Villaggio Vacanze

di
genere
etero

Mi chiamo Elena, ho 19 anni e sono una studentessa universitaria che si arrangia con lavoretti estivi per mettere da parte qualcosa per gli studi. Quest’anno ho trovato un posto come animatrice in un villaggio turistico incastonato tra le spiagge dorate della Grecia, con il mare turchese che lambisce la costa e l’aria calda che profuma di sale e bouganville. È un paradiso, ma il lavoro è estenuante, specialmente ad agosto, quando il villaggio pullula di turisti e famiglie in vacanza. Sono qui da due mesi, e le mie giornate sono un vortice infinito di energia: mi alzo all’alba, indosso il mio sorriso più luminoso e corro da un’attività all’altra, tenendo a bada orde di bambini eccitati. Il mio corpo allenato mi aiuta a reggere il ritmo – i capelli biondi lunghi che raccolgo sempre in una treccia ordinata per non farli impazzire col vento, gli occhi verde chiaro che mi danno un’aria innocente e fragile, un seno prosperoso, una terza abbondante e soda che cattura sguardi indesiderati, e un sedere tonico, scolpito dalle sessioni in palestra. Ma io sono timida da morire, arrossisco per un nonnulla e non so mai dire di no, nemmeno quando il mio istinto mi urla di farlo. Mi sento sempre un po’ esposta, vulnerabile, come se il mondo potesse approfittarsene da un momento all’altro.
Quella mattina, come ogni altra, accolsi un nuovo gruppo di famiglie alla reception, con il sole che già picchiava forte. Mostrai loro gli spazi comuni: la piscina scintillante sotto il cielo azzurro, il campo da tennis circondato da palme fruscianti, l’area giochi con scivoli colorati e altalene che dondolavano piano. “Potete lasciare i vostri bimbi con noi animatori per tutto il giorno,” spiegai con voce allegra, anche se dentro tremavo un po’ per la stanchezza. “Faremo disegni con colori vivaci, balli di gruppo sotto il sole, giochi d’acqua rinfrescanti e un sacco di altre avventure divertenti. Saranno al sicuro, ve lo prometto.” Le famiglie annuivano grate, scaricando valigie e bambini con un sospiro di sollievo. Tra loro c’era questa coppia con un bimbo piccolo, vivace e sorridente. Il padre si avvicinò per primo, torreggiando su di me con la sua stazza robusta – alto, un po’ fuori forma, con una pancia evidente che tendeva la camicia, stempiato e con capelli neri striati di bianco, segnati dai suoi 53 anni. Non era attraente, aveva un’aria da uomo comune, vissuto, ma i suoi occhi scuri mi trafissero con una intensità che mi fece arrossire all’istante.
“Ciao, piacere, mi chiamo Giulio. Tu come ti chiami?” disse, porgendomi una mano grande e calda.
“Mi chiamo Elena,” risposi piano, stringendola timidamente, sentendo il mio cuore accelerare senza motivo.
“Bel nome. Quindi posso affidare a te mio figlio qualche ora durante la giornata? Così io sto con mia moglie.”
“Certo, signor Giulio, può fidarsi completamente,” dissi, cercando di mantenere un tono professionale, ma il suo sguardo mi metteva a disagio, come se mi stesse già spogliando con gli occhi.
Sua moglie, Gloria, era lì in disparte: una donna formosa, con capelli lunghi marrone che le incorniciavano il viso rotondo. Annuiva distratta, tenendo il bimbo per mano, ma non sembrava interessata a noi; per tutta la settimana rimase un’ombra sullo sfondo, presente ma non centrale, specialmente agli spettacoli serali dove la famiglia si sedeva unita.
Per l’intera settimana, tenni il figlio di Giulio con me, trasformando ogni giorno in un’avventura. Lo portavo in piscina per giochi d’acqua, dove ci schizzavamo ridendo fino a inzupparci completamente; facevamo disegni con pastelli che macchiavano le mani di arcobaleni; lezioni di nuoto nell’acqua bassa, con il sole che ci scaldava la pelle; partite di pallavolo sulla sabbia calda, dove i granelli si appiccicavano alle gambe sudate; tennis sotto il cielo limpido, con la palla che rimbalzava ritmica; e nascondino tra i bungalow ombreggiati, dove il bimbo si nascondeva ridacchiando. Era un amore, e io mi sentivo utile, ma ogni sera, durante gli spettacoli organizzati da noi animatori – che duravano un paio d’ore per intrattenere tutti con canti, balli e sketch – notavo lo sguardo di Giulio. Lui, Gloria e il bimbo erano sempre in prima fila, ma i suoi occhi su di me erano insistenti, possessivi, facendomi arrossire mentre cantavo sul palco, la voce che tremava leggermente sotto quel peso invisibile. Mi sentivo osservata, desiderata in un modo che mi confondeva, ma non dicevo nulla; la mia timidezza mi bloccava.
Anche durante il giorno, in piscina, quando giocavo con il bimbo in costume, sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Il mio costume rosso intero, con “STAFF” stampato in bianco davanti e dietro, aveva una scollatura profonda che metteva in evidenza il mio seno prosperoso, facendolo ondeggiare a ogni movimento, e il dietro a brasiliana che lasciava intravedere le curve del mio sedere tonico, quasi invitante. Ero seduta nell’acqua bassa, con il bimbo che mi schizzava giocoso, l’acqua fresca che mi accarezzava la pelle, quando Giulio arrivò, piantandosi in piedi davanti a me. Da quella angolazione, poteva sbirciare dentro la scollatura, e lo fece senza vergogna, i suoi occhi che divoravano la vista delle mie curve umide.
“Ciao Elena, come stai? Tutto bene con mio figlio?” chiese, la voce bassa e calda, con un sorriso che mi fece rabbrividire.
“Ciao, sto bene grazie,” risposi sorridendo, ma il rossore mi salì alle guance. “Tuo figlio è un amore, abbiamo giocato tanto oggi e ci siamo divertiti un sacco insieme.”
“Grazie mille Elena del servizio che svolgi qui, grazie a te tante famiglie stanno tranquille con voi che ci date una mano con i nostri figli.”
“Ma nulla, figurati, per noi dello staff è un piacere,” dissi, ma notavo come i suoi occhi non si staccassero dal mio seno, ammirandolo palesemente, facendomi sentire esposta, nuda sotto l’acqua. Arrossii di più, il cuore che batteva forte, un misto di imbarazzo e un brivido strano che non volevo ammettere.
Poi fece cenno al bimbo di venire per la cena. Mi alzai dall’acqua, gocciolante, e mi piegai in avanti per prendere il bambino in braccio e metterlo in piedi. In quel momento, sentii i suoi occhi perforarmi il sedere, quasi come una carezza invisibile ma violante. Il costume a brasiliana lasciava vedere tutto in modo intimo, le mie curve esposte al suo sguardo famelico, e mi sentii vulnerabile, eccitata contro la mia volontà. Posai il bimbo accanto a lui e mormorai: “Ci vediamo domani.”
Per ringraziarmi, Giulio mi abbracciò di colpo, stringendomi forte contro il suo corpo robusto. Le sue braccia mi cinsero i fianchi, e… Dio, sentii la sua erezione dura premere pesantemente contro il mio addome, calda e insistente attraverso i tessuti sottili. Quando si staccò, le sue mani sfiorarono palesemente il mio sedere, scorrendo sulle curve con una pressione deliberata, come se mi stesse marchiando. Rimasi paralizzata dall’imbarazzo, confusa: era stato un caso o intenzionale? Quasi pensai che mi avesse palpato apposta, ma il momento fu così rapido che non reagii. L’erezione, però, l’avevo sentita chiaramente, un calore pulsante che mi lasciò un nodo allo stomaco. Andai a cenare da sola, fingendo che non fosse successo nulla, ma nella mia mente rivivevo quel tocco, cercando di seppellirlo sotto strati di negazione.
La mattina dopo, mi svegliai con il sole che filtrava dalle persiane, mi sistemai in fretta e ripresi il lavoro, il corpo ancora teso per i ricordi della sera prima. Giulio portò il bimbo, e il suo sguardo mi trafisse di nuovo.
“Ciao Elena.”
“Ciao Giulio,” dissi in imbarazzo, il rossore che mi tradiva mentre ripensavo all’abbraccio.
“Elena, oggi vengo a prenderlo prima perché mia moglie vuole portarlo alle giostre questa sera.”
“Certo, tranquillo. Io stacco prima oggi, ho mezza giornata libera e vado in città.”
“Va bene, divertiti,” rispose, con un sorriso che sembrava nascondere qualcos’altro.
Nel pomeriggio, Gloria venne a prendere il bimbo, salutandomi frettolosamente con lui. Salii in camera, il cuore che batteva per l’eccitazione della libertà. Mi cambiai con cura: infilai un tubino attillato blu scintillante di brillantini, che aderiva come una seconda pelle alle mie curve, accentuando il seno prosperoso con una scollatura maliziosa e finendo corto come una mini gonna, lasciando le gambe lunghe e toniche in mostra. Sotto, niente reggiseno – sentivo i capezzoli sfregare contro il tessuto setoso – e solo un perizoma color carne in pizzo, che mi faceva sentire audace, esposta. Ai piedi, tacchi alti che clicchettavano sicuri sul pavimento; li gestivo bene, ma mi davano un’andatura ancheggiante.
Presi un taxi per la città, l’aria calda della sera che mi accarezzava la pelle. Al locale, ordinai un drink dolce e fruttato, di quelli che bevono le ragazze giovani, con un sapore zuccherino che mi scaldò le guance. Iniziai a ballare in pista, circondata da altre ragazze che si dimenavano al ritmo della musica alta, luci strobo che pulsavano come un cuore impazzito, macchina del fumo che avvolgeva tutto in una nebbia sensuale. Mi persi nel movimento, il corpo che ondeggiava, il vestito che saliva leggermente sulle cosce, sudore che mi imperlava la scollatura. Erano passate ore, ero brilla e felice, ma l’orologio segnava tardi. Salutai i colleghi del villaggio che avevo incontrato lì – “Ci vediamo domani!” – e chiamai un taxi per tornare.
All’entrata della hall, illuminata da luci soffuse, inciampai quasi in Giulio.
“Hey Elena.”
“Ciao Giulio,” dissi, la voce un po’ impastata dall’alcol.
“Ma dove sei andata vestita così?” chiese, i suoi occhi che scivolavano sul mio corpo come una carezza possessiva.
“Sono andata a ballare,” risposi ridendo piano, sentendomi audace.
“Be’, alla tua età fai bene a divertirti.”
“È già,” mormorai, salutandolo con un cenno e dirigendomi verso lo sgabuzzino dei dipendenti per prendere una bottiglia d’acqua – la sete mi bruciava la gola dopo la serata. Lo sgabuzzino era un piccolo antro buio, con frighi ronzanti pieni di bottiglie per lo staff e scaffali di roba varia. Aprii la porta, e improvvisamente una mano forte mi spinse dentro dalla schiena. Caddi quasi, appoggendomi al frigorifero per reggermi, il cuore che mi esplodeva nel petto. Era Giulio, i suoi occhi famelici nel buio. Senza una parola, le sue mani furono sul mio culo, palpandolo con forza rude, le dita che affondavano nella carne attraverso il tessuto sottile. Ero terrorizzata, timida com’ero, non riuscii a dire nulla; lui non era bello, era grezzo, dominante, ma quella violenza improvvisa accese qualcosa di proibito in me, un calore tra le gambe che non volevo ammettere. Non volevo che accadesse, ma non seppi fermarlo.
Mi alzò il vestito fino alla schiena con un gesto brusco, borbottando: “Alziamo questo straccetto, tanto non copriva nulla.” Le sue mani vagarono ovunque, possessive, ruvide sulla mia pelle calda. Ero appoggiata al frigo, il metallo freddo contro i palmi, e con una mano mi fece piegare in avanti, esponendomi completamente. Iniziò a toccarmi fra le gambe da sopra il perizoma, il palmo che strofinava lento, insistente, spostando il pizzo bagnato sempre di più. I miei umori colavano già, tradendomi, il clitoride che pulsava sotto quel tocco porco. Ero nel panico, un misto di disgusto e desiderio che mi paralizzava; sotto sotto mi piaceva quella dominazione, così lo lasciai fare, illudendomi che si fermasse al tocco.
Ma no: spostò il perizoma di lato, le dita che solleticavano le mie labbra gonfie, esterne, sentendo quanto fossi fradicia, i succhi che mi bagnavano le cosce interne. Continuò a sfiorarmi, facendomi ansimare piano, e per un attimo pensai avesse finito. Invece, senza preavviso, mi penetrò con decisione, il suo pene grosso che affondava fino in fondo, aprendomi in due. Gridai sommessa, era enorme, venoso, mi dilatava oltre il limite, ogni spinta che mi faceva sentire piena, violata in modo delizioso. Non mi ero mai sentita così, il mio corpo che si contraeva intorno a lui, i miei umori che schizzavano fuori a ogni affondo, bagnandomi le gambe in rivoli caldi e appiccicosi. Ansimavo forte, provando a trattenermi ma fallendo miseramente.
“Piano per favore,” supplicai, la voce tremante.
“Stai zitta,” ringhiò, la sua voce porca che mi eccitava di più.
“Ti prego,” piagnucolai, ma lui ignorò, pompando con foga animale, il suo corpo robusto che sbatteva contro il mio, i testicoli che schioccavano contro la mia pelle. Urlai di piacere, venendo due volte in successione, ondate di estasi che mi facevano tremare le gambe, la figa che si stringeva spasmodica intorno al suo cazzo. Si fermò un istante, mi sfilò le mutandine con mani impazienti – ero ferma, sottomessa, non seppi reagire. Si chinò, mi diede una leccata lunga alla figa, la lingua ruvida che esplorava le labbra depilate, la barba ispida che grattava sensibile, mandandomi scintille di piacere.
“Hai un gusto buonissimo, proprio da ragazzina,” mormorò con voce lasciva, il fiato caldo contro la mia intimità pulsante.
Stavo per balbettare “gra…”, ma urlai di nuovo: mi aveva ripenetrato di colpo, pompando più forte, le mani che mi tiravano fuori i seni dal vestito, stringendoli con violenza, i capezzoli duri e sensibili tra le sue dita callose. Sembrava un uomo affamato, che non scopava da mesi, e quel pensiero mi eccitò ancora di più, il mio corpo che si inarcava per accoglierlo. Ero sfinita, il sudore che ci univa, i gemiti che riempivano lo sgabuzzino, ma lui non smetteva, spingendo sempre più profondo, facendomi sentire ogni vena del suo membro.
Non ce la facevo più, ma per fortuna arrivò la fine. Si staccò bruscamente: “Mettiti in ginocchio.”
Non volevo, il terrore mi bloccava, ma mi inginocchiai per paura – mi aveva usata con tale forza che tremavo. Balbettai “va bene”, ma esitai, così mi spinse giù con una mano rude sulla testa. Ero in ginocchio, e per la prima volta vidi il suo pene da vicino: grosso, venoso, gocciolante dei miei umori e del suo pre-eiaculato, circondato da peli folti, un odore forte, muschiato di sesso e sudore che mi nauseò e eccitò insieme. Non volevo prenderlo in bocca, ma lui mi afferrò i capelli e me lo infilò con violenza.
“Succhia, troia,” ordinò, la voce dominante che mi fece bagnare di nuovo.
Avevo conati, la gola che si stringeva intorno a quel coso spesso, la bocca che doleva mentre mi spingeva verso di lui, soffocandomi. Fra le gambe, sentivo la figa aperta, dilatata, che gocciolava ancora, i muscoli interni che pulsavano vuoti e desiderosi. Venne all’improvviso, schizzi violenti di sperma caldo e denso in gola, senza avvisare – ingoiai d’istinto, tossendo, il gusto amaro, salato, disgustoso che mi fece storcere la bocca in un verso di repulsione. Ma lui non si fermò: strofinò il pene sporco sul mio viso, spalmando lo sperma appiccicoso sulle guance, sul mento, come a marchiarmi.
“Non fare la santarellina,” rise porco, guardandomi dall’alto.
Ero senza parole, umiliata in ginocchio, con lo sperma che colava caldo sulla pelle, ma sotto sotto quel trattamento rude mi aveva eccitata da morire, un brivido proibito che mi lasciava confusa. Rimasi lì mentre lui si alzò i pantaloni in fretta e uscì dallo sgabuzzino, lasciandomi sola nel buio.
Mi ricomposi piano, il corpo dolorante ma ancora fremente, il vestito appiccicoso di sudore e umori. Andai in camera, crollando sul letto con la figa pulsante, eccitata nonostante tutto.
La mattina dopo, mi svegliai con la luce che inondava la stanza, ripensando all’assurdità della notte – era stato reale, quel porco dominante che mi aveva usata come un oggetto? Ma notai subito: mancavano le mutandine. Corsi nello sgabuzzino a cercarle, il cuore in gola, ma nulla. Ricordai che Giulio le aveva prese, forse come trofeo. Andai a cercarlo al villaggio, ma mi dissero che era partito all’alba con la famiglia. Pensai: è stato un vero porco, ha fatto tutto questo perché sapeva che non l’avrei rivisto, lasciandomi con quel ricordo bruciante, umiliante e perversamente eccitante.

Ringrazio tutti i lettori che continuano a scriverci, facendoci complimenti e critiche costruttive sui nostri racconti.
Scusate se rispondo lentamente alle e-mail, ma solo oggi ne sono arrivate tantissime : tra saluti, racconti delle vostre esperienze e richieste di pubblicarle qui.
Vi ringrazio davvero tanto per chi voglia scrivermi: lascio qui la mia e-mail.
u6753739252@gmail.com
Instagram: sara_gubbioracconti
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scritto il
2025-11-22
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