Offerta agli ospiti (parte 1)

Scritto da , il 2022-08-12, genere sadomaso

Luigi era seduto in poltrona e guardava la sala, preparata per la serata.
Di lì a poco sarebbero arrivati gli ospiti e voleva che tutto fosse pronto. Si era sempre vantato di essere un ottimo padrone di casa e non voleva deludere le aspettative. Chi aveva preso parte anche ad una sola delle serate, in effetti, aveva confermato la qualità.
I bicchieri erano allineati.
Le bottiglie di champagne collocate nei numerosi secchielli pieni di ghiaccio, collocati in modo da essere facilmente raggiungibili in qualunque punto della stanza.
Sul tavolo, ricoperto da una tovaglia bianchissima, erano posati piatti ricolmi di stuzzichini.
L’ambiente era curato anche nell’illuminazione, con una musica di sottofondo ad un volume tale da accompagnare i dialoghi, che passa intorno ai mobili e avvolge le persone senza disturbarle, accarezzando i loro dialoghi.
Gli inviti erano stati spediti ai destinatari a mezzo posta, ritenendo troppo freddo e impersonale la mail per quel tipo di serata che avrebbe dovuto essere caratterizzata dal calore, quello che che entra sottopelle, per insinuarsi nei meandri più nascosti e che quella sera sarebbe stato richiamato prepotentemente in superficie.
La protagonista della serata, quella vera, quella che va al di là delle persone per entrare dentro esse, sarebbe stata l’eccitazione, quella più forte, più cruda, l’eccitazione più eccitante, almeno per loro.
Sull’invito vi era l’immagine della sala con, al centro, l’oggetto del desiderio, quello che aveva reso famose quelle serate. Non la prima, non l’ultima.
Lo scatto, realizzato da un fotografo professionista, ritraeva la compagna del padrone di casa. Per ogni serata l’abito ed il contesto erano diversi.
Quell’evento la ritraeva vestita con un abito attillato e scollatissimo. La schiena era visibile fino al solco delle natiche e lasciava immaginare analoga scollatura per i seni.
Le lunghe gambe erano evidenziate dagli spacchi laterali dell'abito che lasciava intravedere il tacco di 12 centimetri ai quali era assegnato il compito di slanciare maggiormente l’elegante ed eccitante figura della donna.
Arianna era giovane.
Arianna era bella.
Arianna si eccitava con la sottomissione, la sua, specularmente al suo compagno, che la voleva vedere schiacciata dall’umiliazione, per godere del suo piacere e sentirne il forte possesso, autonoma fonte di eccitazione.
Nell’invito la donna, la schiava, era ritratta così come gli invitati l’avrebbero trovata al loro arrivo. L’effetto sorpresa era stato sacrificato per ingenerare aspettativa ed eccitazione tra coloro che quella sera si sarebbero divertiti, li avrebbero divertiti, inconsciamente consci di essere solo delle comparse, ruolo accettato e sopportato pur di avere accesso a quel piacere forte forte.
Luigi percorse ancora una volta con lo sguardo la sala, soddisfatto della preparazione e della visione della sua compagna situata al centro, in piedi.
Le gambe erano leggermente allargate per consentire di essere evidenziate dallo spacco e, anche, per far sì che gli ospiti agevolmente potessero infilare tra le cosce le loro mani, le dite, la lingua, il cazzo e raggiungere la figa esposta di quella che, per quella sera, sarebbe stata la schiava, oggetto del desiderio e delle voglie.
I seni, sulla figura slanciata dai tacchi, erano spinti in fuori, comodi per essere toccati, pizzicati, torturati, leccati, morsi, imprigionati in dolorose ma eccitanti pinzette.
A dare risalto alla bella figura vi erano le catene che pendevano dall’alto e che bloccavano i polsi della donna costretta a tenere le braccia alte ed allargate.
Anche le caviglie erano incatenate a terra ed il bel corpo formava una X, per meglio essere offerto ai presenti, che, saziandosi col tocco e la tortura, avrebbero appagato, specularmente, anche Arianna ed il suo compagno.
Era il gioco delle parti, nel quale non è chiaro il confine tra chi è usata e coloro che usano, posto che i secondi sono necessari per il piacere della prima e la prima è essenziale per il piacere dei secondi, in una partita dalle regole certe solo nella parte riguardante il piacere.
La serata avrebbe avuto al centro l’umiliazione, il dolore, il sesso, il piacere, il potere.
Forti contrasti avrebbero aleggiato tra i presenti, eccitandoli con la loro impalpabilità.
I padroni di casa non escludevano diverse sensibilità tra gli ospiti, al limite della ripicca e del desiderio di vendetta verso quella bellissima donna giovane che, con la sua presenza, avrebbe potuto offuscare la falsa bellezza delle altre donne, o, per alcuni uomini, il desiderio di umiliare la donna del loro falso amico.
La varia umanità campeggia in ogni dove e, paradossalmente, avrebbe potuto aumentare l’eccitazione della coppia in quanto quelle persone piccole avrebbero amplificato l’umiliazione della schiava ed evidenziato il potere del Padrone che consentiva a loro di usare il suo giocattolo, altrimenti irraggiungibile per loro, che, dopo quella serata, sarebbe ritornata chimera che avrebbe ricordato loro cosa non avevano, cosa a loro era concesso solo come regalia.
Il gioco di ruolo non era tale solo tra chi serve e chi è servito, tra la torturata e gli aguzzini. Il gioco era sottile, fatto di varia umanità, delle meschinità usate per il proprio piacere, che non avrebbero avvicinato quelle persone lontane nella vita, mentre avrebbero consolidato quei legami forti tra i padroni di casa.
La complicità è una potente arma tra coloro già fortemente uniti, come Arianna e Luigi, un’arma che si autoalimenta e cresce con il suo utilizzo.
Il Padrone depose il bicchiere sul tavolino accanto alla sua poltrona, usando come sottobicchiere l’invito su carta plastificata raffigurante la compagna incatenata.
Osservò velocemente l’immagine e, confrontandola con l’originale, si complimentò per la perfetta riproduzione, anche nei particolari che vedevano le stesse scarpe, lo stesso abito, lo stesso gioco di luci che evidenziava il giocattolo della serata.
Le si avvicinò, eccitato.
Il piacere per quelle serate partiva da lontano, quando lui le ideava e le comunicava ciò che sarebbe accaduto.
Anche quello era un gioco di ruolo, il loro, dal quale erano esclusi tutti gli altri.
Lei si sentiva sua, si sentiva sottomessa, si sentiva schiava, sua schiava.
Magari alcuni particolari non sarebbero stati graditi ma anche quella era sottomissione, schiavitù, eccitazione.
Lui la conosceva e, appositamente, prevedeva sempre qualcosa che lei non avrebbe gradito ma che, collocato nell’insieme, assumeva solo quella imperfezione che avrebbe fatto parte del gioco, come il neo accanto agli occhi di una bella donna, come lo sguardo affascinante da chi ha lo strabismo di venere, quell’imperfezione che rende umana la perfezione, la bellezza.
Lo eccitava costringerla a subire tutto, come il Padrone può fare.
La eccitava essere costretta a subire tutto, come la schiava deve fare.
Luigi la metteva a parte di alcuni particolari, ma non di tutti. Questo generava in lei una piacevole ansia, che la lasciava con una forte tensione alla bocca dello stomaco dovuta all’incertezza che era di contorno a ciò che era certo, una tensione che cresceva con l’avvicinarsi della serata.
Tra i particolari che lei ebbe modo di scoprire solo dopo essere stata incatenata al centro della sala, vi erano la benda e i tappi nelle orecchie.
Luigi non voleva che lei sapesse chi, in quel momento, la stesse usando, umiliando, torturando.
Lei non avrebbe nemmeno saputo chi sarebbe stato ospite della serata. Solo dopo, quando se ne fossero andati, lui le avrebbe rivelato i nomi. Sapeva per certo che erano falsi amici, meschini.
Sicuramente vi sarebbero state donne e uomini che lei non sopportava e coi quali avrebbe trascorso una serata al ristorante solo per etichetta.
Questa incertezza la eccitava.
La benda le impediva la vista ed i tappi le avrebbero fatto sentire rumori ovattati. Non avrebbe potuto riconoscere le voci, gli accenti, le inflessioni, ma avrebbe sentito le loro risa di scherno, i bicchieri che tintinnavano tra loro, i piatti spostati, persone che mangiavano sul suo dolore e sulla sua umiliazione, alimentando così la distanza.
Avrebbe potuto capire cosa le stava accadendo intorno ma totale cecità sugli attori o, meglio, sulle comparse.
Luigi le si avvicinò e fece scorrere la mano sul bel corpo. Partì dalla coscia, si spostò sulle natiche e, sfiorando la pelle, attraverso la spina dorsale raggiunse il collo della sua amata. Lo strinse, forte, voleva che lei ne sentisse la morsa che testimoniava ancor di più chi era il Padrone, chi teneva il guinzaglio invisibile che, quella sera, l’avrebbe condotta, pur nella sua immobilità, nel percorso del piacere e dell’eccitazione. Le toccò le pinzette attaccate ai capezzoli con dolorosi morsetti.
Arianna aprì la bocca per lamentarsi del dolore e sentì il sapore dello champagne quando lui le pose le labbra sulle sue, aggiungendo un'ulteriore imperfezione, leccandole il rossetto come uno sfregio in mezzo al bel viso, che avrebbe dato agli ospiti la sensazione di toccare qualcosa che era già stato usato.
La lingua le entrò in bocca e lei la cercò, un po’ per sentire il contatto, un po’ per stimolarlo, un po’ per avere rassicurazione nel suo sapore perché, in ogni caso, quella posizione di completa esposizione non era facile da mantenere se non vi fosse stato lui, unico vero protagonista per lei così come lei, sapeva, era l’unico desiderio per lui.


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krugher.1863@gmail.com

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