Lo stalker parte 7
di
Ripe (with decay)
genere
sentimentali
Provò a contattarla con l'altro numero. Rifiutò, poi divenne irraggiungibile. Lo aveva spento. E così a causa sua si era vista costretta, ovunque fosse, in qualsiasi situazione si trovasse, a chiudere l'unico contatto con il mondo. Adoperò la funzionalità di ricerca del dispositivo.
Si fece portare nelle vicinanze da un taxi, poi batté la pista a piedi. Si trovava in pieno centro. La ressa del sabato era spaventosa. L'ultimo segnale prima dell'interruzione proveniva da un ristorante di lusso. Se era lì per cena, l'orario lo confortava sulle probabilità di trovarcela ancora.
Anche se si sentiva come un pezzente che allunga il collo sul benessere altrui rovistò attraverso le vetrine i tavoli imbanditi alla ricerca di lei. La trovò.
Era accompagnata da un distinto signore di mezza età. Poteva avere quasi sessant'anni. Vestiva elegante. Lei era di una sensualità prorompente. Non si agghindava per accogliere partner occasionali, ma per accompagnare clienti facoltosi. Nutrì invidia per il bastardo.
Domenica mattina… probabilmente, tra le opzioni spuntate dal committente, c’era anche quella di una notte di sesso profumatamente pagata. Una notte da capogiro, e da cifre da capogiro, e da richieste che lei non avrebbe potuto rifiutare.
Li giunse a prendere fuori dal ristorante un suv a tre piani. Li pedinò fuori città in zona residenziale. La villa dove entrarono era una schifosa esibizione di ricchezza. All’alba Barbara uscì accompagnata dall’autista. Quando il macchinone superò i cancelli i loro sguardi si incrociarono. Abbassò il finestrino, fece per dire qualcosa, poi ci ripensò. Impose all’uomo, a cui dava del tu e conosceva per nome, di fermarsi e farla scendere. L'energumeno squadrò astioso lo sconosciuto: “È sicura, signora? Lui non approverebbe”.
“Sono sicura, vai pure. Sembrerà tutto come al solito”.
“Ancora menzogne?” la aggredì non appena furono soli. Barbara camminava veloce, quasi di corsa. Aveva addosso profumo maschile. Ed era sfatta come se non avesse chiuso occhio.
“Come hai fatto a trovarmi?” recriminò mentre si voltava ansiosamente indietro, a spiare la villa e le sue finestre. “Mi fai sentire a disagio adesso”.
“Ancora menzogne? Basta bugie, ti chiedo di smettere di raccontarle se ci tieni ancora”.
Ma Barbara tirava dritto come se lui non ci fosse. Le diede un tale strattone da farla quasi cadere. “Lasciami andare”, gli gridò in faccia, “devo tornare in ospedale da papà”.
“Tornare in ospedale? Ma guardati, cazzo!” La strinse per le spalle. Lei provò a reagire, ma quella presa era più forte. “Che cosa hai combinato lì dentro? Non avevi detto che i weekend non eri disponibile?”
Era fuori di sé. Avrebbe voluto gridarle puttana, perché era ciò che era, ma voleva anche gridare ti amo, perché anche quello era vero. Gli girava la testa. Capiva che lei viveva una situazione complessa che non era facile da gestire e giudicare se non ci si trova dentro in prima persona. E anche così era un gran casino. Barbara lo sapeva, e di fronte alle sue rimostranze scoppiò a piangere. “È qui che è iniziato”.
“Iniziato?”
“Certo. Non capisci?” Disse un nome che per lui non significava niente. “Anche questo fa parte del tuo sistema di esclusione dei fatti non significativi”, lo accusò, aprendogli un mondo di cui si era disinteressato troppo a lungo.
“È uno dei più importanti clienti del mio studio. Quando mi ha vista in crisi per la situazione mi ha fatto la proposta indecente. Servizi. Non accetteresti mai un prestito o un regalo senza offrire nulla in cambio, disse. E aveva ragione, mi conosceva abbastanza, e mi apprezzava molto di più. Mi ha proposto tremila euro se passavo i fine settimana accompagnandolo in ogni occasione mondana e andando a letto con lui. Ho pensato che fosse una giusta richiesta se potevo permettere a papà l’unica possibilità di guarigione.
“Quando tutti gli ospedali pubblici hanno rifiutato l'intervento non restava che venire qui. Ma non ci si viene a cuor leggero. Le operazioni, le cure, hanno un costo che io ho deciso di voler pagare. Lo dovevo alla mamma, non solo a lui. E lo dovevo a me”.
“Quale preventivo ti hanno fatto?”
“120.000 euro complessivi, suscettibili di variazioni.
“Mi ha anticipato un terzo del totale, e aperto una corsia preferenziale perché naturalmente non è ignoto a questo ambiente. Ho trascorso una settimana a soddisfare ogni sua richiesta ufficiale e sessuale. La novità lo aveva reso un toro. Ho provato orrore e disgusto per me stessa i primi giorni, perché a nulla potevo dire di no. Tutte le eccezioni che hai letto in inserzione, con lui non c'era nulla di proibito. Ma ho imparato a conviverci. Se papà è vivo, se ha qualche speranza di sopravvivere, lo deve agli appetiti di quell’uomo nei confronti di sua figlia. Non mi pento. La puttana? Benedetto il mio corpo, e la libertà che possiedo di farne ciò che voglio per ottenere il bene di qualcuno che amo.
“Dopo l’esito positivo dell’intervento gli ho promesso che se avessi ottenuto il divorzio lo avrei sposato, sarei diventato la sua concubina. Ero fuori di me per la gioia. Era il mio, il nostro benefattore. Se prima dubitava di avere a che fare solo con una schiava in vendita, ora aveva anche la mia gratitudine, e tutto il resto di me. Mi dispiace che tu me lo senta dire, ma io gli devo anche la mia vita, la mia sanità mentale”.
“Ma gli altri… perché gli altri…”
“Perché i weekend in un mese sono solo quattro, e non bastano. Ho l’affitto, le altre spese, andare avanti e indietro, le pillole del giorno dopo, pensare al futuro, perché ora ho capito che siamo appesi a un filo, e che solo un mucchio di soldi può riparare il punto dove si spezza”.
Scuoteva la testa. Nessuna ragione al mondo avrebbe mai potuto convincerlo, in nessuna parola che lei avesse ancora pronunciato avrebbe mai potuto credere. “Perché hai fatto tutto questo? Non c’era altro modo? Potevamo chiedere un prestito, tentare qualsiasi altra alternativa…”
Lei lo fronteggiò a muso duro, facendosi avanti come se dovesse passare alle mani. Si ritrasse da quella furia guerriera. Quante volte l'aveva vista così, quante volte si era rintanato con la coda tra le gambe – a uggiolare in attesa che si quietasse, implorando in silenzio affinché il suo sguardo posandosi su di lui lo consumasse come un filo d'erba in un incendio. Le guardò per un attimo le labbra e volle farle sue.
“Non c’erano alternative. Pensaci, e non potrai che darmi ragione. Qualsiasi altra scelta, e non avrei avuto modo di combattere il mondo se ci fosse crollato addosso. Prima, per quelle ragioni che ci impediscono di vedere più lontano, oltre l'ostacolo. Dopo, per quelle incomprensioni che ci soffocano l'anima e rendono impossibile riunirle insieme, soprattutto se le cose non sono andate come dovevano, se tutto è stato inutile”.
Tentava vanamente di trattenere le lacrime. Quante volte, per molto meno, si era rivoltato contro di lei, per delle stupidate, per delle banalità. Quante volte, soltanto per dimostrare di avere il coltello dalla parte del manico, pronto ad usarlo per ferire, anche se per impossessarsene aveva usato l'astuzia e la malafede.
“Allora non ho alcuna speranza? Non finirà mai tutto questo”.
“Tu accetteresti quello che le circostanze mi hanno costretta a diventare, sotto lo stesso tetto, dentro lo stesso letto? Baceresti queste labbra di cui ora conosci i misteri?”
Annuì. Barbara chinò il capo, appoggiò la fronte alla sua come sul solido muro che lui aveva smesso di essere. Con le dita sfiorò le sue guance in una carezza leggera, quasi inavvertita. Tornò a singhiozzare. Si mostrava debole qual era e quale si sentiva e voleva essere. Squarci di luce illuminavano l'oscurità in cui era vissuto lontano da lei. Aveva permesso che il mondo pesasse solo sulle sue spalle fin quasi a schiacciarla. “Non lo so quando finirà. Ma ora no, non può finire”.
Si fece portare nelle vicinanze da un taxi, poi batté la pista a piedi. Si trovava in pieno centro. La ressa del sabato era spaventosa. L'ultimo segnale prima dell'interruzione proveniva da un ristorante di lusso. Se era lì per cena, l'orario lo confortava sulle probabilità di trovarcela ancora.
Anche se si sentiva come un pezzente che allunga il collo sul benessere altrui rovistò attraverso le vetrine i tavoli imbanditi alla ricerca di lei. La trovò.
Era accompagnata da un distinto signore di mezza età. Poteva avere quasi sessant'anni. Vestiva elegante. Lei era di una sensualità prorompente. Non si agghindava per accogliere partner occasionali, ma per accompagnare clienti facoltosi. Nutrì invidia per il bastardo.
Domenica mattina… probabilmente, tra le opzioni spuntate dal committente, c’era anche quella di una notte di sesso profumatamente pagata. Una notte da capogiro, e da cifre da capogiro, e da richieste che lei non avrebbe potuto rifiutare.
Li giunse a prendere fuori dal ristorante un suv a tre piani. Li pedinò fuori città in zona residenziale. La villa dove entrarono era una schifosa esibizione di ricchezza. All’alba Barbara uscì accompagnata dall’autista. Quando il macchinone superò i cancelli i loro sguardi si incrociarono. Abbassò il finestrino, fece per dire qualcosa, poi ci ripensò. Impose all’uomo, a cui dava del tu e conosceva per nome, di fermarsi e farla scendere. L'energumeno squadrò astioso lo sconosciuto: “È sicura, signora? Lui non approverebbe”.
“Sono sicura, vai pure. Sembrerà tutto come al solito”.
“Ancora menzogne?” la aggredì non appena furono soli. Barbara camminava veloce, quasi di corsa. Aveva addosso profumo maschile. Ed era sfatta come se non avesse chiuso occhio.
“Come hai fatto a trovarmi?” recriminò mentre si voltava ansiosamente indietro, a spiare la villa e le sue finestre. “Mi fai sentire a disagio adesso”.
“Ancora menzogne? Basta bugie, ti chiedo di smettere di raccontarle se ci tieni ancora”.
Ma Barbara tirava dritto come se lui non ci fosse. Le diede un tale strattone da farla quasi cadere. “Lasciami andare”, gli gridò in faccia, “devo tornare in ospedale da papà”.
“Tornare in ospedale? Ma guardati, cazzo!” La strinse per le spalle. Lei provò a reagire, ma quella presa era più forte. “Che cosa hai combinato lì dentro? Non avevi detto che i weekend non eri disponibile?”
Era fuori di sé. Avrebbe voluto gridarle puttana, perché era ciò che era, ma voleva anche gridare ti amo, perché anche quello era vero. Gli girava la testa. Capiva che lei viveva una situazione complessa che non era facile da gestire e giudicare se non ci si trova dentro in prima persona. E anche così era un gran casino. Barbara lo sapeva, e di fronte alle sue rimostranze scoppiò a piangere. “È qui che è iniziato”.
“Iniziato?”
“Certo. Non capisci?” Disse un nome che per lui non significava niente. “Anche questo fa parte del tuo sistema di esclusione dei fatti non significativi”, lo accusò, aprendogli un mondo di cui si era disinteressato troppo a lungo.
“È uno dei più importanti clienti del mio studio. Quando mi ha vista in crisi per la situazione mi ha fatto la proposta indecente. Servizi. Non accetteresti mai un prestito o un regalo senza offrire nulla in cambio, disse. E aveva ragione, mi conosceva abbastanza, e mi apprezzava molto di più. Mi ha proposto tremila euro se passavo i fine settimana accompagnandolo in ogni occasione mondana e andando a letto con lui. Ho pensato che fosse una giusta richiesta se potevo permettere a papà l’unica possibilità di guarigione.
“Quando tutti gli ospedali pubblici hanno rifiutato l'intervento non restava che venire qui. Ma non ci si viene a cuor leggero. Le operazioni, le cure, hanno un costo che io ho deciso di voler pagare. Lo dovevo alla mamma, non solo a lui. E lo dovevo a me”.
“Quale preventivo ti hanno fatto?”
“120.000 euro complessivi, suscettibili di variazioni.
“Mi ha anticipato un terzo del totale, e aperto una corsia preferenziale perché naturalmente non è ignoto a questo ambiente. Ho trascorso una settimana a soddisfare ogni sua richiesta ufficiale e sessuale. La novità lo aveva reso un toro. Ho provato orrore e disgusto per me stessa i primi giorni, perché a nulla potevo dire di no. Tutte le eccezioni che hai letto in inserzione, con lui non c'era nulla di proibito. Ma ho imparato a conviverci. Se papà è vivo, se ha qualche speranza di sopravvivere, lo deve agli appetiti di quell’uomo nei confronti di sua figlia. Non mi pento. La puttana? Benedetto il mio corpo, e la libertà che possiedo di farne ciò che voglio per ottenere il bene di qualcuno che amo.
“Dopo l’esito positivo dell’intervento gli ho promesso che se avessi ottenuto il divorzio lo avrei sposato, sarei diventato la sua concubina. Ero fuori di me per la gioia. Era il mio, il nostro benefattore. Se prima dubitava di avere a che fare solo con una schiava in vendita, ora aveva anche la mia gratitudine, e tutto il resto di me. Mi dispiace che tu me lo senta dire, ma io gli devo anche la mia vita, la mia sanità mentale”.
“Ma gli altri… perché gli altri…”
“Perché i weekend in un mese sono solo quattro, e non bastano. Ho l’affitto, le altre spese, andare avanti e indietro, le pillole del giorno dopo, pensare al futuro, perché ora ho capito che siamo appesi a un filo, e che solo un mucchio di soldi può riparare il punto dove si spezza”.
Scuoteva la testa. Nessuna ragione al mondo avrebbe mai potuto convincerlo, in nessuna parola che lei avesse ancora pronunciato avrebbe mai potuto credere. “Perché hai fatto tutto questo? Non c’era altro modo? Potevamo chiedere un prestito, tentare qualsiasi altra alternativa…”
Lei lo fronteggiò a muso duro, facendosi avanti come se dovesse passare alle mani. Si ritrasse da quella furia guerriera. Quante volte l'aveva vista così, quante volte si era rintanato con la coda tra le gambe – a uggiolare in attesa che si quietasse, implorando in silenzio affinché il suo sguardo posandosi su di lui lo consumasse come un filo d'erba in un incendio. Le guardò per un attimo le labbra e volle farle sue.
“Non c’erano alternative. Pensaci, e non potrai che darmi ragione. Qualsiasi altra scelta, e non avrei avuto modo di combattere il mondo se ci fosse crollato addosso. Prima, per quelle ragioni che ci impediscono di vedere più lontano, oltre l'ostacolo. Dopo, per quelle incomprensioni che ci soffocano l'anima e rendono impossibile riunirle insieme, soprattutto se le cose non sono andate come dovevano, se tutto è stato inutile”.
Tentava vanamente di trattenere le lacrime. Quante volte, per molto meno, si era rivoltato contro di lei, per delle stupidate, per delle banalità. Quante volte, soltanto per dimostrare di avere il coltello dalla parte del manico, pronto ad usarlo per ferire, anche se per impossessarsene aveva usato l'astuzia e la malafede.
“Allora non ho alcuna speranza? Non finirà mai tutto questo”.
“Tu accetteresti quello che le circostanze mi hanno costretta a diventare, sotto lo stesso tetto, dentro lo stesso letto? Baceresti queste labbra di cui ora conosci i misteri?”
Annuì. Barbara chinò il capo, appoggiò la fronte alla sua come sul solido muro che lui aveva smesso di essere. Con le dita sfiorò le sue guance in una carezza leggera, quasi inavvertita. Tornò a singhiozzare. Si mostrava debole qual era e quale si sentiva e voleva essere. Squarci di luce illuminavano l'oscurità in cui era vissuto lontano da lei. Aveva permesso che il mondo pesasse solo sulle sue spalle fin quasi a schiacciarla. “Non lo so quando finirà. Ma ora no, non può finire”.
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