Suor Matilde e il giovane Daniele
di
Matilde25
genere
prime esperienze
Nei mesi che seguirono quella prima notte di dolce intimità nelle mura silenziose delle Oblate, il legame tra Suor Matilde e Suor Maria Teresa si approfondì in un'armonia proibita, un rituale notturno che intrecciava devozione e passione.
Le due suore, protette dal velo della notte, si incontravano in celle appartate, i corpi che si fondevano in carezze tenere e sussurri affettuosi, esplorando l'un l'altra con una gentilezza che dissolveva ogni residuo di colpa.
Maria Teresa, con la sua esperienza matura, guidava Matilde in un mondo di sensazioni delicate, le mani che tracciavano percorsi lenti sulla pelle liscia, i baci che si prolungavano in un'estasi condivisa, orgasmi che le avvolgevano come onde calde e serene.
"Il nostro amore è un dono divino," mormorava Maria Teresa tra un abbraccio e l'altro, il suo corpo prosperoso che accoglieva quello slanciato di Matilde in un'unione che sembrava trascendere i voti.
Matilde, sempre più catturata, trovava in quelle notti una pace nuova, un'evoluzione del loro rapporto che la rendeva dipendente da quel calore umano, lontano dai ricordi turbolenti del passato. Ma nelle profondità di quelle notti appassionate, Maria Teresa iniziò a instillare un seme nuovo nella mente fertile di Matilde: il desiderio per Daniele, un giovane di 25 anni, studente assiduo della biblioteca, con capelli scuri arruffati, un fisico muscoloso forgiato da ore in palestra, e un'intelligenza brillante che lo rendeva affascinante nei suoi studi di storia dell'arte rinascimentale.
"Immagina le sue mani forti su di te, sorella," sussurrava Maria Teresa durante i loro amplessi, le dita che stimolavano Matilde con dolcezza mentre dipingeva fantasie vivide.
"Quel ragazzo, così attraente, potrebbe darti un piacere che io sola non posso... un fuoco maschile che completerebbe il nostro."
Matilde, inizialmente sorpresa, sentiva quelle parole insinuarsi come un veleno dolce, mescolandosi ai loro gemiti sommessi, ai corpi che si sfregavano in ritmi lenti e affettuosi.
Durante il giorno, quando Daniele sedeva ai tavoli antichi della biblioteca, immerso nei suoi tomi polverosi con vista sul Duomo, le due suore lo osservavano di nascosto. Maria Teresa, con un sorriso complice, indicava i muscoli guizzanti sotto la camicia attillata, giocando con la fantasia:
"Guarda come sfoglia quelle pagine con forza... immagina quelle mani su di te, Matilde."
Insieme, dietro gli scaffali, si scambiavano sguardi carichi di eccitazione, Maria Teresa che sfiorava la mano di Matilde in un gesto complice, alimentando un desiderio condiviso.
Matilde, sempre più influenzata, si ritrovava sola nella sua cella nelle ore buie della notte, le mani che scivolavano sotto l'abito, toccandosi con urgenza crescente al pensiero di Daniele – il suo sorriso affascinante, il corpo atletico, la mente acuta che lo rendeva irresistibile. "Oh, Daniele," sospirava tra i gemiti repressi, il piacere che la travolgeva in spasmi solitari, un tormento che la lasciava ansimante e confusa, ma sempre più ossessionata.
Convinta dalle parole persuasive di Maria Teresa – "Avvicinalo, sorella, per il nostro bene... sarà un'estensione del nostro amore" – Matilde trovò il coraggio nei giorni successivi.
Inventò una scusa banale: durante una pausa studio, gli si avvicinò con un volume antico in mano. "Ho notato che studi il Rinascimento... questo manoscritto potrebbe esserti utile," disse con voce tremante, il cuore che batteva forte.
Daniele, sorpreso ma lusingato, accettò il gesto, e da lì nacque un'amicizia sincera che si consolidò piano.
Nei giorni seguenti, Matilde lo avvicinava spesso con pretesti legati ai libri: "Ecco un altro testo su Michelangelo che potrebbe interessarti," gli diceva, sedendosi brevemente al suo tavolo per chiacchierare.
Le conversazioni si allungavano, passando dall'arte alla vita quotidiana – Daniele le raccontava delle sue passeggiate lungo l'Arno, dei suoi sogni di diventare professore, e Matilde, arrossendo sotto l'abito, condivideva aneddoti sulla biblioteca, i suoi occhi che si attardavano sul suo sorriso luminoso.
Una mattina, durante una pausa caffè improvvisata in un angolo della sala lettura, Daniele le confidò le sue passioni per la pittura, e Matilde, affascinata, gli descrisse gli affreschi nascosti nelle Oblate, creando un legame di complicità intellettuale.
Giorno dopo giorno, le interazioni si fecero più frequenti: un tocco casuale sulla mano mentre passavano un libro, risate condivise su un aneddoto storico, sguardi che si prolungavano un attimo di troppo, un'amicizia che cresceva innocente in superficie, ma carica di tensione per Matilde, che sentiva il desiderio instillato da Maria Teresa montare come una marea.
Una sera d'autunno, con la biblioteca che si svuotava lentamente sotto la luce fioca delle lampade, Daniele rimase uno dei pochi a studiare fino a tardo pomeriggio, immerso nei suoi appunti. Matilde, col pretesto di aiutarlo, lo convinse ad andare in un angolo appartato della sezione archivi, un piccolo studiolo nascosto tra pile di volumi rari. "Qui c'è un vecchio libro sul Brunelleschi che stai cercando per la tua tesi – un'edizione originale dal Vaticano, non accessibile al pubblico," gli disse, guidandolo tra corridoi labirintici.
"Puoi restare qui quanto vuoi, anche se non è per i visitatori... è un favore speciale."
Daniele, grato, si sistemò al tavolo polveroso, e Matilde lo lasciò lì, con il polso accelerato dall'eccitazione. Quando l'ora di chiusura si avvicinò, Matilde tornò per avvisarlo. "Mi dispiace, Daniele, è tempo di andare," mormorò entrando nello studiolo, la porta che si chiudeva piano alle sue spalle.
Ma Daniele, con un sorriso malizioso, si alzò e le si avvicinò lentamente.
"Ho capito tutto, suor Matilde... i tuoi sguardi, le scuse per parlarmi, i libri che mi porti... hai voglia di me, vero?" disse con fermezza ma delicatezza, fermandosi a un passo da lei, i suoi occhi penetranti che fissavano quelli di Matilde.
Lei indietreggiò leggermente contro la parete, il cuore in gola: "No, Daniele, ti sbagli... è solo amicizia, un aiuto per i tuoi studi," balbettò, ma le sue guance tradivano il rossore, il corpo che già rispondeva al suo profumo maschile.
Daniele si avvicinò ancora, una mano che sfiorava il suo braccio con gentilezza: "Non mentire a te stessa, Matilde. Ho visto come mi guardi, come ti attardi... lascia che ti mostri quanto può essere bello."
Le sue dita tracciarono una linea lenta lungo il suo braccio, un tocco elettrico che la fece tremare. Matilde cercò di resistere, spingendolo piano: "È sbagliato, Daniele... i miei voti, la mia vita qui... ho esagerato con questa amicizia," sussurrò, ma il suo sguardo si posava sui muscoli guizzanti sotto la camicia, il desiderio che la travolgeva come un'onda.
Lui le prese il viso tra le mani con tenerezza, avvicinando le labbra: "Lasciati andare, solo per un momento... nessuno lo saprà," mormorò, baciandola piano, un contatto che si trasformò in passione pura, la lingua che esplorava con delicatezza. Matilde esitò, le mani sul suo petto per respingerlo, ma invece si aggrapparono alla camicia, cedendo piano al calore che la invadeva.
Il peso della carne la travolse completamente – quel ragazzo muscoloso, il suo profumo maschile, gli occhi penetranti la facevano impazzire. Cedette in un bacio appassionato, le labbra di lui che reclamavano le sue con urgenza crescente, le mani che slacciavano l'abito con movimenti lenti e rispettosi, esponendo la pelle calda delle gambe affusolate.
Lui la sollevò con facilità sui suoi fianchi forti, spingendola dolcemente contro la parete, penetrandola con forza controllata, affondi ritmici e profondi che la facevano gemere sommessamente, il corpo slanciato di lei che si contraeva in orgasmi violenti e prolungati, ondate di piacere che la scuotevano dall'interno, i muscoli interni che si stringevano attorno a lui in contrazioni ritmiche, il sudore che li univa in un turbine carnale.
Daniele la baciava sul collo, le mani che accarezzavano i seni con gentilezza, prolungando ogni movimento per farla impazzire, un amplesso che sembrava non finire, gemiti che echeggiavano piano nello studiolo, persi nel piacere proibito.
Quello che Matilde non sapeva era che fuori dalla porta, nascosta nell'ombra del corridoio, c'era Suor Maria Teresa, eccitatissima dalla scena che spiava attraverso una fessura.
I gemiti soffocati di Matilde, i muscoli di Daniele che guizzavano nel ritmo appassionato, la fecero bruciare di desiderio: senza pudore, alzò l'abito e si toccò con foga, le dita che danzavano sul clitoride umido con movimenti circolari lenti all'inizio, poi sempre più rapidi, il suo corpo prosperoso che tremava contro la parete mentre assisteva al loro amplesso, i seni che si indurivano al tocco della sua stessa mano, gemendo piano in sincronia con i suoni dall'interno.
Ogni affondo di Daniele la eccitava di più, le fantasie che si mescolavano alla realtà, un orgasmo che la travolse in ondate violente e prolungate, contrazioni interne che la facevano ansimare, il sudore che le imperlava la fronte mentre il suo piano si realizzava in un turbine di passione condivisa, lasciandola esausta ma appagata nel buio del corridoio.
Firenze, con il suo Duomo silente, vegliava su quel nuovo capitolo di desiderio.
Le due suore, protette dal velo della notte, si incontravano in celle appartate, i corpi che si fondevano in carezze tenere e sussurri affettuosi, esplorando l'un l'altra con una gentilezza che dissolveva ogni residuo di colpa.
Maria Teresa, con la sua esperienza matura, guidava Matilde in un mondo di sensazioni delicate, le mani che tracciavano percorsi lenti sulla pelle liscia, i baci che si prolungavano in un'estasi condivisa, orgasmi che le avvolgevano come onde calde e serene.
"Il nostro amore è un dono divino," mormorava Maria Teresa tra un abbraccio e l'altro, il suo corpo prosperoso che accoglieva quello slanciato di Matilde in un'unione che sembrava trascendere i voti.
Matilde, sempre più catturata, trovava in quelle notti una pace nuova, un'evoluzione del loro rapporto che la rendeva dipendente da quel calore umano, lontano dai ricordi turbolenti del passato. Ma nelle profondità di quelle notti appassionate, Maria Teresa iniziò a instillare un seme nuovo nella mente fertile di Matilde: il desiderio per Daniele, un giovane di 25 anni, studente assiduo della biblioteca, con capelli scuri arruffati, un fisico muscoloso forgiato da ore in palestra, e un'intelligenza brillante che lo rendeva affascinante nei suoi studi di storia dell'arte rinascimentale.
"Immagina le sue mani forti su di te, sorella," sussurrava Maria Teresa durante i loro amplessi, le dita che stimolavano Matilde con dolcezza mentre dipingeva fantasie vivide.
"Quel ragazzo, così attraente, potrebbe darti un piacere che io sola non posso... un fuoco maschile che completerebbe il nostro."
Matilde, inizialmente sorpresa, sentiva quelle parole insinuarsi come un veleno dolce, mescolandosi ai loro gemiti sommessi, ai corpi che si sfregavano in ritmi lenti e affettuosi.
Durante il giorno, quando Daniele sedeva ai tavoli antichi della biblioteca, immerso nei suoi tomi polverosi con vista sul Duomo, le due suore lo osservavano di nascosto. Maria Teresa, con un sorriso complice, indicava i muscoli guizzanti sotto la camicia attillata, giocando con la fantasia:
"Guarda come sfoglia quelle pagine con forza... immagina quelle mani su di te, Matilde."
Insieme, dietro gli scaffali, si scambiavano sguardi carichi di eccitazione, Maria Teresa che sfiorava la mano di Matilde in un gesto complice, alimentando un desiderio condiviso.
Matilde, sempre più influenzata, si ritrovava sola nella sua cella nelle ore buie della notte, le mani che scivolavano sotto l'abito, toccandosi con urgenza crescente al pensiero di Daniele – il suo sorriso affascinante, il corpo atletico, la mente acuta che lo rendeva irresistibile. "Oh, Daniele," sospirava tra i gemiti repressi, il piacere che la travolgeva in spasmi solitari, un tormento che la lasciava ansimante e confusa, ma sempre più ossessionata.
Convinta dalle parole persuasive di Maria Teresa – "Avvicinalo, sorella, per il nostro bene... sarà un'estensione del nostro amore" – Matilde trovò il coraggio nei giorni successivi.
Inventò una scusa banale: durante una pausa studio, gli si avvicinò con un volume antico in mano. "Ho notato che studi il Rinascimento... questo manoscritto potrebbe esserti utile," disse con voce tremante, il cuore che batteva forte.
Daniele, sorpreso ma lusingato, accettò il gesto, e da lì nacque un'amicizia sincera che si consolidò piano.
Nei giorni seguenti, Matilde lo avvicinava spesso con pretesti legati ai libri: "Ecco un altro testo su Michelangelo che potrebbe interessarti," gli diceva, sedendosi brevemente al suo tavolo per chiacchierare.
Le conversazioni si allungavano, passando dall'arte alla vita quotidiana – Daniele le raccontava delle sue passeggiate lungo l'Arno, dei suoi sogni di diventare professore, e Matilde, arrossendo sotto l'abito, condivideva aneddoti sulla biblioteca, i suoi occhi che si attardavano sul suo sorriso luminoso.
Una mattina, durante una pausa caffè improvvisata in un angolo della sala lettura, Daniele le confidò le sue passioni per la pittura, e Matilde, affascinata, gli descrisse gli affreschi nascosti nelle Oblate, creando un legame di complicità intellettuale.
Giorno dopo giorno, le interazioni si fecero più frequenti: un tocco casuale sulla mano mentre passavano un libro, risate condivise su un aneddoto storico, sguardi che si prolungavano un attimo di troppo, un'amicizia che cresceva innocente in superficie, ma carica di tensione per Matilde, che sentiva il desiderio instillato da Maria Teresa montare come una marea.
Una sera d'autunno, con la biblioteca che si svuotava lentamente sotto la luce fioca delle lampade, Daniele rimase uno dei pochi a studiare fino a tardo pomeriggio, immerso nei suoi appunti. Matilde, col pretesto di aiutarlo, lo convinse ad andare in un angolo appartato della sezione archivi, un piccolo studiolo nascosto tra pile di volumi rari. "Qui c'è un vecchio libro sul Brunelleschi che stai cercando per la tua tesi – un'edizione originale dal Vaticano, non accessibile al pubblico," gli disse, guidandolo tra corridoi labirintici.
"Puoi restare qui quanto vuoi, anche se non è per i visitatori... è un favore speciale."
Daniele, grato, si sistemò al tavolo polveroso, e Matilde lo lasciò lì, con il polso accelerato dall'eccitazione. Quando l'ora di chiusura si avvicinò, Matilde tornò per avvisarlo. "Mi dispiace, Daniele, è tempo di andare," mormorò entrando nello studiolo, la porta che si chiudeva piano alle sue spalle.
Ma Daniele, con un sorriso malizioso, si alzò e le si avvicinò lentamente.
"Ho capito tutto, suor Matilde... i tuoi sguardi, le scuse per parlarmi, i libri che mi porti... hai voglia di me, vero?" disse con fermezza ma delicatezza, fermandosi a un passo da lei, i suoi occhi penetranti che fissavano quelli di Matilde.
Lei indietreggiò leggermente contro la parete, il cuore in gola: "No, Daniele, ti sbagli... è solo amicizia, un aiuto per i tuoi studi," balbettò, ma le sue guance tradivano il rossore, il corpo che già rispondeva al suo profumo maschile.
Daniele si avvicinò ancora, una mano che sfiorava il suo braccio con gentilezza: "Non mentire a te stessa, Matilde. Ho visto come mi guardi, come ti attardi... lascia che ti mostri quanto può essere bello."
Le sue dita tracciarono una linea lenta lungo il suo braccio, un tocco elettrico che la fece tremare. Matilde cercò di resistere, spingendolo piano: "È sbagliato, Daniele... i miei voti, la mia vita qui... ho esagerato con questa amicizia," sussurrò, ma il suo sguardo si posava sui muscoli guizzanti sotto la camicia, il desiderio che la travolgeva come un'onda.
Lui le prese il viso tra le mani con tenerezza, avvicinando le labbra: "Lasciati andare, solo per un momento... nessuno lo saprà," mormorò, baciandola piano, un contatto che si trasformò in passione pura, la lingua che esplorava con delicatezza. Matilde esitò, le mani sul suo petto per respingerlo, ma invece si aggrapparono alla camicia, cedendo piano al calore che la invadeva.
Il peso della carne la travolse completamente – quel ragazzo muscoloso, il suo profumo maschile, gli occhi penetranti la facevano impazzire. Cedette in un bacio appassionato, le labbra di lui che reclamavano le sue con urgenza crescente, le mani che slacciavano l'abito con movimenti lenti e rispettosi, esponendo la pelle calda delle gambe affusolate.
Lui la sollevò con facilità sui suoi fianchi forti, spingendola dolcemente contro la parete, penetrandola con forza controllata, affondi ritmici e profondi che la facevano gemere sommessamente, il corpo slanciato di lei che si contraeva in orgasmi violenti e prolungati, ondate di piacere che la scuotevano dall'interno, i muscoli interni che si stringevano attorno a lui in contrazioni ritmiche, il sudore che li univa in un turbine carnale.
Daniele la baciava sul collo, le mani che accarezzavano i seni con gentilezza, prolungando ogni movimento per farla impazzire, un amplesso che sembrava non finire, gemiti che echeggiavano piano nello studiolo, persi nel piacere proibito.
Quello che Matilde non sapeva era che fuori dalla porta, nascosta nell'ombra del corridoio, c'era Suor Maria Teresa, eccitatissima dalla scena che spiava attraverso una fessura.
I gemiti soffocati di Matilde, i muscoli di Daniele che guizzavano nel ritmo appassionato, la fecero bruciare di desiderio: senza pudore, alzò l'abito e si toccò con foga, le dita che danzavano sul clitoride umido con movimenti circolari lenti all'inizio, poi sempre più rapidi, il suo corpo prosperoso che tremava contro la parete mentre assisteva al loro amplesso, i seni che si indurivano al tocco della sua stessa mano, gemendo piano in sincronia con i suoni dall'interno.
Ogni affondo di Daniele la eccitava di più, le fantasie che si mescolavano alla realtà, un orgasmo che la travolse in ondate violente e prolungate, contrazioni interne che la facevano ansimare, il sudore che le imperlava la fronte mentre il suo piano si realizzava in un turbine di passione condivisa, lasciandola esausta ma appagata nel buio del corridoio.
Firenze, con il suo Duomo silente, vegliava su quel nuovo capitolo di desiderio.
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