Il regalo di compleanno (parte 3)
di
Kugher
genere
sadomaso
Matteo osservava la schiava prostrata ai suoi piedi. I segni dello scudiscio sulle natiche ne attestavano la definitiva presa di possesso. Stare nuda davanti a persona vestita è cosa forte. Maggiormente forte stare in ginocchio e poi prostrata. Gli atti fisici sono quelli che consacrano e definiscono una situazione, un rapporto, una linea di confine superata dalla quale ci si può allontanare ma non scappare perché ormai è accaduta ed ogni cosa che accade lascia un segno.
Matteo poteva solo immaginare gli sforzi ed i rischi che sua moglie poteva avere fatto per portare quella ragazza, figlia di amici di famiglia, ai suoi piedi, schiava.
I fatti hanno un senso, una forza tutta loro e la bellezza consiste nel capire quel senso, guardarlo, assaporarlo, fare propri i suoi contenuti e viverli per consolidare ciò che è e proiettarsi verso il futuro.
Quella schiava rappresentava un nuovo gioco, un nuovo rapporto, rischioso attesa la conoscenza dei genitori, ma la vita è anche camminare su una trave col vuoto sotto.
Sconvolgere un equilibrio è sempre atto di coraggio, soprattutto quando l’evento è cercato e non capitato. Una persona così importante inserita in un rapporto richiede che il rapporto sia forte, fortissimo e, così, la complicità lo rafforza, la trave sulla quale si cammina si fa più larga senza però eliminare l’eccitazione per il vuoto sotto.
Amava sua moglie e lei amava lui. Quella schiava ai suoi piedi era un regalo per entrambi i coniugi, per la loro complicità ed il sale della vita che avrebbe potuto portare e da gustare insieme.
Matteo guardò Simona e Simona guardò Matteo con occhi che sembravano comunicare le stesse cose, le stesse emozioni, la stessa forza, la stessa eccitazione da vivere assieme.
Simona prese Erica per i capelli e le alzò la testa da terra per dirigerla verso il cazzo già duro di suo marito.
“Prendilo in bocca, cagnetta”.
Il tono della voce venne percepito da Matteo come carezzevole, da Erica come un ordine secco.
La ragazza si avvicinò tenendo la bocca già aperta, avendo cura di farla vedere al Padrone in modo che percepisse la sua sottomissione e l’oggetto che gli avrebbe donato piacere.
Senza fermare il lento avvicinamento controllato da Simona, quando mancarono pochi millimetri, senza ordine alcuno, Erica estrasse la lingua per accarezzare la punta del cazzo, con piccoli colpetti, veloci e delicati.
Simona fermò la testa in modo che la lingua potesse regalare ulteriore piacere al marito anticipando così il piacere che avrebbe o, meglio, avrebbero provato nei minuti successivi.
Vi è un tempo in cui il piacere intenso necessita di ulteriore e diverso percorso. Simona, che mai aveva lasciato la presa ai capelli, avvicinò ulteriormente la bocca al cazzo che aveva avuto un aumento di turgore.
Come ad un segnale silenzioso, con gesto tipico di chi sa come dare piacere, Erica mise la lingua ad U in modo che, prendendolo in bocca, il cazzo si appoggiasse sulla lingua e scorresse su essa fino al momento in cui l’ingresso avesse raggiunto il punto in cui si desidera fermarlo.
Solo il glande era nella bocca e la lingua cominciò a muoversi dando ulteriore piacere con le attenzioni il cui unico scopo erano di trasmettere la totale concentrazione della schiava sulle reazioni del Padrone.
“A quattro zampe”.
Il tono di Simona adesso era rivolto solo alla schiava e venne da tutti percepito come ordine secco, perentorio, tipico di chi sa che sarà sicuramente ubbidito.
Matteo sapeva cosa stava per accadere, così allargò le gambe mentre la moglie si sedette sulle spalle della ragazza che dovette concentrarsi su due fronti, tra loro irrinunciabili: lo sforzo di reggere la donna non avrebbe dovuto incidere sul lavoro di lingua. Questo richiede attenzione e dedizione al Padrone o, in quel caso, ai Padroni, così da soddisfarli e, sentendo il loro dominio, soddisfare la propria esigenza di sottomissione.
Simona si chinò in avanti ed arrivò a baciare Matteo. Le lingue si unirono mentre le mani dell’uomo accarezzavano delicatamente i fianchi ed i seni di sua moglie.
La leggerezza delle carezze era in netto contrasto con la rudezza con la quale veniva imposto ad una giovane donna di succhiare un cazzo reggendo su di sé una persona che, in quel momento, non si curava del suo disagio e della sua fatica, pensando unicamente ai piaceri suo e del marito che, in quel momento, erano un piacere solo, unico, fuso, forte.
Mentre Matteo le accarezzava i seni giocando coi capezzoli, Simona spinse la testa della schiava in avanti, facendo entrare tutto il cazzo in bocca.
La reazione al piacere dell’atto fu immediata e Matteo, contemporaneamente, spinse in avanti il bacino per penetrare il più possibile la bocca. Trasse a sé il capo della moglie per giocare meglio con le lingue.
Entrambi ebbero piacere dagli sforzi della giovane schiava sotto di loro che cercava di trattenere i colpi di tosse non riuscendo a indietreggiare la testa, tenuta ferma dalle mani perentorie della Padrona seduta su di lei.
Benché l’eccitazione dei Padroni fosse altissima, vi era sempre l’esigenza di cercarne altra da sommare a quella esistente, assaporando il presente e cercando di meglio precisarlo e specificarlo.
Simona imprigionò la testa della schiava tra le cosce, ignorando tutte le sue difficoltà. Matteo, mentre baciava la moglie, approfittando della testa tenuta ferma dalla moglie, spingeva in avanti il bacino per poi ritrarlo e spingerlo nuovamente, scopando la bocca di quella che non riusciva a non vedere come figlia del suo amico, alimentando così l’eccitazione dovuta anche dalla sensazione di camminare, tutti e tre assieme, su quella trave sospesa nel vuoto.
Simona avvertì il movimento ritmico del marito e, continuando a leccargli la lingua traendo piacere dalle carezze ricevute ai suoi capezzoli, iniziò a sculacciare la schiava con colpi forti.
Entrambi trassero ulteriore eccitazione per gli sforzi della ragazza che doveva resistere, contemporaneamente, a tre tensioni: il cazzo in bocca al quale occorreva non procurare dolore coi denti, il peso della Padrona sulla spalle e il dolore forte alle natiche.
L’eccitazione era alta ed aveva bisogno di nuovo e diverso alimento.
“Facciamo l’amore e scopiamo la cagna”.
Matteo poteva solo immaginare gli sforzi ed i rischi che sua moglie poteva avere fatto per portare quella ragazza, figlia di amici di famiglia, ai suoi piedi, schiava.
I fatti hanno un senso, una forza tutta loro e la bellezza consiste nel capire quel senso, guardarlo, assaporarlo, fare propri i suoi contenuti e viverli per consolidare ciò che è e proiettarsi verso il futuro.
Quella schiava rappresentava un nuovo gioco, un nuovo rapporto, rischioso attesa la conoscenza dei genitori, ma la vita è anche camminare su una trave col vuoto sotto.
Sconvolgere un equilibrio è sempre atto di coraggio, soprattutto quando l’evento è cercato e non capitato. Una persona così importante inserita in un rapporto richiede che il rapporto sia forte, fortissimo e, così, la complicità lo rafforza, la trave sulla quale si cammina si fa più larga senza però eliminare l’eccitazione per il vuoto sotto.
Amava sua moglie e lei amava lui. Quella schiava ai suoi piedi era un regalo per entrambi i coniugi, per la loro complicità ed il sale della vita che avrebbe potuto portare e da gustare insieme.
Matteo guardò Simona e Simona guardò Matteo con occhi che sembravano comunicare le stesse cose, le stesse emozioni, la stessa forza, la stessa eccitazione da vivere assieme.
Simona prese Erica per i capelli e le alzò la testa da terra per dirigerla verso il cazzo già duro di suo marito.
“Prendilo in bocca, cagnetta”.
Il tono della voce venne percepito da Matteo come carezzevole, da Erica come un ordine secco.
La ragazza si avvicinò tenendo la bocca già aperta, avendo cura di farla vedere al Padrone in modo che percepisse la sua sottomissione e l’oggetto che gli avrebbe donato piacere.
Senza fermare il lento avvicinamento controllato da Simona, quando mancarono pochi millimetri, senza ordine alcuno, Erica estrasse la lingua per accarezzare la punta del cazzo, con piccoli colpetti, veloci e delicati.
Simona fermò la testa in modo che la lingua potesse regalare ulteriore piacere al marito anticipando così il piacere che avrebbe o, meglio, avrebbero provato nei minuti successivi.
Vi è un tempo in cui il piacere intenso necessita di ulteriore e diverso percorso. Simona, che mai aveva lasciato la presa ai capelli, avvicinò ulteriormente la bocca al cazzo che aveva avuto un aumento di turgore.
Come ad un segnale silenzioso, con gesto tipico di chi sa come dare piacere, Erica mise la lingua ad U in modo che, prendendolo in bocca, il cazzo si appoggiasse sulla lingua e scorresse su essa fino al momento in cui l’ingresso avesse raggiunto il punto in cui si desidera fermarlo.
Solo il glande era nella bocca e la lingua cominciò a muoversi dando ulteriore piacere con le attenzioni il cui unico scopo erano di trasmettere la totale concentrazione della schiava sulle reazioni del Padrone.
“A quattro zampe”.
Il tono di Simona adesso era rivolto solo alla schiava e venne da tutti percepito come ordine secco, perentorio, tipico di chi sa che sarà sicuramente ubbidito.
Matteo sapeva cosa stava per accadere, così allargò le gambe mentre la moglie si sedette sulle spalle della ragazza che dovette concentrarsi su due fronti, tra loro irrinunciabili: lo sforzo di reggere la donna non avrebbe dovuto incidere sul lavoro di lingua. Questo richiede attenzione e dedizione al Padrone o, in quel caso, ai Padroni, così da soddisfarli e, sentendo il loro dominio, soddisfare la propria esigenza di sottomissione.
Simona si chinò in avanti ed arrivò a baciare Matteo. Le lingue si unirono mentre le mani dell’uomo accarezzavano delicatamente i fianchi ed i seni di sua moglie.
La leggerezza delle carezze era in netto contrasto con la rudezza con la quale veniva imposto ad una giovane donna di succhiare un cazzo reggendo su di sé una persona che, in quel momento, non si curava del suo disagio e della sua fatica, pensando unicamente ai piaceri suo e del marito che, in quel momento, erano un piacere solo, unico, fuso, forte.
Mentre Matteo le accarezzava i seni giocando coi capezzoli, Simona spinse la testa della schiava in avanti, facendo entrare tutto il cazzo in bocca.
La reazione al piacere dell’atto fu immediata e Matteo, contemporaneamente, spinse in avanti il bacino per penetrare il più possibile la bocca. Trasse a sé il capo della moglie per giocare meglio con le lingue.
Entrambi ebbero piacere dagli sforzi della giovane schiava sotto di loro che cercava di trattenere i colpi di tosse non riuscendo a indietreggiare la testa, tenuta ferma dalle mani perentorie della Padrona seduta su di lei.
Benché l’eccitazione dei Padroni fosse altissima, vi era sempre l’esigenza di cercarne altra da sommare a quella esistente, assaporando il presente e cercando di meglio precisarlo e specificarlo.
Simona imprigionò la testa della schiava tra le cosce, ignorando tutte le sue difficoltà. Matteo, mentre baciava la moglie, approfittando della testa tenuta ferma dalla moglie, spingeva in avanti il bacino per poi ritrarlo e spingerlo nuovamente, scopando la bocca di quella che non riusciva a non vedere come figlia del suo amico, alimentando così l’eccitazione dovuta anche dalla sensazione di camminare, tutti e tre assieme, su quella trave sospesa nel vuoto.
Simona avvertì il movimento ritmico del marito e, continuando a leccargli la lingua traendo piacere dalle carezze ricevute ai suoi capezzoli, iniziò a sculacciare la schiava con colpi forti.
Entrambi trassero ulteriore eccitazione per gli sforzi della ragazza che doveva resistere, contemporaneamente, a tre tensioni: il cazzo in bocca al quale occorreva non procurare dolore coi denti, il peso della Padrona sulla spalle e il dolore forte alle natiche.
L’eccitazione era alta ed aveva bisogno di nuovo e diverso alimento.
“Facciamo l’amore e scopiamo la cagna”.
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