Il teatro - Cap.2
di
Petulka
genere
orge
Mentre l'ultimo poliziotto svuotava la sua rabbia dentro di lei riempendola di sborra, Petra, incastrata tra il muro freddo e il corpo sudato dell'agente, sperimentò un'apocalisse sensoriale. L'orgasmo non fu un'onda, ma un'implosione. Partì da un punto situato tanto in profondità dentro di lei da sembrare esterno al suo stesso corpo, un epicentro di piacere puro e distruttivo. La contrazione iniziale fu così potente da strapparle un gemito che era quasi un ruggido. E poi, qualcosa di nuovo, di inimmaginabile, accadde.
Un calore intenso le pervase le mammelle, una pressione che le fece sentire i seni gonfiarsi, turgidi e doloranti. Con uno spasmo involontario, i suoi capezzoli si indurirono fino a diventare come punte di diamante e, sotto gli occhi sbalorditi degli uomini, due sottili getti bianchi e caldi schizzarono fuori, disegnando due archi lattei nell'aria polverosa del teatro. Era il suo latte, un nettare di pura estasi che le colava giù per il ventre, mescolandosi al sudore, allo sperma e alla fuliggine. La vista di quella produzione così vitale e oscena scatenò negli uomini un'ultima, violenta scarica di lussuria. La deposero a terra, su un tappeto di velluto bruciato, e la presero di nuovo. Due cazzi, spinti da una furia bestiale, cercarono di entrare contemporaneamente nella sua fica già lacerata, mentre altri due la sodomizzavano in tandem, riempiendola fino a un punto che sembrava impossibile.
Fu troppo. Il suo corpo, già portato al limite estremo, non riuscì a processare un'altra ondata di stimoli così violenta. Con un sussulto finale, un'ultima contrazione che le fece schizzare un'ultima goccia di latte, gli occhi di Petra rovesciarono all'indietro e ogni muscolo del suo corpo si rilassò. Collassò. Non era svenuta; era spenta. Un manichino di carne e ossa, immobile e silenzioso, con la bocca ancora aperta in un'urlo muto.
Il panico, freddo e improvviso, sostituì l'eccitazione. "Cazzo, l'abbiamo ammazzata," mormorò un poliziotto, tirando su i pantaloni con una fretta che era quasi pudore. Un pompiere, più pratico, già aveva il telefono in mano. "Chiamate un'ambulanza! Subito!"
L'ambulanza arrivò con le sirene spente, un fantasma bianco che si infilò nel buco creato dal caos. Ne scesero due medici rianimatori, un uomo e una donna, con caschi e occhiali protettivi che nascondevano le loro espressioni. Si avvicinarono al corpo immobile di Petra con un'aria professionale che strideva con la scena depravata. "Non ha respiro, non ha polso," sentenziò la donna, controllandole le pupille dilatate. "È in arresto cardiaco. Preparate il defibrillatore."
Ma l'uomo, un uomo più anziano con i baffi grigi e occhi che sembravano aver visto tutto, la fermò con un gesto. "Aspetta, dottoressa. Guarda." Indicò il corpo di Petra. Non era solo immobile. Era ancora incredibilmente caldo, la sua pelle arrossata e sudata, e un lieve, quasi impercettibile tremore le percorreva ancora le cosce. "Non è un arresto tipico. È... un sovraccarico sistemico. Il sistema nervoso centrale è andato in tilt per uno stimolo eccessivo."
La dottoressa lo guardò perplessa. "E cosa proponi, dottore? L'adrenalina? L'atropina?"
L'uomo si chinò, un sorriso strano e quasi compassionevole sul volto. "No, dottoressa. Si combatte il fuoco con il fuoco. O meglio, il vuoto con il pieno. Ha collassato perché il suo corpo ha raggiunto un picco di stimolazione che non poteva sostenere. Per rianimarla, dobbiamo darle... una continuità. Dobbiamo convincerlo che il picco non è finito." Con una calma agghiacciante, si aprì il pantaloni della tuta. Il suo cazzo era già semi-eretto, un pezzo di carne robusto e professionale. "Questo non è un massaggio cardiaco, dottoressa. È una rianimazione organica. La stimolazione meccanica diretta degli organi pelvici può, in certi casi estremi, innescare un riflesso vagale inverso. È... una procedura non ortodossa, ma ho letto studi."
La dottoressa rimase a bocca aperta per un istante, poi un lampo di comprensione, forse di perversa curiosità, le attraversò il viso. Annui lentamente. Si inginocchiò accanto a Petra, le sue dita da medico che iniziarono a massaggiare il clitoride gonfio e indolenzito della donna con una precisione clinica. L'uomo, intanto, si posizionò tra le gambe di Petra e, con una lentezza quasi religiosa, la penetrò. Non era uno stupro, era un intervento. Un cazzo che funzionava come uno strumento medico.
"Continua," sussurrò l'uomo, iniziando un ritmo lento e costante, un battito cardiaco fatto di carne. "Dobbiamo mantenere lo stimolo costante, non picchi, ma una pressione continua." La dottoressa obbedì, i suoi movimenti più rapidi, più precisi, mentre con l'altra mano le pinzava un capezzolo, ancora umido di latte. "Vedo una reazione," disse, la sua voce ora un sussurro eccitato. "C'è una contrazione uterina..."
Petra, nel suo vuoto, iniziò a sentire qualcosa. Non era un ritorno alla coscienza, ma un'eco. Un battito ritmico e caldo che la richiamava dal nulla. Sentiva una pressione, un'onda di calore che si diffondeva dal suo centro. Il suo corpo, istintivamente, rispose. Un piccolo gemito le sfuggì dalle labbra.
"L'ha sentita!" esclamò l'uomo, accelerando leggermente il ritmo. "Il suo corpo sta rispondendo! Sta cercando di riallinearsi!" La scena era surreale: due medici in piena regola, che praticavano una forma di rianimazione sessuale su una donna in mezzo alle rovine di un'orgia, sotto lo sguardo sbigottito di poliziotti e pompieri.
Poi, l'incredibile. Un respiro profondo, affannoso, riempì i polmoni di Petra. Le sue palpebre tremarono e si aprirono, rivelando occhi vitrei e confusi. Era viva. Non era tornata in sé, era tornata nel corpo. Il suo corpo era tornato a essere il suo universo, un universo di dolore e piacere.
I medici si tirarono indietro, il loro compito apparentemente compiuto. Ma Petra, nel suo ritorno, non vide dei salvatori. Vide solo due nuove fonti di piacere. Con un movimento sorprendentemente forte, afferrò la polsone della dottoressa, tirandola verso di sé. "Ancora..." sussurrò, la sua voce un roco filo di voce. "Non fermatevi..."
L'uomo, vedendo la sua "paziente" così reattiva, non si fece pregare. La prese di nuovo, con più forza questa volta, mentre la dottoressa, dopo un momento di esitazione, si lasciò andare, baciandola con una fame che era sia clinica che animalesca. Petra era viva. E più viva che mai, pronta per un nuovo ciclo.
Lo spettacolo della "rianimazione" aveva infranto ogni barriera rimasta. I pompieri e i poliziotti, che poco prima avevano temuto di averla uccisa, ora osservavano la scena con un'ammirazione febbrile. La dottoressa, con la sua tuta bianca ora sporca di fuliggine e desiderio, stava cavalcando il viso di Petra, le sue labbra che si univano a quelle della paziente in un bacio famelico, mentre il dottore la martellava da dietro con una precisione chirurgica che era al contempo selvaggia. Vedere Petra, che doveva essere rianimata, ora affamare di nuovo, fu la conferma che non era una donna, ma un'entità, una personificazione della lussuria stessa.
"Ve l'avevo detto che era una troia insaziabile," mormorò un pompiere, aggiustandosi il cazzo già duro di nuovo. La frase fu il segnale. Come un branco di animali che riottiene il coraggio dopo un momento di paura, si avventarono di nuovo su di lei. Ma stavolta, non c'era più rabbia, né violenza brutale. C'era una sorta di reverenza deviata, un desiderio di partecipare al miracolo, di essere parte della sua resurrezione carnale.
La strapparono via di mano ai medici, che caddero indietro, esausti e sbigottiti. La deposero sul palco principale, ora un'arena di legno scivoloso e sudato. E poi iniziò la costruzione del nuovo altare. Due dei più grossi pompieri la sollevarono, facendola sedere sulle loro cosce, mentre le allargavano le gambe. Con un movimento coordinato che sembrava un'esercitazione, entrambi infilarono i loro cazzi nella sua fica già aperta e bagnata. Petra urlò, un suono puro e acuto di dolore e piacere supremo. Sentiva la sua vagina dilatarsi fino a un limite che credeva impossibile, le pareti che si tendevano per accogliere quella doppia invasione. "Sì! RIEMPITEMI! TUTTA!" gridò, la sua voce che echeggiava nel teatro vuoto.
Mentre la sua fica era così occupata, altri due uomini si posizionarono dietro di lei. Uno le divaricò le chiappe con una forza quasi gentile, mentre l'altro guidava il suo cazzo verso il suo culo. Entrarono insieme, una lenta e inesorabile pressione che le fece perdere il fiato. La doppia penetrazione anale la fece sentire completa, un contenitore la cui unica funzione era essere riempito. Due cazzi in fica, due nel culo. Era un'impronta di carne, un sigillo di lussuria.
Ma non era finita. Un poliziotto, con un cazzo incredibilmente lungo e sottile, si arrampicò su una sedia e le offrì il suo cazzo alla bocca. Petra lo prese con avidità, succhiandolo come se fosse la sua ultima stilla di ossigeno. Un altro, non trovando posto, si infilò sotto di lei, posizionando il suo cazzo rigido tra le sue tette enormi e sudate, stringendole intorno al suo membro mentre Petra spingeva il seno su e giù in un ritmo frenetico.
Sette cazzi. Sette uomini che la possedevano simultaneamente, un'orchestra di carne che suonava la sinfonia della sua totale e assoluta sottomissione. Il suo corpo non era più suo. Era un'installazione vivente di piacere, un centro nevralgico di una decina di corpi che si muovevano in un'unica, pulsante entità.
"SCOPATEMI! MAIALI! SBORRATE DENTRO DI ME! VOGLIO SENTIRMI RIEMPIRE FINO A ESPLODERE! SONO UNA VACCA, VOGLIO TUTTI I CAZZI DEL MONDO!" urlava, le sue parole quasi incomprensibili tra i gemiti e i colpi dei cazzi durissimi..
Le sborrate iniziarono come un'apocalisse. Uno dei pompieri nella sua fica le scaricò dentro un getto bollente così potente che Petra sentì lo sperma colarle fin dentro le tube, un caldo che le raggiunse l'utero. Pochi istanti dopo, l'altro le inondò il canale, mescolando il suo sperma con quello del compagno. Quelli nel suo culo vennero quasi contemporaneamente, un'inondazione doppia che le fece gonfiare la pancia, un calore che si diffondeva in tutto il suo addome. Quello nella sua bocca la costrinse a inghiottare, un fiume che le colava giù per la gola, mentre quello tra le sue tette la ricoprì di schizzi caldi e appiccicosi che le raggiunsero il mento.
La sensazione di essere riempita così completamente, da così tanti uomini, scatenò in lei l'orgasmo definitivo. Non fu un'esplosione, ma un'implosione totale. Il suo corpo si tese come una corda di violino, gli occhi si richiusero e un urlo silenzioso le si formò in gola. Le convulsioni non erano più tremori, ma scosse violente e incontrollabili. Il suo corpo si contorse in posizioni innaturali, un'arcata di pura energia che la scosse fino al midollo. E poi, con un ultimo, lungo lamento, collassò di nuovo. Svenne, non più per la stanchezza, ma per un eccesso di coscienza, per un piacere così totale da essere insostenibile per la sua mente umana.
Stavolta, il panico era reale. "Basta, basta! Adesso basta!" urlò il dottore, spingendo via gli uomini che la guardavano con un misto di stupore e timore. "È in coma! Dobbiamo portarla via, subito!" Con l'aiuto di un poliziotto, la caricarono sulla barella, un cumulo di carne immobile, stillante sperma e vita. La caricarono nell'ambulanza, che partì a sirene spiegate, un veicolo di fuga verso un nuovo, più strano destino.
Petra si risvegliò non in una stanza d'ospedale, ma in uno spazio che sembrava un ibrido tra una sala operatoria e una suite di lusso. Le pareti erano di un bianco sterile, ma il letto era rivestito di seta nera. Delle macchine silenziose, con luci blu, monitoravano i suoi segni vitali, ma non c'erano flebo né cannule. Accanto al letto, i due medici la attendevano. Indossavano camice bianchi immacolati, ma sotto i loro occhi brillava una luce nuova.
"Benvenuta nel Reparto di Rianimazione Sessuale, signorina Petra," disse il dottore, con un sorriso che era allo stesso tempo professionale e predatorio. "Ha avuto un collasso da sovraccarico orgasmico. Un caso affascinante. Il suo sistema nervoso centrale si è arreso per proteggersi da un piacere che il suo cervello non poteva più processare."
La dottoressa si avvicinò, il suo toccio fresco che le sfiorava la fronte. "Ma non si preoccupi. Qui non la cureremo. La... addestriremo. La adatteremo. Attraverso una serie di stimolazioni controllate, neuro-risonanza sessuale e terapia elettro-orgasmica, le insegneremo a gestire picchi di piacere sempre più alti. La trasformeremo in un essere capace di sostenere un orgasmo infinito senza perdere coscienza."
Petra li guardò, il suo corpo ancora dolorante, ma già un nuovo calore che le si diffondeva nell'inguine. Capì. Non era stata salvata. Era stata catturata. Era finita in un paradiso che era anche una prigione, un laboratorio dove lei era il soggetto del più perverso degli esperimenti. E mentre la dottoressa le accarezzava il clitoride con un piccolo elettrodo che emise un lieve ronzio, Petra sorrise. La sua nuova avventura erotica era appena iniziata.
Un calore intenso le pervase le mammelle, una pressione che le fece sentire i seni gonfiarsi, turgidi e doloranti. Con uno spasmo involontario, i suoi capezzoli si indurirono fino a diventare come punte di diamante e, sotto gli occhi sbalorditi degli uomini, due sottili getti bianchi e caldi schizzarono fuori, disegnando due archi lattei nell'aria polverosa del teatro. Era il suo latte, un nettare di pura estasi che le colava giù per il ventre, mescolandosi al sudore, allo sperma e alla fuliggine. La vista di quella produzione così vitale e oscena scatenò negli uomini un'ultima, violenta scarica di lussuria. La deposero a terra, su un tappeto di velluto bruciato, e la presero di nuovo. Due cazzi, spinti da una furia bestiale, cercarono di entrare contemporaneamente nella sua fica già lacerata, mentre altri due la sodomizzavano in tandem, riempiendola fino a un punto che sembrava impossibile.
Fu troppo. Il suo corpo, già portato al limite estremo, non riuscì a processare un'altra ondata di stimoli così violenta. Con un sussulto finale, un'ultima contrazione che le fece schizzare un'ultima goccia di latte, gli occhi di Petra rovesciarono all'indietro e ogni muscolo del suo corpo si rilassò. Collassò. Non era svenuta; era spenta. Un manichino di carne e ossa, immobile e silenzioso, con la bocca ancora aperta in un'urlo muto.
Il panico, freddo e improvviso, sostituì l'eccitazione. "Cazzo, l'abbiamo ammazzata," mormorò un poliziotto, tirando su i pantaloni con una fretta che era quasi pudore. Un pompiere, più pratico, già aveva il telefono in mano. "Chiamate un'ambulanza! Subito!"
L'ambulanza arrivò con le sirene spente, un fantasma bianco che si infilò nel buco creato dal caos. Ne scesero due medici rianimatori, un uomo e una donna, con caschi e occhiali protettivi che nascondevano le loro espressioni. Si avvicinarono al corpo immobile di Petra con un'aria professionale che strideva con la scena depravata. "Non ha respiro, non ha polso," sentenziò la donna, controllandole le pupille dilatate. "È in arresto cardiaco. Preparate il defibrillatore."
Ma l'uomo, un uomo più anziano con i baffi grigi e occhi che sembravano aver visto tutto, la fermò con un gesto. "Aspetta, dottoressa. Guarda." Indicò il corpo di Petra. Non era solo immobile. Era ancora incredibilmente caldo, la sua pelle arrossata e sudata, e un lieve, quasi impercettibile tremore le percorreva ancora le cosce. "Non è un arresto tipico. È... un sovraccarico sistemico. Il sistema nervoso centrale è andato in tilt per uno stimolo eccessivo."
La dottoressa lo guardò perplessa. "E cosa proponi, dottore? L'adrenalina? L'atropina?"
L'uomo si chinò, un sorriso strano e quasi compassionevole sul volto. "No, dottoressa. Si combatte il fuoco con il fuoco. O meglio, il vuoto con il pieno. Ha collassato perché il suo corpo ha raggiunto un picco di stimolazione che non poteva sostenere. Per rianimarla, dobbiamo darle... una continuità. Dobbiamo convincerlo che il picco non è finito." Con una calma agghiacciante, si aprì il pantaloni della tuta. Il suo cazzo era già semi-eretto, un pezzo di carne robusto e professionale. "Questo non è un massaggio cardiaco, dottoressa. È una rianimazione organica. La stimolazione meccanica diretta degli organi pelvici può, in certi casi estremi, innescare un riflesso vagale inverso. È... una procedura non ortodossa, ma ho letto studi."
La dottoressa rimase a bocca aperta per un istante, poi un lampo di comprensione, forse di perversa curiosità, le attraversò il viso. Annui lentamente. Si inginocchiò accanto a Petra, le sue dita da medico che iniziarono a massaggiare il clitoride gonfio e indolenzito della donna con una precisione clinica. L'uomo, intanto, si posizionò tra le gambe di Petra e, con una lentezza quasi religiosa, la penetrò. Non era uno stupro, era un intervento. Un cazzo che funzionava come uno strumento medico.
"Continua," sussurrò l'uomo, iniziando un ritmo lento e costante, un battito cardiaco fatto di carne. "Dobbiamo mantenere lo stimolo costante, non picchi, ma una pressione continua." La dottoressa obbedì, i suoi movimenti più rapidi, più precisi, mentre con l'altra mano le pinzava un capezzolo, ancora umido di latte. "Vedo una reazione," disse, la sua voce ora un sussurro eccitato. "C'è una contrazione uterina..."
Petra, nel suo vuoto, iniziò a sentire qualcosa. Non era un ritorno alla coscienza, ma un'eco. Un battito ritmico e caldo che la richiamava dal nulla. Sentiva una pressione, un'onda di calore che si diffondeva dal suo centro. Il suo corpo, istintivamente, rispose. Un piccolo gemito le sfuggì dalle labbra.
"L'ha sentita!" esclamò l'uomo, accelerando leggermente il ritmo. "Il suo corpo sta rispondendo! Sta cercando di riallinearsi!" La scena era surreale: due medici in piena regola, che praticavano una forma di rianimazione sessuale su una donna in mezzo alle rovine di un'orgia, sotto lo sguardo sbigottito di poliziotti e pompieri.
Poi, l'incredibile. Un respiro profondo, affannoso, riempì i polmoni di Petra. Le sue palpebre tremarono e si aprirono, rivelando occhi vitrei e confusi. Era viva. Non era tornata in sé, era tornata nel corpo. Il suo corpo era tornato a essere il suo universo, un universo di dolore e piacere.
I medici si tirarono indietro, il loro compito apparentemente compiuto. Ma Petra, nel suo ritorno, non vide dei salvatori. Vide solo due nuove fonti di piacere. Con un movimento sorprendentemente forte, afferrò la polsone della dottoressa, tirandola verso di sé. "Ancora..." sussurrò, la sua voce un roco filo di voce. "Non fermatevi..."
L'uomo, vedendo la sua "paziente" così reattiva, non si fece pregare. La prese di nuovo, con più forza questa volta, mentre la dottoressa, dopo un momento di esitazione, si lasciò andare, baciandola con una fame che era sia clinica che animalesca. Petra era viva. E più viva che mai, pronta per un nuovo ciclo.
Lo spettacolo della "rianimazione" aveva infranto ogni barriera rimasta. I pompieri e i poliziotti, che poco prima avevano temuto di averla uccisa, ora osservavano la scena con un'ammirazione febbrile. La dottoressa, con la sua tuta bianca ora sporca di fuliggine e desiderio, stava cavalcando il viso di Petra, le sue labbra che si univano a quelle della paziente in un bacio famelico, mentre il dottore la martellava da dietro con una precisione chirurgica che era al contempo selvaggia. Vedere Petra, che doveva essere rianimata, ora affamare di nuovo, fu la conferma che non era una donna, ma un'entità, una personificazione della lussuria stessa.
"Ve l'avevo detto che era una troia insaziabile," mormorò un pompiere, aggiustandosi il cazzo già duro di nuovo. La frase fu il segnale. Come un branco di animali che riottiene il coraggio dopo un momento di paura, si avventarono di nuovo su di lei. Ma stavolta, non c'era più rabbia, né violenza brutale. C'era una sorta di reverenza deviata, un desiderio di partecipare al miracolo, di essere parte della sua resurrezione carnale.
La strapparono via di mano ai medici, che caddero indietro, esausti e sbigottiti. La deposero sul palco principale, ora un'arena di legno scivoloso e sudato. E poi iniziò la costruzione del nuovo altare. Due dei più grossi pompieri la sollevarono, facendola sedere sulle loro cosce, mentre le allargavano le gambe. Con un movimento coordinato che sembrava un'esercitazione, entrambi infilarono i loro cazzi nella sua fica già aperta e bagnata. Petra urlò, un suono puro e acuto di dolore e piacere supremo. Sentiva la sua vagina dilatarsi fino a un limite che credeva impossibile, le pareti che si tendevano per accogliere quella doppia invasione. "Sì! RIEMPITEMI! TUTTA!" gridò, la sua voce che echeggiava nel teatro vuoto.
Mentre la sua fica era così occupata, altri due uomini si posizionarono dietro di lei. Uno le divaricò le chiappe con una forza quasi gentile, mentre l'altro guidava il suo cazzo verso il suo culo. Entrarono insieme, una lenta e inesorabile pressione che le fece perdere il fiato. La doppia penetrazione anale la fece sentire completa, un contenitore la cui unica funzione era essere riempito. Due cazzi in fica, due nel culo. Era un'impronta di carne, un sigillo di lussuria.
Ma non era finita. Un poliziotto, con un cazzo incredibilmente lungo e sottile, si arrampicò su una sedia e le offrì il suo cazzo alla bocca. Petra lo prese con avidità, succhiandolo come se fosse la sua ultima stilla di ossigeno. Un altro, non trovando posto, si infilò sotto di lei, posizionando il suo cazzo rigido tra le sue tette enormi e sudate, stringendole intorno al suo membro mentre Petra spingeva il seno su e giù in un ritmo frenetico.
Sette cazzi. Sette uomini che la possedevano simultaneamente, un'orchestra di carne che suonava la sinfonia della sua totale e assoluta sottomissione. Il suo corpo non era più suo. Era un'installazione vivente di piacere, un centro nevralgico di una decina di corpi che si muovevano in un'unica, pulsante entità.
"SCOPATEMI! MAIALI! SBORRATE DENTRO DI ME! VOGLIO SENTIRMI RIEMPIRE FINO A ESPLODERE! SONO UNA VACCA, VOGLIO TUTTI I CAZZI DEL MONDO!" urlava, le sue parole quasi incomprensibili tra i gemiti e i colpi dei cazzi durissimi..
Le sborrate iniziarono come un'apocalisse. Uno dei pompieri nella sua fica le scaricò dentro un getto bollente così potente che Petra sentì lo sperma colarle fin dentro le tube, un caldo che le raggiunse l'utero. Pochi istanti dopo, l'altro le inondò il canale, mescolando il suo sperma con quello del compagno. Quelli nel suo culo vennero quasi contemporaneamente, un'inondazione doppia che le fece gonfiare la pancia, un calore che si diffondeva in tutto il suo addome. Quello nella sua bocca la costrinse a inghiottare, un fiume che le colava giù per la gola, mentre quello tra le sue tette la ricoprì di schizzi caldi e appiccicosi che le raggiunsero il mento.
La sensazione di essere riempita così completamente, da così tanti uomini, scatenò in lei l'orgasmo definitivo. Non fu un'esplosione, ma un'implosione totale. Il suo corpo si tese come una corda di violino, gli occhi si richiusero e un urlo silenzioso le si formò in gola. Le convulsioni non erano più tremori, ma scosse violente e incontrollabili. Il suo corpo si contorse in posizioni innaturali, un'arcata di pura energia che la scosse fino al midollo. E poi, con un ultimo, lungo lamento, collassò di nuovo. Svenne, non più per la stanchezza, ma per un eccesso di coscienza, per un piacere così totale da essere insostenibile per la sua mente umana.
Stavolta, il panico era reale. "Basta, basta! Adesso basta!" urlò il dottore, spingendo via gli uomini che la guardavano con un misto di stupore e timore. "È in coma! Dobbiamo portarla via, subito!" Con l'aiuto di un poliziotto, la caricarono sulla barella, un cumulo di carne immobile, stillante sperma e vita. La caricarono nell'ambulanza, che partì a sirene spiegate, un veicolo di fuga verso un nuovo, più strano destino.
Petra si risvegliò non in una stanza d'ospedale, ma in uno spazio che sembrava un ibrido tra una sala operatoria e una suite di lusso. Le pareti erano di un bianco sterile, ma il letto era rivestito di seta nera. Delle macchine silenziose, con luci blu, monitoravano i suoi segni vitali, ma non c'erano flebo né cannule. Accanto al letto, i due medici la attendevano. Indossavano camice bianchi immacolati, ma sotto i loro occhi brillava una luce nuova.
"Benvenuta nel Reparto di Rianimazione Sessuale, signorina Petra," disse il dottore, con un sorriso che era allo stesso tempo professionale e predatorio. "Ha avuto un collasso da sovraccarico orgasmico. Un caso affascinante. Il suo sistema nervoso centrale si è arreso per proteggersi da un piacere che il suo cervello non poteva più processare."
La dottoressa si avvicinò, il suo toccio fresco che le sfiorava la fronte. "Ma non si preoccupi. Qui non la cureremo. La... addestriremo. La adatteremo. Attraverso una serie di stimolazioni controllate, neuro-risonanza sessuale e terapia elettro-orgasmica, le insegneremo a gestire picchi di piacere sempre più alti. La trasformeremo in un essere capace di sostenere un orgasmo infinito senza perdere coscienza."
Petra li guardò, il suo corpo ancora dolorante, ma già un nuovo calore che le si diffondeva nell'inguine. Capì. Non era stata salvata. Era stata catturata. Era finita in un paradiso che era anche una prigione, un laboratorio dove lei era il soggetto del più perverso degli esperimenti. E mentre la dottoressa le accarezzava il clitoride con un piccolo elettrodo che emise un lieve ronzio, Petra sorrise. La sua nuova avventura erotica era appena iniziata.
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