La pianista (parte 3)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Qui potrà denudarsi”.
Nessun aperitivo per rompere il ghiaccio, nessun tentativo di scaldare l’ambiente. Subito diretti al sodo. Forse voleva ottenere ciò che in effetti stava provando, cioè la tensione, l’agitazione che avrebbe potuto farla sbagliare.
Non restò sorpresa dal fatto che non volle assistere alla spogliarello. Anzi, sarebbe rimasta delusa dal contrario, in quanto sarebbe stato un comportamento non compatibile con l’eleganza della persona.
Cazzo, quel contrasto tra la compostezza ed il rischio di essere schiava, la eccitava da impazzire.
Vestita della sua nudità e delle sole scarpe nere dal solito tacco 12, si presentò davanti a lui per essere ammirata. Cercò nei suoi occhi la lussuria e rimase delusa, quasi offesa, dal suo autocontrollo.
“Lei è bellissima”.
Ancora frasi con la terza persona, come se si trovasse ad una cena di lavoro in un affollato ristorante del centro. In quel momento, nuda, veniva definita bellissima. Il biglietto che trovava nel camerino la definiva invece “eccitantissima”.
Quell’uomo imprevedibile le piaceva e la eccitava.
“Mi segua nel locale dove c’è lo Steinway & Sons, lo stesso che usa nei concerti”.
Il sorriso neutro dell’uomo fu di nuovo un contrasto con ciò che trovò nel salone e la lasciò pietrificata.
Il cuore prese a batterle a mille e la testa entrò in confusione. Non riuscì a dirigersi verso il sedile del pianoforte sul quale era steso un uomo giovane con un cazzo enorme teso e duro.
Il sorriso del suo ospite rimase invariato quando le porse la mano per guidarla dove avrebbe dovuto sedersi, ossia su quel cazzo eccitato.
Probabilmente, anzi, sicuramente l’uomo si accorse che il respiro le si era fatto corto.
Una donna era inginocchiata dietro la sedia e lei già si sentiva la lingua nel solco delle natiche.
Sophie si fece guidare fino a sedersi sul cazzo che entrò facilmente, lasciando stupita la donna che non si era resa conto di essere già bagnata.
La giovane, inginocchiata alle sue spalle, iniziò ad accarezzarle il solco e le natiche con la lingua morbida e bagnata, mentre le mani le accarezzavano delicatamente la pelle.
Dopo che la pianista si sistemò col cazzo dentro, l’uomo sedile, alzando il braccio, riuscì a raggiungere il clitoride senza dare fastidio alla pianista che avrebbe avuto la necessità di conservare libertà per le gambe.
“Stronzo bastardo!!!”.
Le parole rimasero nella sua mente, non volendo dare alcuna sensazione di potere al suo ospite.
Quando iniziò a suonare, l’uomo sul quale era seduta iniziò ad accarezzarle le grandi labbra.
La donna, dietro di lei, passava delicatamente la lingua nel solco delle natiche cercando di raggiungere il culo, mentre l’uomo aveva iniziato a sfiorare il clitoride.
Sophie era presa da mille sensazioni, emozioni. Suonava come se il pianoforte fosse posto al centro di un fiume invaso da una piena improvvisa, con l’acqua che la lambiva in ogni parte. Si sentiva avvolgere e trascinare via dalla corrente delle emozioni e delle sensazioni mentre le note correttamente riempivano la sala.
La lingua nel solco delle natiche ed il cazzo duro cercavano di strapparla dall’isoletta sul quale lo strumento era posato. La tentazione era quella di farsi avvolgere dalle acque sempre più calde che le trasmettevano calore crescente al corpo.
Suonava mentre il clitoride era accarezzato da una mano delicata che sfiorava il cazzo grosso che la riempiva.
Suonava imperterrita mentre le onde si facevano più alte e forti, come se volessero strapparla da quel posto per proiettarla verso altri lidi. Sentiva le sirene dell’orgasmo che la chiamavano per strapparla dalla nave sulla quale si era incatenata per terminare correttamente la sua esibizione.
Gli anni di disciplina le consentirono di resistere al richiamo e di concentrarsi su quelle note sempre più difficili ma che, nonostante tutto, ancora uscivano correttamente, come se le dita fossero guidate da un automatismo a lei sconosciuto in quanto abituata a vivere un concerto come cosa unica, irripetibile in termini di emozioni provate e trasmesse.
La musica era fluida, così come lo erano le emozioni che mettevano a dura prova le catene della disciplina contro le sirene del piacere.
Pensava all’uomo che la desiderava sua schiava, pensava alla musica, pensava al sesso, a quel cazzo dentro, a quella lingua nel solco, a quelle dita sul clitoride, ancora alla musica che era la sua vita, la sua forza nei momenti duri e nella quale si rifugiava ogni qual volta ne avesse bisogno, per allontanare tensioni e timori, la musica quale culla dalla quale ora voleva essere strappata per trovarsi gettata ai piedi di un uomo col frustino in mano. Riusciva ancora a resistere e a conservare lucidità in quella battaglia tra corpo e disciplina, tra piacere e disciplina, tra cazzo duro nella figa e amore per la musica.
Le note che mancavano erano poche.
L’eccitazione era arrivata al culmine.
La lucidità era al lumicino.
Lo stronzo non poteva vincere, non nel suo campo, quello della musica, della disciplina, e dell'autocontrollo.
Le pochissime note che mancavano al termine, erano troppe.
L’eccitazione era altissima.
Sophie alzò lo sguardo fermo, deciso, sicuro di sé, come se le catene che la proteggevano dalle sirene del piacere avessero vinto, strappandola da quel canto ammaliante, e lo diresse negli occhi di quell’uomo, guardandolo fisso. Con aria di sfida, tipica di chi ancora detiene il controllo, di chi governa lo strumento e la musica che sta emettendo, si adornò del sorriso di chi sa cosa sta facendo e sta controllando la situazione e, appositamente, sbagliò l’ultima nota.
Nessun aperitivo per rompere il ghiaccio, nessun tentativo di scaldare l’ambiente. Subito diretti al sodo. Forse voleva ottenere ciò che in effetti stava provando, cioè la tensione, l’agitazione che avrebbe potuto farla sbagliare.
Non restò sorpresa dal fatto che non volle assistere alla spogliarello. Anzi, sarebbe rimasta delusa dal contrario, in quanto sarebbe stato un comportamento non compatibile con l’eleganza della persona.
Cazzo, quel contrasto tra la compostezza ed il rischio di essere schiava, la eccitava da impazzire.
Vestita della sua nudità e delle sole scarpe nere dal solito tacco 12, si presentò davanti a lui per essere ammirata. Cercò nei suoi occhi la lussuria e rimase delusa, quasi offesa, dal suo autocontrollo.
“Lei è bellissima”.
Ancora frasi con la terza persona, come se si trovasse ad una cena di lavoro in un affollato ristorante del centro. In quel momento, nuda, veniva definita bellissima. Il biglietto che trovava nel camerino la definiva invece “eccitantissima”.
Quell’uomo imprevedibile le piaceva e la eccitava.
“Mi segua nel locale dove c’è lo Steinway & Sons, lo stesso che usa nei concerti”.
Il sorriso neutro dell’uomo fu di nuovo un contrasto con ciò che trovò nel salone e la lasciò pietrificata.
Il cuore prese a batterle a mille e la testa entrò in confusione. Non riuscì a dirigersi verso il sedile del pianoforte sul quale era steso un uomo giovane con un cazzo enorme teso e duro.
Il sorriso del suo ospite rimase invariato quando le porse la mano per guidarla dove avrebbe dovuto sedersi, ossia su quel cazzo eccitato.
Probabilmente, anzi, sicuramente l’uomo si accorse che il respiro le si era fatto corto.
Una donna era inginocchiata dietro la sedia e lei già si sentiva la lingua nel solco delle natiche.
Sophie si fece guidare fino a sedersi sul cazzo che entrò facilmente, lasciando stupita la donna che non si era resa conto di essere già bagnata.
La giovane, inginocchiata alle sue spalle, iniziò ad accarezzarle il solco e le natiche con la lingua morbida e bagnata, mentre le mani le accarezzavano delicatamente la pelle.
Dopo che la pianista si sistemò col cazzo dentro, l’uomo sedile, alzando il braccio, riuscì a raggiungere il clitoride senza dare fastidio alla pianista che avrebbe avuto la necessità di conservare libertà per le gambe.
“Stronzo bastardo!!!”.
Le parole rimasero nella sua mente, non volendo dare alcuna sensazione di potere al suo ospite.
Quando iniziò a suonare, l’uomo sul quale era seduta iniziò ad accarezzarle le grandi labbra.
La donna, dietro di lei, passava delicatamente la lingua nel solco delle natiche cercando di raggiungere il culo, mentre l’uomo aveva iniziato a sfiorare il clitoride.
Sophie era presa da mille sensazioni, emozioni. Suonava come se il pianoforte fosse posto al centro di un fiume invaso da una piena improvvisa, con l’acqua che la lambiva in ogni parte. Si sentiva avvolgere e trascinare via dalla corrente delle emozioni e delle sensazioni mentre le note correttamente riempivano la sala.
La lingua nel solco delle natiche ed il cazzo duro cercavano di strapparla dall’isoletta sul quale lo strumento era posato. La tentazione era quella di farsi avvolgere dalle acque sempre più calde che le trasmettevano calore crescente al corpo.
Suonava mentre il clitoride era accarezzato da una mano delicata che sfiorava il cazzo grosso che la riempiva.
Suonava imperterrita mentre le onde si facevano più alte e forti, come se volessero strapparla da quel posto per proiettarla verso altri lidi. Sentiva le sirene dell’orgasmo che la chiamavano per strapparla dalla nave sulla quale si era incatenata per terminare correttamente la sua esibizione.
Gli anni di disciplina le consentirono di resistere al richiamo e di concentrarsi su quelle note sempre più difficili ma che, nonostante tutto, ancora uscivano correttamente, come se le dita fossero guidate da un automatismo a lei sconosciuto in quanto abituata a vivere un concerto come cosa unica, irripetibile in termini di emozioni provate e trasmesse.
La musica era fluida, così come lo erano le emozioni che mettevano a dura prova le catene della disciplina contro le sirene del piacere.
Pensava all’uomo che la desiderava sua schiava, pensava alla musica, pensava al sesso, a quel cazzo dentro, a quella lingua nel solco, a quelle dita sul clitoride, ancora alla musica che era la sua vita, la sua forza nei momenti duri e nella quale si rifugiava ogni qual volta ne avesse bisogno, per allontanare tensioni e timori, la musica quale culla dalla quale ora voleva essere strappata per trovarsi gettata ai piedi di un uomo col frustino in mano. Riusciva ancora a resistere e a conservare lucidità in quella battaglia tra corpo e disciplina, tra piacere e disciplina, tra cazzo duro nella figa e amore per la musica.
Le note che mancavano erano poche.
L’eccitazione era arrivata al culmine.
La lucidità era al lumicino.
Lo stronzo non poteva vincere, non nel suo campo, quello della musica, della disciplina, e dell'autocontrollo.
Le pochissime note che mancavano al termine, erano troppe.
L’eccitazione era altissima.
Sophie alzò lo sguardo fermo, deciso, sicuro di sé, come se le catene che la proteggevano dalle sirene del piacere avessero vinto, strappandola da quel canto ammaliante, e lo diresse negli occhi di quell’uomo, guardandolo fisso. Con aria di sfida, tipica di chi ancora detiene il controllo, di chi governa lo strumento e la musica che sta emettendo, si adornò del sorriso di chi sa cosa sta facendo e sta controllando la situazione e, appositamente, sbagliò l’ultima nota.
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