Mia cugina: Parte 33

di
genere
incesti

Il giorno dopo sono in ufficio. Dopo la pausa pranzo, Federica bussa sulla porta ed entra. Posa i documenti su Caterina Savona sulla scrivania. Sembra parecchio triste e mi guarda come se le avessi fatto qualcosa. — La vicepresidente Neri mi ha detto che il tuo nuovo ufficio sarà pronto per dopo domani.
Annuisco pensieroso, lo sguardo perso nel vuoto.
— Vuoi dirmi qualcosa? — domanda.
Mi desto dai miei pensieri. — No, niente.
Mi osserva per un momento come se aspettassi che dicessi veramente qualcosa. — Allora vado.
Annuisco.
Raggiunge la porta e si volta verso di me. — Riguardo la cena…
— La cena?
Sorride infastidita. — Quella che dovevamo fare ier… — Si zittisce. — No, niente. Sono qui fuori, se hai bisogno. — Si chiude la porta alle spalle più forte del solito.
Mi acciglio perplesso. Quale cena? Ci penso per un po’, ma i miei pensieri mi trascinano altrove. A Sarah. Non sono abbastanza lucido. Vorrei davvero stare con mia cugina. Perché è tutto così difficile?
Poi l’immagine di me che sto per colpire la mia ex assistente mi balena nella mente. Sbuffo frustrato, mi alzo dalla sedia e guardo la città sottostante. Oggi il cielo è grigio. In serata pioverà.
Spalanco gli occhi sorpreso.
La cena! Quella cena! Quella che dovevamo fare ieri! Cazzo, me ne sono proprio dimenticato. Sicuramente mi avrà aspettato al Dennis. Allora perché non mi ha chiamato? Perché non si è arrabbiata con me?
Vado alla porta, la apro e getto uno sguardo verso la scrivania di Federica. La sedia è vuota. Dov'è andata? Non ha detto che era qua fuori?
Esco dal mio ufficio e mi incammino lungo i cubicoli occupati dai dipendenti. Nessuno mi presta attenzione. Sono tutti impegnati. Arrivo davanti alla zona caffè. Non è nemmeno lì. Forse è andata in bagno. Mi dirigo da quella parte quando la scorgo in fondo al corridoio davanti a un’ampia finestra che dà verso le colline. Che ci sta facendo là?
Mi avvicino, ma mi fermo a metà strada. Sta parlando al cellulare. Sembra agitata.
— …è così, quindi smettila di seguirmi! Non voglio vederti mai più! — Fa una pausa per ascoltare. — Non ti voglio, hai capito? Prima ti scopi mia sorella, poi hai anche il coraggio di dirmi di rimetterci insieme? E in tutto questo mentre la frequenti ancora! Pensi che sia stupida?! Che non vedo cosa stia succedendo?! — Un’altra pausa per ascoltare. — Non m’interessa! Sei uno stronzo! Un figlio di puttana! Non voglio sentirti mai più! Ora ti blocco! E non provare a presentarsi sotto casa mia, a toccarmi di nuovo, a prendermi a schiaffi! Chiamerò la polizia! — Riattacca e appoggia una mano sul vetro della finestra, la testa bassa. Le spalle cominciano a sussultare per il pianto.
La osservo per un momento. Non so cosa fare. Non voglio disturbarla.
— Brutta storia, eh? — dice Paula accanto a me.
Sussulto spaventato. Quando è arrivata? — Ma che…
Mi sorride melliflua. — Il suo ragazzo la picchia. O dovrei dire ex ragazzo. Ha il corpo pieno di lividi. Poveretta…
— Cosa?!
— Già, proprio così. L’hai adocchiata?
— Eh? Ma che diavolo stai dicendo?
Arriccia le labbra pensierosa, un dito sul mento. — Alle superiori avevi il complesso del cavaliere. Non è così che hai conosciuto Ilaria? Anche con me eri così.
Quindi ha capito che non mi piaceva veramente? — Questa cosa c'entra ora?
Indica Federica con gli occhi. — La stai guardando come guardavi me alle superiori. Pietà. Compassione. Non è per questo che ti sei dichiarato a me? Nemmeno ti piacevo.
Distolgo lo sguardo. Non rispondo.
Mi punta il dito con fare divertito. — Bingo! Com’è che dicevi sempre in queste occasioni, “colpito e affondato.”
Cazzo, è proprio così. Non la facevo così perspicace. — Non l’ha denunciato?
Paula abbozza un sottile sorriso compiaciuto. — Stai cambiando discorso. Quindi stai colando a picco. Interessante…
Federica toglie la mano dal vetro, si soffia il naso in un fazzoletto di carta e si volta verso di noi. Trasale e abbassa lo sguardo.
— Oh, ci ha visti — dice Paula con fare canzonatorio. — Ora cosa farai? Andrai lì a confortarla per poi portartela a letto? Secondo me ci sta. Lo vedo da come ti guarda. Per dirla come un adolescente, credo abbia una cotta per te. — Mi dà una pacca sulla spalla con una risatina da civetta e se ne va.
Federica si dirige verso di me, lo sguardo basso. Faccio per dirle qualcosa, ma mi passa accanto e si allontana.
Rimango fermo per una manciata di secondi. Poi mi avvio verso il mio ufficio. Federica è seduta alla sua scrivania mentre finge di sistemare alcuni fogli. Entro nel mio ufficio, mi siedo alla scrivania e comincio a revisionare il portfolio d'investimento di Caterina Savona. Ed ecco palesarsi di nuovo nei miei pensieri l’immagine di me che sto quasi per colpire sua figlia. Getto i documenti sul tavolo e mi stravacco sulla sedia mentre fisso il soffitto. Perché sono così incasinato?

Alle cinque e mezza esco dal mio ufficio e mi dirigo verso l’ascensore. Non c'è nessuno in giro. Mi fermo davanti alle doppie porte chiuse. Un'ondata di acqua si colonia femminile mi investe in pieno. Mi volto alla mia sinistra, sobbalzo.
Paula mi fa uno dei suoi particolari sorrisini melliflui. — Oh, sei ancora qui?
Mi volto in avanti. — Come se non lo sapessi.
— Non hai fatto nulla, vero?
— Che vuoi dire?
— Con Federica. Non hai fatto il principe azzurro pronto a salvarla dalle grinfie dell’orco cattivo?
Scuoto la testa con un sorriso sarcastico. — Ti diverti proprio, eh?
Mi dà una pacca sulla spalla. — Come hai vecchi tempi. Solo che adesso sei troppo serio. Sei palloso, sai.
— E tu una rompipalle.
Le porte dell’ascensore si aprono ed entriamo dentro. Paula pigia il bottone del piano terra. Le porte si chiudono e l'ascensore inizia a scendere.
— Davvero non l’hai consolata? — chiede lei.
Roteo gli occhi in aria irritato. — Oggi non mi parli di Ilaria? Non mi dici che…
— Nah, è diventato noioso. So già che li hai visti. E la tua reazione è stata così noiosa. Se fosse accaduto ai tempi del liceo, lo avresti pestato… come minimo.
La guardo sorpreso. — Mi hai visto? Quando? Come? Io non ti ho visto.
— Sono onnisciente — risponde con il suo solito fare canzonatorio. — Ho orecchi e occhi dappertutto.
— Sei solo una ficcanaso.
— Anche.
L'ascensore si ferma, le doppie porte si aprono.
Paula esce mentre mi saluta con una mano alzata, senza girarsi. — Au revoir!
— Sì, Au revoir, come no — rispondo irritato.
Attraverso l'atrio punteggiato di gente con un occhio sul sedere di Paula. Ora mi sta venendo il pallino di farmi anche lei. Manca solo questo da aggiungere a tutta la merda che mi porto dietro.
Esco dall'edificio e raggiungo la mia macchina nel parcheggio. Sul finestrino scorgo per un istante il volto riflesso di Paula.
— Boo! — grida.
Sobbalzo spaventato mentre mi volto verso di lei. — Oh, ma che cazzo fai!?
Mi tira un buffetto sul braccio con una smorfia delusa. — Quanto sei noioso… Prima eri più divertente. — Si allontana.
— Prima urli e poi te ne vai come se niente fosse?
Sventola la mano in aria in un saluto mentre mi dà le spalle e continua a camminare finché sparisce dietro una fila di auto.
Scuoto la testa. Salgo in auto, metto in moto e vado via.
Mi dirigo verso il mio appartamento. Oggi non ho molto voglia di uscire, non credo che andrò al bar con gli amici. Sicuramente ci sarà anche Ilaria e non mi va di vederla.
Poco dopo mi fermo a fare benzina. Faccio rifornimento, rientro in macchina e scorgo l’auto di Ilaria che si ferma dall'altra parte delle pompe.
Lei scende e mi guarda corrucciata. Mi ha notato solo adesso. Si avvicina. Abbasso il finestrino.
— Stai andando a casa? — chiede.
Dove dovrei andare a quest’ora? A casa, naturalmente. — Sì.
— Ceniamo insieme?
La guardo indeciso per un momento. — Sono stanco. Credo che andrò a dormire presto.
Le sue sopracciglia si aggrottano un po'. — Non vieni al bar, più tardi?
— No, non credo.
— È per colpa mia?
Distolgo lo sguardo. — No.
Cala un breve silenzio.
— Non sono tornata insieme al mio ex, se vuoi saperlo.
Sposto lo sguardo su di lei. Non rispondo.
Una macchina si ferma dietro la mia, i fari riflessi nel specchietto retrovisore interno.
Ilaria lancia un'occhiata al veicolo e mi saluta con un cenno della mano e un sorriso forzato. — A domani, allora. E dammi una risposta su Caterina Savona.
— Ok, buona serata.
Si dirige verso la sua auto.
Metto in moto e mi allontano. Più la evito, più me la trovo davanti.
Quando arrivo nel mio appartamento, mi faccio una doccia e mi butto sul divano a guardare una serie sul portatile. Sono così depresso che mi pare che tutta la stanza abbia perso i colori.

L’indomani sono seduto nell’ufficio di Ilaria. Lei sta scrivendo qualcosa sulla scrivania mentre la luce del sole entra dalle ampie finestre dietro cui spicca il cielo azzurro.
Solleva lo sguardo. — Hai preso un ottima decisione. Caterina Savona ha intenzione di fare grandi investimenti sia nel settore della moda, che in quello videoludico.
— Videoludico? — domando stranito. — Non tratta solo moda?
— Sembra che abbia visto delle opportunità in quel settore.
— Beh, è un settore enorme e con enormi possibilità di guadagno. Forse anche più del settore cinematografico. Negli ultimi vent’anni non ha subito cali o arresti.
Ilaria mi sorride e fa scivolare il contratto e una penna sulla scrivania. — Firma qui.
Prendo la penna e firmo.
— Anche qui e… qui.
Firmo di nuovo e poso la penna.
Lei mette il foglio in un fascicolo e lo ripone nel cassetto della scrivania. — Sono contenta che tu abbia accettato. Sono sicura che…
— Eppure mi sembra strano.
Mi guarda un po' irritata per averla interrotta. — Pensi ancora che abbia qualcosa in mente?
— Già. Una donna del suo calibro che decide improvvisamente di servirsi di questa compagnia per investire. E che chiede di me come suo consulente. Non sa nemmeno chi sono, se non il tizio di cui sua figlia è ossessionata. Mi sembra strano…
— Ti fai troppe paranoie.
— Eppure…
Sbuffa seccata. — Il tuo problema è che pensi troppo. Sei sempre stato così fin da quando ti conosco. Non è la prima volta che dubiti di qualcuno. Ti ricordi l'ultimo anno del liceo?
Mi acciglio pensieroso. — Cioè?
— Beatrice Stadio. Te la ricordi?
Sbarro leggermente gli occhi. — Sì, ma cosa c'entra lei con…
— Non ti ricordi cosa è successo?
Ci pensa ancora su. Niente. Non mi viene in mente nulla. Scuoto la testa.
Ilaria si alza, fa il giro della scrivania e si siede accanto a me. — Era la più bella della scuola, ricordi? Era arrogante e se la tirava troppo. A me non piaceva per niente. Anzi, mi stava antipatica e…
— Dove vuoi arrivare?
— Davvero non ti ricordi?
— No, non mi ricordo. Forse non era importante.
Mi fissa negli occhi con disappunto. — Ti chiese di punto in bianco di uscire con lei.
Un frammento di un ricordo mi balena nella mente. — Sì…
— Quindi ti ricordi?
— Non proprio.
Sbuffa esasperata. — Per tutti i cinque anni di liceo non è mai uscita con nessun ragazzo. Non si è mai interessata a nessuno. E poi alla fine delle superiori ti chiede di uscire.
Mi acciglio ancora di più al ricordo che emerge dagli anfratti della mente. — Aspetta un momento. Non c'entra niente con la situazione di adesso.
— Lei ti odiava, ricordi? Non poteva vederti. Speso ti prendeva in giro alle spalle insieme alle sue amiche o ti guardava con disprezzo. In classe non ti ha mai rivolto la parola. Ricordi, adesso?
Annuisco turbato. Avevo rimosso questi ricordi. Anche perché non ci ho mai dato importanza. — Ma cosa c'entra? Sono due cose diverse.
— Gli sei sempre piaciuto a Beatrice. Ma siccome tu eri scontroso e non parlavi con nessuno, pensava che tu te la tirassi. O almeno è quello che le ho sentito dire nello spogliatoio femminile. Per questo si comportava così. Io te l’ho anche detto, ma tu non mi hai creduta.
— A me non piaceva, però. E continuo ancora a non capire dove vuoi arrivare.
Un altro sbuffo più esasperato. — Tu pensavi che ti stesse prendendo in giro, che volesse umiliarti o altro quando ti ha chiesto davanti a me di uscire con lei. Le sue vere intenzioni sono sempre state altre. Le piacevi. E con Caterina Savona stai ripetendo lo stesso sbaglio. Lei è interessata a fare soldi, non a… Hai capito il punto, vero?
Abbasso lo sguardo confuso. — Continuo a non capire.
Scatta in piedi infervorata e torna a sedersi dietro la scrivania. — Con te è come parlare a un muro…
— Non è colpa mia se fai paragoni che non c'entrano niente.
Scuote la testa seccata mentre legge alcuni documenti e mi fa cenno con la mano di andare via.
— Senti… — dico.
Solleva lo sguardo. — Sì?
— Perché non mi hai detto di Paula?
— Paula Magli? Pensavo lo sapessi.
— Sapere cosa?
— Che sapessi chi fosse.
— Non l’ho riconosciuta per niente. Se non me l’avesse detto lei, non l’avrei mai riconosciuta.
Torna a leggere i documenti. — Non è cambiata molto dal viso.
— Un po' sì.
— Ci hai messo gli occhi sopra?
— Eh!?
Alzo lo sguardo duro dritto nei miei occhi. — Tieni il tuo uccello nei pantaloni. Non voglio che te ne vai in giro a scoparti tutte le donne della mia compagnia. Questo posto non è bordello. È chiaro?
— Ehi, per chi mi hai preso?!
— Per uno che si scopa tutto ciò che respira.
Distolgo lo sguardo con un sorrisetto nervoso. — Solo chi mi piace.
— Non fare lo spiritoso — risponde con tono severo e piatto. — Sono seria. Tieni quella cosa nei pantaloni o…
Picchio le mani sulla scrivania. Lei sobbalza. La guardo negli occhi. — Lo vuoi tutto per te, per caso?
Mi fissa interdetta per un attimo. Abbassa lo sguardo sui fogli. — Non parlarmi così… Sono il tuo capo!
Vado alla porta e la chiudo a chiave.
Ilaria si alza confusa. — Che stai facendo?
Pigio un bottone sul muro, le pareti di vetro si oscurano. Mi volto verso di lei.
— Che vuoi fare? — domanda.
La raggiungo e la faccio segno di inginocchiarsi con un dito.
Nei suoi occhi scorgo un lampo di eccitazione. Si morde il labbro, stringe il lembo della giacca con le dita.
Le faccio di nuovo segno di inginocchiarsi. Lei si inginocchia un po' turbata, lo sguardo eccitato.
Mi allento la cintura, mi sbottono i pantaloni e li abbasso assieme alle mutande. Il mio pene si impenna duro davanti ai suoi occhi.
Ilaria lo osserva intensamente per un momento, poi solleva lo sguardo su di me. Aspetta un ordine mentre le sue dita stringono il tessuto dei suoi pantaloni.
Avvicino il mio pene alle sue labbra. Lei apre la bocca mentre tocca il glande con la lingua e la fa scivolare sopra finché comincia a succhiare.
Metto una mano sulla sua testa e sento la sua saliva schioccare, i suoi occhi fissi nei miei. Lo succhia fino a quando sto per venire, ma lo tiro fuori prima che venga. Lei me lo fissa arrapata per un attimo, poi guarda me. Se lo rimette di nuovo in bocca. E le vengo subito dentro.
Lei continua a leccare e succhiare mentre lo sperma le cola dai lati delle labbra. Prendo uno dei suoi fazzoletti di carta dalla scrivania e glielo porgo per asciugarsi. — Ti sporcherai…
Mi guarda malissimo. Lascia cadere il mio uccello dalla sua bocca, si alza e si asciuga le labbra mentre sputa il mio seme sul fazzoletto. — Sei partito così bene… Perché dovevi parlare e rovinare tutto?
— Che ho detto?
— Non dovevi dirlo. Hai rovinato l'atmosfera.
— Parli del fazzoletto?
— E di cosa sennò?
— Non volevo che ti sporcassi.
— Appunto. Mi hai fatto bagnare facendo quella cosa là e ora mi dici che… — Sospira frustrata. — Lasciamo stare, va.
L’afferro per le braccia e la volto pancia in giù sulla scrivania. Lei si lascia scappare un gridolino.
Qualcuno bussa alla porta, gira la maniglia chiusa. — Si sente bene, signora Neri?
Le abbasso pantaloni e mutandine e infilo il mio pene nella sua vagina. È così bagnata e calda che scivola dentro come olio mentre un liquido denso le cola giù fino alle mutandine.
— Sì… — ansima Ilaria. — Va tutto… bene.
La maniglia ruota di nuovo. — È sicura? La sento un po'... fiacca.
Comincio a picchiare i fianchi contro il suo sedere.
Lei lascia partire un altro gridolino e si copra la bocca con una mano.
— Signora Neri? È sicura di stare bene?
— Sì… sto bene.
— Le porto qualcosa?
— No, sto… bene… davvero…
Rafforzo l'andatura dei colpi. Lei si tappa la bocca con entrambe le mani mentre geme.
La maniglia si muove di nuovo. Qualcuno cerca di entrare dalla porta chiusa. — Cos’è questo rumore, signora Neri? E perché la porta è chiusa e le finestre sono oscurate?
— Non è… niente. Sto solo… riposando gli… occhi. Può andare… Elena.
— Se le serve qualcosa, mi chiami.
Calo una mano sul suo clitoride e comincio a massaggiarlo. Ilaria geme e si contorce dal piacere mentre si toglie le mani dalla bocca. Le bacio il collo e le palpo il seno con una mano. Con l’altra, le tappo la bocca. Aumento e diminuisco a tratti l'intensità dei colpi.
Ilaria si irrigidisce e comincia a tremare così tanto che ho paura che le stiano venendo le convulsioni. Tiro fuori il pene e le vengo sul sedere. Lei continua a tremare finché si stende in pancia in giù sulla scrivania esausta.
Pulisco lo sperma dal suo sedere con un fazzoletto e mi lascio cadere sulla sedia di fronte. Merda, volevo proprio scoparmela. L'apatia che sentivo nei suoi confronti, era solo un illusione. Un meccanismo subdolo di auto sabotaggio.
Lei si volta verso di me con un sorrisetto soddisfatto. — Sei tremendo…
— Hai tutti i capelli scompigliati.
Sbarra gli occhi, si alza dalla scrivania e se li sistema. Poi prende un pettine dalla borsetta e se ne va nel bagno del suo ufficio. Ci resta dieci minuti. Ritorna e si siede alla sua scrivania. Fa per dire qualcosa, ma bussano alla porta.
— Signora Neri, — dice Federica dietro la porta — ho qui i contratti del gruppo Simeone.
Ilaria mi fa cenno con la mano di vestirmi e prendere i fazzoletti sporchi di sperma. Si alza, si sistema il tailleur da ufficio per essere presentabile e va verso la porta.
Mi alzo, mi rivesto in tutta fretta e mi metto i fazzoletti sporchi nella tasca dei pantaloni.
La porta si apre.
Federica fa per porgere i documenti a Ilaria, ma incrocia il mio sguardo e si blocca.
Ilaria sposta lo sguardo da lei a me e da me a lei. — Sono questi?
Federica si desta. — Oh, si tenga.
Ilaria torna alla sua scrivania con i fascicoli sottobraccio e li posa sopra. Ha il viso di una che è stata appena scopata come si deve. E sono sicuro che Federica se ne sia accorta.
— Io torno al lavoro — dico.
— Sì, vada pure — risponde lei mentre finge di controllare il cassetto della scrivania. — Grazie per… l'aggiornamento e… Grazie per accettato il nuovo cliente.
Annuisco e passo accanto a Federica. Lei mi guarda con la coda dell’occhio. Ho la strana sensazione che abbia capito qualcosa. Beh, credo che l’abbia capito anche Elena, l’assistente di Ilaria, che ora mi sta fissando in modo strano. Forse sta collegando i pezzi. Non che me ne freghi qualcosa. Inoltre, ho la camicia zuppa di sudore. Devo cambiarla.
scritto il
2025-07-28
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