La pianista (parte 8)
di
Kugher
genere
sadomaso
Non vi era sostanziale differenza tra Michelle, portata a 4 zampe al guinzaglio, e Sophie, che camminava in piedi ma tenuta al guinzaglio al filo di nylon che le usciva dalla figa.
Da tempo gli amici non avevano modo di frequentarsi. Immancabili quindi i convenevoli tipici da chi da tempo non ha contatti.
Michelle era accucciata tra le poltrone che ospitavano Marcel ed Elen, a terra. Ogni tanto con la lingua puliva terra dove si depositava ciò che usciva dalla bocca tenuta aperta dall’O-ring.
A Sophie spettò un ruolo al centro di una scena laterale, nella quale era apparentemente lontana dall’attenzione perché appena distaccata, ma tutti sapevano che era lei al centro di una situazione che la ignorava.
Una carrucola dissimulata in un lampadario denunciava i divertimenti della coppia ospitante e la loro complicità, al punto da avere inserito un accessorio erotico in un ambiente domestico.
Una catena che univa i suoi polsi verso l’alto, saliva alla carrucola che la teneva in tensione, costretta a stare sulle punte dei piedi in un evidente sforzo, ignorato dall’apparente normale situazione in cui i tre amici discorrevano dei loro eventi personali, come se si trovassero in un ristorante in centro.
Elen accarezzava distrattamente il capo della schiava a terra, sulla cui coscia era posato un piede di Marcel.
Sophie era esposta completamente, immobilizzata in punta di piedi, dolorante e apparentemente ignorata, relegata a mero arredamento.
Sul televisore poco distante scorrevano immagini sue che la riprendevano ad un concerto. il volume consentiva anche di sentire la musica posta in sottofondo, così da accompagnare gli amici impegnati nel colloquio.
La sua concentrazione non era solo sul mantenimento di una posizione forzata, ma anche al dolore ai capezzoli, avendo avuto la risposta sulla domanda volta a chiedersi cosa stesse provando la cagnetta Michelle a causa dei morsetti ai capezzoli.
Lo stesso strumento era stato apposto ai suoi capezzoli.
Inizialmente non comprese nemmeno l’utilità della catenella che univa i due oggetti ai capezzoli.
Lo comprese poco dopo, così come comprese il motivo per il quale era stata posizionata tra le poltrone ed il bagno.
Marcel, mentre si recava alla toilette, si soffermò davanti a lei, accarezzandole il corpo e apprezzando la sua giovane bellezza. Prima di allontanarsi, mise un dito sulla catenella e tirò verso di sé.
Sophie cercò di seguire la trazione per quel poco che era possibile, poi iniziò il dolore che evidentemente diede piacere al Padrone.
Quando l’uomo tornò, Sophie si impaurì, ma fu destinataria solo di una carezza alle natiche. Per ulteriore timore dovette attendere quando ad alzarsi fu Elen.
Questa non dovette andare in bagno. Si era alzata appositamente per avvicinarsi a lei, mentre i due amici discorrevano di cose delle quali non era stata coinvolta nell’accadimento dei fatti risalenti a una decina di anni addietro.
Dopo l’esperienza del dolore provato con Marcel, Elen ebbe modo di eccitarsi con lo sguardo impaurito che la schiava appesa le destinava.
Elen accarezzò il corpo con un tocco diverso rispetto a quello del marito, così come era diverso lo sguardo, di una donna molto più avanti con l’età rispetto alla schiava. La Padrona si stava confrontando con il corpo giovane e la pelle liscia ed elastica della schiava.
Era evidente il confronto che Elen stava facendo. Non era lo stesso pensiero di Sophie che, osservandola, vedeva non una signora più anziana di lei, ma solo colei che, libera, aveva il potere di fare ciò che voleva, esattamente come aveva fatto suo marito.
La Padrona mise mano alla catenella che pose in leggera tensione, giusto per vedere il corpo della schiava che si irrigidiva e gli occhi che trasmettevano le sue sensazioni.
La tortura era solo psicologica. Divenne reale subito dopo, quando Elen abbandonò l’attenzione verso i morsetti per impugnare il frustino ed iniziare ad accarezzare la pelle della donna appesa.
Dallo sguardo della Padrona, Sophie comprese che l’intenzione era di colpirla e non di limitarsi ad infondere paura. Glielo leggeva negli occhi, quegli occhi che le fecero capire che il colpo sarebbe arrivato quando allontanò il frustino dal suo corpo solo per poter imprimere la frustata sulla coscia.
Sophie, nonostante se lo aspettasse, scattò come una molla, andando a gravare sui polsi appesi la cui catena le impedì rumorosamente di allontanarsi troppo.
Elen le girò intorno, annusando l’odore della paura della schiava che sicuramente non sentiva le note da lei suonate che uscivano dalla registrazione trasmessa alla TV.
Elen si mise dietro e la colpì prima alle natiche e poi alla schiena.
Ritornò seduta quando l’argomento tra i due amici era cambiato e quello appena iniziato la interessava.
Da tempo gli amici non avevano modo di frequentarsi. Immancabili quindi i convenevoli tipici da chi da tempo non ha contatti.
Michelle era accucciata tra le poltrone che ospitavano Marcel ed Elen, a terra. Ogni tanto con la lingua puliva terra dove si depositava ciò che usciva dalla bocca tenuta aperta dall’O-ring.
A Sophie spettò un ruolo al centro di una scena laterale, nella quale era apparentemente lontana dall’attenzione perché appena distaccata, ma tutti sapevano che era lei al centro di una situazione che la ignorava.
Una carrucola dissimulata in un lampadario denunciava i divertimenti della coppia ospitante e la loro complicità, al punto da avere inserito un accessorio erotico in un ambiente domestico.
Una catena che univa i suoi polsi verso l’alto, saliva alla carrucola che la teneva in tensione, costretta a stare sulle punte dei piedi in un evidente sforzo, ignorato dall’apparente normale situazione in cui i tre amici discorrevano dei loro eventi personali, come se si trovassero in un ristorante in centro.
Elen accarezzava distrattamente il capo della schiava a terra, sulla cui coscia era posato un piede di Marcel.
Sophie era esposta completamente, immobilizzata in punta di piedi, dolorante e apparentemente ignorata, relegata a mero arredamento.
Sul televisore poco distante scorrevano immagini sue che la riprendevano ad un concerto. il volume consentiva anche di sentire la musica posta in sottofondo, così da accompagnare gli amici impegnati nel colloquio.
La sua concentrazione non era solo sul mantenimento di una posizione forzata, ma anche al dolore ai capezzoli, avendo avuto la risposta sulla domanda volta a chiedersi cosa stesse provando la cagnetta Michelle a causa dei morsetti ai capezzoli.
Lo stesso strumento era stato apposto ai suoi capezzoli.
Inizialmente non comprese nemmeno l’utilità della catenella che univa i due oggetti ai capezzoli.
Lo comprese poco dopo, così come comprese il motivo per il quale era stata posizionata tra le poltrone ed il bagno.
Marcel, mentre si recava alla toilette, si soffermò davanti a lei, accarezzandole il corpo e apprezzando la sua giovane bellezza. Prima di allontanarsi, mise un dito sulla catenella e tirò verso di sé.
Sophie cercò di seguire la trazione per quel poco che era possibile, poi iniziò il dolore che evidentemente diede piacere al Padrone.
Quando l’uomo tornò, Sophie si impaurì, ma fu destinataria solo di una carezza alle natiche. Per ulteriore timore dovette attendere quando ad alzarsi fu Elen.
Questa non dovette andare in bagno. Si era alzata appositamente per avvicinarsi a lei, mentre i due amici discorrevano di cose delle quali non era stata coinvolta nell’accadimento dei fatti risalenti a una decina di anni addietro.
Dopo l’esperienza del dolore provato con Marcel, Elen ebbe modo di eccitarsi con lo sguardo impaurito che la schiava appesa le destinava.
Elen accarezzò il corpo con un tocco diverso rispetto a quello del marito, così come era diverso lo sguardo, di una donna molto più avanti con l’età rispetto alla schiava. La Padrona si stava confrontando con il corpo giovane e la pelle liscia ed elastica della schiava.
Era evidente il confronto che Elen stava facendo. Non era lo stesso pensiero di Sophie che, osservandola, vedeva non una signora più anziana di lei, ma solo colei che, libera, aveva il potere di fare ciò che voleva, esattamente come aveva fatto suo marito.
La Padrona mise mano alla catenella che pose in leggera tensione, giusto per vedere il corpo della schiava che si irrigidiva e gli occhi che trasmettevano le sue sensazioni.
La tortura era solo psicologica. Divenne reale subito dopo, quando Elen abbandonò l’attenzione verso i morsetti per impugnare il frustino ed iniziare ad accarezzare la pelle della donna appesa.
Dallo sguardo della Padrona, Sophie comprese che l’intenzione era di colpirla e non di limitarsi ad infondere paura. Glielo leggeva negli occhi, quegli occhi che le fecero capire che il colpo sarebbe arrivato quando allontanò il frustino dal suo corpo solo per poter imprimere la frustata sulla coscia.
Sophie, nonostante se lo aspettasse, scattò come una molla, andando a gravare sui polsi appesi la cui catena le impedì rumorosamente di allontanarsi troppo.
Elen le girò intorno, annusando l’odore della paura della schiava che sicuramente non sentiva le note da lei suonate che uscivano dalla registrazione trasmessa alla TV.
Elen si mise dietro e la colpì prima alle natiche e poi alla schiena.
Ritornò seduta quando l’argomento tra i due amici era cambiato e quello appena iniziato la interessava.
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