ricorrere per riuscire a gestire quegli affari pericolosi.
Camille fu tentata di andarsene. Vide lo sguardo spaventato di sua madre. Arrivò la guardia dall’altra parte che non si avvicinò a sua madre. Evidentemente lo scambio della busta era avvenuto in precedenza.
I due si avvicinarono a lei. Cominciarono a toccarla e a infilare le mani sotto il vestito.
“Inginocchiati”.
Camille eseguì.
Uno dei due tirò fuori il cazzo, mentre l’altro iniziò a strizzarle i capezzoli, evidentemente eccitato.
“Oggi ti prenderemo contemporaneamente. Mettiti a pecorina, mentre lo devi succhiare a me, il mio compagno ti incula”.
Fu tentata di resistere, ma la guardia le fece vedere la busta piena di soldi, mimando il gesto di infilarla in tasca e andarsene.
Camille obbedì.
Uno dei due le sollevò il vestito e cominciò a sculacciarla.
Aveva il cazzo durissimo.
Per divertirsi, la guardia le pose la busta con i soldi sulla schiena.
“Se non stai bene ferma e la fai cadere, noi ti scopiamo, ma poi non ti diamo nulla”:
Camille era tesissima.
La guardia le infilò il cazzo in bocca e l’altra stava per penetrarla.
Vi fu un tafferuglio. La guardia al di là del confine scappò velocemente trascinandosi via sua madre.
La guardia che aveva il cazzo in bocca lo tolse e, immediatamente, gli si ammosciò.
Solo allora Camille vide arrivare la polizia militare che, senza troppi complimenti, la allontanarono spingendola via, prendendo la busta con i soldi.
“Questi li requisiamo noi”.
Le due guardie corrotte cercarono di scappare, ma vennero circondate.
“Voi venite con noi. Sapete che vi aspetta il plotone di esecuzione, voi ed altri bastardi traditori dello Stato”.
Camille, spaventata, corse via, velocissima, senza pensare alla madre, ai soldi. Aveva in mente solo il pericolo, quegli uomini con le armi spianate, le manette alle due guardie trascinate via, lei che era tra i due quando era avvenuto l’arresto e temeva di essere coinvolta come complice, anche se era vittima.
Scappò senza guardare se la stessero inseguendo, senza sentire se le stessero urlando di fermarsi. Aveva solo paura di udire uno sparo e non pensava ad altro.
Corse a casa. Le chiavi le caddero 3 volte prima di riuscire ad aprire la serratura.
Per miracolo riuscì poi a chiudere la porta dietro di sé.
Solo con il secondo scatto della serratura all’interno si lasciò andare.
Corse in sala dove sperava di trovare Michelle, rendendosi conto che, in ogni caso e nonostante tutto, era la sua unica ancora.
Fu istintivo cercarla e correre da lei e la trovò in sala, seduta in poltrona, mentre leggeva aspettando il ritorno con la busta dei soldi.
Camille iniziò a piangere a dirotto, tremando per la tensione e la paura, gettandosi ai piedi della donna e abbracciando le caviglie.
Tirò fuori tutta l'enorme tensione maturata in pochissimo tempo, ad ogni passo di quella corsa contro il tempo e la vita, con la paura di sentire lo sparo.
Con il viso sulle sue caviglie, continuò a piangere.
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