La profezia della megera

di
genere
gay

Ero seduto di fronte al tavolo di legno consunto. La megera aveva confermato la mia paura: la mia ex amava un altro.
​"Tuttavia," aveva continuato, i suoi occhi vitrei. "Il destino non ti lascerà solo. Presto, conoscerai qualcuno. Una persona che incrocerà il tuo cammino e con cui inizierai una relazione... molto interessante."
​"Voglio il suo nome," ho chiesto.
​La megera si è sporta in avanti, il suo volto severo. Ha sussurrato la risposta, la sua voce era un sibilo.
​"Sarà una persona... di cui non ti aspetti nulla... e il cui nome finisce con la lettera..."
​"O."
​Il sibilo di quella singola lettera mi ha sbalordito.

​Nei giorni successivi, la mia mente rifiutava di considerare i nomi maschili comuni. Ero convinto che il nome dovesse essere raro.
​Una domenica pomeriggio, ero in una piccola libreria. Ho notato un uomo, più grande di me, con un sorriso troppo intenso, che mi fissava.
​"Sei troppo concentrato. Sai che la lettura ti isola dal mondo?"
​"Mi chiamo Pietro," ha detto, porgendomi la mano.
​Pietro. Un nome che finisce per 'O'.
​"Io... sono Sean," ho balbettato.
​Lui ha stretto la mia mano. "Spero di non sembrare troppo sfacciato, Sean, ma... sono gay. E mi piaci. Ti va di lasciare questo posto e andiamo a bere qualcosa, senza perdere tempo?"

​L'avances di Pietro era diretta, ma ho accettato l'invito.
​"Va bene," ho ceduto. "Un caffè."
​"Oh, invece sì che ne abbiamo fretta," ha risposto, stringendomi il braccio con una presa ferma. "Ma lo faremo al mio ritmo, non al tuo."

​Siamo entrati in un piccolo bar. Pietro ha ordinato due caffè e ha appoggiato sul tavolo una copia del suo nuovo libro: era uno scrittore di saggistica molto noto.
​L'uomo si è trasformato in un autore impeccabile. Mi ha fatto parlare del mio lavoro. La tensione sessuale tra noi era pazzesca proprio a causa di questa distanza professionale.
​"Sei molto diverso da come mi aspettavo," ho osato dire, indicando il libro.
​Pietro ha sorriso. "Sono molte cose, Sean. Ma il bello delle cose interessanti è che hanno bisogno di una base solida."
​Ha scritto una dedica sul libro e me lo ha spinto verso di me. "Così, almeno, non torni a casa senza niente."

​I giorni che separavano il caffè da Sabato Sera furono un esercizio di autocontrollo. Un pomeriggio, sono andato al supermercato. Il badge della commessa che si faceva chiamare Rosa recitava: Rosario.
​Rosario. Un nome ambiguo, che finisce per 'O'. Ho sperato fosse lei.
​"Rosario," ho detto, "saresti libera di uscire con me venerdì sera?"
​Lei mi ha guardato con un sorriso dispiaciuto. "Mi dispiace, Sean. Ormai sono impegnata. Hai aspettato troppo."
​Il mio cuore è affondato. Non era lei. La vera "O" mi stava aspettando.

​La chiamata è arrivata venerdì sera.
​"Ciao, Sean. Sono Pietro. Volevo assicurarmi che non avessi cambiato idea sulla cena di domani." La sua voce era bassa, profonda.
​"Non potrei cambiare idea," ho risposto.
​"Perfetto," ha detto Pietro. "Ti invio subito un messaggio con l'indirizzo e l'orario. Ti anticipo solo che l'appartamento è un po' nascosto, ma è un posto molto... interessante."

​Sabato sera, ho raggiunto il suo palazzo. Il pianerottolo era quasi completamente buio, illuminato da una lampada a olio.
​Pietro mi ha aperto. L'appartamento era ampio e minimalista, ma stranamente illuminato da faretti che creavano angoli d'ombra. Al posto dei quadri, c'era un piccolo tassidermia di corvo con gli occhi di vetro. L'odore era di carta antica, inchiostro e una nota di incenso—lo stesso odore della megera.
​"Mi piace la privacy," ha spiegato Pietro.
​VIII. Il Vino e il Gioco dell'Attesa
​"Accetto volentieri," ho risposto.
​Pietro ha sorriso. "Alla nostra conoscenza," ha sussurrato, sollevando il calice. "E a tutto ciò che è interessante."
​Il vino era potente e vellutato. L'odore dell'incenso si mescolava al bouquet.
​"L'odore dell'incenso," ho commentato.
​"Aiuta a concentrarsi e a bloccare le influenze esterne," ha finito Pietro. "Ma in questo momento, Sean, non vogliamo bloccare nulla, vero?"

​A cena, dopo aver parlato del più e del meno, Pietro ha interrotto il flusso casuale.
​"Parliamo di ciò che ti muove davvero. L'amore. O la sua assenza. Sei venuto qui dopo aver chiuso una storia, giusto?"
​Ho annuito.
​"Ho avuto una sola vera storia nella mia vita," ha continuato. "Il mio compagno era un pittore. Ci siamo amati per cinque anni. Ma lui non sopportava il mio successo. Così, due anni fa, ha deciso di lasciarmi per andarsene in un villaggio sul mare, sposando la sua migliore amica d'infanzia per 'normalizzarsi'."
​"Da allora," ha continuato Pietro, "se la passione non è così totale da distruggere le convenzioni, non mi interessa."

​Il silenzio si è fatto pesante. Pietro ha bevuto quasi metà del vino.
​"Bene," ha detto, con un tono improvvisamente leggero. "Ora parliamo del presente."
​Si è sporto in avanti.
​"Dimmi, Sean, dopo tutti questi mesi di fame, preferisci il sesso lento e romantico... o il sesso urgente e animalesco?"

​"Urgenza," ho risposto, la parola mi è uscita dalla gola. "Urgente e animalesco."
​Pietro non ha parlato. Ha afferrato il mio polso e mi ha tirato in piedi con sé. Il calice di vino è caduto e si è infranto. Non ci abbiamo fatto caso.
​Mi ha spinto all'indietro contro la parete più vicina della cucina. Il bacio che mi ha dato era esattamente come lo avevo immaginato: feroce e prepotente.

​Non c'era spazio per la gentilezza. Le nostre mani si sono trasformate in artigli che strappavano i tessuti. Ho tirato giù i suoi pantaloni e i miei boxer in un unico movimento.
​Pietro si è staccato dal bacio. "Eri pronto dal momento in cui hai accettato il mio libro," ha ansimato. "Non potevamo aspettare."
​Eravamo due corpi nudi, sudati e affannati, nel silenzio ombroso.

​Pietro si è inginocchiato davanti a me. Mi ha spinto in avanti, costringendomi ad appoggiarmi al ripiano freddo della cucina.
​Ha afferrato il mio cazzo, e ha avvicinato la bocca. Il contatto delle sue labbra calde, della sua lingua esperta, è stato devastante. Ho lasciato andare ogni resistenza.
​Pietro mi stava divorando. Le sue mani si muovevano sul mio sedere, mantenendomi immobile.
​Ho gridato il suo nome. Pietro ha ritirato la bocca, e mi ha guardato con gli occhi scuri e ardenti. "Non ora," ha ansimato. "Non così velocemente. Voglio l'atto."

​Pietro ha colto la mia esitazione. Mi ha spinto in avanti, i gomiti sul bancone. Ha ignorato l'olio per un istante.
​La sua lingua calda, umida, è arrivata senza preavviso sul mio ano. Ho sussultato, ma la sua lingua si è mossa con una consapevolezza che ha cancellato ogni pensiero.
​"Vedi?" ha sussurrato, la sua voce impastata contro la mia pelle. "È meraviglioso. Ora sei pronto per il mio cazzo."
​Pietro si è alzato. Ha afferrato l'olio d'oliva. Lo ha versato con generosità prima sulla sua mano e poi sulla mia apertura anale.

​Pietro non ha perso un attimo. Ho sentito il suo cazzo bollente premere contro di me.
​Pietro ha spinto. C'è stato un momento di dolore acuto e bruciante, ma Pietro ha sussurrato contro la mia nuca e ha spinto di nuovo.
​Il mio corpo si è aperto completamente per lui. Il dolore si è ritirato immediatamente. Pietro ha iniziato la penetrazione con un ritmo urgente e animalesco.
​Ho urlato, implorandolo di non fermarsi. Pietro ha emesso un ruggito rauco e è venuto dentro di me con una spinta finale. Il mio corpo l'ha seguito. Eravamo rimasti in piedi, ansimanti, il suo cazzo ancora completamente dentro il mio ano.

​Pietro si è sfilato da me e mi ha guidato alla doccia. Poi abbiamo finito la cena.
​Non appena l'ultimo boccone è stato mandato giù, la fame è tornata.
​Ho afferrato la mano di Pietro e l'ho tirato via dalla sedia. "Adesso lo faccio io."
​Siamo andati in camera da letto. Pietro si è messo a quattro zampe per me. Ho spinto con determinazione il mio cazzo fino a quando non sono scivolato completamente dentro il suo ano. Ho cominciato la penetrazione.
​Ho raggiunto il culmine, spingendo con forza e riempiendo il suo corpo.
​Dopo pochi minuti, il mio corpo ha iniziato a bruciare di un desiderio ancora più intenso. Mi sono girato.
​"Voglio che tu mi penetri di nuovo," ho sussurrato, la mia voce un miscuglio di imbarazzo e necessità. "Ancora. Adesso."
​Pietro mi ha guardato, un sorriso trionfante. "Come desideri, Sean. Sei mio."
​Mi ha spinto a pancia in giù sul letto. La sua penetrazione è stata piena, immediata e profonda. Ho gridato di piacere. L'orgasmo è arrivato violento, e Pietro mi ha seguito in un ruggito finale di piacere.
Eravamo distesi nudi sul letto, i corpi bagnati di sudore, la stanza avvolta nel silenzio. Pietro mi stringeva forte a sé.
​Ho ripercorso quelle giornate nella mia mente: la megera, la falsa pista di Rosario, il suo segreto, la sottomissione, il trionfo e la mia richiesta finale di essere penetrato ancora.
​Sono impazzito? mi sono chiesto, sentendo il calore del suo corpo contro il mio. Ho accettato di saltare in una relazione con un estraneo, in una notte, solo perché una megera ha sussurrato una vocale?
​Ho stretto Pietro a me, cercando una spiegazione razionale che non esisteva. Non era pazzia. Era destino.
​E in quell'istante di lucida stanchezza, la vera, finale e orribile consapevolezza mi ha colpito, risolvendo per sempre l'enigma della megera.
​La "O" non era solo la finale del nome di Pietro. Non era solo la sorpresa di un incontro inatteso. Non era un nome. La megera non aveva voluto che io indovinassi il nome.
​L'aveva detto chiaro, ma il mio cervello si era rifiutato di capire la volgarità, la sfrontatezza, la verità fisica della profezia.
​La "O" era la forma perfetta, geometrica, esplicita, dell'ano.
​Avevo trovato la mia "O," e l'avevo trovata nella forma più urgente e animalesca che si potesse desiderare.
scritto il
2025-11-27
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