Shopping al centro commerciale - cap.2

di
genere
orge

Petra barcollava fuori dal bagno, le gambe molli e la figa che le stillava sperma. Il vestito nero era un brandello, la stoffa le si attaccava alla pelle sudata e incrostata di sborra. Si sentiva una dea, una troia consacrata da cinque cazzi operai. Ma la fame non era saziata. Anzi, era peggiorata. Voleva di più. Voleva essere usata, svuotata, distrutta.

Camminava a tentoni per i corridoi deserti della nuova ala, lasciandosi alle spalle l'odore di cemento e piscio. All'improvviso, una porta blindata con un piccolo oblò. "Sala macchine - Accesso vietato". Un brivido le percorse la schiena. Lì dentro, c'era la vera bestialità. Spinse la porta. Scattò.

L'aria era rovente, densa di odore di olio bollente, benzina e sudore rancido. Un ronzio assordante riempiva lo spazio, un inferno di tubi, motori giganti e luci al neon che tremolavano. In mezzo a tutto, tre uomini. Più bestiali dei primi. Erano i manutentori, i veri padroni di quella fornace. Erano sporchi, unti di grasso, con gli sguardi vuoti e duri di chi non scopa da settimane.

"Fermati chi è?" sbraitò uno, un gigante rosso con la pancia da birraio e tatuaggi che gli salivano sulle braccia sudate. Si voltarono tutti e tre. La videro. La troia sfondata, con le mutande incollate alle chiappe dal seme degli altri e un'espressione di pura, disperata voglia di cazzo.

"Madonna santa," sussurrò il più giovane, un magro lurido con i denti gialli. "È una puttana che si è persa." "O forse ci ha trovato," rise il terzo, un tipo tozzo e calvo con un sorriso cattivo.

Petra non parlò. Si limitò a cadere in ginocchio sul pavimento unto, a gambe aperte. "Vogliamo," balbettò, la voce roca. "Vogliamo che ci usiate a fondo. Vogliamo essere la vostra cagna."

Non se lo fecero ripetere due volte. Il gigante rosso la afferrò per i capelli, trascinandola come un sacco di patate su una vecchia coperta da lavoro macchiata d'olio. "Allora troia, vuoi il cazzo dei veri uomini? Vediamo se reggi." Le aprì la bocca con due dita unte di grasso e le infilò un cazzo che puzzava di sudore e non lavato. Era enorme, quasi le spezzò la mascella. "Succhialo, sporcacciona! Leccami tutto lo sporco!" Petra si soffocò, le lacrime le mescolavano il mascara con lo schifo del cazzo, ma leccava, beava, ingoiava come la sua vita dipendesse da lì.

Intanto il magro si era messo alle sue spalle. Non la preparò. Non la bagnò. Le sputò due volte sulla figa già usata e le infilò il suo cazzo secco e duro come un chiodo. "AHHHHH! SI, DISTRUGGIMELA!" urlò Petra, un suono che venne inghiottito dal cazzo in gola. Il dolore era esilarante. Si sentiva aprirsi, lacerarsi, e ne voleva ancora.

Ma il peggio doveva ancora venire. Il tipo calvo si era messo in mezzo a loro. Con un sorriso sadico, prese una chiave inglese enorme e arrugginita che giaceva a terra. "Vediamo se questa troia gode anche con il ferro," disse. Petra vide l'oggetto e gli si allargarono gli occhi dal terrore e dall'eccitazione. "No... per favore... sì..." gemette, confusa.

Le allargò le chiappe con le mani unte e le infilò la punta fredda della chiave inglese nel culo. Petra urlò, un urlo animale che si perse nel rumore dei motori. L'uomo la spinse, lentamente, godendo della sua resistenza, fino a che la chiave non fu dentro fino all'impugnatura. "Ti piace, eh? Ti piace avere il culo pieno di ferro, troia di merda?" le sibilò all'orecchio, mentre la muoveva dentro di lei.

Petra era un agglomerato di carne, sperma, olio e dolore. Tre cazzi e una chiave inglese la riempivano, la martellavano, la laceravano. Non pensava più. Era solo un buco, un recipiente da riempire. "VENITE! VENITE TUTTI DENTRO DI ME! SONO UNA VACCA, UNA CAGNA, UNA TROIA DA SCOPARE FINO A MORIRE!" sbavava, completamente persa.

Il gigante rosso fu il primo. "Ti copro la gola, puttana!" le gridò, e le scaricò addosso una sborra così abbondante e densa che le uscì dal naso. Petra si sentì soffocare, tossì, inghiottì tutto. Poi fu il turno del magro. "Ti riempio la figa, vacca!" gemette, e Petra sentì l'utero bruciare mentre un'altra ondata di sperma la inondava.

Ma il calvo non la finì lì. Si tirò fuori dalla sua figa, si avvicinò al suo viso e le si pisciò in bocca. Un getto caldo e acido che la riempì, costringendola a inghiottire. "Bevi tutta la mia piscia, troia!" le ordinò. Petra obbedì, con gli occhi rivolti all'indietro per il piacere disgustoso.

Quando finirono, era un cumulo di immondizia. Ricoperta di sperma, piscia, olio e grasso. Il corpo le contorceva per gli spasmi dell'orgasmo più violento della sua vita. "Abbiamo finito con te, cagna," disse il gigante rosso, calciandola leggermente. "Ora levati dai coglioni."

Petra si rialzò a fatica. Non cercò i suoi vestiti. Camminò nuda e sporca per i corridoi del centro commerciale, tornando nel mondo pulito e finto. La gente la guardava con orrore e disgusto. Ma lei sorrideva. Sentiva la sborra colarle giù per le gambe, il suo corpo dolente e pieno. Era la troia degli operai. La puttana della sala macchine. E finalmente, si sentiva completa.
scritto il
2025-11-12
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