La parete a vetri (parte 2)
di
Kugher
genere
dominazione
Antoine, il mètre, era stato un compagno di scuola e di giochi di Isabelle.
Al suo arrivo nella città natale, lei non mancava mai di chiamarlo per salutarlo o anche solo per prendere un aperitivo quando tornava “a casa”.
Lo aveva chiamato ancor prima di partire da Milano per chiedere di riservarle il tavolo più appartato.
Antoine, secondo lei, era sempre stato segretamente innamorato. Da parte sua era stato sempre manifestato il disinteresse per tutto ciò che potesse andare oltre l’amicizia che lei definiva “tra maschi”.
“Quello ancora ti sbava dietro”. Una sorta di civetteria femminile dava piacere a Isabelle quando Carlo mostrava segni di gelosia.
Antonine se l’era mangiata con gli occhi al loro arrivo al ristorante, complice, sicuramente, l’abbigliamento formal-sensuale.
Della punta di gelosia di Carlo ne avevano (almeno lei) riso. Lui era in grado di condividerla sessualmente con altri uomini senza che questo portasse alcune conseguenza emotiva. Tuttavia se qualcuno mostrava un interesse anche solo un po’ più pronunciato per lei, pur nel garbo, da parte del marito non mancava mai una battutina, senza che andasse oltre.
Ordinarono e attesero che, come al solito, per prima cosa arrivasse il vino, francese ovviamente, prodotto nelle vicinanze, località famosa per i vigneti.
Quella particolare marca non mancava mai, nemmeno a casa, a Milano. Isabelle la faceva arrivare direttamente dal produttore, la cui famiglia conosceva da anni. Il terreno sul quale vi era il vigneto era appartenuto al nonno di Isabelle il quale, successivamente all'alienazione, aveva lavorato per la produzione di quel vino fino a che non era andato in pensione.
Fu lei a servire il marito.
Era questo il secondo segnale che gli mandava: lei aveva guidato l’auto, lei aveva ordinato la cena ed il vino, lei gli stava servendo il vino.
Era come se avesse voluto prendere il comando della situazione.
Lo stava provocando, proprio lui, per nulla maschilista, però attento a queste cose perché gli stimolavano il desiderio di dominio, per compensare questa iniziativa di lei.
Si trattava di un gioco. Dopo avergli lanciato questi segnali, che ormai lui riconosceva, iniziava altro tipo di provocazione.
Stando seduta, piano piano si mosse e si sfilò le mutandine. Carlo se ne era accorto, così come si era accorto che i movimenti tipici di chi si spoglia erano stati notati anche da qualche altro uomo presente, che, facendo finta di nulla per non farsi notare dalla compagna di tavolo, girava continuamente lo sguardo, avendo ben compreso le dinamiche e immaginando i successivi sviluppi della serata…o della nottata.
Isabelle riuscì nell’operazione e, appena visto il cameriere che si stava avvicinando, mise le mutandine rosse, che si rivelarono essere un perizoma, sul tavolo.
Il serioso Carlo le tolse subito ma si rese conto che il cameriere, e qualche altro avventore, aveva visto cosa fosse accaduto.
Le tenne in mano e, allontanatosi l’uomo al servizio dei tavoli, guardandola si portò il perizoma al naso, accorgendosi che sull’indumento era stato spruzzato lo stesso profumo che lui amava.
Subito dopo aver consumato il piatto servito, Isabelle si recò in bagno. Si era seduta al tavolo in modo che per recarsi alla toilette sarebbe stata alla vista di Carlo, a beneficio del quale mostrò la schiena nuda ed ancheggiò leggermente.
Il movimento non era eccessivo ma nemmeno invisibile. Quel tanto che era possibile notare senza scadere ulteriormente in atti che eccedono il garbo.
Sapeva, ne era certa, pur senza avere voltato la testa nella sala, che qualche uomo l’aveva osservata. Sicuramente coloro che si erano accorti del gesto delle mutandine.
Aveva anche la certezza, la stronza, che Carlo se ne era accorto, alimentando così il desiderio di possederla, di farla sua, fisicamente, fortemente.
Quando ritornò al tavolo incontrò lo sguardo del marito il quale notò l’assenza del reggiseno, essendo abbastanza evidenti i capezzoli sotto il leggero vestito scuro.
Al suo arrivo nella città natale, lei non mancava mai di chiamarlo per salutarlo o anche solo per prendere un aperitivo quando tornava “a casa”.
Lo aveva chiamato ancor prima di partire da Milano per chiedere di riservarle il tavolo più appartato.
Antoine, secondo lei, era sempre stato segretamente innamorato. Da parte sua era stato sempre manifestato il disinteresse per tutto ciò che potesse andare oltre l’amicizia che lei definiva “tra maschi”.
“Quello ancora ti sbava dietro”. Una sorta di civetteria femminile dava piacere a Isabelle quando Carlo mostrava segni di gelosia.
Antonine se l’era mangiata con gli occhi al loro arrivo al ristorante, complice, sicuramente, l’abbigliamento formal-sensuale.
Della punta di gelosia di Carlo ne avevano (almeno lei) riso. Lui era in grado di condividerla sessualmente con altri uomini senza che questo portasse alcune conseguenza emotiva. Tuttavia se qualcuno mostrava un interesse anche solo un po’ più pronunciato per lei, pur nel garbo, da parte del marito non mancava mai una battutina, senza che andasse oltre.
Ordinarono e attesero che, come al solito, per prima cosa arrivasse il vino, francese ovviamente, prodotto nelle vicinanze, località famosa per i vigneti.
Quella particolare marca non mancava mai, nemmeno a casa, a Milano. Isabelle la faceva arrivare direttamente dal produttore, la cui famiglia conosceva da anni. Il terreno sul quale vi era il vigneto era appartenuto al nonno di Isabelle il quale, successivamente all'alienazione, aveva lavorato per la produzione di quel vino fino a che non era andato in pensione.
Fu lei a servire il marito.
Era questo il secondo segnale che gli mandava: lei aveva guidato l’auto, lei aveva ordinato la cena ed il vino, lei gli stava servendo il vino.
Era come se avesse voluto prendere il comando della situazione.
Lo stava provocando, proprio lui, per nulla maschilista, però attento a queste cose perché gli stimolavano il desiderio di dominio, per compensare questa iniziativa di lei.
Si trattava di un gioco. Dopo avergli lanciato questi segnali, che ormai lui riconosceva, iniziava altro tipo di provocazione.
Stando seduta, piano piano si mosse e si sfilò le mutandine. Carlo se ne era accorto, così come si era accorto che i movimenti tipici di chi si spoglia erano stati notati anche da qualche altro uomo presente, che, facendo finta di nulla per non farsi notare dalla compagna di tavolo, girava continuamente lo sguardo, avendo ben compreso le dinamiche e immaginando i successivi sviluppi della serata…o della nottata.
Isabelle riuscì nell’operazione e, appena visto il cameriere che si stava avvicinando, mise le mutandine rosse, che si rivelarono essere un perizoma, sul tavolo.
Il serioso Carlo le tolse subito ma si rese conto che il cameriere, e qualche altro avventore, aveva visto cosa fosse accaduto.
Le tenne in mano e, allontanatosi l’uomo al servizio dei tavoli, guardandola si portò il perizoma al naso, accorgendosi che sull’indumento era stato spruzzato lo stesso profumo che lui amava.
Subito dopo aver consumato il piatto servito, Isabelle si recò in bagno. Si era seduta al tavolo in modo che per recarsi alla toilette sarebbe stata alla vista di Carlo, a beneficio del quale mostrò la schiena nuda ed ancheggiò leggermente.
Il movimento non era eccessivo ma nemmeno invisibile. Quel tanto che era possibile notare senza scadere ulteriormente in atti che eccedono il garbo.
Sapeva, ne era certa, pur senza avere voltato la testa nella sala, che qualche uomo l’aveva osservata. Sicuramente coloro che si erano accorti del gesto delle mutandine.
Aveva anche la certezza, la stronza, che Carlo se ne era accorto, alimentando così il desiderio di possederla, di farla sua, fisicamente, fortemente.
Quando ritornò al tavolo incontrò lo sguardo del marito il quale notò l’assenza del reggiseno, essendo abbastanza evidenti i capezzoli sotto il leggero vestito scuro.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La parete a vetri (parte 1)
Commenti dei lettori al racconto erotico