La direttrice del carcere 5 gioco al contrario
di
Kyknox
genere
etero
Era una sera afosa. La direttrice Carla Belli decise di fare un nuovo incontro nella sala comune, ma stavolta i detenuti sembravano già pronti. Appena entrò, tacchi che riecheggiavano e camicetta aperta di un bottone più del solito, si accorse che qualcosa non tornava: i ragazzi erano troppo silenziosi, troppo… composti.
«Strano,» mormorò tra sé. «Che siate diventati educati di colpo?»
In realtà l’avevano preparata. Sul tavolo non c’erano banane né profilattici. Al loro posto, una sedia al centro della stanza.
«Direttrice,» disse Gino con un sorriso furbo, «oggi la lezione la facciamo noi.»
«Ah sì?» ribatté lei, con le mani sui fianchi e lo sguardo da regina. «E cosa vorreste insegnarmi, esattamente?»
Tonino si fece avanti, tenendo in mano un profilattico ancora nella confezione. «Vorremmo vedere se lei… segue le regole che ci ha imposto.»
Carla rise piano, muovendo lentamente i fianchi mentre si avvicinava alla sedia. «State cercando di mettermi in difficoltà?»
Si sedette, accavallando le gambe con un gesto che fece sospirare l’intera sala. «Allora avanti, vediamo se siete abbastanza… coraggiosi.»
Uno dei detenuti le porse un profilattico gonfiato come un palloncino e lo fece esplodere proprio davanti a lei. La sala scoppiò in risate, ma l’eco del botto sembrava nascondere qualcos’altro: la sfida era iniziata.
Un altro, più audace, le si avvicinò con un frutto in mano, imitando la dimostrazione che aveva fatto giorni prima. Tutti osservavano per vedere se la direttrice si sarebbe imbarazzata.
Ma Carla restò impassibile, anzi, prese il frutto dalle sue mani, lo accarezzò lentamente e poi, con un sorriso ambiguo, lo posò sul tavolo. «Non dimenticatevi che il potere, alla fine, ce l’ho sempre io.»
La sala tremava tra eccitazione e risate. I detenuti, pur avendo provato a rovesciare i ruoli, si ritrovarono nuovamente sotto il suo controllo.
E quando lei si alzò dalla sedia, lisciandosi la gonna e fissandoli uno per uno, era chiaro che nessuno avrebbe dimenticato quella “lezione”.
«Strano,» mormorò tra sé. «Che siate diventati educati di colpo?»
In realtà l’avevano preparata. Sul tavolo non c’erano banane né profilattici. Al loro posto, una sedia al centro della stanza.
«Direttrice,» disse Gino con un sorriso furbo, «oggi la lezione la facciamo noi.»
«Ah sì?» ribatté lei, con le mani sui fianchi e lo sguardo da regina. «E cosa vorreste insegnarmi, esattamente?»
Tonino si fece avanti, tenendo in mano un profilattico ancora nella confezione. «Vorremmo vedere se lei… segue le regole che ci ha imposto.»
Carla rise piano, muovendo lentamente i fianchi mentre si avvicinava alla sedia. «State cercando di mettermi in difficoltà?»
Si sedette, accavallando le gambe con un gesto che fece sospirare l’intera sala. «Allora avanti, vediamo se siete abbastanza… coraggiosi.»
Uno dei detenuti le porse un profilattico gonfiato come un palloncino e lo fece esplodere proprio davanti a lei. La sala scoppiò in risate, ma l’eco del botto sembrava nascondere qualcos’altro: la sfida era iniziata.
Un altro, più audace, le si avvicinò con un frutto in mano, imitando la dimostrazione che aveva fatto giorni prima. Tutti osservavano per vedere se la direttrice si sarebbe imbarazzata.
Ma Carla restò impassibile, anzi, prese il frutto dalle sue mani, lo accarezzò lentamente e poi, con un sorriso ambiguo, lo posò sul tavolo. «Non dimenticatevi che il potere, alla fine, ce l’ho sempre io.»
La sala tremava tra eccitazione e risate. I detenuti, pur avendo provato a rovesciare i ruoli, si ritrovarono nuovamente sotto il suo controllo.
E quando lei si alzò dalla sedia, lisciandosi la gonna e fissandoli uno per uno, era chiaro che nessuno avrebbe dimenticato quella “lezione”.
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