Mia cugina: Parte 37

di
genere
incesti

Verso le dieci di sera mi reco al bar quando incrocio Ilaria con un ragazzo mai visto. Sono davanti all'ingresso gremito di gente mentre ridono e si sorridono. Una nuova conoscenza? Probabile.
Passo accanto a loro, gli occhi fissi in avanti. Ilaria mi guarda con la coda dell'occhio e mi urta il fianco con una mano come se non ci avesse fatto caso. Faccio finta di niente ed entro nel locale mentre la musica dance mi stordisce.
I miei amici sono seduti in un angolo. Hanno scelto un tavolo più grande stasera. Infatti ci sono persone che non conosco. Mi presentano a loro, ma dimentico subito i loro nomi. Sono perlopiù ragazze e coppie. C'è anche il mio amico con la sua ragazza, che lo cornifica come se non ci fosse un domani con il suo amico d'infanzia. Chissà se la vacanza in Grecia ha davvero cambiato qualcosa. Ma ne dubito.
Paula sbuca al mio fianco. — Guarda un po’ chi c'è.
La fisso sorpreso. — Che ci fa qui?
Prende sottobraccio un mio amico, lo stringe mentre ci posa la testa. — Sono con il mio ragazzo.
Sbarro gli occhi, un vuoto allo stomaco. Cosa!? Il suo ragazzo? Da quando? Fisso entrambi con il volto pallido. Non so cosa dire. Mi sono scopato la ragazza di un amico. Cazzo, no! Non doveva accadere.
Il mio amico le dà un bacio a stampo. Lei ricambia con un bacio più spinto, gli occhi fissi su di me. Le labbra si staccano.
— Da quanto… — dico.
— Cosa!? — urla il mio amico. — Grida! Non ti sento con tutto questo casino.
— Da quanto state insie….
— Lo sai, — dice Paula al mio amico — siamo andati al liceo insieme.
Lui mi guarda incredulo. — Davvero?
— Eravamo amici e lo siamo tutt’ora.
— Non lo sapevo.
Mi avvicino a loro. — Da quanto state insieme?
— Da oggi — risponde il mio amico tutto allegro.
— Da oggi?!
— Sì, da oggi. Me l’ha presentata Ilaria.
— Cioè vi siete messi insieme poco fa?
Paula si stringe nelle braccia di lui. — Non è romantico? Ci siamo subito piaciuti. Colpo di fulmine. Amore a prima vista.
Il mio amico annuisce e le dà un bacio sulla testa mentre Paula mi fa un sorriso malizioso. – Sì, è proprio così.
Perlomeno non era ancora la sua ragazza quando me la sono fatta. Ciò mi tranquillizza. Ma resta strano il fatto che Ilaria abbia fatto conoscere Paula ai nostri amici. Non le stava antipatica? Oppure l’ha fatto per non farla stare vicino a me? Non che la cosa stia funzionando. Paula mi sta fissando come se volesse saltarmi addosso da un momento all’altro. Sta solo giocando con il mio amico. Oppure è proprio fatta così? Al liceo non così spudorata.
Il mio amico si volta verso di lei. — Andiamo a farci un giro?
Paula gli sorride. — Perché no?
Il mio amico mi saluta con lo sguardo. Paula con un sorrisetto divertito mentre mi fa segno con la mano che ci vedremo dopo.
In che senso?
Li guardo sparire tra la folla e mi siedo al tavolo. Sono l'unico che non parla con nessuno. E poi chi ha portato queste persone qui? Ilaria? Paula? Uno dei miei amici? Non che abbia importanza.
Ilaria ci raggiunge con il nuovo ragazzo. Lui fa per sedersi accanto a me, ma lei lo ferma e ci si siede lei.
— Mi piace sedermi in mezzo — dice al suo nuovo ragazzo.
Ma che scusa è? È pessima.
Lui sorride. Forse non ci ha nemmeno fatto caso. Sembra parecchio alticcio. — Devo andare in bagno.
— Certo, vai — dice lei.
— La fila è lunga.
— E diventerà ancora più lunga se non prendi posto.
Lo sta cacciando?
Il ragazzo sorride sbronzo. — Sì, hai ragione. Allora, vado.
Ilaria lo spinge quasi via con un sorriso. — Sì, sì, vai.
Lui urta le spalle di uno. Questo lo spintona in malo modo. Il ragazzo è talmente ubriaco che sta ancora fissando Ilaria con un sorriso da idiota mentre urta qua e là la gente. E quella lo spintona.
Ilaria sposta lo sguardo arcigno su di me. — Allora, ho saputo che eri con una ragazza, oggi.
Mi acciglio. — Che ragazza?
— Non fingere. Ti ho visto in macchina con una.
— Ah, parli della ragazza di mio cugino.
Il suo sguardo arcigno svanisce un poco. — E dove era tuo cugino?
— L’ho solo accompagnata a casa. Non farti strane idee.
— A casa tua, vuoi dire?
— A casa sua.
— Siete saliti in casa tua. Vi ho visti.
La fisso irritato. — Sul serio? Ora mi stalkeri pure?
— Ma non ti vergogni? Ora ti fai anche la ragazza di tuo cugino!
— Ehi! Non urlare — dico mentre mi guardo in giro.
— Tanto non ci sente nessuno con questa musica pessima.
— Spostati, fammi passare.
— Vuoi andare via?
Sbuffo e la spingo un po'. Lei punta i piedi corrucciata sul posto. Un altro sbuffo. — Non fare la bambina. Fammi passare.
— No!
— Ma si può sapere che vuoi da me? Ti comporti da pazza.
— È colpa tua se sono così — risponde risentita. — Pensi che mi piaccia essere così?
— Sei sempre stata così fin dal liceo.
— Allora sai benissimo perché lo faccio.
La guardo per un momento. — Chi è quel tipo?
Abbozza un sorrisetto compiaciuta. — Sei geloso?
— È il tuo nuovo ragazzo? Perché se è così, allora lasciami perdere!
Mi stringe il pene dietro i pantaloni sotto il tavolo. — È solo uno. Uno dei tanti.
Scaccio la sua mano. — Smettila.
Il suo sguardo si fa sensuale. — Sei geloso, vero? Non ti piace vedermi con altri uomini. Mi vuoi tutta per te.
La spingo leggermente. — Fammi passare.
— Tu non vai da nessuna parte!
Faccio per rispondere, ma il nuovo ragazzo di Ilaria ci raggiunge. Ora sembra ancora più sbronzo di prima, gli occhi socchiusi. Forse si è anche calato qualcosa.
Lei si ricompone. — Oh, hai fatto presto.
Lui la guarda con l'espressione di cane bastonato. — Senti, devo... andare. Un mio amico… Ecco… Ah, è rimasto a terra con... la macchina. Devo... andare a prenderlo.
— Sì, ok, vai — risponde Ilaria scorbutica con un cenno della mano come se lo stesse cacciando.
Il ragazzo sorride fatto. Ha preso qualcosa, ora ne sono più che sicuro. Si allontana mentre sbanda e urta contro le altre persone, la musica dance che risuona a palla.
— Ma dove lo hai trovato? — domando a Ilaria.
— È lui che ha trovato me. Non so nemmeno come si chiama.
— Ah, beh… Comunque poteva inventarsi una scusa migliore per mollarti.
— Sta andando dalla sua ex.
— Come lo sai?
— Non ha fatto altre che parlami di lei tutto il tempo. Non la smetteva più. E le poche volte che la smetteva, faceva battute senza senso. Era noioso...
— Ma hai riso — rispondo. — Ti ho visto all'entrata.
— E che dovevo fare? Piangere.
— In effetti.
— È meglio che se ne sia andato da solo, o l'avrei mandato via io. — Mi sorride. — Ora siamo da soli. Perché non andiamo via?
— Senti, tutta questa situazione... — dico seccato. — Questo tira e molla che c'è tra di noi. È snervante.
— Logico. Ti scopi sia Paula che la ragazza di tuo cugino. Non c'è posto per me, no?
— Che cazzo stai dicendo?
— Prima il problema era tua cugina, ora sono quelle due stronze. Alla fine quella che ci rimette sono sempre e solo io!
— Non urlare!
— Non sto urlando! — grida.
La gente vicina a noi si volta a guardarci. Anche quelli appena conosciuti. Distolgo lo sguardo imbarazzato. Ilaria mostra un sorriso cortese, ma forzato. Si alza e mi fa segno con gli occhi di seguirla.
Mi faccio spazio tra la gente e usciamo fuori dal locale. S’incammina verso la sua auto.
— Dove stiamo andando? — chiedo.
Si volta verso di me, gli occhi furenti. — Secondo te?
Sesso. Ecco cosa vuole fare. — Ma ti sembra normale? Fino a poca fa mi hai…
— Sta’ zitto ed entra.
Apro la portiera e salgo in auto. — Ho la macchina qui.
— Quindi?
— Come quindi? Non posso lasciarla qua.
— Ti accompagno di nuovo.
— Oh, ok.
Mette in moto, ingrana la prima e parte. — Pensi che ti avrei fatto tornare a piedi?
— Con te tutto è possibile, specialmente quando sei nella fase maniacale.
Mi molla un ceffone sul braccio. — Ehi! Non sono una psicopatica.
— Certo, come dici tu.
Mi lancia un'occhiataccia. Non risponde.
Venti minuti dopo arriviamo davanti alla sua villa. Apre il cancello con un piccolo telecomando, lo supera e parcheggia nel vialetto. Scendiamo ed entriamo nell’edificio dalle pareti di vetro.
C'è un forte profumo asettico, quasi da ospedale. Tutto è immacolato. La seguo nella camera da letto, poi nel bagno. Ci spogliamo e ci facciamo una doccia.
Osservo i suoi fianchi e il suo sedere nudo. Il mio pene è durissimo. Ilaria non lo guarda nemmeno. Anzi, non guarda nemmeno me. Mi dà le spalle. Le tocco un braccio e mi schiaffeggia la mano.
Mi acciglio confuso. — Non volevi,..
— Non qui — risponde con tono piatto.
Finiamo di fare la doccia e ci sediamo sul letto. Si limita a fissarmi. Là fuori, risuona lontano l’allarme di un antifurto.
— Che c'è? — chiedo perplesso.
Continua a fissarmi.
— Allora?
Sbuffa irritata, gli occhi che ruotano al cielo. — Non capisci?
— Che cosa?
Un altro sbuffo. — Lo sai.
— Cosa? Come faccio a capire se non me lo dici?
Incrocia le braccia sui seni nudi. — Devo pure dirtelo!?
— Non sono un indovino.
— Mi hai fatto passare la voglia!
— E tu a me.
Distogliamo lo sguardo imbronciati come due bambini. Mi sento proprio un coglione. Anzi, lo sono da sempre. Cosa vuole che faccia? Che inizi io? Non mi sembra che sia questo il problema.
Si alza e mi fulmina con lo sguardo. Fa per andare, ma la fermo per un polso. La tiro a me e mi cade addosso sul letto. Ci guardiamo negli occhi per un momento. Ecco lo sguardo eccitato, ecco cosa so cosa vuole. Ora lo so. Che idiota.
Struscio la mia coscia sulla sua vagina mentre le afferro i capelli da dietro e li tiro un po’. Lei si lascia scappare un gridolino eccitato e fa per baciarmi. La allontano con un mano, l’altra chiusa sul suo seno. Socchiude gli occhi arrabbiata e ci riprova. La rivolto di schiena sul letto e mi alzo, il mio uccello si impenna duro come un roccia.
— Tu… — dice incazzata nera.
— Sta’ zitta e inginocchiati — rispondo con tono greve.
Il suo corpo freme per un attimo, la sua mano scende sulla vagina. Si inginocchia e mi guarda con gli occhi supplicanti. Avvicino il pene alla sua bocca. Lei lo guarda mentre si masturba. Aspetta un ordine.
Sbatto il pene sulla sua guancia. — Chi ti ha dato il permesso di baciarmi?
Ilaria sussulta dal piacere, si morde il labbro mentre le sue dita affondano nella sua vagina. Sento il rumore acquoso e appiccicoso dei suoi fluidi.
Colpisco di nuovo la sua guancia con l’uccello. — Rispondi.
— Nessuno… — bisbiglia eccitata.
Un altro colpo sulla guancia. — E chi ti ha detto di masturbarti?
Ansima dal piacere, si toglie le dita umide e appiccicose. — Nessuno…
Metto l’uccello per lunghezza sulla sua faccia. — Meriti una punizione.
— Sì…
— Chi ti ha detto di rispondere? — chiedo con voce dura.
Trasale ancora dal piacere, le cosce si chiudono. Non risponde.
Afferro i suoi capelli e li tiro un po' all'indietro. — Lecca.
Un piccolo gemito eccitato. Le sue labbra si chiudono sul mio glande, la sua lingua ci gira attorno. Poi se lo mette tutto in bocca e comincia a succhiare per un po’, gli occhi sollevati sui miei. La sua mano scende lentamente sulla vagina.
Ritraggo fuori l’uccello e tiro un po' i suoi capelli all'indietro. Lei geme. La guardo in faccia. — Togli quella mano.
Lei la allontana dalla vagina, spalanca le labbra.
Sbatto il pene sulla sua guancia. — Lo vuoi così tanto?
Annuisce, il viso stravolto e arrossato.
Glielo metto di nuovo in bocca. Ilaria ricomincia a leccare per un paio di minuti, i suoni del risucchio e della saliva che rompono il silenzio.
Poi la sollevo dal pavimento per un braccio, la spingo sul letto in pancia giù e mi metto sopra di lei. Le sue cosce si chiudono per l'eccitazione. Avvicino la bocca al suo orecchio e lo bacio, lo lecco, lo mordo. Poi bacio la sua spalla, la sua nuca, il suo collo.
Ilaria ansima dal piacere. Fa calare di nuovo la mano sulla sua vagina, ma la blocco con la mia.
— Sei proprio disubbidiente — sussurro al suo orecchio.
— Sì…
— Devo darti una punizione esemplare.
Geme, si morde il labbro. Non risponde.
Pigio il petto sulla sua schiena per intrappolarla sotto il mio peso mentre il mio pene duro preme lungo la fessura del suo sedere. — Mi prenderò il tuo culo.
Il suo corpo freme per un attimo, si volta verso di me.
Premo la sua testa sul materasso con una mano. — Che c'è? Non vuoi?
Lei inarca il sedere sotto di me, ma non ci riesce. Sono troppo pesante.
— Vedo che lo vuoi.
— Mmmh… — ansima.
— Ma non sarebbe una giusta punizione, se lo troverai piacevole.
— Non l’ho mai provato.
Mi blocco per un momento. Non ci avevo pensato. E se le facessi male?
Ilaria posa la mano sulla mia, la stringe. — Puniscimi…
Appiccico il busto sulla sua schiena, il pene che preme contro il suo ano. Non sono sicuro di entrare dentro. Forse lo devo lubrificare. Sputo sopra il mio uccello, poi sulla mano e lubrifico il suo ano.
Lei appoggia una mano sul mio fianco e lo spinge contro il suo sedere. La punta del mio uccello ci entra un po'. Ilaria si lascia scappare un gridolino, inarca di nuovo il culo, spinge il mio fianco contro il suo sedere con una mano.
Sono un po' turbato. Il suo ano è stretto, sicuramente le farò del male. Lo spingo un po' dentro. Lei geme ad alta voce, la bocca spalancata, la faccia pietrificata ed eccitata.
— Ti sto facendo del male?! — domando.
Si volta verso di me, gli occhi due strette fessure infernali. — Non rovinare tutto! Mettimelo dentro! Mettilo! E stai zitto!
Mollo uno schiaffo forte sul suo culo, le cinque dita stampate sulle pelle arrossata. Lei urla dal piacere e spinge il sedere contro il mio inguine. Il mio pene si infila nel suo buco. Ilaria lancia un urlo come se fosse stata accoltellata e comincia a tremare in modo quasi violento. Mi stringe la mano mentre il suo corpo si affloscia sul materasso in preda agli spasmi. Sento le mie ginocchia bagnarsi. Dalla sua vagina sta rivolando dell’acqua. Una chiazza si espande sul lenzuolo.
Inarca di nuovo il sedere contro il mio inguine. Altri spasmi.
Inizio a spingere lentamente il mio uccello nel suo ano. Ilaria continua ad ansimare. Aumento l’andatura dei colpi, il suono secco dei miei fianchi contro il suo sedere che risuona nella camera da letto.
Le vengo dentro, ma continuo a spingere per un po'.
Ilaria di affloscia sotto di me come un pupazzo, gli occhi vacui e semichiusi dal troppo orgasmo. Sento solo i suoi gemiti. Se non fossero per quelli, penserei che sia morta.
Mi stendo accanto, lo sguardo fisso al soffitto. Resto così per un paio di minuti. Poi sposto lo sguardo su di lei. Non si è mossa di un centimetro, braccia e gambe spalancate, il viso girato dalla porta opposta alla mia e affondato nel cuscino. Mi acciglio preoccupato. Fisso la sua schiena alzarsi e scendere. Tiro un sospiro di sollievo, sta respirando. Davvero, pensavo fosse morta.
— Torniamo insieme — dice quasi im un sussurro.
Non rispondo.
Un breve silenzio.
Si volta verso di me, il viso sfattissimo, il mascara sbavato. Abbozza un sorriso leggero come di una che è stata appena scopata come si deve. — Torniamo insieme.
La guardo con la coda dell'occhio. Non rispondo.
Appoggia una mano sul mio petto. — Basta giochetti. Solo io e te.
— Lo sai che mi piace mia cugina.
— Lei non vuole stare con te, quindi…
Mi metto seduto sul bordo del letto. — Evitiamo di litigare.
— Non voglio litigare.
— Finisce sempre così dopo averlo fatto, lo sai.
— Dovremmo provarci seriamente.
— Cosa?
— Stare insieme. Facciamolo seriamente.
Abbasso lo sguardo sui miei piedi nudi. Non rispondo subito. — Ora vado. Non serve che mi accompagni.
— Tutto qui?
Mi alzo. — Tutto qui.
— Voglio di più.
— Hai sempre voluto di più.
— Se lo sai, allora perché…
— Amo Sarah.
— Ami anche me! — grida Ilaria furente.
Mi rivesto, vado alla porta.
Lei si alza, mi raggiunge correndo e mi abbraccia da dietro, la guancia appoggiata sulla mia spalla. — Perché ti piace così tanto? Perché ne sei ossessionato?!
Mi stacco dal suo abbraccio. — Ci vediamo. — Esco dalla camera dal letto e poi dalla villa.
C'è molta umidità.

La sera dopo sono nel parcheggio della trattoria, gli occhi fissi sull'ingresso. Sono qui da un’ora. Non ho il coraggio di uscire, di andare da Sarah. Anzi, non so cosa le dovrei dire. Quando sono tornato nel mio appartamento ieri sera, non ho fatto altro che pensare a lei. La domanda di Ilaria mi ha colto di sorpresa. Non sapevo cosa rispondere. Perché mi piace mia cugina? Perché ne sono ossessionato?
Mi piace, ecco perché. Ma se dovrei approfondire il motivo, non saprei rispondere. Forse mi piace tutto di lei. Eppure non ho passato molto tempo insieme. Non la conosco così bene come conosco Ilaria. Con lei potrei starci bene, eppure non lo so. Pensavo di amarla, ma non lo so. Forse la amo ancora, non lo so. Non so mai niente.
Il mio cellulare squilla. Lo prendo da sopra il cruscotto. È Paula. Che vuole?
— Sì? — rispondo.
— Ti va di mangiare qualcosa?
— Ho già mangiato.
— Dai, non fare il noioso.
— C'è altro?
— Dove sei? A casa?
— In giro.
— Vuoi farlo?
Mi acciglio perplesso. Me l’ha chiesto come se niente fosse. — Senti, perché…
— Non dirmi che non vuoi nemmeno farlo?
— Devo chiudere.
— Ehi! Non riagganciare!
— Che vuoi ancora?
— Vieni da me. Ti aspetto.
— Non…
Riattacca.
Scuoto la testa e l'appoggio sul poggiatesta del sedile, lo sguardo fisso sull'entrata della trattoria. Resto così per un paio di minuti, poi metto in moto e vado via.
Dopo un po' arrivo davanti al palazzo di Paula. Non c'è nessuno in giro. Lungo i marciapiedi, una fila di auto di lusso. Non so nemmeno perché sono qui. Certo, mi ha detto di venire, ma non è che abbia tanta voglia. In questi giorni non faccio che scopare qua e là. E poi chi pensava che avrei finito per farlo anche con Paula, quella ragazza che tutti discriminavano al liceo. La stessa che ora si è trasformata in una sorta di strana famme fatale.
Esco dalla macchina, mi avvio verso il vialetto curato che porta all'edificio e citofono. Il portone vibra. Non ha nemmeno chiesto chi fossi. Immagino che mi abbia visto dal videocitofono.
Salgo con l'ascensore e mi fermo davanti alla sua porta. È socchiusa. La spingo ed entro. L’aria profuma dell’acqua di colonia di Paula. È davvero forte.
Lei esce dal bagno con solo un asciugamano legato attorno al corpo. — Fatti una doccia e vieni in camera.
Faccio per rispondere, ma è già entrata. Mi faccio una doccia veloce e la raggiungo.
Paula è stesa nuda sul letto su un fianco, le tette sembrano più piene rispetto all’altro giorno. Osserva il mio pene duro per un attimo, mi sorride e batte una mano sul materasso.
Mi sdraio accanto. Lei mi bacia il petto, l’addome e scende fino al mio uccello. Lo prende in mano e comincia a segarmi mentre continua a baciarmi l’addome e l'inguine. Accarezzo i suoi capelli e allargo le gambe.
Si mette in bocca il mio pene, la lingua attorno al glande. Lo succhia per un po', poi si alza e si siede sulla mia faccia. — Lecca.
Lecco il suo clitoride, la mia lingua che scivola tutt'attorno. Palpo il suo seno con una mano mentre con l’altra stringo il suo sedere. Lei ansima e ricomincia a segarmi. Poi faccio scivolare la lingua sulle labbra della sua vagina finché ritorno sul clitoride.
Paula muove il bacino sulla mia faccia, affonda le dita nei miei capelli e preme il mio viso contro la sua vagina. Continuo a leccarla finché mi viene sulla faccia e in bocca. Sputo l’acqua mista a un liquido appiccicoso. Il suo orgasmo continua, rivoli d’acqua mi inzuppano il viso.
Poi si alza, si mette a cavalcioni su di me e guida il mio pene nella sua vagina. È caldissima. Lo è talmente tanto che fatico a non venire mentre faccio una smorfia eccitata. Lei si solleva di colpo e io vengo. Lo sperma schizza sulla mia pancia e sulle sue cosce.
— Sapevo che stavi per venire — dice delusa.
— Non sono riuscito a trattenermi. La tua cosa… è troppo calda.
Si pulisce le gocce di sperma dalla coscia con un dito. Si rimette su di me e si infila di nuovo il mio pene dentro.
— Sono appena venuto — dico.
Lei comincia a muovere i fianchi. — Quindi?
— Lo sperma… Sta ancora uscendo.
— Domani avrò le mie cose, quindi non c'è problema.
— Allora perché ti sei alzata prima?
— Non mi fa impazzire l’idea che mi vieni dentro.
Mi acciglio confuso. — Ok, ma sto ancora venendo.
Mi mette una mano sulle labbra. — Stai zitto.
La tiro verso di me e la ingabbio tra le mie braccia mentre martello la sua vagina con i fianchi. Lei ansima accanto al mio orecchio, mi abbraccia la testa. Poi mi dà un bacio sulla fronte e un altro sulla guancia. La guardo perplesso. Perché mi sta baciando in quel modo?
Lei mi volta la testa dall'altra parte con una mano come se non volesse che la guardassi. Continua a gemere finché si irrigidisce e freme per l'orgasmo, gli occhi tirati all’indietro, il viso accaldato. Mi fermo. Paula si abbondano su di me e mi bacia il collo.
Ritorno a muovere il bacino lentamente. Lei muove un po' in fianchi per un minuto mentre continua a baciarmi. Poi si stende accanto a me e si mette in bocca il mio pene mentre lo sega per un paio di secondi. Le vengo in bocca.
Paula lo sputa sulla mano e mi guarda di traverso. — Perché non mi hai avvisato?
— Scusa…
Mi fulmina con gli occhi e se ne va in bagno. Sento il rumore dell'acqua della doccia.
Fisso un quadro dall’altra parte della stanza. Nella penombra la figura non si vede bene. Non so nemmeno se sia una figura o un paesaggio. Ho ancora il sapore dei liquidi di Paola in bocca. Un sapore strano, che non saprei definire.
Lei esce dal bagno nuda e si ferma a guardarmi, le sue tette adesso sono un po' sgonfie. — Sei ancora qui?
Mi metto seduto sul bordo del letto. — Perché? Dovevo andarmene?
— A meno che tu non voglia incontrare il mio ragazzo.
— Il mio amico?
Punta un dito verso di me, le labbra arricciate in assenso. — Esatto.
Cazzo, alla fine mi sono fatto la ragazza del mio amico. Pensavo che stessero insieme solo per una notte. Sesso e basta. Amore travestito da scopata, insomma. — Ah, beh... allora vado.
Apre le ante dell’armadio. — Non è una storia seria. Nemmeno mi piace.
Mi rivesto. — Allora perché lo frequenti?
— Noia, direi.
— Non è giusto nei suoi confronti.
Getta uno sguardo verso di me e si rigira a cercare un vestito nell'armadio. — Chissenefrega. E poi da quando ti preoccupi degli altri? Ah, giusto. È un tuo amichetto, oppure c'entra la sindrome del cavaliere? — Si volta a guardarmi. — Ma lui è un maschio. Ti piacciono anche i maschi?
— No — rispondo secco. — E stai dicendo un mucchio di cazzate.
Prende un lungo vestito nero dall'armadio, mi passa accanto con le tette che ballano e lo appoggia sulla spalliera della poltrona. — Se lo dici tu. Comunque ora devo prepararmi. — Fa uno sguardo ammiccante. — Oppure mi vuoi guardare?
Mi avvicino a lei, chiudo la mia mano sul suo seno e bacio il suo collo, la punta del mio pene duro che preme contro il suo inguine.
Paula mi respinge. — Devo sbrigarmi.
La giro di spalle e la piego in avanti. Lei poggia i gomiti sulla spalliera della poltrona. Afferrò i suoi fianchi. — Allora sarò rapido.
Fa per dire qualcosa, ma affondo il pene nella sua vagina, le mie dita che accarezzano il suo clitoride gonfio. Lei si lascia scappare un gemito e spinge il sedere contro i miei fianchi. Afferro i suoi capelli con una mano e comincio martellare la sua vagina per un paio di minuti. Colpi veloci, decisi. Poi lenti, gentili. E di nuovo veloci e decisi.
Paula ansima e freme violentemente mentre si irrigidisce. Tiro fuori il pene di colpo. Un copioso schizzo d'acqua scende giù dalla sua vagina. Altro ne cade sul pavimento assieme a un liquido appiccicoso che cola sia lungo le cosce che come un filo sottile giù dalla vagina.
Si appoggia esausta con il busto sulla spalliera, le gambe che tremano per l’orgasmo. Le metto dentro di nuovo il mio uccello. Lei sussulta dal piacere. Ansima e mi stringe un braccio con una mano. Ricomincio a sbattere i fianchi contro il suo sedere per un minuto. Tiro fuori il pene e vengo sul suo sedere mentre altri schizzi d’acqua bagnano il pavimento già ridotto a un lago.
Si volta verso di me con il fiatone, gli occhi furenti e soddisfatti. — Ora mi toccherà lavarmi di nuovo e pulire tutto.
— Anche il letto ha bisogno di essere cambiato — rispondo sarcastico.
I suoi occhi si serrano ancora più irati. Non parla.
— Ok, ho capito. Ora vado.
Mi spinge fuori dalla camera da letto. — Sì, vattene. Devo prepararmi. È tardi.

scritto il
2025-08-09
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