Le mutandine di mamma
          
            
              di
Panny
            
            
              genere
esibizionismo
            
          
        
        
          Mi chiamo Luca, ho diciotto anni e vivo in una casa tranquilla con mia madre, Elena. È una donna di quarantadue anni, con curve morbide che ho sempre notato in modo innocente, fino a quando qualcosa dentro di me non ha iniziato a ribollire. È successo un pomeriggio di sole filtrato dalle persiane socchiuse della mia stanza. Ero solo, il cuore che batteva forte per un desiderio che non riuscivo a controllare. Avevo preso un paio delle sue mutandine dal cesto dei panni sporchi – quelle di pizzo nero, ancora impregnate del suo profumo muschiato, un misto di lavanda e qualcosa di più intimo, di femminile.
Le portai al naso, inspirando profondamente mentre la mia mano scivolava sotto i boxer. Il tessuto era morbido contro la mia pelle, e l’odore mi faceva impazzire: era lei, la mia mamma, lì con me in quel momento proibito. Mi masturbavo con foga, immaginando le sue cosce, il modo in cui si muoveva per casa in gonna aderente. Il piacere saliva rapido, e stavo per venire quando sentii un rumore alla porta. Alzai lo sguardo: era lei, sulla soglia, con gli occhi spalancati ma senza dire una parola. Il mio cuore si fermò. Mi coprii in fretta, arrossendo fino alle orecchie, ma lei si limitò a un sorriso lieve, quasi complice, e se ne andò senza un commento.
Il giorno dopo, la tensione era palpabile. Non trovai le mutandine che cercavo nel cesto – un altro paio, quelle rosse di cotone che adoravo. Salii in camera mia, il corpo già in fiamme al solo pensiero. Le avevo nascoste sotto il cuscino la sera prima, ma ora… eccole lì, pronte per me. Mi sdraiai sul letto, le annusai di nuovo, il profumo più fresco, più intenso. La mano prese a muoversi ritmica, su e giù, mentre chiudevo gli occhi e gemivo piano.
Fu allora che la porta si aprì. Mamma entrò, vestita con un semplice abito estivo che le accarezzava i fianchi. Mi vide, la mano ancora sul mio sesso eretto, le mutandine premute contro il viso. Balbettai qualcosa, mi coprii con il lenzuolo, il viso in fiamme per l’imbarazzo. “Mamma, io… scusa, non volevo…”
Lei chiuse la porta dietro di sé e si sedette sul bordo del letto, con un’espressione calma, quasi materna, ma con un rossore leggero sulle guance. “Luca, tesoro, non ti agitare. Vieni qui, parliamo.” La sua voce era dolce, rassicurante. Allungò una mano e sfiorò il lenzuolo, senza tirarlo via. “Non c’è niente di male in quello che stavi facendo. Masturbarsi è normale, sai? Lo fanno tutti, a qualsiasi età.”
Io rimasi lì, coperto, il cuore che martellava. “Ma… con le tue mutandine? È… sbagliato.”
Lei rise piano, un suono imbarazzato che le fece abbassare lo sguardo per un momento. “Beh, ecco… da giovane lo facevo anch’io, tantissimo. Ricordi quando ti ho raccontato di quel periodo al liceo? Ero sempre eccitata, dopo le lezioni. Mi chiudevo in camera e… usavo le dita, immaginando ragazzi che mi piacevano. A volte mi toccavo per ore, fino a tremare tutta. Era un segreto mio, mi faceva sentire viva, ma arrossivo solo a pensarlo.” Parlando, le sue guance si colorirono di più, e si mordicchiò il labbro, come se rivivere quei ricordi la mettesse in imbarazzo. “Una volta, ho persino usato un cuscino per strofinarmi contro, e ho finito per bagnarlo tutto. Ero così timida che non ne parlavo con nessuno, ma era bellissimo.”
Le sue parole mi fecero pulsare di più sotto il lenzuolo. La immaginavo giovane, con il corpo snello, che si contorceva sul letto. “Davvero, mamma?”
“Sì, Luca. E lo faccio ancora ogni tanto, sai? Quando tuo padre non c’era… o ora che sono sola. Mi sdraio la sera, accarezzo il mio clitoride piano piano, pensando a cose che mi eccitano. È naturale.” Fece una pausa, guardandomi negli occhi con un misto di tenerezza e pudore. “Ma per le mutandine… mi fai sentire un po’ timida, tesoro. Sapere che le annusi, che ti masturbi con il mio odore… è intimo, troppo. Non dovresti usarle sempre così. Però, se non ne puoi fare a meno – e capisco, sei un ragazzo in crescita – almeno, una volta finito, rimettile nel cesto dei panni sporchi. Va bene?”
Annuii, ancora imbarazzato ma eccitato dalle sue confessioni. Lei sorrise e se ne andò, lasciandomi solo a finire ciò che avevo iniziato, con il suo permesso implicito.
Il pomeriggio dopo, entrai in camera e le vidi: un paio di mutandine bianche, usate il giorno prima, piegate con cura sul mio cuscino. Il profumo era lì, fresco di lei – sudore leggero, eccitazione residua. Il mio sesso si indurì all’istante. Presi a masturbarmi lentamente, annusandole, immaginando le sue parole, il suo imbarazzo sincero.
La porta si aprì di nuovo. Mamma entrò, con un sorriso complice. “Vedi? Te le ho lasciate apposta. Una volta che hai finito, mettile nel cesto dei panni sporchi, come ti ho detto.” Si avvicinò, sedendosi accanto a me. Non mi coprii stavolta; il suo sguardo era caldo, incoraggiante. “Goditelo, Luca. È il nostro piccolo segreto.”
Le sue dita sfiorarono la mia coscia per un istante, e il piacere esplose in me come mai prima. Da quel giorno, tutto cambiò: un legame più profondo, fatto di confidenze sussurrate e desideri condivisi in silenzio.
        
        Le portai al naso, inspirando profondamente mentre la mia mano scivolava sotto i boxer. Il tessuto era morbido contro la mia pelle, e l’odore mi faceva impazzire: era lei, la mia mamma, lì con me in quel momento proibito. Mi masturbavo con foga, immaginando le sue cosce, il modo in cui si muoveva per casa in gonna aderente. Il piacere saliva rapido, e stavo per venire quando sentii un rumore alla porta. Alzai lo sguardo: era lei, sulla soglia, con gli occhi spalancati ma senza dire una parola. Il mio cuore si fermò. Mi coprii in fretta, arrossendo fino alle orecchie, ma lei si limitò a un sorriso lieve, quasi complice, e se ne andò senza un commento.
Il giorno dopo, la tensione era palpabile. Non trovai le mutandine che cercavo nel cesto – un altro paio, quelle rosse di cotone che adoravo. Salii in camera mia, il corpo già in fiamme al solo pensiero. Le avevo nascoste sotto il cuscino la sera prima, ma ora… eccole lì, pronte per me. Mi sdraiai sul letto, le annusai di nuovo, il profumo più fresco, più intenso. La mano prese a muoversi ritmica, su e giù, mentre chiudevo gli occhi e gemivo piano.
Fu allora che la porta si aprì. Mamma entrò, vestita con un semplice abito estivo che le accarezzava i fianchi. Mi vide, la mano ancora sul mio sesso eretto, le mutandine premute contro il viso. Balbettai qualcosa, mi coprii con il lenzuolo, il viso in fiamme per l’imbarazzo. “Mamma, io… scusa, non volevo…”
Lei chiuse la porta dietro di sé e si sedette sul bordo del letto, con un’espressione calma, quasi materna, ma con un rossore leggero sulle guance. “Luca, tesoro, non ti agitare. Vieni qui, parliamo.” La sua voce era dolce, rassicurante. Allungò una mano e sfiorò il lenzuolo, senza tirarlo via. “Non c’è niente di male in quello che stavi facendo. Masturbarsi è normale, sai? Lo fanno tutti, a qualsiasi età.”
Io rimasi lì, coperto, il cuore che martellava. “Ma… con le tue mutandine? È… sbagliato.”
Lei rise piano, un suono imbarazzato che le fece abbassare lo sguardo per un momento. “Beh, ecco… da giovane lo facevo anch’io, tantissimo. Ricordi quando ti ho raccontato di quel periodo al liceo? Ero sempre eccitata, dopo le lezioni. Mi chiudevo in camera e… usavo le dita, immaginando ragazzi che mi piacevano. A volte mi toccavo per ore, fino a tremare tutta. Era un segreto mio, mi faceva sentire viva, ma arrossivo solo a pensarlo.” Parlando, le sue guance si colorirono di più, e si mordicchiò il labbro, come se rivivere quei ricordi la mettesse in imbarazzo. “Una volta, ho persino usato un cuscino per strofinarmi contro, e ho finito per bagnarlo tutto. Ero così timida che non ne parlavo con nessuno, ma era bellissimo.”
Le sue parole mi fecero pulsare di più sotto il lenzuolo. La immaginavo giovane, con il corpo snello, che si contorceva sul letto. “Davvero, mamma?”
“Sì, Luca. E lo faccio ancora ogni tanto, sai? Quando tuo padre non c’era… o ora che sono sola. Mi sdraio la sera, accarezzo il mio clitoride piano piano, pensando a cose che mi eccitano. È naturale.” Fece una pausa, guardandomi negli occhi con un misto di tenerezza e pudore. “Ma per le mutandine… mi fai sentire un po’ timida, tesoro. Sapere che le annusi, che ti masturbi con il mio odore… è intimo, troppo. Non dovresti usarle sempre così. Però, se non ne puoi fare a meno – e capisco, sei un ragazzo in crescita – almeno, una volta finito, rimettile nel cesto dei panni sporchi. Va bene?”
Annuii, ancora imbarazzato ma eccitato dalle sue confessioni. Lei sorrise e se ne andò, lasciandomi solo a finire ciò che avevo iniziato, con il suo permesso implicito.
Il pomeriggio dopo, entrai in camera e le vidi: un paio di mutandine bianche, usate il giorno prima, piegate con cura sul mio cuscino. Il profumo era lì, fresco di lei – sudore leggero, eccitazione residua. Il mio sesso si indurì all’istante. Presi a masturbarmi lentamente, annusandole, immaginando le sue parole, il suo imbarazzo sincero.
La porta si aprì di nuovo. Mamma entrò, con un sorriso complice. “Vedi? Te le ho lasciate apposta. Una volta che hai finito, mettile nel cesto dei panni sporchi, come ti ho detto.” Si avvicinò, sedendosi accanto a me. Non mi coprii stavolta; il suo sguardo era caldo, incoraggiante. “Goditelo, Luca. È il nostro piccolo segreto.”
Le sue dita sfiorarono la mia coscia per un istante, e il piacere esplose in me come mai prima. Da quel giorno, tutto cambiò: un legame più profondo, fatto di confidenze sussurrate e desideri condivisi in silenzio.
            
            
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