Avventura folle (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
Alfio entrò in casa. Sapeva che sarebbe dovuta arrivare una nuova schiava e, anzi, probabilmente era già arrivata.
La vide prostrata come da istruzioni. La ignorò, dovendo terminare la stesura di un documento.
Si sedette alla scrivania e accese il computer portatile che si era portato sotto il braccio, senza collegarlo alla rete elettrica.
Lesse attentamente, compilò con i dati mancanti ed inviò la prenotazione per una vacanza che continuava a rimandare e della quale ne sentiva il bisogno.
Aveva scelto un paese del nord, al fresco. Odiava il caldo e odiava le resse tipiche delle tipiche località marine.
Era sempre stato un tipo solitario e non aveva mai sentito granché bisogno della compagnia. Al di là del fatto che quell’attività costituiva il suo lavoro, per lui era congeniale l’uso occasionale di una schiava per soddisfare le proprie esigenze. Gli bastavano gli amici, poco impegnativi.
Spedita la mail, chiuse il computer e lo ripose nel cassetto della scrivania in legno, evidentemente segnata dagli anni e dall’uso.
Era attento ai particolari e voleva che in quel locale si respirasse aria di altri tempi o, meglio, di un tempo fuori dal tempo attuale.
Aveva rimosso tutte le antenne di ricezione, utilizzando solo la rete internet che, all’esterno, non lascia tracce. Nella parte in cui possono transitare ospiti o schiave, nessun segno della modernità.
Voleva che gli ospiti potessero vivere una esperienza fuori da questo tempo, in un tempo in cui la schiavitù è la normalità, collocandola in un luogo dove vivono solo le proprie esigenze erotiche.
Girò la sedia in modo da essere raggiungibile.
“Ai miei piedi”.
Ileana era assorta, in attesa, al punto da avere sentito la voce ma non aveva realizzato di essere la destinataria della comunicazione.
Rimase ferma, con la fronte a terra ma col cuore che aveva accelerato i battiti in quanto, pur non avendo inteso l’ordine, aveva sentito la voce che aveva infranto il silenzio all’interno di quel locale le cui mura spesse filtravano i già pochi rumori esterni.
Alfio si alzò, impugnò il frustino e colpì la schiena piegata a terra.
“Ti ho detto di venire ai miei piedi, senza alzare la testa”.
Tornò a sedersi e osservò quella donna che, con difficoltà, eseguì l’ordine raggiungendo le sue scarpe da contadino.
“Baciami le scarpe”.
Era quella una prima prova alla quale sottoponeva schiave e schiavi, indistintamente. Non faceva differenza tra i sessi. Lui era sul lavoro e doveva garantire di offrire una persona in stato di sottomissione.
L’abbigliamento era, al pari dell’arredamento, molto scelto, in aperto contrasto con la normalità degli abiti eleganti ai quali i suoi ospiti sono abituati.
L’esitazione costò un’altra frustata sulla schiena che sortì immediati effetti, ottenendo quell’obbedienza che era inizialmente mancata.
Mentre la donna restò con la fronte a terra, prese il fascicolo che la riguardava.
Appoggiò la scarpa appena baciata sulla parte di schiena appena sopra il collo chinato a terra e sfogliò i documenti.
In realtà sapeva già tutto di lei. Era sempre preparato sulle persone che entravano in quel mondo parallelo, in cui qualcuno sceglie di cercare sé stesso rinunciandovi. Da sempre aveva molto più rispetto e considerazione verso coloro che sceglievano la strada della sottomissione.
Tenendo sospesa la cartellina, guardò la foto appesa, che riportava un numero che faceva risalire lo scatto a 8 anni addietro.
Quella era stata la sua prima schiava, anzi la prima schiava della sua attività. In realtà era stata sia la sua schiava (anche se non la prima) sia la schiava della sua attività (in questo caso la prima).
Era stata lei, Simona, a proporgli di cederla ad altri. Non importava chi fosse. L’importante era che, almeno per lei, fossero persone del tutto sconosciute, fuori dal suo ambiente e che non avrebbe più rivisto se non per un caso eccezionale dovuto al destino.
Alfio, desideroso di soddisfare la sua richiesta, aveva fatto la ricerca, pensando che anche per lui avrebbe potuto essere fonte di eccitazione.
L’esperienza fu un disastro, almeno per il suo rapporto con quella donna, per la quale stava provando emozioni sempre più forti e coinvolgenti.
Fu un disastro proprio perché ebbe successo, almeno per Simona, che provò una eccitazione incredibile, fortissima, coinvolgente, stravolgente al punto da desiderare che si ripetesse.
Ne avevano parlato e, per Alfio, il gioco, inizialmente eccitante, cominciò ad essere sempre meno gioco e sempre più sofferenza, perché sentiva quella donna allontanarsi sempre più.
L’esperimento venne ripetuto. Con molte difficoltà, riuscì a trovare altro Padrone, anzi, in quel caso i Padroni furono due, in quanto aveva trovato una coppia di altra città, altra nazione e altro continente. L’anonimato più totale.
Fu proprio questa circostanza che eccitò maggiormente Simona, schava di perfetti sconosciuti che sicuramente non avrebbe più rivisto, quindi l’oggettizzazione totale, la schiavitù per persone che non avevano la necessità di avere riguardi per lei.
Il rapporto si incrinò sempre più in quanto Simona voleva altre esperienze simili.
Lei stessa aveva capito che ciò che inizialmente le sembrava di provare per Alfio, in realtà stava scemando. Ne avevano parlato. Evidentemente lei aveva scambiato per sentimento ciò che era solo attrazione erotica.
La foto scattata ed appesa fu l’ultima immagine che li ritrasse assieme. La teneva appesa più per ricordarsi di lei che quale trofeo o momento commemorativo.
Da allora aveva avuto altre richieste di Padroni e lui aveva trovato prima una schiava e, poi, uno schiavo.
Entrambe le parti pagavano a lui il servizio, consistente nel mettere a disposizione quella struttura fuori dal tempo, oltre alla ricerca di persone tra loro sconosciute e che non si sarebbero più incontrate.
La vide prostrata come da istruzioni. La ignorò, dovendo terminare la stesura di un documento.
Si sedette alla scrivania e accese il computer portatile che si era portato sotto il braccio, senza collegarlo alla rete elettrica.
Lesse attentamente, compilò con i dati mancanti ed inviò la prenotazione per una vacanza che continuava a rimandare e della quale ne sentiva il bisogno.
Aveva scelto un paese del nord, al fresco. Odiava il caldo e odiava le resse tipiche delle tipiche località marine.
Era sempre stato un tipo solitario e non aveva mai sentito granché bisogno della compagnia. Al di là del fatto che quell’attività costituiva il suo lavoro, per lui era congeniale l’uso occasionale di una schiava per soddisfare le proprie esigenze. Gli bastavano gli amici, poco impegnativi.
Spedita la mail, chiuse il computer e lo ripose nel cassetto della scrivania in legno, evidentemente segnata dagli anni e dall’uso.
Era attento ai particolari e voleva che in quel locale si respirasse aria di altri tempi o, meglio, di un tempo fuori dal tempo attuale.
Aveva rimosso tutte le antenne di ricezione, utilizzando solo la rete internet che, all’esterno, non lascia tracce. Nella parte in cui possono transitare ospiti o schiave, nessun segno della modernità.
Voleva che gli ospiti potessero vivere una esperienza fuori da questo tempo, in un tempo in cui la schiavitù è la normalità, collocandola in un luogo dove vivono solo le proprie esigenze erotiche.
Girò la sedia in modo da essere raggiungibile.
“Ai miei piedi”.
Ileana era assorta, in attesa, al punto da avere sentito la voce ma non aveva realizzato di essere la destinataria della comunicazione.
Rimase ferma, con la fronte a terra ma col cuore che aveva accelerato i battiti in quanto, pur non avendo inteso l’ordine, aveva sentito la voce che aveva infranto il silenzio all’interno di quel locale le cui mura spesse filtravano i già pochi rumori esterni.
Alfio si alzò, impugnò il frustino e colpì la schiena piegata a terra.
“Ti ho detto di venire ai miei piedi, senza alzare la testa”.
Tornò a sedersi e osservò quella donna che, con difficoltà, eseguì l’ordine raggiungendo le sue scarpe da contadino.
“Baciami le scarpe”.
Era quella una prima prova alla quale sottoponeva schiave e schiavi, indistintamente. Non faceva differenza tra i sessi. Lui era sul lavoro e doveva garantire di offrire una persona in stato di sottomissione.
L’abbigliamento era, al pari dell’arredamento, molto scelto, in aperto contrasto con la normalità degli abiti eleganti ai quali i suoi ospiti sono abituati.
L’esitazione costò un’altra frustata sulla schiena che sortì immediati effetti, ottenendo quell’obbedienza che era inizialmente mancata.
Mentre la donna restò con la fronte a terra, prese il fascicolo che la riguardava.
Appoggiò la scarpa appena baciata sulla parte di schiena appena sopra il collo chinato a terra e sfogliò i documenti.
In realtà sapeva già tutto di lei. Era sempre preparato sulle persone che entravano in quel mondo parallelo, in cui qualcuno sceglie di cercare sé stesso rinunciandovi. Da sempre aveva molto più rispetto e considerazione verso coloro che sceglievano la strada della sottomissione.
Tenendo sospesa la cartellina, guardò la foto appesa, che riportava un numero che faceva risalire lo scatto a 8 anni addietro.
Quella era stata la sua prima schiava, anzi la prima schiava della sua attività. In realtà era stata sia la sua schiava (anche se non la prima) sia la schiava della sua attività (in questo caso la prima).
Era stata lei, Simona, a proporgli di cederla ad altri. Non importava chi fosse. L’importante era che, almeno per lei, fossero persone del tutto sconosciute, fuori dal suo ambiente e che non avrebbe più rivisto se non per un caso eccezionale dovuto al destino.
Alfio, desideroso di soddisfare la sua richiesta, aveva fatto la ricerca, pensando che anche per lui avrebbe potuto essere fonte di eccitazione.
L’esperienza fu un disastro, almeno per il suo rapporto con quella donna, per la quale stava provando emozioni sempre più forti e coinvolgenti.
Fu un disastro proprio perché ebbe successo, almeno per Simona, che provò una eccitazione incredibile, fortissima, coinvolgente, stravolgente al punto da desiderare che si ripetesse.
Ne avevano parlato e, per Alfio, il gioco, inizialmente eccitante, cominciò ad essere sempre meno gioco e sempre più sofferenza, perché sentiva quella donna allontanarsi sempre più.
L’esperimento venne ripetuto. Con molte difficoltà, riuscì a trovare altro Padrone, anzi, in quel caso i Padroni furono due, in quanto aveva trovato una coppia di altra città, altra nazione e altro continente. L’anonimato più totale.
Fu proprio questa circostanza che eccitò maggiormente Simona, schava di perfetti sconosciuti che sicuramente non avrebbe più rivisto, quindi l’oggettizzazione totale, la schiavitù per persone che non avevano la necessità di avere riguardi per lei.
Il rapporto si incrinò sempre più in quanto Simona voleva altre esperienze simili.
Lei stessa aveva capito che ciò che inizialmente le sembrava di provare per Alfio, in realtà stava scemando. Ne avevano parlato. Evidentemente lei aveva scambiato per sentimento ciò che era solo attrazione erotica.
La foto scattata ed appesa fu l’ultima immagine che li ritrasse assieme. La teneva appesa più per ricordarsi di lei che quale trofeo o momento commemorativo.
Da allora aveva avuto altre richieste di Padroni e lui aveva trovato prima una schiava e, poi, uno schiavo.
Entrambe le parti pagavano a lui il servizio, consistente nel mettere a disposizione quella struttura fuori dal tempo, oltre alla ricerca di persone tra loro sconosciute e che non si sarebbero più incontrate.
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