La pianista (parte 9)
di
Kugher
genere
sadomaso
I 20 minuti nel corso dei quali Sophie fu destinata ad essere mero oggetto di arredamento, parvero alla stessa di una durata infinita, complice più la tensione ed il timore dell’arbitrio altrui, che del dolore ai polsi ed alle gambe per la posizione forzata.
L’incontro era destinato ad una cena tra amici.
Il suo ruolo fu nuovamente da arredamento, seppur più vicino ai Padroni.
Venne fatta stendere ed incatenata sulla grossa tavola che stava ospitando il pasto.
I morsetti abbandonarono i capezzoli procurando il dolore tipico del sangue che ritrovò la strada prima interrotta, a differenza della cagnetta che li avrebbe serviti aspettando in ginocchio tra un servizio e l’altro.
Il concerto che Sophie aveva tenuto a Barcellona l’anno precedente, trasmesso in registrazione sulla TV mentre cenavano, allietava l’ambiente e ricordava a tutti la grande artista che in quel momento, incatenata sul tavolo, aveva sul appoggiati sul ventre i piatti utili per il pasto.
Sophie non era stata relegata a mera serva, non era stata messa sotto il tavolo a succhiare cazzi o fighe, non era stata messa in cucina unitamente a Michelle.
Era stata messa in posizione da essere vista, ammirata, con le sue autoreggenti che le slanciavano il corpo, la pettinatura curata nonostante i capelli spettinati per essere stati impugnati, le scarpe col tacco alto che non le erano state tolte nemmeno per la cena.
Prestò la dovuta attenzione alle candele poste accanto al suo corpo steso, solo quando Gabriel ne impugnò una per far colare la cera sui suoi seni.
Il movimento del corpo quale reazione all’inaspettata azione, fece cadere qualcosa poggiato sul piatto che vedeva il suo ventre quale tovaglia. L’attenzione della schiava si era infatti spostata dal piatto ai seni, a discapito del primo.
Il piatto venne tolto ed il frustino la colpì sul ventre, quale punizione.
La concentrazione della schiava ritornò così alla sua funzione di tovaglia e venne distolta solo in parte, quando vide Elen impugnare la candela a lei vicina ed imitare il gesto del suo amico.
Questa volta Sophie era pronta e riuscì a contenere la reazione al calore che la Padrona, più sadicamente, aveva imposto ai capezzoli, già martoriati dai morsetti precedentemente applicati quando era appesa alla carrucola.
Marcel aveva proposto di metterle una ball-gag per limitare i fastidiosi lamenti. Si era opposta Elen, che preferiva non perdere la fresca bellezza del viso della nuova schiava.
L'antipasto vedeva carote non tagliate. Particolare sfuggito a chi non avrebbe desinato. Gabriel infilò la carota nel sesso della schiava le cui gambe erano tenute allargate dalle catene alle caviglie.
L’interno umido della figa e le grandi labbra resero saporita la carota prima di assaporarla.
Lo stesso trattamento venne fatto da Elen, che invece infilò la carota in bocca a Sophie, spingendola abbastanza fino a provocare fastidio.
La Padrona assaporò ciò che aveva procurato ansia alla schiava.
Se prima la frusta era servita per punire la schiava che aveva svolto male la funzione di tovaglia, poi venne utilizzata per mero fine erotico, prima che Michelle servisse il dolce, dopo avere tolto il piatto posato sul ventre.
Elen volle dedicare un paio di colpi alla figa tenuta esposta dalle catene alle caviglie. Se avesse avuto lucidità, Sophie si sarebbe chiesta se i colpi di frusta alla figa fossero determinati dalla stessa motivazione che aveva generato lo sguardo della donna quando si era messa a confronto dell’età e della morbidezza della pelle.
Gli amici avevano sempre dedicato al dolce dopo cena un momento di particolare erotismo, quasi a voler determinare una transizione tra il pasto ed il sesso.
Al pari del solito, i Padroni si sedettero in poltrone per iniziare ad avvicinarsi al piacere del sesso, relegando Sophie a mera spettatrice, in ginocchio, con i polsi ammanettati dietro alla schiena. La schiava dovette fare nuovamente i conti con quei maledetti morsetti che avevano il potere di farle entrare quel dolore sottile, lento e costante, nel cervello, fino ad anestetizzarsi da solo per restare latente e atteso.
Michelle iniziò dall’ospite, senza bisogno di ordine alcuno, evidentemente avvezza agli usi e costumi del gruppo.
Denudò il cazzo già semiduro di Gabriel per introdurlo in bocca attraverso l’O-ring, fino a che il sesso non divenne definitivamente turgido.
Carponi, si diresse prima alla figa di Elen per terminare con il cazzo del Padrone.
Sophie era travolta dagli eventi, percorso nella confusione mentale ed emotiva iniziato quando si accorse, vestita, o svestita, com’era, che sarebbe uscita con quel particolare guinzaglio.
La serata l’aveva vista esposta, ammirata, desiderata, guardata, in uno con il suono della sua stessa musica di sottofondo che aveva fatto avere ai Padroni la stessa persona nella parte pubblica e più privata, intima, profonda.
Non aveva fatto in tempo, stravolta nell’intimo, di pensare che avrebbe potuto essere offerta ad altri, difformemente dagli accordi iniziali per i quali sarebbe stata schiava di Gabriel per una notte.
Nel suo desiderio più profondo, anestetizzato dal turbinio di emozioni, non escludeva o accettava nulla.
Nessuno godette usando la cagnetta, come se quello fosse stato un anticipo di ciò che sarebbe poi terminato nella esclusiva intimità.
Gabriel richiuse il cazzo duro e bagnato nei pantaloni. Le tolse morsetti e manette per farle indossare nuovamente la camicetta che copriva i appena i capezzoli.
Si avviarono all’uscita, lasciando in Sophie una sensazione di incompiuto, in quanto l’azione sessuale era stata interrotta senza il raggiungimento degli orgasmi che si aspettava di dover procurare.
Si avviarono all’uscita, accompagnati dagli amici. In piedi attesero l’arrivo del taxi che lei nemmeno si era accorta essere stato chiamato.
L’incontro era destinato ad una cena tra amici.
Il suo ruolo fu nuovamente da arredamento, seppur più vicino ai Padroni.
Venne fatta stendere ed incatenata sulla grossa tavola che stava ospitando il pasto.
I morsetti abbandonarono i capezzoli procurando il dolore tipico del sangue che ritrovò la strada prima interrotta, a differenza della cagnetta che li avrebbe serviti aspettando in ginocchio tra un servizio e l’altro.
Il concerto che Sophie aveva tenuto a Barcellona l’anno precedente, trasmesso in registrazione sulla TV mentre cenavano, allietava l’ambiente e ricordava a tutti la grande artista che in quel momento, incatenata sul tavolo, aveva sul appoggiati sul ventre i piatti utili per il pasto.
Sophie non era stata relegata a mera serva, non era stata messa sotto il tavolo a succhiare cazzi o fighe, non era stata messa in cucina unitamente a Michelle.
Era stata messa in posizione da essere vista, ammirata, con le sue autoreggenti che le slanciavano il corpo, la pettinatura curata nonostante i capelli spettinati per essere stati impugnati, le scarpe col tacco alto che non le erano state tolte nemmeno per la cena.
Prestò la dovuta attenzione alle candele poste accanto al suo corpo steso, solo quando Gabriel ne impugnò una per far colare la cera sui suoi seni.
Il movimento del corpo quale reazione all’inaspettata azione, fece cadere qualcosa poggiato sul piatto che vedeva il suo ventre quale tovaglia. L’attenzione della schiava si era infatti spostata dal piatto ai seni, a discapito del primo.
Il piatto venne tolto ed il frustino la colpì sul ventre, quale punizione.
La concentrazione della schiava ritornò così alla sua funzione di tovaglia e venne distolta solo in parte, quando vide Elen impugnare la candela a lei vicina ed imitare il gesto del suo amico.
Questa volta Sophie era pronta e riuscì a contenere la reazione al calore che la Padrona, più sadicamente, aveva imposto ai capezzoli, già martoriati dai morsetti precedentemente applicati quando era appesa alla carrucola.
Marcel aveva proposto di metterle una ball-gag per limitare i fastidiosi lamenti. Si era opposta Elen, che preferiva non perdere la fresca bellezza del viso della nuova schiava.
L'antipasto vedeva carote non tagliate. Particolare sfuggito a chi non avrebbe desinato. Gabriel infilò la carota nel sesso della schiava le cui gambe erano tenute allargate dalle catene alle caviglie.
L’interno umido della figa e le grandi labbra resero saporita la carota prima di assaporarla.
Lo stesso trattamento venne fatto da Elen, che invece infilò la carota in bocca a Sophie, spingendola abbastanza fino a provocare fastidio.
La Padrona assaporò ciò che aveva procurato ansia alla schiava.
Se prima la frusta era servita per punire la schiava che aveva svolto male la funzione di tovaglia, poi venne utilizzata per mero fine erotico, prima che Michelle servisse il dolce, dopo avere tolto il piatto posato sul ventre.
Elen volle dedicare un paio di colpi alla figa tenuta esposta dalle catene alle caviglie. Se avesse avuto lucidità, Sophie si sarebbe chiesta se i colpi di frusta alla figa fossero determinati dalla stessa motivazione che aveva generato lo sguardo della donna quando si era messa a confronto dell’età e della morbidezza della pelle.
Gli amici avevano sempre dedicato al dolce dopo cena un momento di particolare erotismo, quasi a voler determinare una transizione tra il pasto ed il sesso.
Al pari del solito, i Padroni si sedettero in poltrone per iniziare ad avvicinarsi al piacere del sesso, relegando Sophie a mera spettatrice, in ginocchio, con i polsi ammanettati dietro alla schiena. La schiava dovette fare nuovamente i conti con quei maledetti morsetti che avevano il potere di farle entrare quel dolore sottile, lento e costante, nel cervello, fino ad anestetizzarsi da solo per restare latente e atteso.
Michelle iniziò dall’ospite, senza bisogno di ordine alcuno, evidentemente avvezza agli usi e costumi del gruppo.
Denudò il cazzo già semiduro di Gabriel per introdurlo in bocca attraverso l’O-ring, fino a che il sesso non divenne definitivamente turgido.
Carponi, si diresse prima alla figa di Elen per terminare con il cazzo del Padrone.
Sophie era travolta dagli eventi, percorso nella confusione mentale ed emotiva iniziato quando si accorse, vestita, o svestita, com’era, che sarebbe uscita con quel particolare guinzaglio.
La serata l’aveva vista esposta, ammirata, desiderata, guardata, in uno con il suono della sua stessa musica di sottofondo che aveva fatto avere ai Padroni la stessa persona nella parte pubblica e più privata, intima, profonda.
Non aveva fatto in tempo, stravolta nell’intimo, di pensare che avrebbe potuto essere offerta ad altri, difformemente dagli accordi iniziali per i quali sarebbe stata schiava di Gabriel per una notte.
Nel suo desiderio più profondo, anestetizzato dal turbinio di emozioni, non escludeva o accettava nulla.
Nessuno godette usando la cagnetta, come se quello fosse stato un anticipo di ciò che sarebbe poi terminato nella esclusiva intimità.
Gabriel richiuse il cazzo duro e bagnato nei pantaloni. Le tolse morsetti e manette per farle indossare nuovamente la camicetta che copriva i appena i capezzoli.
Si avviarono all’uscita, lasciando in Sophie una sensazione di incompiuto, in quanto l’azione sessuale era stata interrotta senza il raggiungimento degli orgasmi che si aspettava di dover procurare.
Si avviarono all’uscita, accompagnati dagli amici. In piedi attesero l’arrivo del taxi che lei nemmeno si era accorta essere stato chiamato.
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