La vedova allegra ma non troppo

di
genere
pissing

Capitolo 1 – Ludovica, la vedova irresistibile
Ludovica aveva 32 anni, capelli mori lucidi, occhi azzurri penetranti e un fisico da togliere il fiato. Il marito ottantenne giaceva nella bara, lasciandole una fortuna che avrebbe cambiato la sua vita, ma ora non pensava al denaro: la vescica reclamava attenzione in modo urgente.
Entrando in chiesa, percepì gli sguardi: curiosità, ammirazione e un pizzico di desiderio. Ogni passo sui pavimenti lucidi era un piccolo dramma. Oscillazioni dei fianchi e micro-tremiti delle ginocchia tradivano la sua lotta interna, mentre il sorriso elegante cercava di mascherare la tensione. “Devo sopravvivere a questo funerale senza… beh, senza fare una figuraccia clamorosa,” pensò.
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Capitolo 2 – I primi segnali di pericolo
Seduta tra i banchi, cercava di concentrarsi sulle parole del sacerdote. Ogni nota del coro era come un colpo diretto alla vescica, ogni parola solenne un promemoria della sua situazione precaria.
Il cugino lontano si avvicinò, con la scusa delle condoglianze. «Ludovica… tutto bene?»
Lei sorrise nervosamente, serrando le mani sul ventre: «Sì… tutto sotto controllo.»
Il cugino si appoggiò un po’ troppo, e Ludovica sentì un brivido improvviso percorrerle la schiena. “Oddio, non ora…” pensò, mentre cercava di concentrarsi sulla voce calma del sacerdote.
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Capitolo 3 – Camminata da contorsionista
Quando fu chiamata all’altare, Ludovica si alzò lentamente. Ogni passo era un delicato equilibrio: tacchi sui sampietrini, gonna aderente, oscillazioni dei fianchi e micro-piegamenti strategici.
Il nipote del defunto le offrì il braccio. Ludovica lo prese con un sorriso composto, ma dentro di sé contorceva il corpo, cercando di non cedere all’urgenza. Ogni micro-passo diventava una gag slapstick: sfiorava un candelabro, mancava per un soffio di urtare una panca, respirava a pieni polmoni, mentre i parenti più audaci continuavano a osservarla.


Capitolo 4 – Colpo di vento e tensione crescente
Un colpo di vento sollevò la gonna in modo teatrale. Ludovica serrò le gambe, avanzando come una vera eroina. Occhi bassi, sorriso composto, respirazioni profonde. I parenti, divertiti e imbarazzati allo stesso tempo, trattenevano il fiato, mentre la giovane vedova continuava a camminare con grazia e malizia involontaria.
Ogni passo verso l’altare era una danza strategica tra compostezza apparente e urgenza interna. Il cuore le batteva all’impazzata e la mente si concentrava su ogni micro-movimento, cercando di evitare qualsiasi incidente imbarazzante.
Appena arrivata all’altare va dietro il leggio per leggere il discorso, ne approfitta per toccarsi la passera con la sinistra e massaggiare il più possibile la vescica ora a forza di massaggiarsi stava quasi venendo di piacere -cazzo- penso tra se. Mentre leggeva il discorso le veniva da ansimare ma la gente pensava stesse piangendo ed invece stava venendo. Il prete da dietro l’altare non gli sfuggi la scena di Ludovica che si toccava la fica. Gli venne un erezione colossale sotto la tonaca.
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Capitolo 5 – Temerari in agguato
Appena tra parenti e amici, i temerari si fecero audaci senza alcuna pietà.
• Il cugino lasciava scivolare la mano sulla sua coscia, “per sbaglio”, ma Ludovica sentì un brivido correre lungo la spina dorsale, un calore che le serrava le ginocchia e faceva fremere ogni muscolo.
• L’amico di famiglia la strinse con forza, il braccio che la avvolgeva come un’armatura incandescente, e Ludovica percepì il cuore battere all’impazzata, il respiro farsi corto e il desiderio pulsare tra le gambe, urgente, quasi doloroso.
• Il giovane prete, con innocente crudeltà, sfiorava il bordo del suo sedere, e ogni sfioramento accendeva la pelle, le faceva tremare il corpo intero, e un fuoco proibito le esplodeva dentro come lava lenta e inarrestabile.
Ogni contatto era un gioco di equilibrio tra piacere e dolore, ogni sguardo malizioso un invito che la metteva in ginocchio dentro di sé. Ludovica doveva contorcersi, mordersi le labbra, respirare a fondo, mantenere sorriso e compostezza, mentre dentro di sé il desiderio la divorava. I parenti ridevano e scherzavano, ignari del vortice di eccitazione che la stava travolgendo: la scena era un film comico e allo stesso tempo intensamente erotico, un contrasto dolce-amaro che le faceva tremare l’anima.
Quando provò a chiedere sottovoce del bagno, le fu detto che era guasto. Il caldo tra le gambe divenne insopportabile, le prime gocce bagnarono il tanga e un’ondata di piacere la attraversò, mescolata a un’urgenza disperata. Ludovica sentì il corpo reagire a ogni sfioramento: la pelle bruciava, le ginocchia tremavano, i muscoli si tendevano, e ogni piccolo gesto diventava una scarica elettrica che le percorreva la schiena fino al collo.
Malediceva tra sé e sé, ma non riusciva a fermarsi. Il desiderio la consumava dall’interno: ogni tocco, ogni contatto, ogni sguardo accendeva un fuoco proibito. La consapevolezza di essere osservata, di essere al centro di un gioco segreto e audace, moltiplicava la tensione fino a renderla quasi incapace di respirare.
Ogni secondo era un brivido lungo tutto il corpo: le mani tremavano, il respiro diventava affannoso, il ventre un nodo stretto e pulsante. Ludovica si sentiva travolta, sospesa tra imbarazzo, desiderio e eccitazione pura, prigioniera di un vortice proibito in cui ogni contatto era una scintilla e ogni sguardo una promessa. Era un tormento dolce, feroce, irresistibile, e Ludovica sapeva che nulla al mondo le aveva mai fatto provare sensazioni così travolgenti.


Capitolo 6 – Il corteo esterno: balletto tra lapidi e sampietrini
Il corteo si mosse verso il cimitero, e Ludovica avanzava dietro la bara come una dea sospesa tra grazia e tormento. Ogni sampietrino era una sfida: i tacchi tremavano, il corpo oscillava, e il bruciore tra le gambe cresceva con ogni passo, pulsante, feroce, impossibile da ignorare.
Gli sguardi dei parenti la incenerivano. Battute sussurrate all’orecchio, bracci che sfioravano fianchi e cosce, commenti velati di malizia: ogni gesto le faceva sobbalzare, le faceva contrarre i muscoli, le faceva fremere involontariamente. Stringeva la borsetta contro il pube, ma il calore aumentava, le ginocchia tremavano, e il bisogno di liberarsi diventava un’onda travolgente, inarrestabile.
Ogni passo era un balletto erotico e dolorosamente eccitante: micro-piegamenti, oscillazioni impercettibili, respirazioni profonde e convulse. Ogni sfioramento, ogni contatto casuale faceva vibrare tutto il suo corpo. Ludovica immaginava scenari proibiti: lasciarsi andare lì, in mezzo a tutti, sentire la pressione del desiderio esplodere sotto lo sguardo degli altri, senza poter resistere.
Il corteo era diventato una coreografia di piacere segreto: tutti gli occhi su di lei, e Ludovica avanzava tra ostacoli naturali e umani come sospesa tra controllo e abbandono totale. Il basso ventre pulsava, le cosce tremavano, ogni piccolo contatto era un fuoco che la incendiava dall’interno.
Il bisogno di liberarsi diventava insopportabile. Ogni passo, ogni piegamento, ogni oscillazione dei fianchi la faceva sobbalzare, le mani tremavano, il respiro diventava affannoso, le gocce calde che minacciavano di fuoriuscire le bruciavano il pube. Desiderava cedere, lì, in mezzo al corteo, travolta dall’eccitazione proibita, dal desiderio che cresceva come un uragano dentro di lei.
Ogni sospiro trattenuto era un colpo di piacere segreto, ogni movimento un brivido che percorreva la pelle, il ventre, le cosce. Ludovica era completamente immersa nel vortice del desiderio: impossibile restare composta, impossibile ignorare il fuoco che le correva tra le gambe. Il corteo non era più solo un cammino di lutto: era un balletto erotico, un tormento dolce e feroce, un’estasi proibita in cui ogni passo, ogni sfioramento, ogni sguardo la consumava dall’interno, lasciandola tremante, arsa, completamente sopraffatta dal piacere proibito.


Capitolo 7 – Ultima resistenza tra lapidi e avances
Al cimitero, l’urgenza di Ludovica aveva superato ogni limite. Ogni passo era una tortura: la vescica pulsava dolorosamente, il basso ventre bruciava, le cosce tremavano in continuazione. Cercava ripari tra lapidi e parenti, ma i temerari erano instancabili. Si avvicinavano troppo, sfiorando fianchi e cosce con innocente crudeltà, bisbigliavano parole calde e maliziose all’orecchio, e persino il vento insinuandosi tra i vestiti la provocava, accarezzandole la pelle e facendola fremere involontariamente.
Ogni micro-movimento era un supplizio di piacere: oscillazioni dei fianchi, piegamenti impercettibili, mani strette sul ventre per contenere l’urgenza, respirazioni affannose e convulse che tradivano il tremore del corpo. Ludovica tentava di mantenere compostezza e sorriso, ma il suo corpo gridava un altro linguaggio. Il bisogno esplodeva, le cosce si stringevano, il ventre pulsava e ogni contatto, anche minimo, le faceva sobbalzare e fremere come se fosse una scarica elettrica.
Il desiderio era ormai un uragano: ogni sfioramento, ogni parola sussurrata, ogni tocco involontario la faceva contrarre, il corpo irrigidirsi, i muscoli tremare. La pressione cresceva, insopportabile, e la fantasia correva a scenari proibiti: cedere lì, in mezzo al corteo, sentire il calore esplodere, lasciarsi andare completamente, permettere al corpo di parlare da solo.
E poi accadde. Un passo falso su un sampietrino, una contorsione improvvisa per bilanciarsi… e Ludovica cedette. La pressione si liberò in un flusso caldo e bruciante, che la fece sobbalzare, tremare e gemere internamente. Ogni contrazione la percorreva come onde di piacere proibito, mescolate all’urgenza finalmente soddisfatta. Il corpo vibrava, il respiro diventava affannoso e convulso, la pelle bruciava, e ogni piccolo sfioramento intorno a lei amplificava l’estasi.
Il corteo si trasformò in un vortice di sensazioni proibite: Ludovica tremava, il basso ventre pulsava ancora, le cosce si contraevano involontariamente, e ogni piegamento, ogni micro-oscillazione dei fianchi era un colpo di piacere intenso e inarrestabile. Era sospesa tra vergogna, eccitazione e abbandono totale, travolta da un fuoco che la consumava dall’interno, incapace di fermarsi, incapace di nascondere ciò che il corpo aveva finalmente ceduto a mostrare.
Non era più solo un corteo: era un teatro di piacere proibito, di desiderio incontrollabile e di abbandono totale, e Ludovica era al centro, completamente travolta, tremante e bruciante, incapace di trattenere nemmeno un fremito del corpo che gridava la sua estasi.

Capitolo 8 –
Scivolate proibite e contatti travolgenti
Avvicinandosi alla tomba, Ludovica scivolò leggermente su un sampietrino. Per evitare la caduta, afferrò il braccio del nipote… e il mondo esplose in un brivido. La mano premuta tra le gambe del ragazzo, l’altra stretta al suo braccio, le fece fremere dall’imbarazzo e da un desiderio improvviso e incontrollabile. Ogni contatto, ogni oscillazione, ogni pressione era una scarica elettrica che le percorreva il corpo, dalle cosce al basso ventre, facendo tremare i muscoli e accelerare il respiro. La scena, slapstick per gli altri, per lei era un vortice di eccitazione proibita.
Ogni micro-passo diventava un gioco di equilibrio tra piacere e vergogna: spinte accidentali, sfioramenti improvvisi, contatti proibiti che la facevano sobbalzare, il respiro diventava corto, convulso, e il basso ventre pulsava con un’urgenza insopportabile. Ogni oscillazione dei fianchi, ogni micro-contatto, ogni parola maliziosa sussurrata all’orecchio era un colpo di fuoco, un brivido che la faceva tremare e desiderare di abbandonarsi completamente.
Il corpo di Ludovica non poteva più mentire. Le cosce si stringevano involontariamente, il ventre si contraeva, e ogni micro-movimento era un’esplosione di piacere proibito. Il cuore batteva all’impazzata, le mani tremavano, e l’istinto di cedere, di lasciarsi andare lì, tra parenti e lapidi, era irresistibile. Ogni passo, ogni oscillazione dei fianchi, ogni contatto accidentale la faceva sobbalzare e gemere internamente, consumata da un fuoco che cresceva fino a lambire la follia.
Anche la gag slapstick, le cadute improvvise e i movimenti goffi, diventavano strumenti di piacere proibito. Ludovica era sospesa tra controllo e abbandono totale: il corpo tremava, le contrazioni erano continue, il respiro corto e affannoso, e ogni sfioramento dei parenti, anche il più innocente, amplificava l’estasi. Ogni secondo diventava un tormento dolce e feroce, un balletto erotico tra vergogna e desiderio, in cui Ludovica era completamente travolta, arsa, incapace di fermarsi.
Il corteo non era più un semplice cammino: era un teatro di piacere proibito, un vortice sensoriale in cui ogni caduta, ogni contatto, ogni oscillazione dei fianchi la faceva esplodere in tremori, sospiri e brividi, lasciandola completamente sopraffatta dall’urgenza e dall’eccitazione.

Capitolo 9 –
Trionfo proibito e potere ardente
Ormai stanca, eccitata e furiosa, Ludovica sentiva il corpo ribollire di desiderio. La mano sinistra accarezzava la propria passera, gonfia e pulsante, mentre l’altra afferrava con decisione il braccio del giovane nipote di suo marito, colpevole di averla tormentata per tutta la cerimonia. Gli occhi di Ludovica brillavano di malizia: aveva individuato un angolo nascosto tra un cipresso e una lapide, un rifugio perfetto per il suo trionfo proibito.
Con un movimento rapido e sicuro lo fece cadere a terra, e con un fremito di potere e desiderio si mise a cavalcioni sopra di lui. La gonna attillata nera risalì lungo le cosce, il fondo delle mutandine si scostò appena, e Ludovica lasciò esplodere finalmente tutto il calore accumulato. Il flusso bollente le percorse le cosce, facendola tremare e gemere internamente, mentre ogni goccia era un piccolo colpo di piacere proibito, un brivido elettrico che le attraversava la schiena fino al basso ventre.
Il ragazzo rimase completamente sorpreso, immobile sotto di lei, mentre Ludovica sentiva il corpo vibrare di potere e piacere insieme: la sua eccitazione era totale, ogni contrazione dei muscoli e ogni tremito la facevano sentire regina incontrastata. Appena finito, si ricompose con un sorriso malizioso e una compostezza perfetta, lasciando scivolare la gonna e tornando alla cerimonia con il cuore in subbuglio e il corpo ancora pulsante.
Il nipote ricomparve poco dopo, tutto imbrattato, e Ludovica non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé: aveva vinto, era rimasta irresistibile, sexy e composta, nonostante tutti i tentativi di sabotarla. Il trionfo era totale: fascino, controllo e sensualità combinati in un solo gesto proibito, e il corpo ribollente di piacere era la prova tangibile del suo dominio.
Pensò con malizia:
"Se mio marito fosse stato vivo, nessuno avrebbe mai assistito a tutto questo… e io non avrei mai scoperto quanti uomini temerari possano esserci a un funerale!"
Ogni oscillazione, ogni tremito, ogni respiro affannoso era un ricordo del suo potere. Ludovica era sospesa tra vergogna, desiderio e trionfo: il corpo ancora pulsante, il basso ventre bruciava, le cosce vibravano, e il mondo intero sembrava inchinarsi davanti al suo dominio sensuale. Ogni sfida era stata annientata, ogni tentativo di sabotaggio trasformato in un momento di piacere proibito e totale, e lei sapeva, con un sorriso complice e irresistibile, di essere la regina incontrastata di quel corteo di audacia e desiderio.

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scritto il
2025-10-04
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