Una notte
di
Ripe (with decay)
genere
sentimentali
La vita di Anna è triste e penosa. Lei non vuole riconoscerlo ma un istinto insidioso le ha occupato l’animo ormai, rendendole tutto più difficile.
Sposata da dieci anni, dopo cinque di fidanzamento. Due figli, che ama più di ogni altra cosa. Quel marito, che ama e a cui è devota. Ma dai figli e dal marito si sente divorata, come se il tempo che le è dato fosse stato tutto devoluto al culto della famiglia.
Anna lavora con vigore e ottimi risultati, segue i bambini, cura in ogni aspetto il rapporto con l’uomo a cui ha deciso di legarsi per sempre ma in cuor suo non è felice. E se qualcuno le domandasse perché non saprebbe come rispondere.
Sa solo che tutte le piccole minuziose azioni susseguite una dopo l’altra con l'obiettivo di costruire quell’unica notte dipendono dall’assoluta insoddisfazione che prova.
Per mesi ha fatto la cresta, come si dice. Anna guadagna e guadagna bene, anche più di Luca, che a volte soffrendo di questo stato di minorità la rimprovera per la minima mancanza.
Avrebbe potuto farne a meno. Avrebbe potuto rivendicare ogni spesa fatta per sé, dopo che per quindici anni ha rinunciato a tutto ed è pronta a tutto rinunciare per altri quindici, o trenta, se necessario. Ma si sente in torto a voler difendere le proprie debolezze, le frivolezze in cui indulge.
Che poi sono quelle piccole trappole consumistiche a cui tante donne acconsentono. Trappole di vanità: borse, scarpe, abbigliamento di pregio, gioielli. Tutto normale, se quelle cose che ha comprato non fossero rimaste sempre chiuse nel cassetto attendendo di essere scoperte tutte insieme, indossate tutte insieme, quella notte che verrà. E che non appartengono ai suoi gusti di moglie e di madre.
Non ha mai posseduto bellezze del genere. Casualmente ha scoperto di avere buon gusto. Spiccioli di tempo rubati al tram tram di tutti i giorni per osservare, vagliare, decidere, scegliere, comprare. Prima fuori, il naso incollato alla vetrine; poi facendo la prova dal vivo, allietata dai complimenti sinceri dei commessi di fronte al suo gusto.
O sì. Come lo sguardo malizioso della ragazza a cui ha chiesto di esaminare un pezzo di lingerie particolarmente provocante. “Le starebbe benissimo indosso” ha ammesso, e c’era una luce nei suoi occhi, si sentiva spogliata. Al punto da avere il dubbio che fosse sessualmente coinvolta.
E poi le scarpe. Blu elettriche. Tacchi a spillo da dodici. Per essere sicura di poterle indossare. Avanti e indietro durante i pochi momenti di quiete, quando gli altri sono già usciti tutti. Avanti e indietro, ancheggiando.
E il trucco. L’amica a darle consigli, a far le prove. “Sei bellissima”. Sincera. Come fosse la prima volta che la vede.
E l’elegante gioielliere, aiutandola ad agganciare la collana: “Lei è una intenditrice, non avrei saputo consigliare meglio”. Senza ombra di piaggeria. “Si sposa magnificamente con il colore dei suoi occhi”. Non osa confessare che sono quindici anni che non usa gioielli, o solo quei pochi che le ha regalato Luca e che accolgono la sua approvazione.
E davanti allo specchio, con l’abito lungo dall’ampia scollatura, lo spacco sul lato a scoprire una gamba. Lo sguardo incantato del ragazzo, in preda all’imbarazzo, che non spiccica parola.
Tutto febbrilmente cercato e voluto per quell’unica sera.
E quando quella sera arriva, si sente pronta, anche se è spaventata.
Ha confidato di assentarsi per raggiungere l’amica malata. L’amica sa, e sta al gioco. In casa di lei ha nascosto la sua seconda natura. E quando quella natura irrompe nella camera da letto l’amica sussurra “Farei l’amore con te”. “Non essere sciocca” risponde, e intanto arrossisce: apprezza il complimento. È così eccitata che farebbe a meno di quella notte per essere spogliata con gli occhi e con le mani da lei ed essere amata nel suo letto fino al mattino.
Si ammira allo specchio.
È lei? È veramente lei?
Non si riconosce. Sono passati quindici anni da quando si è vista così. Da allora è stata un’altra, un’altra che è lei come le circostanze l’hanno trasformata, costretta a diventare – ma non è lei.
Ha preso a nolo una macchina. È una berlina di lusso che le procura sensi di colpa. Tutto la riempie di sensi di colpa.
Il lounge è allagato di luci soffuse. Molte ragazze, e donne mature animate dai suoi stessi pensieri, dai suoi sensi di colpa, dal desiderio di sbarrar loro la strada anche per una sera soltanto. Non chiedono tanto.
Siede a un tavolo e non permette al primo venuto di occupare il posto accanto a lei.
Nella folla intravede un uomo. Il volto gioviale, l’espressione che ispira fiducia, il portamento sicuro la fanno fremere di impazienza. Sa che sarà lui.
I loro occhi si incrociano. Lo sconosciuto accenna un sorriso e un brindisi lontano. Anna annuisce. Dopo poco la raggiunge un cameriere con l’offerta. Bevendo e accettando, lui si fa incontro. “Ciao” le dice porgendo la mano. “Mi chiamo Francesco. Sola?”. Annuisce di nuovo. “Anch’io”.
Al secondo brindisi struscia il piede nudo sulla sua gamba, infila la mano nel cavallo dei calzoni. Francesco quasi sussulta per la sorpresa. “Andiamo” lo implora.
In auto si baciano per un tempo infinito. La mano che le accarezza la coscia accavallata la riempie di calore e di brividi. Si scosta, alza la gonna, gli offre il suo sesso nudo. Le dita di quella mano maschile sono gentili mentre la masturbano. Lo sbottona, libera il membro: è il doppio di quello di Luca. Ha scelto bene. La fellatio si conclude con un’eiaculazione che lei assapora fino all’ultima goccia. Poi lo gira sotto di sé sul sedile abbattuto e inizia a scoparlo, scegliendo il ritmo giusto per non venire troppo presto. Lui alla fine la trascina fuori, la piega contro il cofano, la riempie di sé sbattendola con la foga di un amante perduto. Anna geme e urla, e non c’è finzione, solo piacere. C’è tutta sé stessa in quelle urla. Sa che dopo quella lei scomparirà, forse per sempre. Sono urla liberatorie, ma anche il lamento funebre per il proprio smarrimento, per la perdita definitiva di quella donna segreta che vive dentro di lei.
La notte finisce, l’alba annuncia il ritorno.
Davanti allo specchio, sola, indisturbata, si spoglia.
Via l'abito, e le scarpe, e la lingerie. Si strucca con al collo la collana, al polso il braccialetto. Vezzo innocente. Quando anche quelli sono stati riposti, l’ombra che l’ha accompagnata negli ultimi quindici anni facendosi sempre più reale, più insistente, è definitivamente scomparsa.
Mette tutto via. Non aprirà mai più quei pacchi che ha donato alla parte di sé che ora non esiste più.
Quella sera con tutta la famiglia al completo è allegra e felice. Anche Luca se ne accorge. “Sembri più giovane” le confessa, e poi da parte, a bassa voce: “E sei più bella che mai”.
“Avanti” lo rimprovera scherzosamente. “Mangiamo prima che si freddi”. Sorniona: “Poi mettiamo i bambini a letto”.
Nella penombra del corridoio guarda di nascosto suo marito cantare la ninnananna con voce stonata, e i bambini dopo averlo deriso addormentarsi piano piano.
Anna sa che non deve più nascondersi.
Sposata da dieci anni, dopo cinque di fidanzamento. Due figli, che ama più di ogni altra cosa. Quel marito, che ama e a cui è devota. Ma dai figli e dal marito si sente divorata, come se il tempo che le è dato fosse stato tutto devoluto al culto della famiglia.
Anna lavora con vigore e ottimi risultati, segue i bambini, cura in ogni aspetto il rapporto con l’uomo a cui ha deciso di legarsi per sempre ma in cuor suo non è felice. E se qualcuno le domandasse perché non saprebbe come rispondere.
Sa solo che tutte le piccole minuziose azioni susseguite una dopo l’altra con l'obiettivo di costruire quell’unica notte dipendono dall’assoluta insoddisfazione che prova.
Per mesi ha fatto la cresta, come si dice. Anna guadagna e guadagna bene, anche più di Luca, che a volte soffrendo di questo stato di minorità la rimprovera per la minima mancanza.
Avrebbe potuto farne a meno. Avrebbe potuto rivendicare ogni spesa fatta per sé, dopo che per quindici anni ha rinunciato a tutto ed è pronta a tutto rinunciare per altri quindici, o trenta, se necessario. Ma si sente in torto a voler difendere le proprie debolezze, le frivolezze in cui indulge.
Che poi sono quelle piccole trappole consumistiche a cui tante donne acconsentono. Trappole di vanità: borse, scarpe, abbigliamento di pregio, gioielli. Tutto normale, se quelle cose che ha comprato non fossero rimaste sempre chiuse nel cassetto attendendo di essere scoperte tutte insieme, indossate tutte insieme, quella notte che verrà. E che non appartengono ai suoi gusti di moglie e di madre.
Non ha mai posseduto bellezze del genere. Casualmente ha scoperto di avere buon gusto. Spiccioli di tempo rubati al tram tram di tutti i giorni per osservare, vagliare, decidere, scegliere, comprare. Prima fuori, il naso incollato alla vetrine; poi facendo la prova dal vivo, allietata dai complimenti sinceri dei commessi di fronte al suo gusto.
O sì. Come lo sguardo malizioso della ragazza a cui ha chiesto di esaminare un pezzo di lingerie particolarmente provocante. “Le starebbe benissimo indosso” ha ammesso, e c’era una luce nei suoi occhi, si sentiva spogliata. Al punto da avere il dubbio che fosse sessualmente coinvolta.
E poi le scarpe. Blu elettriche. Tacchi a spillo da dodici. Per essere sicura di poterle indossare. Avanti e indietro durante i pochi momenti di quiete, quando gli altri sono già usciti tutti. Avanti e indietro, ancheggiando.
E il trucco. L’amica a darle consigli, a far le prove. “Sei bellissima”. Sincera. Come fosse la prima volta che la vede.
E l’elegante gioielliere, aiutandola ad agganciare la collana: “Lei è una intenditrice, non avrei saputo consigliare meglio”. Senza ombra di piaggeria. “Si sposa magnificamente con il colore dei suoi occhi”. Non osa confessare che sono quindici anni che non usa gioielli, o solo quei pochi che le ha regalato Luca e che accolgono la sua approvazione.
E davanti allo specchio, con l’abito lungo dall’ampia scollatura, lo spacco sul lato a scoprire una gamba. Lo sguardo incantato del ragazzo, in preda all’imbarazzo, che non spiccica parola.
Tutto febbrilmente cercato e voluto per quell’unica sera.
E quando quella sera arriva, si sente pronta, anche se è spaventata.
Ha confidato di assentarsi per raggiungere l’amica malata. L’amica sa, e sta al gioco. In casa di lei ha nascosto la sua seconda natura. E quando quella natura irrompe nella camera da letto l’amica sussurra “Farei l’amore con te”. “Non essere sciocca” risponde, e intanto arrossisce: apprezza il complimento. È così eccitata che farebbe a meno di quella notte per essere spogliata con gli occhi e con le mani da lei ed essere amata nel suo letto fino al mattino.
Si ammira allo specchio.
È lei? È veramente lei?
Non si riconosce. Sono passati quindici anni da quando si è vista così. Da allora è stata un’altra, un’altra che è lei come le circostanze l’hanno trasformata, costretta a diventare – ma non è lei.
Ha preso a nolo una macchina. È una berlina di lusso che le procura sensi di colpa. Tutto la riempie di sensi di colpa.
Il lounge è allagato di luci soffuse. Molte ragazze, e donne mature animate dai suoi stessi pensieri, dai suoi sensi di colpa, dal desiderio di sbarrar loro la strada anche per una sera soltanto. Non chiedono tanto.
Siede a un tavolo e non permette al primo venuto di occupare il posto accanto a lei.
Nella folla intravede un uomo. Il volto gioviale, l’espressione che ispira fiducia, il portamento sicuro la fanno fremere di impazienza. Sa che sarà lui.
I loro occhi si incrociano. Lo sconosciuto accenna un sorriso e un brindisi lontano. Anna annuisce. Dopo poco la raggiunge un cameriere con l’offerta. Bevendo e accettando, lui si fa incontro. “Ciao” le dice porgendo la mano. “Mi chiamo Francesco. Sola?”. Annuisce di nuovo. “Anch’io”.
Al secondo brindisi struscia il piede nudo sulla sua gamba, infila la mano nel cavallo dei calzoni. Francesco quasi sussulta per la sorpresa. “Andiamo” lo implora.
In auto si baciano per un tempo infinito. La mano che le accarezza la coscia accavallata la riempie di calore e di brividi. Si scosta, alza la gonna, gli offre il suo sesso nudo. Le dita di quella mano maschile sono gentili mentre la masturbano. Lo sbottona, libera il membro: è il doppio di quello di Luca. Ha scelto bene. La fellatio si conclude con un’eiaculazione che lei assapora fino all’ultima goccia. Poi lo gira sotto di sé sul sedile abbattuto e inizia a scoparlo, scegliendo il ritmo giusto per non venire troppo presto. Lui alla fine la trascina fuori, la piega contro il cofano, la riempie di sé sbattendola con la foga di un amante perduto. Anna geme e urla, e non c’è finzione, solo piacere. C’è tutta sé stessa in quelle urla. Sa che dopo quella lei scomparirà, forse per sempre. Sono urla liberatorie, ma anche il lamento funebre per il proprio smarrimento, per la perdita definitiva di quella donna segreta che vive dentro di lei.
La notte finisce, l’alba annuncia il ritorno.
Davanti allo specchio, sola, indisturbata, si spoglia.
Via l'abito, e le scarpe, e la lingerie. Si strucca con al collo la collana, al polso il braccialetto. Vezzo innocente. Quando anche quelli sono stati riposti, l’ombra che l’ha accompagnata negli ultimi quindici anni facendosi sempre più reale, più insistente, è definitivamente scomparsa.
Mette tutto via. Non aprirà mai più quei pacchi che ha donato alla parte di sé che ora non esiste più.
Quella sera con tutta la famiglia al completo è allegra e felice. Anche Luca se ne accorge. “Sembri più giovane” le confessa, e poi da parte, a bassa voce: “E sei più bella che mai”.
“Avanti” lo rimprovera scherzosamente. “Mangiamo prima che si freddi”. Sorniona: “Poi mettiamo i bambini a letto”.
Nella penombra del corridoio guarda di nascosto suo marito cantare la ninnananna con voce stonata, e i bambini dopo averlo deriso addormentarsi piano piano.
Anna sa che non deve più nascondersi.
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