Mia cugina: Parte 38
di
Catartico
genere
incesti
È passato un mese.
In queste settimane non ho fatto altro lavorare e fare l’amore sia con la finta ragazza di mio cugino, che con Paula. Ilaria si è come dileguata. Mi saluta e si comporta normalmente, ma è come distante. L’ultima volta che l’abbiano fatto ci siamo lasciati un po' male. E ancora adesso non capisco cosa provo per lei. Voglio dire, ci tengo molto, ma la amo? Non lo so.
So soltanto che provo una rabbia strana quando la vedo con altri uomini o con il suo ex. Non se sia gelosia o altro, anche perché sta continuando a scoparsi il suo ex sia sulla terrazza della sua compagnia, che nel parcheggio. L’ho beccata lì due volte. Non credo lo faccia con altri. Lei sa che io so. Come sa che ogni tanto salgo sulla terrazza dopo il lavoro per vederla con lui. Ci guardiamo anche. Forse sono malato. Però non mi piace per niente guardarla essere sbattuta da un altro. Per niente.
Con mia cugina sono a un punto morto. Ma lo sono da parecchio. Dopo quella volta in cui mi ha cacciato e me ne sono andato in bagno, non le ho più parlato. Spesso la incrocio al supermercato o in giro. È quasi sempre da sola o con un tizio nuovo che lavora come cameriere alla trattoria. È un bel ragazzo sui vent'anni, alto, moro e spalle larghe. Sembra il solito tamarro che si vedono al bar Destiny, dove me la faccio con i miei amici. Vedo che con lui sorride e ride. Non so se stiamo insieme, ma non credo. Non ho questa sensazione, ma potrei sbagliarmi. Perciò mi limito a guardarla da lontano mentre lei finge di non vedermi.
E poi c'è la mia ex assistente. Che dire? È partita per gli Stati Uniti. Credo che finalmente abbia capito le mie parole. Spesso mi manda dei messaggi per chiedermi come sto o delle foto in cui mi mostra le tette, il culo o la vagina o tutto insieme. E anche dei video. La cosa mi eccita parecchio, ma le ho detto più volte di evitare di farlo. Ovviamente non mi ascolta. Ultimamente mi ha detto che ha incontrato un tipo, un canadese. Dice che lui è molto più bravo di me a letto, che c'è l’ha più lungo e che è anche più ricco. Le ho risposto buon per te. E mi ha bloccato. Giorni dopo mi ha sbloccato e mi ha mandato una foto di loro due insieme per poi bloccarmi di nuovo. Il tipo è molto più bello di me. Sembra un modello o qualcosa del genere.
Due giorni dopo mi ha sbloccato e mi ha detto che ora si sono fidanzati e che deve cancellare il mio numero di telefono. Le ho risposto che ero contento per lei e che meritava di essere amata. Mi ha bloccato di nuovo. Forse definitivamente, chi lo sa. Ormai ho smesso di analizzare le sue pazzie.
Adesso sto uscendo dal mio ufficio, dopo aver avuto una riunione con Caterina Savona. Mi ha risucchiato tutte le energie e non ha detto nemmeno una parola. È bastata la sua presenza e il suo sguardo a prosciugarmi.
Mi fermo davanti all'ascensore insieme alle colleghe. Paula mi affianca e mi lancia un’occhiata di sfuggita. Le doppie porte si aprono ed entriamo. Siamo quasi tutti stipati. C'è troppa gente. I vari profumi delle donne mi danno alla testa. Paula continua a lanciarmi delle occhiate. Vuole farlo? Pare proprio di sì. Ormai riconosco queste occhiate.
L’ascensore si ferma, usciamo. L’atrio è punteggiato di persone. C'è ne sono più del solito.
Paula mi affianca mentre cammino. — Da me?
— Stasera ho da fare — rispondo.
— Come ogni sera.
— Vuoi farlo ogni giorno.
— Quindi?
— Non ti stanchi mai?
— Tu sei stanco?
Usciamo dall'edificio e ci dirigiamo verso i parcheggi, il marciapiede gremito di gente.
— Non sto dicendo questo — dico.
— Allora cosa? Fai fatica a fartelo venire duro?
Le lancio un’occhiataccia risentita. — No. Ti ho solo chiesto se non ti stanchi mai?
— Perché dovrei staccarmi?
— Ma che ne so.
— Allora perché fai domande idiote?
— Niente. Lascia stare.
Attraversiamo il parcheggio puntellato di veicoli. Un auto ci passa accanto, seguita da un’altra.
— Cos’è? — domanda Paula con un sorriso divertito. — Hai le tue cose?
La guardo di traverso. — Spiritosa.
Mi tira un debole schiaffo sul braccio, le labbra imbronciate come una bambina. — Ti ho spompato troppo?
— Piantala.
— Usa la lingua e le mani, allora.
Mi fermo a guardarla. — Ma perché pensi che non mi tira?
— Perché non vuoi farlo.
— Quindi pensi subito che…
— Certo, penso subito che non ti si alza più.
Scuoto la testa seccato, torno a camminare. — Pensa quello che vuoi.
Mi segue. — Quindi è così?
— No.
— Allora andiamo a casa mia. Fammi vedere che mi sbaglio.
— Non cercare di manipolarmi. Non funziona.
Posa un dito sul mento pensierosa. — Giusto. Non puoi manipolare un manipolatore.
— Non sono un manipolatore.
— Sicuro?
— Certo che sì.
— Io non ne sarei tanto sicura, sai.
— Non m'interessa.
Mi fermo davanti alla mia auto. — Ci vediamo.
— Facciamolo in macchina.
La ignoro e apro la portiera. Lei apre quella posteriore e si siede. La guardo attraverso l'abitacolo. — Che stai facendo?
— Dai, vieni. Tanto non c'è nessuno qui.
— Possono vederci.
Sorride maliziosa. — Quindi non ti stai tirando indietro?
— Certo che sei una rottura di palle.
Si acciglia arrabbiata. — Anche tu non scherzi mica. Ogni volta devo tiratelo fuori quasi con la forza. Dai, vieni qui e non fare la prima donna.
— Prima che!?
Mi afferra il polso e mi tira dentro. — Chiudi la portiera.
La chiudo.
Una macchina passa accanto alla nostra. Mi volto a guardarla. Paula mi prende il viso con entrambe le mani e mi bacia in bocca con la lingua.
Giro la testa. — Abbiamo detto niente baci in bocca.
— Dai, lascia perdere.
— L’hai detto tu.
Sbuffa esasperata. — Cavolo, quanto sei noioso. Stai zitto e scopami.
La fisso negli occhi per un momento. Mi metto su di lei e la bacio in bocca. Lei ci infila la lingua mentre stringe le sue braccia dietro il mio collo. Ci baciamo a lungo, il pene durissimo. Non so nemmeno io perché ci stiamo baciando così a lungo. Non ho nemmeno voglia di scoparmela. Voglio dire, lo voglia c'è sempre, ma potrei farne a meno. La cosa mi inquieta non poco.
Paula comincia a strusciare la sua vagina sul mio uccello, il rumore della stoffa dei pantaloni si mischia con quella della saliva. Poi mi spinge via, si abbassa pantaloni e mutandine griffate e fa lo stesso con me. Si mette a cavalcioni sulle mie gambe e guida il mio pene nella sua vagina. È caldissima. Ormai il suo calore è inconfondibile. Credo che sia la vagina più calda con cui l'abbia mai fatto. È così calda che mi fa venire soltanto con il suo calore. Ed è quello che sto per fare. Le vengo dentro subito.
Paula mi fissa negli occhi mentre ansima e muove il bacino su di me. — Stai diventando… sempre più precoce. Ti eccito così… tanto?
È la tua vagina. Ha degli effetti collaterali sul mio pene. — Sì…
Mi mette le braccia dietro il collo, la testa appoggiata sulla mia spalla. — Ormai è anche inutile… tiratelo fuori, prima che tu… venga.
— Non ti dà fastidio?
— Cosa…?
— Che ti vengo dentro.
— Non più…
— Volevo chiedertelo, perché è da un po' che ti vengo den…
Mi tappa la bocca con la mano. — Parli troppo…
Serro gli occhi mentre stringo il suo sedere con le mani. Lo strizzo, ci do uno schiaffo. Lei geme eccitata e mi bacia con la lingua. Continua a muoversi su di me per un pezzo, l’auto che ondeggia a ogni suo colpo di bacino. Poi si blocca e inizia a tremare per l’orgasmo. Dà alcuni colpetti di fianco ancora in preda al piacere e si abbandona tra le mie braccia a peso morto mentre mi respira sul collo.
Appoggio una mano sulla sua testa e l'altra attorno alle sue spalle per stringerla a me e inizio a muovere i fianchi contro la sua vagina. Lei sussulta e geme mentre ansima al mio orecchio. Aumento leggermente l'intensità finché mi infila la lingua in bocca e mi bacia come se volesse mangiarmi.
Le vengo dentro.
Continuiamo a baciarci per un pezzo. Non so perché, ma lo trovo più arrapante del sesso. È qualcosa di veramente strano. Forse è il suo modo di baciarmi, non lo so. È davvero sessuale. Mi sembra di scoparla ugualmente, non lo so spiegare a parole. Non mi è mai successo, prima d’ora.
Bussano sul finestrino.
Paula sobbalza. Anch’io.
È Ilaria, ci sta uccidendo con lo sguardo. La fisso interdetto. Non riesco a spiccicare una parola.
Paula scende dalle mie gambe, si pulisce la vagina e l'interno coscia con dei fazzoletti e comincia a rivestirsi. Lo faccio anch'io mentre Ilaria ci fissa torva.
Usciamo dalla macchina.
— Anche nel parcheggio? — domanda Ilaria fredda, sebbene nei suoi occhi ci sia l'inferno.
Paula la ignora, mi guarda. — Io vado. Au revoir!
Ilaria la fissa passare accanto e allontanarsi tra le auto parcheggiate. Poi pianta lo sguardo su di me. — Quando la smetterai?
— Sei tornata a essere gelosa? — chiedo mentre faccio vagare lo sguardo in giro.
— Gelosa?
— Già, gelosa. Non mi ha calcolato per un mese e ora…
— Piantala!
— Perché? Non è così?
Incrocia le braccia. — Non lo è.
— Allora che ci fai qui? Ci stavi spiando?
— E tu, allora?! Pensi che non ti veda quando mi spii sulla terrazza?
Faccio una smorfia divertita. — So benissimo che mi vedevi. Ci siamo anche guardati.
— Quindi!?
— Quindi cosa? Sei tu che sei venuta qui.
Scaccia l’aria con una mano. — Ah, lascia stare. Con te è come parlare a un muro.
— Ma sei stata tu a venire da me, non io. Quindi cosa vuoi?
— Niente! — risponde stizzita. — Non voglio niente!
— Quindi sei passata per caso da qui? — chiedi scettico.
— Esatto.
— Ma la tua auto è dall’altra parte del parcheggio, nel posto riservato ai dirigenti.
Mi fissa malissimo. Non risponde.
— Senti, se sei venuta a…
— Non sono venuta a fare proprio niente.
— Bene. Ci vediamo, allora. — Mi giro, ma mi trattiene per un braccio. Mi volto. — Che c'è ancora?
I suoi occhi mi penetrano nell’anima. — Devi smetterla.
— Di fare cosa?
— Tutto. Tutto quanto. Di farti Paula, di… di scoparti chiunque. Tutto quanto. Devi smetterla!
Alzo le sopracciglia seccato. — Invece tu puoi farlo, giusto?
Il suo sguardo si fa intenso. Non parla.
— Mi dici di smetterla, ma tu sei libera di… — Sbuffo irritato. — Ma che te lo dico a fare? Tanto è sempre colpa mia, no?
Si avvicina a me, il viso a tre centimetri dal mio, gli occhi nei miei sulle cui pupille si riflette la mia faccia. — Sai cosa provo per te. Lo sai benissimo. Ma tu continui a… a scopare in giro. A farti Paula e chissà chi altri… Non mi piace. Non mi piace vederti con le altre. E non mi piace che ficchi il tuo uccello in tutto ciò che respira!
Distolgo lo sguardo a disagio. Faccio per spostarmi, ma mi spinge contro la portiera. Alzo le mani. — Ok, ho capito.
— Tu non hai capito proprio niente! — mi urla in faccia.
Mi guardo in giro. Non c'è nessuno nel parcheggio. Sposto gli occhi su di lei. — Va bene, hai ragione. È come dici tu.
— Non fare l’accondiscente con me. Non prendermi in giro.
— Ma non ti sto prendendo in giro.
Mi fissa furente per un momento. Non parla subito. — Perché continui a farti Paula?
— E tu perché continui a scoparti il tuo ex? Non lo odiavi?
Il suo tono si fa minaccioso. — Rispondi alla mia domanda e forse, dico forse, risponderò alla tua.
— Senti, lasciamo perdere, ok?
— Rispondi!
Ma che cazzo ha? Mi ha ignorato per un mese e ora mi sta prendendo di mira. Non ha senso. — Qualunque cosa dirò, la userai contro di me. Lo fai sempre, quindi…
— Quindi parla! — dice ad alta voce.
Sento il suo alito di menta sul viso. — Perché mi va — rispondo secco.
— Ti va?
— Sì, mi va.
— Tutto qui?
— Già, tutto qui.
Si guarda attorno con una smorfia divertita, punta gli occhi su di me. — Pensi che sia scema?
Sbuffo esasperato. Faccio per andarmene, ma mi spinge di nuovo contro la portiera. Appiccica il suo viso quasi al mio. — Allora?! Pensi che me la beva?
Aggrotto le sopracciglia incazzato. — Cristo Santo, ma si può sapere che cazzo vuoi da me?! Perché mi stai rompendo i coglioni con ‘sta cazzo di storia? È soltanto un cazzo di scopata! Una cazzo di scopata, ok?!
Ritrae il viso un po' spaventata, si guarda intorno mentre si ricompone. Si schiarisce la gola. — Ok, va bene.
— Ottimo. Ora posso andare o mi devi…
Mi guarda con la coda dell’occhio. — È solo questo?
— Pensi che mi sia innamorato di lei?
Mi osserva di sfuggita. — Non saprei…
Scuoto la testa con uno sbuffo. — Hai fatto tutto questo casino perché credevi che provassi qualcosa?
— Con te non si può mai sapere.
Faccio una smorfia divertita. — Non sono io quello che si innamora di tutti.
Si acciglia stizzita. — Che vuoi dire?
— Al liceo, non ricordi? Ti innamoravi di tutti.
— Non mi innamoravo di tutti!
— Certo.
— Amavo te, ma tu… Ah, lascia stare.
— Però ti ci fidanzavi. Se non li amavi, allora perché…
Ilaria mi fulmina con lo sguardo. — Mi piacevano, ma non li amavo. Che dovevo fare? Starmene da sola finché non ti saresti accorto di me?
— Non lo facevi per farmi ingelosire, così che mi facessi avanti?
Mi fissa in modo glaciale. Non risponde.
— Comunque si è fatto tardi. Io vado.
— Non mi ami più? — domanda con voce piatta.
— Non lo so.
— Come fai a non saperlo?
— Sarah. Ho sempre in testa lei.
Abbassa gli occhi. — Ok.
— Credo che…
Ilaria si gira e se ne va su due piedi.
La guardo allontanarsi e sparire dietro una fila di veicoli.
In giro, la desolazione. Il caldo. E di nuovo la desolazione.
In queste settimane non ho fatto altro lavorare e fare l’amore sia con la finta ragazza di mio cugino, che con Paula. Ilaria si è come dileguata. Mi saluta e si comporta normalmente, ma è come distante. L’ultima volta che l’abbiano fatto ci siamo lasciati un po' male. E ancora adesso non capisco cosa provo per lei. Voglio dire, ci tengo molto, ma la amo? Non lo so.
So soltanto che provo una rabbia strana quando la vedo con altri uomini o con il suo ex. Non se sia gelosia o altro, anche perché sta continuando a scoparsi il suo ex sia sulla terrazza della sua compagnia, che nel parcheggio. L’ho beccata lì due volte. Non credo lo faccia con altri. Lei sa che io so. Come sa che ogni tanto salgo sulla terrazza dopo il lavoro per vederla con lui. Ci guardiamo anche. Forse sono malato. Però non mi piace per niente guardarla essere sbattuta da un altro. Per niente.
Con mia cugina sono a un punto morto. Ma lo sono da parecchio. Dopo quella volta in cui mi ha cacciato e me ne sono andato in bagno, non le ho più parlato. Spesso la incrocio al supermercato o in giro. È quasi sempre da sola o con un tizio nuovo che lavora come cameriere alla trattoria. È un bel ragazzo sui vent'anni, alto, moro e spalle larghe. Sembra il solito tamarro che si vedono al bar Destiny, dove me la faccio con i miei amici. Vedo che con lui sorride e ride. Non so se stiamo insieme, ma non credo. Non ho questa sensazione, ma potrei sbagliarmi. Perciò mi limito a guardarla da lontano mentre lei finge di non vedermi.
E poi c'è la mia ex assistente. Che dire? È partita per gli Stati Uniti. Credo che finalmente abbia capito le mie parole. Spesso mi manda dei messaggi per chiedermi come sto o delle foto in cui mi mostra le tette, il culo o la vagina o tutto insieme. E anche dei video. La cosa mi eccita parecchio, ma le ho detto più volte di evitare di farlo. Ovviamente non mi ascolta. Ultimamente mi ha detto che ha incontrato un tipo, un canadese. Dice che lui è molto più bravo di me a letto, che c'è l’ha più lungo e che è anche più ricco. Le ho risposto buon per te. E mi ha bloccato. Giorni dopo mi ha sbloccato e mi ha mandato una foto di loro due insieme per poi bloccarmi di nuovo. Il tipo è molto più bello di me. Sembra un modello o qualcosa del genere.
Due giorni dopo mi ha sbloccato e mi ha detto che ora si sono fidanzati e che deve cancellare il mio numero di telefono. Le ho risposto che ero contento per lei e che meritava di essere amata. Mi ha bloccato di nuovo. Forse definitivamente, chi lo sa. Ormai ho smesso di analizzare le sue pazzie.
Adesso sto uscendo dal mio ufficio, dopo aver avuto una riunione con Caterina Savona. Mi ha risucchiato tutte le energie e non ha detto nemmeno una parola. È bastata la sua presenza e il suo sguardo a prosciugarmi.
Mi fermo davanti all'ascensore insieme alle colleghe. Paula mi affianca e mi lancia un’occhiata di sfuggita. Le doppie porte si aprono ed entriamo. Siamo quasi tutti stipati. C'è troppa gente. I vari profumi delle donne mi danno alla testa. Paula continua a lanciarmi delle occhiate. Vuole farlo? Pare proprio di sì. Ormai riconosco queste occhiate.
L’ascensore si ferma, usciamo. L’atrio è punteggiato di persone. C'è ne sono più del solito.
Paula mi affianca mentre cammino. — Da me?
— Stasera ho da fare — rispondo.
— Come ogni sera.
— Vuoi farlo ogni giorno.
— Quindi?
— Non ti stanchi mai?
— Tu sei stanco?
Usciamo dall'edificio e ci dirigiamo verso i parcheggi, il marciapiede gremito di gente.
— Non sto dicendo questo — dico.
— Allora cosa? Fai fatica a fartelo venire duro?
Le lancio un’occhiataccia risentita. — No. Ti ho solo chiesto se non ti stanchi mai?
— Perché dovrei staccarmi?
— Ma che ne so.
— Allora perché fai domande idiote?
— Niente. Lascia stare.
Attraversiamo il parcheggio puntellato di veicoli. Un auto ci passa accanto, seguita da un’altra.
— Cos’è? — domanda Paula con un sorriso divertito. — Hai le tue cose?
La guardo di traverso. — Spiritosa.
Mi tira un debole schiaffo sul braccio, le labbra imbronciate come una bambina. — Ti ho spompato troppo?
— Piantala.
— Usa la lingua e le mani, allora.
Mi fermo a guardarla. — Ma perché pensi che non mi tira?
— Perché non vuoi farlo.
— Quindi pensi subito che…
— Certo, penso subito che non ti si alza più.
Scuoto la testa seccato, torno a camminare. — Pensa quello che vuoi.
Mi segue. — Quindi è così?
— No.
— Allora andiamo a casa mia. Fammi vedere che mi sbaglio.
— Non cercare di manipolarmi. Non funziona.
Posa un dito sul mento pensierosa. — Giusto. Non puoi manipolare un manipolatore.
— Non sono un manipolatore.
— Sicuro?
— Certo che sì.
— Io non ne sarei tanto sicura, sai.
— Non m'interessa.
Mi fermo davanti alla mia auto. — Ci vediamo.
— Facciamolo in macchina.
La ignoro e apro la portiera. Lei apre quella posteriore e si siede. La guardo attraverso l'abitacolo. — Che stai facendo?
— Dai, vieni. Tanto non c'è nessuno qui.
— Possono vederci.
Sorride maliziosa. — Quindi non ti stai tirando indietro?
— Certo che sei una rottura di palle.
Si acciglia arrabbiata. — Anche tu non scherzi mica. Ogni volta devo tiratelo fuori quasi con la forza. Dai, vieni qui e non fare la prima donna.
— Prima che!?
Mi afferra il polso e mi tira dentro. — Chiudi la portiera.
La chiudo.
Una macchina passa accanto alla nostra. Mi volto a guardarla. Paula mi prende il viso con entrambe le mani e mi bacia in bocca con la lingua.
Giro la testa. — Abbiamo detto niente baci in bocca.
— Dai, lascia perdere.
— L’hai detto tu.
Sbuffa esasperata. — Cavolo, quanto sei noioso. Stai zitto e scopami.
La fisso negli occhi per un momento. Mi metto su di lei e la bacio in bocca. Lei ci infila la lingua mentre stringe le sue braccia dietro il mio collo. Ci baciamo a lungo, il pene durissimo. Non so nemmeno io perché ci stiamo baciando così a lungo. Non ho nemmeno voglia di scoparmela. Voglio dire, lo voglia c'è sempre, ma potrei farne a meno. La cosa mi inquieta non poco.
Paula comincia a strusciare la sua vagina sul mio uccello, il rumore della stoffa dei pantaloni si mischia con quella della saliva. Poi mi spinge via, si abbassa pantaloni e mutandine griffate e fa lo stesso con me. Si mette a cavalcioni sulle mie gambe e guida il mio pene nella sua vagina. È caldissima. Ormai il suo calore è inconfondibile. Credo che sia la vagina più calda con cui l'abbia mai fatto. È così calda che mi fa venire soltanto con il suo calore. Ed è quello che sto per fare. Le vengo dentro subito.
Paula mi fissa negli occhi mentre ansima e muove il bacino su di me. — Stai diventando… sempre più precoce. Ti eccito così… tanto?
È la tua vagina. Ha degli effetti collaterali sul mio pene. — Sì…
Mi mette le braccia dietro il collo, la testa appoggiata sulla mia spalla. — Ormai è anche inutile… tiratelo fuori, prima che tu… venga.
— Non ti dà fastidio?
— Cosa…?
— Che ti vengo dentro.
— Non più…
— Volevo chiedertelo, perché è da un po' che ti vengo den…
Mi tappa la bocca con la mano. — Parli troppo…
Serro gli occhi mentre stringo il suo sedere con le mani. Lo strizzo, ci do uno schiaffo. Lei geme eccitata e mi bacia con la lingua. Continua a muoversi su di me per un pezzo, l’auto che ondeggia a ogni suo colpo di bacino. Poi si blocca e inizia a tremare per l’orgasmo. Dà alcuni colpetti di fianco ancora in preda al piacere e si abbandona tra le mie braccia a peso morto mentre mi respira sul collo.
Appoggio una mano sulla sua testa e l'altra attorno alle sue spalle per stringerla a me e inizio a muovere i fianchi contro la sua vagina. Lei sussulta e geme mentre ansima al mio orecchio. Aumento leggermente l'intensità finché mi infila la lingua in bocca e mi bacia come se volesse mangiarmi.
Le vengo dentro.
Continuiamo a baciarci per un pezzo. Non so perché, ma lo trovo più arrapante del sesso. È qualcosa di veramente strano. Forse è il suo modo di baciarmi, non lo so. È davvero sessuale. Mi sembra di scoparla ugualmente, non lo so spiegare a parole. Non mi è mai successo, prima d’ora.
Bussano sul finestrino.
Paula sobbalza. Anch’io.
È Ilaria, ci sta uccidendo con lo sguardo. La fisso interdetto. Non riesco a spiccicare una parola.
Paula scende dalle mie gambe, si pulisce la vagina e l'interno coscia con dei fazzoletti e comincia a rivestirsi. Lo faccio anch'io mentre Ilaria ci fissa torva.
Usciamo dalla macchina.
— Anche nel parcheggio? — domanda Ilaria fredda, sebbene nei suoi occhi ci sia l'inferno.
Paula la ignora, mi guarda. — Io vado. Au revoir!
Ilaria la fissa passare accanto e allontanarsi tra le auto parcheggiate. Poi pianta lo sguardo su di me. — Quando la smetterai?
— Sei tornata a essere gelosa? — chiedo mentre faccio vagare lo sguardo in giro.
— Gelosa?
— Già, gelosa. Non mi ha calcolato per un mese e ora…
— Piantala!
— Perché? Non è così?
Incrocia le braccia. — Non lo è.
— Allora che ci fai qui? Ci stavi spiando?
— E tu, allora?! Pensi che non ti veda quando mi spii sulla terrazza?
Faccio una smorfia divertita. — So benissimo che mi vedevi. Ci siamo anche guardati.
— Quindi!?
— Quindi cosa? Sei tu che sei venuta qui.
Scaccia l’aria con una mano. — Ah, lascia stare. Con te è come parlare a un muro.
— Ma sei stata tu a venire da me, non io. Quindi cosa vuoi?
— Niente! — risponde stizzita. — Non voglio niente!
— Quindi sei passata per caso da qui? — chiedi scettico.
— Esatto.
— Ma la tua auto è dall’altra parte del parcheggio, nel posto riservato ai dirigenti.
Mi fissa malissimo. Non risponde.
— Senti, se sei venuta a…
— Non sono venuta a fare proprio niente.
— Bene. Ci vediamo, allora. — Mi giro, ma mi trattiene per un braccio. Mi volto. — Che c'è ancora?
I suoi occhi mi penetrano nell’anima. — Devi smetterla.
— Di fare cosa?
— Tutto. Tutto quanto. Di farti Paula, di… di scoparti chiunque. Tutto quanto. Devi smetterla!
Alzo le sopracciglia seccato. — Invece tu puoi farlo, giusto?
Il suo sguardo si fa intenso. Non parla.
— Mi dici di smetterla, ma tu sei libera di… — Sbuffo irritato. — Ma che te lo dico a fare? Tanto è sempre colpa mia, no?
Si avvicina a me, il viso a tre centimetri dal mio, gli occhi nei miei sulle cui pupille si riflette la mia faccia. — Sai cosa provo per te. Lo sai benissimo. Ma tu continui a… a scopare in giro. A farti Paula e chissà chi altri… Non mi piace. Non mi piace vederti con le altre. E non mi piace che ficchi il tuo uccello in tutto ciò che respira!
Distolgo lo sguardo a disagio. Faccio per spostarmi, ma mi spinge contro la portiera. Alzo le mani. — Ok, ho capito.
— Tu non hai capito proprio niente! — mi urla in faccia.
Mi guardo in giro. Non c'è nessuno nel parcheggio. Sposto gli occhi su di lei. — Va bene, hai ragione. È come dici tu.
— Non fare l’accondiscente con me. Non prendermi in giro.
— Ma non ti sto prendendo in giro.
Mi fissa furente per un momento. Non parla subito. — Perché continui a farti Paula?
— E tu perché continui a scoparti il tuo ex? Non lo odiavi?
Il suo tono si fa minaccioso. — Rispondi alla mia domanda e forse, dico forse, risponderò alla tua.
— Senti, lasciamo perdere, ok?
— Rispondi!
Ma che cazzo ha? Mi ha ignorato per un mese e ora mi sta prendendo di mira. Non ha senso. — Qualunque cosa dirò, la userai contro di me. Lo fai sempre, quindi…
— Quindi parla! — dice ad alta voce.
Sento il suo alito di menta sul viso. — Perché mi va — rispondo secco.
— Ti va?
— Sì, mi va.
— Tutto qui?
— Già, tutto qui.
Si guarda attorno con una smorfia divertita, punta gli occhi su di me. — Pensi che sia scema?
Sbuffo esasperato. Faccio per andarmene, ma mi spinge di nuovo contro la portiera. Appiccica il suo viso quasi al mio. — Allora?! Pensi che me la beva?
Aggrotto le sopracciglia incazzato. — Cristo Santo, ma si può sapere che cazzo vuoi da me?! Perché mi stai rompendo i coglioni con ‘sta cazzo di storia? È soltanto un cazzo di scopata! Una cazzo di scopata, ok?!
Ritrae il viso un po' spaventata, si guarda intorno mentre si ricompone. Si schiarisce la gola. — Ok, va bene.
— Ottimo. Ora posso andare o mi devi…
Mi guarda con la coda dell’occhio. — È solo questo?
— Pensi che mi sia innamorato di lei?
Mi osserva di sfuggita. — Non saprei…
Scuoto la testa con uno sbuffo. — Hai fatto tutto questo casino perché credevi che provassi qualcosa?
— Con te non si può mai sapere.
Faccio una smorfia divertita. — Non sono io quello che si innamora di tutti.
Si acciglia stizzita. — Che vuoi dire?
— Al liceo, non ricordi? Ti innamoravi di tutti.
— Non mi innamoravo di tutti!
— Certo.
— Amavo te, ma tu… Ah, lascia stare.
— Però ti ci fidanzavi. Se non li amavi, allora perché…
Ilaria mi fulmina con lo sguardo. — Mi piacevano, ma non li amavo. Che dovevo fare? Starmene da sola finché non ti saresti accorto di me?
— Non lo facevi per farmi ingelosire, così che mi facessi avanti?
Mi fissa in modo glaciale. Non risponde.
— Comunque si è fatto tardi. Io vado.
— Non mi ami più? — domanda con voce piatta.
— Non lo so.
— Come fai a non saperlo?
— Sarah. Ho sempre in testa lei.
Abbassa gli occhi. — Ok.
— Credo che…
Ilaria si gira e se ne va su due piedi.
La guardo allontanarsi e sparire dietro una fila di veicoli.
In giro, la desolazione. Il caldo. E di nuovo la desolazione.
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