Mia cugina: parte 34
di
Catartico
genere
incesti
Verso le cinque e mezza, entro nell'ascensore. Ci sono altre quattro persone. Tutte donne. I loro profumi mi danno alla testa. Federica entra insieme a Paula, si mettono accanto a me. Le altre donne cominciano a parlare tra loro. Ragazzi, famiglia, shopping. L'ascensore inizia a scendere.
Paula mi guarda di sottecchi con un sorrisino, mentre Federica sembra una statua di marmo.
Le doppie porte si aprono, le donne vanno via. Paula si volta a guardarmi mentre si allontana con un una mano alzata. — Au revoir!
Federica fa per uscire, ma la blocco per un polso. Si volta verso di me, perplessa.
— Voglio scusarmi per... — dico mentre abbasso lo sguardo. — Non sono venuto alla cena. Me ne sono dimenticato. Scusa...
Abbozza un sorriso da pubbliche relazioni. — Non fa niente.
— Mi hai aspettato?
— Un po'.
Cade il silenzio.
Le porte dell'ascensore fanno per chiudersi. Calo una mano nel mezzo e si riaprono.
— Vorrei farmi perdonare.
— Non ne ha motivo.
Alzo lo sguardo su di lei. — Ti offro una cena. Adesso. Scegli tu il posto.
Mi guarda interdetta, per un momento. — Ora ho da fare.
— Domani?
— Senta, io... Ora devo proprio andare.
— Credimi, voglio davvero scusarmi come si deve.
Lei ritrae il polso dalla mia mano. — Mi scusi... Io... — Esce dall’ascensore e si incammina lungo l'atrio a passo sostenuto.
Perché mi ha dato del lei? E perché sembrava quasi spaventata? Volevo solo scusarmi. Niente di più. Che pensasse che me la volessi fare? Impossibile. Certo, me la farei, ma non le ho mandato segnali espliciti. Forse quando mi ha visto con Ilaria ha capito tutto. Porta chiusa, pareti di vetro oscurate. Anch’io avrei fatto due più due.
Torno a casa, mi faccio una doccia al volo e mi dirigo in auto verso la trattoria. Ho una cena con i miei e i genitori di mia cugina.
Parcheggio la macchina nello spiazzo ed entro dall'ingresso principale. In sala, un po' di gente. I tavoli sono tutti occupati. Nell'aria, un forte odore di vino rosso e carne alla griglia. Mi guardo intorno. Sarah non c'è.
Vado a sedermi al tavolo. I miei zii mi accolgono con un sorriso. Anche i miei. C'è anche mio cugino con la sua ragazza. Mia zia parte con la solita domanda. — Ti sei trovato la ragazza?
— Non ho tempo — rispondo.
— Vuoi rimanere zitello per tutta la vita?
Sorrido, a disagio. Odio queste domande, me le pone sempre. E ogni volta le do la stessa risposta, quindi perché continua?
— Non vedi tuo cugino? — dice mia madre quasi con rimprovero. — Si è trovato una bellissima ragazza. — Le sorride. — È così intelligente e bella.
Che palle, ci si mette pure lei.
— Grazie — risponde la fidanzata di mio cugino.
Arrivano i piatti. Il cameriere ci serve il cibo tramite un carrello e va via. Tutt'attorno, un chiacchiericcio continuo. Alto.
Mangiamo mentre mio zio e mio padre parlano di calciomercato e di lavoro. Mio madre e mia zia di una serie turca o qualcosa del genere. Mio cugino sta giocando con il cellulare mentre la sua fidanzata mi sta guardando.
Le sorrido, imbarazzato.
— Quindi lavori come consulente finanziario? — mi chiede così su due piedi. Non ci siamo mai parlati, prima d’ora. È assai strano. E poi non mi dava l'aria di una molto socievole.
— Sì, qualcosa del genere — rispondo.
— Guadagni molto?
Mi acciglio, turbato. Questa sì che è una domanda strana. — Il giusto.
— Quant’è il giusto?
Ma che t’importa? — Tu lavori?
Mi fissa curiosa, per un momento. — Immagino che guadagni molto, se non vuoi dirmelo.
Mio cugino impreca al cellulare, si volta verso la sua ragazza. — Non essere invadente. Mio cugino è un tipo riservato.
Lei gli sorride mentre gli accarezza un braccio. — Era solo per parlare.
— Io vado in bagno — dico.
Nessuno mi calcola. La fidanzata di mio cugino smorza un sorriso.
Mi alzo e mi incammino tra i tavoli, diretto in bagno. Svolto l’angolo del corto corridoio e mi imbatto in mia cugina. Sta parlando con il cuoco. Torno indietro e mi metto dietro il muro per origliare.
— ...in cucina — dice il cuoco, infervorato. — Serve un altro cuoco o un aiuto cuoco. A mala pena riesco a stare dietro a tutte le ordinazioni negli orari di punta. Per non parlare del weekend. Impazzisco. Letteralmente.
— Ne ho già parlato con mio nonno e...
— Dici sempre così, ma non cambia niente. Sono tre mesi, ormai. Non resisterò ancora a lungo. Serve più gente.
— Vedrò di...
— Al diavolo!
Lo guardo entrare in cucina dalla porta laterale. Mia cugina si sistema i capelli e si gira nella mia direzione. Io faccio finta di aver appena svoltato l’angolo e ci fermiamo a guardarci, per un momento.
Poi lei mi passa accanto.
La fermo per un braccio.— Aspetta.
— Non incominciare. Non sono in vena di sentire i tuoi piagnistei.
— Volevo solo salutarti.
Mi guarda negli occhi. Non mi crede. — Beh, mi hai salutata, quindi... — Fa per entrare.
Rafforzo la presa sul braccio. — Mi odi così tanto?
Ritrae bruscamente il braccio, mi uccide con lo sguardo. — Ti ho detto di smetterla!
Il cuoco si affaccia dalla cucina. — Ehi! Che succede?
— Niente — risponde lei.
Il cuoco si dirige verso Sarah. Forse pensa che la stia molestando. In un certo senso è così, sono ossessionato da mia cugina.
Supero l’uomo e vado in bagno. In realtà, non so perché sono qui. Non mi scappa nemmeno. Forse volevo solo una scusa per lasciare il tavolo e cercare mia cugina.
Dopo un po', esco dal bagno e ritorno al mio tavolo. Mio padre e mio zio, ormai ubriachi, farfugliano parole a caso. Mia madre e mia zia continuano a parlare della serie TV turca. Sono proprio in fissa. Mio cugino sta parlando al cellulare sulla terrazza fuori, mentre la sua fidanzata mi guarda con un sorriso. Sorrido anche io. Stasera è proprio strana.
Resto un po' ad ascoltare i miei zii biascicare parole a caso. Lei continua a guardarmi. Mi alzo. — Vado a fare un giro.
— Un giro? — domanda mia madre.
Mio padre e mio zio mi ignorano tutti presi dai loro discorsi, senza senso.
— Dove? — chiede sempre mia madre.
— Qui intorno.
— Ma è tutto buio.
— Lo faccio spesso quando sono qui.
Mio cugino ci raggiunge. — Devo andare. Ho una cosa urgente da fare.
— Ehi! — dice sua madre, arrabbiata. — Non pensare di inventarti scuse per...
Lui la ignora e si volta verso la sua ragazza. Lei sta per alzarsi per andare con lui. — Devo fare una cosa. Poi ti racconto. Ti accompagnano i miei, ok?
La sua fidanzata si acciglia, come se non fosse la prima volta che lo fa. Non risponde. Torna a sedersi.
Mio cugino se ne va tutto allegro.
— Sta andando a incontrare i suoi amici — dice mia zia a mia madre. — Fa sempre così. Anche da bambino spariva di punto in bianco per andare a giocare con loro. — Sposta lo sguardo su sua nuora. — È ancora immaturo. Perdonalo.
Lei sorride. Non sembra tanto turbata. Anzi, pare del tutto indifferente.
Mi alzo, saluto ed esco dalla trattoria. C'è un bel venticello. La brezza notturno mi accarezza il viso. La campagna d'estate è proprio il paradiso. L'aria è più leggera e la terra profuma così tanto.
Mi dirigo verso i filari d’uva esterni, il canto dei grilli che accompagnano i miei passi. Supero una pila di casse accanto a un olivo e mi fermo davanti al canale. Sulle acque stagnanti, puntellate dalle erbacce, si riflette la luna.
— È un bel posto — dice una voce femminile alle spalle.
Mi volto. È la ragazza di mio cugino. — Sì, è un bel posto.
Che ci fa qui? Mi sembra di rivivere le scene con Sarah e Ilaria in cui alla fine abbiamo scopato. Non credo che scoperò con lei. Sarebbe il colmo. Inoltre, non farei mai questo a mio cugino. Neanche se lei mi si buttasse addosso. Non sono così stronzo o disperato.
— Tuo padre è parecchio ubriaco — dice.
— Ha combinato qualcosa?
— Sì è messo a litigare con il suo riflesso allo specchio. Tua cugina è dovuta intervenire per fargli capire che non era uno sconosciuto che gli bloccava la strada.
Scuoto la testa con una mezza risata. — Tipico...
— Tua madre è una brava persona.
Corrugo la fronte, confuso. Perché sta parlando dei miei? — Grazie.
— Mi ha regalato un buono omaggio per la SPA. È davvero gentile.
Sorrido, senza rispondere. Appoggio le braccia sul muretto che dà sul canale, le stelle che brillano nel cielo. Da lontano, il rumore del traffico della città.
La ragazza di mio cugino posa le braccia sul parapetto. — Non mi piace molto la campagna, ma qui si sta bene.
— Non sei arrabbiata con lui? Con mio cugino?
Mi guarda. — No, ormai ci sono abituata. Prende e va via. Gli amici sono come una famiglia per lui.
— Sei molto matura.
— Grazie.
Restiamo in silenzio, per un paio di minuti, il suono dei grilli tutt'attorno.
— Posso confidarti un segreto? — domanda.
— Dipende.
— Da cosa?
— Da quanto importante sia.
— Riguarda una persona a me molto vicina.
— La conosco? — chiedo.
Mi guarda. — È tuo cugino.
Non rispondo, gli occhi fissi sulle acque torbide del canale.
— Non stiamo insieme — dice, senza emozioni.
Sposto lo sguardo su di lei. — No?
— Lui è... — Si zittisce, per un attimo. — Forse non dovrei continuare.
— Come preferisci.
La ragazza di mio cugino alza lo sguardo verso la luna. Sospira. — Tu lo conosci bene?
— Mio cugino? Abbastanza. So che è un tipo estroverso e amichevole. Forse un po' eccentrico. Ma ha molti amici.
— Già, molto amici.
Mi acciglio, perplesso. Cosa sta cercando di dirmi? — Hai... Voglio dire, c'è qualche problema tra voi?
— No, nulla. Ci vogliano bene, ma...
— Ma?
Mi fissa. — È gay.
Aggrotto la fronte, sorpreso. — Gay?
— Già, gay. I suoi amici... Quelli di cui parla... Non sono proprio amici.
La guardo del tutto confuso. Mio cugino non dava segni di essere così. Lo conosco da quando è nato. Ma se ci penso bene i segnali c’erano. Parlava sempre di come erano vestite le ragazze e non delle ragazze in sé. Gli piaceva girare per i negozi. Ogni tanto elogiava la bellezza di alcuni ragazzi come farebbe una donna. E spesso aveva movenze effeminate. Ma il tutto era condito da un tono e un portamento distaccato. Forse non voleva dare nell'occhio. A me che sia gay o etero, non fa nessuna differenza.
— Io l’ho sempre saputo — dice lei mentre gioca con le dita. — Ci siamo messi insieme per far felice sua madre. Lei sospettava qualcosa.
— E a te va bene così?
— Sì... Non ho amici e nessuno con cui uscire, quindi mi va bene.
— Non avete mai... Insomma...
— No, nessuno dei due è interessato. A me piace come amico. E per lui è lo stesso. Per questo andiamo d’accordo.
Passo lo sguardo sulla luna riflessa sulla superficie dell’acqua. — È un po' egoista da parte sua metterti in una situazione simile.
— Non dire così — risponde con foga, seria. — Non sai cosa ha passato e sta passando. Da fuori può sembrarti un ragazzo superficiale, ma non è così. È molto sensibile e... fragile. Non è per niente egoista.
Abbasso lo sguardo. Non rispondo.
Un lungo silenzio.
I grilli cantano senza sosta.
La ragazza di mio cugino toglie le braccia dal parapetto. — Scusa, mi sono...
— Non preoccuparti. Ti capisco.
— Non lo dirai a nessuno, vero?
Mi volto a guardarla con un sorriso, scuoto la testa.
Mi fa un leggero sorriso. — Sei la seconda persona a cui lo dico.
— La prima chi è?
— Mia nonna.
— Capisco.
— Mi ha detto di supportarlo, che prima o poi avrà il coraggio di essere ciò che è.
— Una risposta saggia. Tua nonna deve essere una tipa tosta.
Distoglie lo sguardo con un sorriso, imbarazzato. — Grazie. Beh, sì... Mi ha cresciuta lei. I miei sono morti quando avevo due anni. Incidente stradale. Non ricordo nulla di loro. Ho solo delle foto.
— Mi spiace...
La ragazza di mio cugino si volta dall’altra parte. — Scusa, mi sono lasciata andare. — Si rivolta mentre ride, nervosa. — Sicuramente stai pensando, che vuole questa qui?
Minuti fa sì. — No, tranquilla.
Cala il silenzio, per un paio di minuti. È così silenziosa che mi sembra di non avere nessuno accanto.
Stacco le braccia dal parapetto. — Penso sia meglio rientrare.
— Sì.
Ci incamminiamo lungo i filari d’uva esterni, il terreno che scricchiola sotto le scarpe. La luna allunga le nostre ombre.
— Davvero non hai tempo? — chiede lei.
— Per cosa?
— Per una ragazza.
— È una scusa.
— Lo immaginavo.
— Tu? — domando. — Non hai nessuno in mente, visto che mio cugino...
— Qualcuno c'è, ma... è complicato. Tu?
— Lo stesso. Più che complicato, direi impossibile.
— Come mai?
La lancio un'occhiata mentre cammino. — Diciamo che non possiamo stare insieme. Non sarebbe... Mmmh, come dire, moralmente giusto.
La ragazza di mio cugino si ferma. — Moralmente giusto? Vuoi dire che... — Sposta gli occhi nella direzione della trattoria. Un puntino di luce in fondo al sentiero. — Sarah…?
Come ha fatto a collegare “non moralmente giusto” con Sarah? È così acuta?
Mi fissa, aspetta una risposta.
Mi gratto dietro la testa dal nervoso. Torno a camminare.
— Quindi ti piace tua cugina? — domanda.
— È complicato. Ma tu come... Voglio dire, come hai fatto a capirlo?
— Perché tua cugina ti guarda, in modo strano. Come si guarda un uomo che ti piace. Pensavo... pensavo che fosse tutto nella mia testa. Poi hai detto “non sarebbe moralmente giusto” e ho capito. Quindi... vi piacete?
Non rispondo.
Arriviamo davanti il retro della trattoria. Mia cugina non c'è.
La ragazza di mio cugino sì ferma. — Questa stasera ci siamo detti i nostri segreti.
— Beh, il mio lo hai scoperto. Non te l’ho detto io.
Un leggero sorriso. — Dettagli.
— Non lo dirai a mio cugino, vero?
— No.
— Comunque non mi sembri turbata. Pensavo che... Insomma, ne fossi disgustata.
— Perché dovrei?
— Non lo so... Forse perché è mia cugina. Abbiamo un legame di sangue.
— Non si può scegliere chi amare.
La guardo con un sorriso, divertito, un dito puntato. — Tua nonna? L’ha detto tua nonna. Ci scommetto tutto.
Si copre la bocca sorridente con una mano. — Sì...
— Se prima era una donna tosta, ora è su un altro pianeta.
Mi fissa negli occhi. — Vuoi sapere un altro segreto?
— Su mio cugino?
— No, su di me.
— Ok, spara.
— Stasera ti ho seguito per provarci con te.
La osservo confuso, turbato. — Provarci con...
— Volevo “fare” qualcosa con te, invece... è andata diversamente.
In effetti, ho avuto l’impressione, durante la cena, che fosse strana. Le altre volte mi ha sempre ignorato. Non rispondo.
— Non pensavo fossi così... — dice. — Sei un bravo ragazzo. Sai ascoltare e... — Si mette a ridere con una mano sulla bocca. — Scusa, ora ti sembrerò una pazza disperata bisognosa di attenzioni.
— No, per niente.
— Penso davvero che tu sia una brava persona.
— Anche tu lo sei. Non tutti farebbero quello che stai facendo tu.
Un breve silenzio.
Dalla trattoria, un chiacchiericcio costante.
Lei abbassa lo sguardo. — Ti sembrerò una stupida, ma quando hai parlato di mia nonna... — Si ammutolisce, per un attimo. — Ecco... Io... Mi hai fatta emozionare.
— Perché tua nonna è davvero una tipa tosta.
Sorride, felice, la bocca coperta dalle mani. — Anche adesso...
Sorrido. Non parlo.
Alza gli occhi su di me. — Poco fa volevo solo... sentirmi donna. Ora... — Si zittisce. — È meglio che rientri. Sicuramente tua zia si starà chiedendo dove sono finita.
— Va bene.
Sale gli scalini, si ferma in cima e si volta verso di me. — Però...
— Sì?
Abbassa gli occhi, imbarazzata. — Niente.
— Ehi...
— Mmh?
— Vuoi salire in macchina con me?
Mi guarda, per un momento. I suoi occhi sono indecifrabili. Scende gli scalini, si ferma davanti a me e mi fissa negli occhi. — Sei sicuro?
— Di cosa?
— Non è quello che penso?
— A te va bene, no?
Annuisce.
Ci dirigiamo verso la mia macchina. Lei cammina un po' più indietro di me.
Mi volto. — Tutto bene?
— Sì, tutto bene.
Prendo il piccolo telecomando dalla tasca dei pantaloni e pigio il bottone. Le quattro frecce si illuminano, per mezzo secondo. Apro la portiera posteriore.
La ragazza di mio cugino mi guarda. — Non lo faccio da un po'.
Sorrido. — Non è una competizione. Non preoccuparti.
Si siede sul sedile con fare nervoso e comincia a tormentarsi le dita delle mani. Mi siedo accanto, chiudo la portiera. Mi guarda di sottecchi. — Quindi...
— Vuoi che... Insomma, faccia tutto io?
Annuisce.
Mi avvicino e le bacio il collo, la mandibola, la guancia. Quando mi avvicino alle labbra, mi spinge via in modo brusco.
— Scusa — dice. — Niente baci sulla labbra. Non voglio che...
— Che?
— Non voglio affezionarmi — risponde, pensierosa.
— Va bene.
Lei si avvicina a me e fa per baciarmi sul collo. Si blocca, si tira indietro.
— Se non ti va dico, — dico — non devi...
Mi abbraccia. — Stasera volevo solo farlo, ma ora ho paura.
— Di cosa?
— Che possa affezionarmi.
— Mi conosci da poco. Non credo che...
— Le parole che hai detto su mia nonna... — dice in un bisbiglio — mi hanno scombussolata. Lo so, ti sembrerà strano, ma...
— Ma?
Si scioglie dall’abbraccio, giusto il tanto per guardarmi. — Se lo faccio, se lo facciamo... — Sospira. — Non voglio affezionarmi.
— Posso chiederti una cosa?
— Sì.
— Perché volevi fare l’amore con me? Fino a stasera mi hai sempre ignorato. Cosa è cambiato?
Si scioglie del tutto dall’abbraccio, distoglie lo sguardo. — Mi hai sempre intrigato, se devo essere sincera. Ma stasera... Non so. Credo sia perché Dario mi ha detto che frequenta qualcuno. Niente di serio. Solo... sesso.
— Mio cugino... — rispondo, confuso. — Lui ti ha detto questo?
— Sì, noi ci diciamo tutto, quindi... — Mi guarda. — Voglio anch'io qualcuno con cui farlo... Perciò, io... Voglio dire, ho pensato a te. Mi sono detta, perché no? Poi... Non lo so. Ora mi sento confusa, scusa...
Sorrido. — Non fa niente. Ti capisco. Anch’io ci sono passato. In realtà, penso di esserci ancora dentro.
— Sì? E non ti sei affezionato?
— Sì, perché... — Distolgo lo sguardo. — Non so se la parola “affezionato” sia quella giusta, ma provo qualcosa. E quel qualcosa è andato via quando ho scoperto che l’ha fatto con il suo ex. — Smorzo un sorriso, a disagio. — E sai qual è la cosa divertente? Non stavamo nemmeno insieme. Anzi, sono io che l'ho... cornificata. E poi quel qualcosa è ritornato sotto una forma diversa. Sesso. Adesso mi domando se, ciò che provavo, fosse stata solo un illusione.
La ragazza di mio cugino mi guarda intensamente, per un momento. Abbassa lo sguardo. — Se lo facciamo, so già che finirà male.
— Se lo sai, allora non ti affezionerai del tutto.
— Non credo funzioni così. Non per me.
Restiamo in silenzio, per un momento.
Fuori, i grilli parlano per noi.
— Hai mai avuto una relazione così? — chiedo.
— Solo sesso? Sì.
— E ti sei affezionata?
— Non ho mai provato nulla. Volevo solo divertirmi.
— Quindi non hai avuto problemi.
Mi guarda. — Tu sei diverso. Mi intrigavi soltanto, ma ora...
Altro silenzio. Più breve.
— Posso scegliere per te? — domando.
Non risponde.
— Non farlo — dico. — Se pensi che ti affezionerai a me, allora non ne vale la pena di...
Mi bacia sulla labbra. Un bacio spinto, pieno di passione, di sesso. Mi infila la lingua in bocca. Tento di fermarla, ma si mette sopra di me. È fuori controllo. Non so cosa abbia fatto o detto, per farla ribollire così. Forse sono solo i suoi ormoni che vogliono emozioni forti. Non lo so.
Si abbassa pantaloni e mutandine con gli orsacchiotti sopra e fa lo stesso con i miei. Ha la vagina rasata. Il mio pene si impenna duro come marmo mentre osservo la sua terza di seno. Ha un piccolo neo sopra l'aureola sinistra. Lei mi guarda l’uccello per un istante, come se non ne vedesse uno da parecchio. Poi lo guida dentro di sé. È molto bagnata.
Muove il bacino su di me con un gemito e si abbassa a baciarmi con la lingua. Poi inizia a muoversi in modo energico, quasi con fretta. Si vede che non lo fa da tanto.
Stringo il suo sedere. Un liquido denso e appiccicoso le cola dalla vagina lungo il mio pene. Si irrigidisce colpita dagli spasmi, le dita affondate nei miei capelli.
— Tutto bene? — domando.
— Sì... — ansima.
Inizia di nuovo a muoversi su di me. Prima lentamente, poi più veloce. Alza il busto. Guardo le sue tette traballare a ogni suo movimento. Lo facciamo per un quarto d’ora, mentre resisto più che posso a non eiaculare a ogni suo orgasmo.
— Sto per venire — dico, alla fine.
Lei si alza subito da me.
Vengo, le schizzo sull’addome. Una goccia colpisce la sua coscia.
La ragazza di mio cugino la guarda, per un momento.
— Scusa... — dico.
Mi sorride. — Non fa niente.
Prendo i fazzoletti da sopra il cruscotto e gliene passo uno. Lei si asciuga la macchia e la vagina con due fazzoletti diversi. Poi si riveste. Il suo sguardo si spegne, gli occhi lucidi.
La guardo con la coda dell'occhio. Vorrei chiederle se sta bene, ma non lo faccio. Ho paura che possa scoppiare a piangere. Mi rimetto pantaloni e boxer. Non so proprio cosa dire. Ecco perché le aveva detto di non farlo. Questa è la famosa depressione post-sesso. Quando la tristezza, l'abisso, ritorna più forte di prima.
Comincia a piangere. Prima piano, poi più forte. Inizia a singhiozzare.
Allungo una mano per abbracciarla, ma lo ritiro. Lei si stringe a me, attorno al mio braccio. La guardo, sorpreso.
— Grazie — dice la ragazza di mio cugino.
— Scusa...
Una decina di minuti dopo, si stacca da sotto il mio braccio. Puzzo di sudore, ma non sembra darle fastidio.
Si asciuga gli occhi e il viso con un fazzoletto di carta. Poi mi guarda mentre si sistema i capelli. — Si vede che ho pianto?
Ha gli occhi rossi, ma può sembrare benissimo un’allergia. — No.
Si aggiusta ancora i capelli. — Se ti dicessi che vorrei rifarlo, tu cosa mi risponderesti?
— Ti direi che non è una buona idea. Non se...
— Avevi ragione.
— Su cosa?
— Avevo solo paura e... Voglio dire, so già che tra noi non può funzionare, quindi avevi ragione. Se sai già questo, fa meno male.
Mi incupisco un po'. — Dal tuo tono non sembra così.
Non risponde subito. — Credo che ci sia qualcosa tra di noi, ma non penso sia amore. Forse ho solo bisogno di qualcuno che mi faccia sentire donna. Ho passato molto tempo con Dario e ho sentito ciò che faceva con gli altri, perciò... Penso sia solo questo.
— Non mi sembri tanto convinta — dico.
— Ora sono solo confusa.
Alcuni voci fuori dall’auto. Qualcuno sta venendo verso la mia macchina. Scorgo mio padre e mio zio che barcollano mentre si mantengono a vicenda per non cadere. Mia madre e mia zia seguono alle spalle, si guardano attorno, come se cercassero qualcuno. La ragazza di mio cugino.
Mi volto verso di lei. — Scendiamo.
— Cosa succede?
— Mia zia. Sta venendo da questa parte.
Scendiamo dalla portiera opposta, senza fare rumore, e ci dirigiamo di soppiatto tra le auto parcheggiate. Ci fermiamo dietro una fila di cespugli curati. Mia zia e mia madre si fermano davanti alla mia auto. Ci guardano dentro, poi intorno. Mio padre e mio zio continuano a barcollare, tra i veicoli.
— Dov’è andata? — domanda mia zia a mia madre.
— Forse è insieme al mio Tommaso.
— E lui dov’è?
— Non lo so. Da qualche parte, qui in giro.
— Se è così, che ci fanno insieme?
Guardo la ragazza di mio cugino. — Forse è meglio andare loro incontro.
Annuisce.
Usciamo da dietro i cespugli e ci incamminiamo nella loro direzione, lungo il vialetto illuminato dai lampioni. Mio zio e mio padre nemmeno ci riconoscono. Ci passano accanto con i visi arrossati. Hanno bevuto davvero troppo. Mio zia e mia madre ci avvistano, puntano il dito, ci raggiungono in tutta fretta.
— Dove sei andata? — domanda mia zia a suo nuora. Ergo, alla sua finta nuora.
— Ho fatto una passeggiata.
— Con Tommaso?
— Ecco...
— Mi ha incontrato per caso — dico. — Così ci siamo messi a parlare.
Mia zia ci guarda, sospettosa. È così gelosa verso la sua finta nuora? — Ora dobbiamo andare. È tardi.
Mia madre si limita a guardarmi. Nel suo sguardo ci leggo troppe cose. Non penso abbia capito qualcosa. Sarebbe impossibile, anche se le basta un’occhiata per capirmi.
— Guidi tu? — domanda mia zia alla sua finta nuora. — Mio marito non sa nemmeno dove si trovi, in questo momento. — Gli lancia un'occhiataccia. — Quanto torniamo a casa... — Impreca tra i denti. — Vedrai cosa gli combino a quell’ubriacone.
La ragazza di mio cugino mi lancia uno sguardo, divertito, e si allontana con mia zia verso l’auto dello zio.
Mia madre mi guarda, guardinga. — Lo sai che è la ragazza di tuo cugino, vero?
Evito il suo sguardo. — Quindi? Che ho fatto, adesso? Abbiamo solo parlato.
Si limita a fissarmi. — Spero per te che sia così.
Sbuffo, seccato. Non rispondo.
— Andiamo — dice. — Tuo padre ci ha messo tutti in imbarazzo, poco fa. E non è nelle condizioni di guidare.
Paula mi guarda di sottecchi con un sorrisino, mentre Federica sembra una statua di marmo.
Le doppie porte si aprono, le donne vanno via. Paula si volta a guardarmi mentre si allontana con un una mano alzata. — Au revoir!
Federica fa per uscire, ma la blocco per un polso. Si volta verso di me, perplessa.
— Voglio scusarmi per... — dico mentre abbasso lo sguardo. — Non sono venuto alla cena. Me ne sono dimenticato. Scusa...
Abbozza un sorriso da pubbliche relazioni. — Non fa niente.
— Mi hai aspettato?
— Un po'.
Cade il silenzio.
Le porte dell'ascensore fanno per chiudersi. Calo una mano nel mezzo e si riaprono.
— Vorrei farmi perdonare.
— Non ne ha motivo.
Alzo lo sguardo su di lei. — Ti offro una cena. Adesso. Scegli tu il posto.
Mi guarda interdetta, per un momento. — Ora ho da fare.
— Domani?
— Senta, io... Ora devo proprio andare.
— Credimi, voglio davvero scusarmi come si deve.
Lei ritrae il polso dalla mia mano. — Mi scusi... Io... — Esce dall’ascensore e si incammina lungo l'atrio a passo sostenuto.
Perché mi ha dato del lei? E perché sembrava quasi spaventata? Volevo solo scusarmi. Niente di più. Che pensasse che me la volessi fare? Impossibile. Certo, me la farei, ma non le ho mandato segnali espliciti. Forse quando mi ha visto con Ilaria ha capito tutto. Porta chiusa, pareti di vetro oscurate. Anch’io avrei fatto due più due.
Torno a casa, mi faccio una doccia al volo e mi dirigo in auto verso la trattoria. Ho una cena con i miei e i genitori di mia cugina.
Parcheggio la macchina nello spiazzo ed entro dall'ingresso principale. In sala, un po' di gente. I tavoli sono tutti occupati. Nell'aria, un forte odore di vino rosso e carne alla griglia. Mi guardo intorno. Sarah non c'è.
Vado a sedermi al tavolo. I miei zii mi accolgono con un sorriso. Anche i miei. C'è anche mio cugino con la sua ragazza. Mia zia parte con la solita domanda. — Ti sei trovato la ragazza?
— Non ho tempo — rispondo.
— Vuoi rimanere zitello per tutta la vita?
Sorrido, a disagio. Odio queste domande, me le pone sempre. E ogni volta le do la stessa risposta, quindi perché continua?
— Non vedi tuo cugino? — dice mia madre quasi con rimprovero. — Si è trovato una bellissima ragazza. — Le sorride. — È così intelligente e bella.
Che palle, ci si mette pure lei.
— Grazie — risponde la fidanzata di mio cugino.
Arrivano i piatti. Il cameriere ci serve il cibo tramite un carrello e va via. Tutt'attorno, un chiacchiericcio continuo. Alto.
Mangiamo mentre mio zio e mio padre parlano di calciomercato e di lavoro. Mio madre e mia zia di una serie turca o qualcosa del genere. Mio cugino sta giocando con il cellulare mentre la sua fidanzata mi sta guardando.
Le sorrido, imbarazzato.
— Quindi lavori come consulente finanziario? — mi chiede così su due piedi. Non ci siamo mai parlati, prima d’ora. È assai strano. E poi non mi dava l'aria di una molto socievole.
— Sì, qualcosa del genere — rispondo.
— Guadagni molto?
Mi acciglio, turbato. Questa sì che è una domanda strana. — Il giusto.
— Quant’è il giusto?
Ma che t’importa? — Tu lavori?
Mi fissa curiosa, per un momento. — Immagino che guadagni molto, se non vuoi dirmelo.
Mio cugino impreca al cellulare, si volta verso la sua ragazza. — Non essere invadente. Mio cugino è un tipo riservato.
Lei gli sorride mentre gli accarezza un braccio. — Era solo per parlare.
— Io vado in bagno — dico.
Nessuno mi calcola. La fidanzata di mio cugino smorza un sorriso.
Mi alzo e mi incammino tra i tavoli, diretto in bagno. Svolto l’angolo del corto corridoio e mi imbatto in mia cugina. Sta parlando con il cuoco. Torno indietro e mi metto dietro il muro per origliare.
— ...in cucina — dice il cuoco, infervorato. — Serve un altro cuoco o un aiuto cuoco. A mala pena riesco a stare dietro a tutte le ordinazioni negli orari di punta. Per non parlare del weekend. Impazzisco. Letteralmente.
— Ne ho già parlato con mio nonno e...
— Dici sempre così, ma non cambia niente. Sono tre mesi, ormai. Non resisterò ancora a lungo. Serve più gente.
— Vedrò di...
— Al diavolo!
Lo guardo entrare in cucina dalla porta laterale. Mia cugina si sistema i capelli e si gira nella mia direzione. Io faccio finta di aver appena svoltato l’angolo e ci fermiamo a guardarci, per un momento.
Poi lei mi passa accanto.
La fermo per un braccio.— Aspetta.
— Non incominciare. Non sono in vena di sentire i tuoi piagnistei.
— Volevo solo salutarti.
Mi guarda negli occhi. Non mi crede. — Beh, mi hai salutata, quindi... — Fa per entrare.
Rafforzo la presa sul braccio. — Mi odi così tanto?
Ritrae bruscamente il braccio, mi uccide con lo sguardo. — Ti ho detto di smetterla!
Il cuoco si affaccia dalla cucina. — Ehi! Che succede?
— Niente — risponde lei.
Il cuoco si dirige verso Sarah. Forse pensa che la stia molestando. In un certo senso è così, sono ossessionato da mia cugina.
Supero l’uomo e vado in bagno. In realtà, non so perché sono qui. Non mi scappa nemmeno. Forse volevo solo una scusa per lasciare il tavolo e cercare mia cugina.
Dopo un po', esco dal bagno e ritorno al mio tavolo. Mio padre e mio zio, ormai ubriachi, farfugliano parole a caso. Mia madre e mia zia continuano a parlare della serie TV turca. Sono proprio in fissa. Mio cugino sta parlando al cellulare sulla terrazza fuori, mentre la sua fidanzata mi guarda con un sorriso. Sorrido anche io. Stasera è proprio strana.
Resto un po' ad ascoltare i miei zii biascicare parole a caso. Lei continua a guardarmi. Mi alzo. — Vado a fare un giro.
— Un giro? — domanda mia madre.
Mio padre e mio zio mi ignorano tutti presi dai loro discorsi, senza senso.
— Dove? — chiede sempre mia madre.
— Qui intorno.
— Ma è tutto buio.
— Lo faccio spesso quando sono qui.
Mio cugino ci raggiunge. — Devo andare. Ho una cosa urgente da fare.
— Ehi! — dice sua madre, arrabbiata. — Non pensare di inventarti scuse per...
Lui la ignora e si volta verso la sua ragazza. Lei sta per alzarsi per andare con lui. — Devo fare una cosa. Poi ti racconto. Ti accompagnano i miei, ok?
La sua fidanzata si acciglia, come se non fosse la prima volta che lo fa. Non risponde. Torna a sedersi.
Mio cugino se ne va tutto allegro.
— Sta andando a incontrare i suoi amici — dice mia zia a mia madre. — Fa sempre così. Anche da bambino spariva di punto in bianco per andare a giocare con loro. — Sposta lo sguardo su sua nuora. — È ancora immaturo. Perdonalo.
Lei sorride. Non sembra tanto turbata. Anzi, pare del tutto indifferente.
Mi alzo, saluto ed esco dalla trattoria. C'è un bel venticello. La brezza notturno mi accarezza il viso. La campagna d'estate è proprio il paradiso. L'aria è più leggera e la terra profuma così tanto.
Mi dirigo verso i filari d’uva esterni, il canto dei grilli che accompagnano i miei passi. Supero una pila di casse accanto a un olivo e mi fermo davanti al canale. Sulle acque stagnanti, puntellate dalle erbacce, si riflette la luna.
— È un bel posto — dice una voce femminile alle spalle.
Mi volto. È la ragazza di mio cugino. — Sì, è un bel posto.
Che ci fa qui? Mi sembra di rivivere le scene con Sarah e Ilaria in cui alla fine abbiamo scopato. Non credo che scoperò con lei. Sarebbe il colmo. Inoltre, non farei mai questo a mio cugino. Neanche se lei mi si buttasse addosso. Non sono così stronzo o disperato.
— Tuo padre è parecchio ubriaco — dice.
— Ha combinato qualcosa?
— Sì è messo a litigare con il suo riflesso allo specchio. Tua cugina è dovuta intervenire per fargli capire che non era uno sconosciuto che gli bloccava la strada.
Scuoto la testa con una mezza risata. — Tipico...
— Tua madre è una brava persona.
Corrugo la fronte, confuso. Perché sta parlando dei miei? — Grazie.
— Mi ha regalato un buono omaggio per la SPA. È davvero gentile.
Sorrido, senza rispondere. Appoggio le braccia sul muretto che dà sul canale, le stelle che brillano nel cielo. Da lontano, il rumore del traffico della città.
La ragazza di mio cugino posa le braccia sul parapetto. — Non mi piace molto la campagna, ma qui si sta bene.
— Non sei arrabbiata con lui? Con mio cugino?
Mi guarda. — No, ormai ci sono abituata. Prende e va via. Gli amici sono come una famiglia per lui.
— Sei molto matura.
— Grazie.
Restiamo in silenzio, per un paio di minuti, il suono dei grilli tutt'attorno.
— Posso confidarti un segreto? — domanda.
— Dipende.
— Da cosa?
— Da quanto importante sia.
— Riguarda una persona a me molto vicina.
— La conosco? — chiedo.
Mi guarda. — È tuo cugino.
Non rispondo, gli occhi fissi sulle acque torbide del canale.
— Non stiamo insieme — dice, senza emozioni.
Sposto lo sguardo su di lei. — No?
— Lui è... — Si zittisce, per un attimo. — Forse non dovrei continuare.
— Come preferisci.
La ragazza di mio cugino alza lo sguardo verso la luna. Sospira. — Tu lo conosci bene?
— Mio cugino? Abbastanza. So che è un tipo estroverso e amichevole. Forse un po' eccentrico. Ma ha molti amici.
— Già, molto amici.
Mi acciglio, perplesso. Cosa sta cercando di dirmi? — Hai... Voglio dire, c'è qualche problema tra voi?
— No, nulla. Ci vogliano bene, ma...
— Ma?
Mi fissa. — È gay.
Aggrotto la fronte, sorpreso. — Gay?
— Già, gay. I suoi amici... Quelli di cui parla... Non sono proprio amici.
La guardo del tutto confuso. Mio cugino non dava segni di essere così. Lo conosco da quando è nato. Ma se ci penso bene i segnali c’erano. Parlava sempre di come erano vestite le ragazze e non delle ragazze in sé. Gli piaceva girare per i negozi. Ogni tanto elogiava la bellezza di alcuni ragazzi come farebbe una donna. E spesso aveva movenze effeminate. Ma il tutto era condito da un tono e un portamento distaccato. Forse non voleva dare nell'occhio. A me che sia gay o etero, non fa nessuna differenza.
— Io l’ho sempre saputo — dice lei mentre gioca con le dita. — Ci siamo messi insieme per far felice sua madre. Lei sospettava qualcosa.
— E a te va bene così?
— Sì... Non ho amici e nessuno con cui uscire, quindi mi va bene.
— Non avete mai... Insomma...
— No, nessuno dei due è interessato. A me piace come amico. E per lui è lo stesso. Per questo andiamo d’accordo.
Passo lo sguardo sulla luna riflessa sulla superficie dell’acqua. — È un po' egoista da parte sua metterti in una situazione simile.
— Non dire così — risponde con foga, seria. — Non sai cosa ha passato e sta passando. Da fuori può sembrarti un ragazzo superficiale, ma non è così. È molto sensibile e... fragile. Non è per niente egoista.
Abbasso lo sguardo. Non rispondo.
Un lungo silenzio.
I grilli cantano senza sosta.
La ragazza di mio cugino toglie le braccia dal parapetto. — Scusa, mi sono...
— Non preoccuparti. Ti capisco.
— Non lo dirai a nessuno, vero?
Mi volto a guardarla con un sorriso, scuoto la testa.
Mi fa un leggero sorriso. — Sei la seconda persona a cui lo dico.
— La prima chi è?
— Mia nonna.
— Capisco.
— Mi ha detto di supportarlo, che prima o poi avrà il coraggio di essere ciò che è.
— Una risposta saggia. Tua nonna deve essere una tipa tosta.
Distoglie lo sguardo con un sorriso, imbarazzato. — Grazie. Beh, sì... Mi ha cresciuta lei. I miei sono morti quando avevo due anni. Incidente stradale. Non ricordo nulla di loro. Ho solo delle foto.
— Mi spiace...
La ragazza di mio cugino si volta dall’altra parte. — Scusa, mi sono lasciata andare. — Si rivolta mentre ride, nervosa. — Sicuramente stai pensando, che vuole questa qui?
Minuti fa sì. — No, tranquilla.
Cala il silenzio, per un paio di minuti. È così silenziosa che mi sembra di non avere nessuno accanto.
Stacco le braccia dal parapetto. — Penso sia meglio rientrare.
— Sì.
Ci incamminiamo lungo i filari d’uva esterni, il terreno che scricchiola sotto le scarpe. La luna allunga le nostre ombre.
— Davvero non hai tempo? — chiede lei.
— Per cosa?
— Per una ragazza.
— È una scusa.
— Lo immaginavo.
— Tu? — domando. — Non hai nessuno in mente, visto che mio cugino...
— Qualcuno c'è, ma... è complicato. Tu?
— Lo stesso. Più che complicato, direi impossibile.
— Come mai?
La lancio un'occhiata mentre cammino. — Diciamo che non possiamo stare insieme. Non sarebbe... Mmmh, come dire, moralmente giusto.
La ragazza di mio cugino si ferma. — Moralmente giusto? Vuoi dire che... — Sposta gli occhi nella direzione della trattoria. Un puntino di luce in fondo al sentiero. — Sarah…?
Come ha fatto a collegare “non moralmente giusto” con Sarah? È così acuta?
Mi fissa, aspetta una risposta.
Mi gratto dietro la testa dal nervoso. Torno a camminare.
— Quindi ti piace tua cugina? — domanda.
— È complicato. Ma tu come... Voglio dire, come hai fatto a capirlo?
— Perché tua cugina ti guarda, in modo strano. Come si guarda un uomo che ti piace. Pensavo... pensavo che fosse tutto nella mia testa. Poi hai detto “non sarebbe moralmente giusto” e ho capito. Quindi... vi piacete?
Non rispondo.
Arriviamo davanti il retro della trattoria. Mia cugina non c'è.
La ragazza di mio cugino sì ferma. — Questa stasera ci siamo detti i nostri segreti.
— Beh, il mio lo hai scoperto. Non te l’ho detto io.
Un leggero sorriso. — Dettagli.
— Non lo dirai a mio cugino, vero?
— No.
— Comunque non mi sembri turbata. Pensavo che... Insomma, ne fossi disgustata.
— Perché dovrei?
— Non lo so... Forse perché è mia cugina. Abbiamo un legame di sangue.
— Non si può scegliere chi amare.
La guardo con un sorriso, divertito, un dito puntato. — Tua nonna? L’ha detto tua nonna. Ci scommetto tutto.
Si copre la bocca sorridente con una mano. — Sì...
— Se prima era una donna tosta, ora è su un altro pianeta.
Mi fissa negli occhi. — Vuoi sapere un altro segreto?
— Su mio cugino?
— No, su di me.
— Ok, spara.
— Stasera ti ho seguito per provarci con te.
La osservo confuso, turbato. — Provarci con...
— Volevo “fare” qualcosa con te, invece... è andata diversamente.
In effetti, ho avuto l’impressione, durante la cena, che fosse strana. Le altre volte mi ha sempre ignorato. Non rispondo.
— Non pensavo fossi così... — dice. — Sei un bravo ragazzo. Sai ascoltare e... — Si mette a ridere con una mano sulla bocca. — Scusa, ora ti sembrerò una pazza disperata bisognosa di attenzioni.
— No, per niente.
— Penso davvero che tu sia una brava persona.
— Anche tu lo sei. Non tutti farebbero quello che stai facendo tu.
Un breve silenzio.
Dalla trattoria, un chiacchiericcio costante.
Lei abbassa lo sguardo. — Ti sembrerò una stupida, ma quando hai parlato di mia nonna... — Si ammutolisce, per un attimo. — Ecco... Io... Mi hai fatta emozionare.
— Perché tua nonna è davvero una tipa tosta.
Sorride, felice, la bocca coperta dalle mani. — Anche adesso...
Sorrido. Non parlo.
Alza gli occhi su di me. — Poco fa volevo solo... sentirmi donna. Ora... — Si zittisce. — È meglio che rientri. Sicuramente tua zia si starà chiedendo dove sono finita.
— Va bene.
Sale gli scalini, si ferma in cima e si volta verso di me. — Però...
— Sì?
Abbassa gli occhi, imbarazzata. — Niente.
— Ehi...
— Mmh?
— Vuoi salire in macchina con me?
Mi guarda, per un momento. I suoi occhi sono indecifrabili. Scende gli scalini, si ferma davanti a me e mi fissa negli occhi. — Sei sicuro?
— Di cosa?
— Non è quello che penso?
— A te va bene, no?
Annuisce.
Ci dirigiamo verso la mia macchina. Lei cammina un po' più indietro di me.
Mi volto. — Tutto bene?
— Sì, tutto bene.
Prendo il piccolo telecomando dalla tasca dei pantaloni e pigio il bottone. Le quattro frecce si illuminano, per mezzo secondo. Apro la portiera posteriore.
La ragazza di mio cugino mi guarda. — Non lo faccio da un po'.
Sorrido. — Non è una competizione. Non preoccuparti.
Si siede sul sedile con fare nervoso e comincia a tormentarsi le dita delle mani. Mi siedo accanto, chiudo la portiera. Mi guarda di sottecchi. — Quindi...
— Vuoi che... Insomma, faccia tutto io?
Annuisce.
Mi avvicino e le bacio il collo, la mandibola, la guancia. Quando mi avvicino alle labbra, mi spinge via in modo brusco.
— Scusa — dice. — Niente baci sulla labbra. Non voglio che...
— Che?
— Non voglio affezionarmi — risponde, pensierosa.
— Va bene.
Lei si avvicina a me e fa per baciarmi sul collo. Si blocca, si tira indietro.
— Se non ti va dico, — dico — non devi...
Mi abbraccia. — Stasera volevo solo farlo, ma ora ho paura.
— Di cosa?
— Che possa affezionarmi.
— Mi conosci da poco. Non credo che...
— Le parole che hai detto su mia nonna... — dice in un bisbiglio — mi hanno scombussolata. Lo so, ti sembrerà strano, ma...
— Ma?
Si scioglie dall’abbraccio, giusto il tanto per guardarmi. — Se lo faccio, se lo facciamo... — Sospira. — Non voglio affezionarmi.
— Posso chiederti una cosa?
— Sì.
— Perché volevi fare l’amore con me? Fino a stasera mi hai sempre ignorato. Cosa è cambiato?
Si scioglie del tutto dall’abbraccio, distoglie lo sguardo. — Mi hai sempre intrigato, se devo essere sincera. Ma stasera... Non so. Credo sia perché Dario mi ha detto che frequenta qualcuno. Niente di serio. Solo... sesso.
— Mio cugino... — rispondo, confuso. — Lui ti ha detto questo?
— Sì, noi ci diciamo tutto, quindi... — Mi guarda. — Voglio anch'io qualcuno con cui farlo... Perciò, io... Voglio dire, ho pensato a te. Mi sono detta, perché no? Poi... Non lo so. Ora mi sento confusa, scusa...
Sorrido. — Non fa niente. Ti capisco. Anch’io ci sono passato. In realtà, penso di esserci ancora dentro.
— Sì? E non ti sei affezionato?
— Sì, perché... — Distolgo lo sguardo. — Non so se la parola “affezionato” sia quella giusta, ma provo qualcosa. E quel qualcosa è andato via quando ho scoperto che l’ha fatto con il suo ex. — Smorzo un sorriso, a disagio. — E sai qual è la cosa divertente? Non stavamo nemmeno insieme. Anzi, sono io che l'ho... cornificata. E poi quel qualcosa è ritornato sotto una forma diversa. Sesso. Adesso mi domando se, ciò che provavo, fosse stata solo un illusione.
La ragazza di mio cugino mi guarda intensamente, per un momento. Abbassa lo sguardo. — Se lo facciamo, so già che finirà male.
— Se lo sai, allora non ti affezionerai del tutto.
— Non credo funzioni così. Non per me.
Restiamo in silenzio, per un momento.
Fuori, i grilli parlano per noi.
— Hai mai avuto una relazione così? — chiedo.
— Solo sesso? Sì.
— E ti sei affezionata?
— Non ho mai provato nulla. Volevo solo divertirmi.
— Quindi non hai avuto problemi.
Mi guarda. — Tu sei diverso. Mi intrigavi soltanto, ma ora...
Altro silenzio. Più breve.
— Posso scegliere per te? — domando.
Non risponde.
— Non farlo — dico. — Se pensi che ti affezionerai a me, allora non ne vale la pena di...
Mi bacia sulla labbra. Un bacio spinto, pieno di passione, di sesso. Mi infila la lingua in bocca. Tento di fermarla, ma si mette sopra di me. È fuori controllo. Non so cosa abbia fatto o detto, per farla ribollire così. Forse sono solo i suoi ormoni che vogliono emozioni forti. Non lo so.
Si abbassa pantaloni e mutandine con gli orsacchiotti sopra e fa lo stesso con i miei. Ha la vagina rasata. Il mio pene si impenna duro come marmo mentre osservo la sua terza di seno. Ha un piccolo neo sopra l'aureola sinistra. Lei mi guarda l’uccello per un istante, come se non ne vedesse uno da parecchio. Poi lo guida dentro di sé. È molto bagnata.
Muove il bacino su di me con un gemito e si abbassa a baciarmi con la lingua. Poi inizia a muoversi in modo energico, quasi con fretta. Si vede che non lo fa da tanto.
Stringo il suo sedere. Un liquido denso e appiccicoso le cola dalla vagina lungo il mio pene. Si irrigidisce colpita dagli spasmi, le dita affondate nei miei capelli.
— Tutto bene? — domando.
— Sì... — ansima.
Inizia di nuovo a muoversi su di me. Prima lentamente, poi più veloce. Alza il busto. Guardo le sue tette traballare a ogni suo movimento. Lo facciamo per un quarto d’ora, mentre resisto più che posso a non eiaculare a ogni suo orgasmo.
— Sto per venire — dico, alla fine.
Lei si alza subito da me.
Vengo, le schizzo sull’addome. Una goccia colpisce la sua coscia.
La ragazza di mio cugino la guarda, per un momento.
— Scusa... — dico.
Mi sorride. — Non fa niente.
Prendo i fazzoletti da sopra il cruscotto e gliene passo uno. Lei si asciuga la macchia e la vagina con due fazzoletti diversi. Poi si riveste. Il suo sguardo si spegne, gli occhi lucidi.
La guardo con la coda dell'occhio. Vorrei chiederle se sta bene, ma non lo faccio. Ho paura che possa scoppiare a piangere. Mi rimetto pantaloni e boxer. Non so proprio cosa dire. Ecco perché le aveva detto di non farlo. Questa è la famosa depressione post-sesso. Quando la tristezza, l'abisso, ritorna più forte di prima.
Comincia a piangere. Prima piano, poi più forte. Inizia a singhiozzare.
Allungo una mano per abbracciarla, ma lo ritiro. Lei si stringe a me, attorno al mio braccio. La guardo, sorpreso.
— Grazie — dice la ragazza di mio cugino.
— Scusa...
Una decina di minuti dopo, si stacca da sotto il mio braccio. Puzzo di sudore, ma non sembra darle fastidio.
Si asciuga gli occhi e il viso con un fazzoletto di carta. Poi mi guarda mentre si sistema i capelli. — Si vede che ho pianto?
Ha gli occhi rossi, ma può sembrare benissimo un’allergia. — No.
Si aggiusta ancora i capelli. — Se ti dicessi che vorrei rifarlo, tu cosa mi risponderesti?
— Ti direi che non è una buona idea. Non se...
— Avevi ragione.
— Su cosa?
— Avevo solo paura e... Voglio dire, so già che tra noi non può funzionare, quindi avevi ragione. Se sai già questo, fa meno male.
Mi incupisco un po'. — Dal tuo tono non sembra così.
Non risponde subito. — Credo che ci sia qualcosa tra di noi, ma non penso sia amore. Forse ho solo bisogno di qualcuno che mi faccia sentire donna. Ho passato molto tempo con Dario e ho sentito ciò che faceva con gli altri, perciò... Penso sia solo questo.
— Non mi sembri tanto convinta — dico.
— Ora sono solo confusa.
Alcuni voci fuori dall’auto. Qualcuno sta venendo verso la mia macchina. Scorgo mio padre e mio zio che barcollano mentre si mantengono a vicenda per non cadere. Mia madre e mia zia seguono alle spalle, si guardano attorno, come se cercassero qualcuno. La ragazza di mio cugino.
Mi volto verso di lei. — Scendiamo.
— Cosa succede?
— Mia zia. Sta venendo da questa parte.
Scendiamo dalla portiera opposta, senza fare rumore, e ci dirigiamo di soppiatto tra le auto parcheggiate. Ci fermiamo dietro una fila di cespugli curati. Mia zia e mia madre si fermano davanti alla mia auto. Ci guardano dentro, poi intorno. Mio padre e mio zio continuano a barcollare, tra i veicoli.
— Dov’è andata? — domanda mia zia a mia madre.
— Forse è insieme al mio Tommaso.
— E lui dov’è?
— Non lo so. Da qualche parte, qui in giro.
— Se è così, che ci fanno insieme?
Guardo la ragazza di mio cugino. — Forse è meglio andare loro incontro.
Annuisce.
Usciamo da dietro i cespugli e ci incamminiamo nella loro direzione, lungo il vialetto illuminato dai lampioni. Mio zio e mio padre nemmeno ci riconoscono. Ci passano accanto con i visi arrossati. Hanno bevuto davvero troppo. Mio zia e mia madre ci avvistano, puntano il dito, ci raggiungono in tutta fretta.
— Dove sei andata? — domanda mia zia a suo nuora. Ergo, alla sua finta nuora.
— Ho fatto una passeggiata.
— Con Tommaso?
— Ecco...
— Mi ha incontrato per caso — dico. — Così ci siamo messi a parlare.
Mia zia ci guarda, sospettosa. È così gelosa verso la sua finta nuora? — Ora dobbiamo andare. È tardi.
Mia madre si limita a guardarmi. Nel suo sguardo ci leggo troppe cose. Non penso abbia capito qualcosa. Sarebbe impossibile, anche se le basta un’occhiata per capirmi.
— Guidi tu? — domanda mia zia alla sua finta nuora. — Mio marito non sa nemmeno dove si trovi, in questo momento. — Gli lancia un'occhiataccia. — Quanto torniamo a casa... — Impreca tra i denti. — Vedrai cosa gli combino a quell’ubriacone.
La ragazza di mio cugino mi lancia uno sguardo, divertito, e si allontana con mia zia verso l’auto dello zio.
Mia madre mi guarda, guardinga. — Lo sai che è la ragazza di tuo cugino, vero?
Evito il suo sguardo. — Quindi? Che ho fatto, adesso? Abbiamo solo parlato.
Si limita a fissarmi. — Spero per te che sia così.
Sbuffo, seccato. Non rispondo.
— Andiamo — dice. — Tuo padre ci ha messo tutti in imbarazzo, poco fa. E non è nelle condizioni di guidare.
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