La pianista (parte 11 - epilogo)

di
genere
sadomaso

Sophie, docilmente passiva, era stesa di schiena sul pianoforte nella parte della coda. Mentre la legava, Gabriel, più che accarezzare, le toccava il corpo, con i gesti tipici di chi assapora nell’anima il contatto di ciò che gli appartiene e finalmente ha avuto, per prendere da ogni gesto il massimo piacere.
La testa era penzoloni. Il bacino proprio sul bordo. I piedi le erano stati legati alle cosce, in modo da reggere le gambe e lasciare a bordo dello strumento, la figa.
Aveva capito che non l’avrebbe spogliata solo quando le corde ai polsi e alle caviglie avrebbero impedito quell’azione.
La camicetta era aperta, lasciando libero i seni che già poco copriva prima. Le aveva lasciato anche le scarpe che, comunque, avevano l’effetto di slanciare quelle lunghe gambe che lei sempre aveva amato esibire durante i concerti, indossando costosi abiti da sera con spacchi generosi che rivelavano spesso il pizzo delle autoreggenti.
Benché avesse il tempo per pensare, questa attività le era difficile, quasi impossibile.
La testa penzoloni cominciava a darle fastidio. Si erano aggiunti quei maledetti morsetti che non solo le erano stati messi ai capezzoli, ma anche alle grandi labbra dopo che le era stato tolto il plug con il filo di nylon, anzi, il guinzaglio.
Le venne inserito un piccolo vibratore, lasciato acceso mentre lui si era allontanato.
Il tempo a disposizione era così impiegato per cercare di assorbire tutte le sensazioni, dal fastidio alla testa penzoloni, al dolore che cambiava colore a seguito del piacere provato dal vibratore, che pareva assorbisse l’effetto dei morsetti, anestetizzandolo e diffondendo una sensazione che, tutto sommato, dall'immobilità e dall’essere esposta, offerta, si alimentava.
Gabriel si spogliò osservando quel corpo che gli apparteneva. In quel momento, l’attimo gli pareva amplificato ed esteso all’infinito, come se fosse divenuto un “sempre” e la realtà di quei minuti fosse quella normale. I fatti erano emozioni, sensazioni espanse al punto da assorbire tutto, come il buco nero che ingoia voracemente la luce.
L’uomo aveva uno sgabellino a terra tra le cosce della schiava in modo che, salendo, il suo cazzo era all’altezza giusta della figa depilata.
Il sesso era duro, lo era da tempo, forse non aveva smesso mai da quando era stato infilato nella bocca della schiava prima di uscire, una vita fa.
Sicuramente era rimasto duro in taxi, quando, nelle vie affollate di un ordinario sabato sera metropolitano le cui luci scorrevano anonime dal finestrino, la schiava gli faceva un pompino sotto gli occhi esterrefatti del taxista.
In quel momento, mentre con la mano toccava tutto il corpo legato della donna, il cazzo pieno di voglia di scopare, sfiorava l’ingresso della figa, entrando appena senza l’effettiva completa penetrazione, al pari di un esperto di cucina che comincia ad assaporare la cena quando sente i profumi diffusi in sala che anticipano l’esplosione delle sensazioni.
Gabriel tirava i morsetti, ma non tantissimo, giusto da vedere la schiava che li offriva, cercando di seguire la trazione limitando il dolore e, così, spingendoli verso l’alto inarcando la schiena, dando poi la possibilità all’uomo di porre le mani sui fianchi e toccarli, più volte, per tornare ai capezzoli mentre il cazzo si affacciava alla figa bagnata e le dita entravano nella bocca della schiava.
Quando l’attesa e le stimolazioni furono eccessive, invece di entrare con un colpo nella figa, Gabriel si spostò in corrispondenza della testa penzoloni.
Sophie con buone probabilità non si accorse nemmeno che, vedendolo dalla sua posizione capovolta, aveva aperto subito la bocca per fare entrare quel cazzo che manifestava evidente turgore e voglia di lei, quel cazzo che lei stessa, con la sua passività, aveva eccitato e stimolato per tutta la sera, in cambio di quella sensazione alla bocca della stomaco e alla figa che anche lei aveva avuto per tutto il tempo.
Avvolse il cazzo con la bocca, la lingua. Cominciò a succhiarlo.
Istintivamente mosse le mani per prendere le palle dell’uomo e accarezzarle mentre succhiava il cazzo. Solo in quel momento si ricordò di essere legata e totalmente esposta.
Stette attenta ai denti quando il Padrone, con il cazzo premuto nella sua gola, cominciò a giocare con quei maledetti morsetti che cominciavano a darle sensazioni contrastanti.
Gabriel spingeva il cazzo per poi farlo arrivare alle labbra e, da lì, nuovamente fino in gola, godendo della difficoltà della schiava sotto di lui.
Apprezzava che, pur nella difficoltà (di per sé eccitante) la schiava avvolgeva con la lingua il cazzo consentendo il contatto continuo quando l’uomo cominciò a scoparle la bocca mentre le toccava corpo, seni, morsetti, gola che strinse appena nel momento in cui il cazzo era tutto dentro nella sua bocca.
Si controllò nuovamente nel sentire tirare verso l’alto i morsetti e, con essi, i seni con la schiena inarcata.
Quando il cazzo le uscì dalla bocca, sentì la sua saliva in parte sul viso.
L’uomo si spostò tra le sue cosce e, questa volta, il cazzo non giocò con la figa ma vi entrò.
Si muoveva prima lentamente e poi con velocità, poi lentamente e poi veloce. Si fermò tutto dentro. Gabriel aveva il pube a contatto con la figa e spingeva per fare entrate tutto il cazzo. In quel momento giocò nuovamente con i morsetti e infilò le dita in bocca alla schiava.
Sentiva salire il piacere e smise di resistergli, cercando anzi la sua esplosione, scopando la figa con una velocità tale da far divenire insostenibile il piacere ma abbastanza da non perdere la sensazione del contatto dentro la figa.
Quando sentì che stava per godere, tirò la catenella che univa i morsetti, gradatamente sempre più forte, godendo della difficoltà della schiava che, inarcando la schiena, non poteva seguire oltre la trazione verso l’alto. Gabriel tenne lo sguardo fisso sulla testa alzata della schiava come se potesse lenire il dolore ai capezzoli mentre, nella sofferenza della donna, il suo piacere le esplose dentro, liberando il Padrone dalla somma delle sensazioni erotiche che gli avevano riempito il cazzo, finendo il tutto dove il tutto era cominciato: al pianoforte.
di
scritto il
2025-07-18
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