Avventura folle (parte 5)

di
genere
sadomaso

Alfio osservò la donna prostrata a terra. La scarpa da contadino era ancora appoggiata sulla sua schiena, mentre l’altra era a terra vicinissima al viso della donna.
Non sapeva il motivo per il quale stava perdendo, o prendendo, tempo.
Sapeva tutto a memoria, per lei come per tutti gli altri suoi “clienti”.
Era sempre molto attento a selezionare le persone, sia i sottomessi sia i dominanti. Questa attenzione costituiva uno degli elementi che avevano decretato il successo della sua attività, per la quale veniva pagato profumatamente da ciascuna delle parti, senza distinzione tra i ruoli.
Benché l’avventura sarebbe stata forte per entrambi, tutto doveva essere controllato e sicuro. Solo lui avrebbe conosciuto l’identità delle persone coinvolte.
La preparazione sulle persone e sui dettagli era fondamentale.
Eppure stava fermo, con il piede su quel corpo, a studiare un fascicolo che conosceva a memoria.
Ormai per lui la schiavitù altrui era divenuta una normalità. Approfittando della situazione non si era mai precluso la possibilità di divertirsi con qualche corpo, posto che, per lui, quelli erano solo corpi da divertimento.
Usare quelle donne era solo un modo per svuotarsi i coglioni. Infatti, quando la anormalità (tipica di una situazione di schiavitù) diviene la normalità, l’eccitazione ne risente.
L’uomo guardava la donna sotto il suo piede ed i due segni rossi delle frustate che disegnavano la sua schiena.
Si era soffermato a pensare alla differenza di emozioni. Sicuramente quella donna avrà avuto l’eccitazione ed il cuore a mille, mentre per lui era solo un corpo sotto il piede.
Almeno, era così negli altri casi.
Per quella donna era diverso. Sin dal primo momento in cui l’aveva sentita, aveva avvertito attrazione per quella voce decisa, forte, ma al contempo morbida. Non sapeva perché, nel cercare di descrivere a sé stesso quel tono, definì la voce di quella donna “comprensiva”.
Avvertiva un contrasto tra la decisione della voce che teneva il distacco, e la morbidezza che, invece, avvicinava. La sensazione era quella di una persona che desiderava qualcosa che aveva paura ad avere, così allontanava ciò che con la sua voce morbida avvicinava.
Tenendo aperto il fascicolo la guardò a terra.
Roteò la scarpa per farle male col tacco. La donna si contorse ma mantenne la posizione.
Non era certo alle prime esperienze da schiava. Chiunque arrivasse da lui doveva già avere avuto esperienze, sia da sottomesso sia da dominante.
I principianti sono pericolosi. Non controllano la situazione e non controllano sé stessi, col rischio che tutto sfugga di mano con reazioni pericolose.
“Succhiami il cazzo”.
Tolse il piede dalla schiena e aspettò che fosse la schiava a liberargli il sesso che fu avvolto da una bocca che, sin dall’inizio, fu concentrata a cercare il modo migliore per dare piacere.
Quella donna lo aveva attratto maggiormente la prima volta che la vide, quando si erano conosciuti in un luogo neutro e avevano parlato dell’avventura.
Le sensazioni provate al telefono erano state confermate.
Gli piaceva sia esteticamente, sia come modo di comportarsi, di muoversi con quei gesti che confermavano il tono di voce, facendo sentire nell’interlocutore una empatia tale da avvicinare ma che, poi, con i gesti stessi, pur non facendo venire meno l’empatia, teneva a distanza.
La lingua della schiava stava studiando il cazzo e si comportava di conseguenza, alimentando l’eccitazione concentrandosi su ciò che capiva essere gradito.
Le mani accarezzavano le palle con i polpastrelli, avvicinandosi, per quanto possibile, al culo pur restandone distante, ma solleticando la parte sensibile che poteva trasmettere sensazione senza ingenerare le convinzione che il buco fosse in pericolo.
Ileana aveva capito che piccoli colpi con la punta rigida della lingua sulla cappella, ottenevano effetti notevoli in termini di eccitazione.
Lavorando con il cazzo appena in bocca, aveva spazio per tenere il sesso in mano, a volte stringendolo a volte accarezzandolo.
Era evidente che la sua concentrazione era tutta dedicata al piacere del Padrone.
Alfio nuovamente si soffermò a guardare quella massa di capelli neri, mossi, che trasmettevano forza e personalità a quel viso caratterizzato da uno sguardo deciso senza perdere morbidezza, al punto da poter essere entrambe le cose contemporaneamente. Lo sguardo come la voce, sostanzialmente.
Era una donna piena di contrasti, probabilmente tutti derivati da sue esperienze di vita, non necessariamente sentimentali.
Tutti piccoli segnali che davano personalità e carattere a quella donna che, in quel momento, gli era totalmente sottomessa.
Mise da parte l’inutile fascicolo.
In quel momento stava prevalendo l’eccitazione, quell’eccitazione che da tempo non provava perché da tempo un corpo non era in grado di trasmettergli sensazioni. Tutti e tutte erano concentrate sul sé, sulle proprie emozioni, alla ricerca spasmodica di vivere e provare quelle sensazioni per avere le quali avevano pagato.
Era sempre attento a queste motivazioni che, se estremamente egoistiche e dettate dalla pretesa per ciò che si era pagato, lo portavano a rifiutare il cliente che poi avrebbe creato solo problemi, in quanto da lui, comprando il servizio, si vivevano le emozioni. Questo aspetto faceva la differenza tra la sua “attività” e gli altri siti o luoghi di incontri.
Quella donna era una eccezione tra le eccezioni.
Pur senza dialoghi, aveva superato il limite di essere solo un corpo. Riusciva a trasmettergli sensazioni la cui provenienza gli era sconosciuta, al punto da fargli provare qualcosa, in termini erotici, che andava oltre al semplice svuotamento di coglioni.
Questi pensieri confusi che si alternavano ad eccitazione sempre più forte, non gli aveva fatto notare che il pompino stava andando avanti da almeno 20 minuti. La schiava non dava segni di cedimento, anche se doveva essere stanca, fosse anche solo per la posizione e la bocca necessariamente aperta.
La prese per i capelli, lunghi, neri e mossi. Le tirò indietro la testa pur senza fare uscire il cazzo dalla sua bocca, ma quel tanto che bastava per guardarle gli occhi.
Poi le guidò il capo per sottrarle il potere sulla sua eccitazione e avocare a sé la gestione del pompino. Spingeva verso il basso la testa che poi alzava con ritmi a volte costanti e a volte interrotti, lasciando il cazzo fino a contatto con la gola e godendo della sua difficoltà.
L’orgasmo non fu uno svuotamento di coglioni, ma un momento liberatorio che gli trasmise un benessere diverso.
di
scritto il
2025-09-26
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