Suor Matilde e una giornata movimentata
di
Matilde25
genere
etero
Quel mattino di fine primavera, mentre il sole filtrava attraverso le vetrate gotiche della biblioteca, illuminando i tomi polverosi con un'aura quasi mistica, Filippo Ombra era al lavoro sul codice miniato del XIV secolo. L'esperto restauratore, con capelli neri ondulati aveva catturato Matilde in una seduzione che lei aveva orchestrato come una partita a scacchi, culminata in una notte di passione nella sala di restauro. Ma quel giorno, mentre Matilde passava a controllare il progresso, Filippo la fermò con uno sguardo serio: "Matilde, dobbiamo parlare – ho un segreto da rivelarti, qualcosa che ti metterà in difficoltà." Il suo tono era grave, gli occhi scuri che scrutavano i suoi castani con intensità, un cambio che la intrigava più che spaventarla. "Dimmi, Ombra – i segreti sono la mia specialità," rispose lei con un sorriso complice, chiudendo la porta della sala per privacy, il cuore che accelerava per l'anticipazione, curiosa di quella svolta inattesa.
Filippo esitò, le mani che tremavano leggermente mentre posava il pennello sul tavolo coperto di frammenti di pergamena e vasetti di pigmenti, l'aria intrisa dell'odore di inchiostro antico e colla. Si sedette su uno sgabello di legno, invitandola a fare lo stesso di fronte a lui. "Non sono chi dico di essere," iniziò con voce bassa, gli occhi che evitavano i suoi per un momento, come se le parole gli pesassero sull'anima. "Il mio vero nome è Filippo, sì, ma Ombra è un cognome falso, un velo per la mia missione. Sono un agente del Vaticano, inviato qui sotto copertura per investigare su una serie di scandali nelle biblioteche monastiche come le Oblate." Matilde corrugò la fronte, un sorriso scettico che le incurvava le labbra: "Scandali? Qui? Filippo, stai scherzando – le Oblate sono un tempio di pace e sapere."
Lui scosse la testa, la voce che si faceva più ferma, gli occhi che ora la fissavano con intensità penetrante: "Non scherzo, Matilde. Non si tratta solo di scandali sessuali – che pure ci sono stati, con suore coinvolte in relazioni proibite, come ben saprai – ma di corruzione più profonda: furti di manoscritti rari, venduti al mercato nero; donazioni deviate a fini personali; favori a mecenati in cambio di privilegi, come prestiti di volumi sacri per collezioni private. Il Vaticano ha ricevuto segnalazioni anonime, e io sono qui per verificare, raccogliere prove. E... ho trovato qualcosa anche su di te."
Matilde sentì un freddo improvviso percorrerle la schiena, il sorriso che svaniva mentre il cuore accelerava: "Su di me? Filippo, cosa intendi?" Lui tirò fuori dalla borsa un taccuino nascosto, sfogliandolo con mani ferme: "Foto, testimonianze discrete – le tue avventure Matilde, tutte le tue avventure. E non solo sesso, Matilde – rischi di essere accusata anche di essere complice di Suor Maria Teresa, che ha sottratto molti lavori, rivendendoli al mercato nero." Matilde impallidì, le mani che si stringevano sul bordo del tavolo, la mente che vorticava: non era a conoscenza di nessuno scandalo oltre i suoi personali, nessun furto, nessuna donazione deviata – era sconvolta, un turbine di pensieri che la assaliva: "Come è possibile? E Maria Teresa? Sa qualcosa? Devo parlarne con lei, o la metterei in pericolo?" L'incredibile rivelazione la metteva in difficoltà, un brivido di paura che si mescolava alla sua natura libertina, ma lei, con un sorriso calcolato, si avvicinò: "E cosa vuoi in cambio, Filippo, Per coprire tutto?" Lui esitò, gli occhi che si abbassavano: "Il tuo silenzio... e il tuo piacere. Dammi tutto ciò che voglio, e il rapporto al Vaticano sarà pulito."
Matilde, dopo un momento di silenzio, annuì con un sorriso complice: "Allora, Ombra, giochiamo questa partita – il tuo piacere in cambio del mio segreto." Ma dentro di sé, il dubbio la rodeva: non sapeva se parlarne con Maria Teresa, la paura di coinvolgerla in qualcosa di più grande, un segreto che la isolava, facendola dubitare per la prima volta della sua libertà.
Prima di quel confronto, però, Matilde aveva adocchiato un nuovo studente che frequentava le Oblate: un giovane di 22 anni, alto e magro, con occhi curiosi e un'aria da intellettuale, che passava ore a studiare volumi di teologia. Lo aveva notato da giorni, durante le sue pause tra i scaffali, il modo in cui sfogliava i libri con mani delicate, il profilo concentrato che la intrigava, un potenziale conquista che le stuzzicava l'appetito libertino. Decise di avvicinarlo con la sua solita maestria: un pomeriggio, mentre lui era immerso in un tomo su San Agostino, si avvicinò con un sorriso invitante: "Giovane, vedo che ti appassiona la teologia – posso aiutarti a trovare un'edizione rara?" disse, le mani che sfioravano il libro, il corpo che si inclinava leggermente verso di lui, un invito velato nei suoi occhi castani che lei sapeva essero irresistibili. Lui alzò lo sguardo, un rossore che gli colorava le guance: "Grazie, suor Matilde, ma... sto bene così." Matilde insistette, seduta accanto a lui con un gesto casuale: "Dimmi il tuo nome – forse posso guidarti in una sezione privata, con manoscritti che pochi vedono." Lui esitò, gli occhi che guizzavano nervosi: "Mi chiamo Luca... ma preferisco studiare solo. La sua presenza... mi distrae." Matilde rise piano, la mano che sfiorava il suo braccio: "Distrae? In senso positivo, spero – la fede è anche condivisione."
Matilde, decise di spingere oltre. "Luca, quel testo su Sant'Agostino che stai studiando... ne ho una edizione rara in una sala privata della biblioteca, accessibile solo a pochi. Vieni, te la mostro – potrebbe illuminare la tua ricerca," disse con un sorriso invitante, la voce bassa e calda, le mani che sfioravano leggermente il libro come per enfatizzare l'offerta, un gesto calcolato per stuzzicare la sua curiosità intellettuale. Luca esitò, gli occhi che guizzavano nervosi, il corpo magro che si tendeva sulla sedia: "Suor Matilde, non è necessario... sto bene qui." Ma lei insistette con gentilezza, chinandosi leggermente verso di lui, il suo profumo di incenso e lavanda che lo avvolgeva: "Fidati, è un'opportunità unica – pochi vedono quei manoscritti. Seguimi, solo per un momento." Il suo tono era persuasivo, gli occhi castani che lo fissavano con intensità complice, un invito che mescolava sapere e mistero. Luca, incuriosito dalla promessa di un'edizione rara, annuì infine: "Va bene..." Matilde sorrise tra sé, guidandolo attraverso i corridoi ombrosi della biblioteca, le sue gambe affusolate che si muovevano con grazia sotto l'abito, consapevole dello sguardo di lui che la seguiva.
Arrivati nella sala privata – una stanza appartata con scaffali alti e una finestra che dava sul giardino interno delle Oblate, l'aria intrisa dell'odore di pergamena antica e polvere – Matilde chiuse la portao, girandosi verso di lui con un sorriso più audace. "Ecco, Luca, il manoscritto è qui," disse, prendendo un volume rilegato in pelle dal ripiano più alto, chinandosi deliberatamente per far intravedere la curva del suo fondoschiena attraverso l'abito. Lui arrossì, distogliendo lo sguardo: "Grazie, suor Matilde... lo apprezzo." Ma lei non si fermò: posò il libro sul tavolo centrale, avvicinandosi a lui con passo felino, le mani che sfioravano il suo braccio: "Non essere timido – la fede è anche condivisione del sapere... e non solo." Luca si irrigidì: "Suor Matilde, io..." Lei rise piano, le dita che tracciavano una linea leggera sul suo petto: "I voti sono sacri, ma la curiosità è umana – dimmi, Luca, non ti intriga esplorare oltre i libri?" Si slacciò lentamente l'abito, lasciando scivolare le spalle nude, esponendo i seni: "Guardami – non ti eccita?" Luca impallidì, gli occhi che guizzavano sul suo corpo ma si ritraevano: "No... è sbagliato! Mi dispiace, suor Matilde, ma non posso." Si voltò bruscamente, uscendo dalla stanza con passo affrettato, lasciando Matilde sola, nuda e affranta.
Matilde rimase lì, il cuore che batteva forte per l'umiliazione, ma il corpo ancora eccitato dal suo stesso ardire. "Come ha potuto rifiutarmi?" pensò, ma la frustrazione si trasformò in urgenza: si sdraiò sul tavolo di legno antico, le mani che scivolavano sui seni. Una mano scese più in basso, le dita che sfioravano il clitoride con tocchi leggeri, aumentando la pressione gradualmente, l'altra che penetrava il calore umido con affondi lenti, curvandosi per sfregare il punto sensibile all'interno, il corpo che si inarcava in spasmi ritmici, i muscoli interni che si contraevano in ondate violente, un orgasmo che la travolse senza freno, il suo animo che assaporava quella solitudine come un atto di auto-liberazione.
Sconvolta da questi due episodi – il segreto incredibile di Filippo, che metteva in pericolo la sua vita clericale, e il rifiuto di quel nuovo studente, che feriva il suo orgoglio – Matilde si consolò tornando da Padre Ernesto. Lo trovò nella piccola chiesa vicino a Piazza della Signoria, immerso in una preghiera solitaria, e con un sussurro lo avvicinò: "Padre, ho bisogno di assoluzione... di nuovo." Lui alzò lo sguardo, gli occhi che brillavano di un desiderio represso, la voce ferma ma incrinata: "Figlia mia, entra nel confessionale – il Signore ascolta." Nel buio del confessionale, Matilde iniziò con voce bassa: "Padre, i miei peccati sono aumentati, ho provato ad abbordare un nuovo studente, ma mi ha rifiutato. E ne sono rimasta sconvolta. E poi ho avuto un'avventura con un uomo in visita alle Oblate per ristrutturare dei manoscritti, mi ha fatto godere tantissimo, mi fa impazzire come mi lecca in mezzo alle cosce Padre" Padre Ernesto inspirò bruscamente: "Questi dettagli... sono necessari?" Matilde insistette: "Sì, Padre – devo liberarmi." Lui, con la voce ferma: "Vuoi tornare in sacrestia eh? Ti accontento, andiamo."
Padre Ernesto chiuse la porta con un gesto secco, il clic che echeggiò nella stanza come un sigillo definitivo, voltandosi verso Matilde con il viso distorto da una furia controllata, gli occhi fiammeggianti che la squadravano dall'alto in basso. "Hai peccato di nuovo come una figlia perduta, Matilde! Sei un'anima traviata dal demonio della lussuria!" disse. "Padre, cerco assoluzione – i miei desideri sono parte di me, e voi lo sapete bene, dopo l'ultima volta."
Matilde si mosse piano verso di lui, le mani che sfioravano il suo braccio: "Forse devo essere punita nuovamente padre.." Lui la interruppe con un gesto brusco, afferrandole il polso: "Basta!" La sua voce era un ringhio basso, gli occhi che saettavano su di lei con un misto di furia e qualcosa di più oscuro, il corpo che si tendeva verso il suo, il membro che si induriva sotto l'abito talare, un desiderio che lo travolgeva nonostante la vocazione. Matilde, sorrise complice: "Castigatemi Padre – come l'ultima volta, quando mi avete preso con forza." Lui esitò, il crocifisso che gli scivolava dalle mani: "Non tentarmi, figlia – il demonio parla attraverso di te." Ma lei si avvicinò ancora, le mani che gli slacciavano l'abito talare con dita esperte: "Il demonio? O il desiderio che brucia in voi quanto in me? Ricordate, Padre – la mia bocca attorno al vostro membro, i vostri affondi che mi facevano gemere." Lui gemette piano, la resistenza che si spezzava: "Sei una sirena...il castigo deve essere severo."
Padre Ernesto la spinse contro l'altare con mani ferme, le dita che le stringevano i fianchi attraverso l'abito, "Inginocchiati, peccatrice – espia con la bocca," ordinò, la voce rude ma intrisa di un decoro spezzato, gli occhi colmi di desiderio represso. Matilde obbedì con un sorriso, inginocchiandosi sul pavimento freddo, le mani che slacciavano i suoi pantaloni, il membro eretto che balzava libero, venoso e pulsante. Lo prese tra le labbra con avidità, la lingua che danzava sulla punta con cerchi umidi e insistenti, succhiando con ritmo lento e profondo, la bocca che lo avvolgeva completamente"Così... espia, figlia." Lei accelerò, le mani che accarezzavano la base, la testa che si muoveva su e giù con urgenza crescente, i gemiti soffocati che vibravano attorno a lui, leccandogli e succhiandogli anche le palle, fino a quando lui la fermò: "Basta – ora il vero castigo che brami."
La girò bruscamente, spingendola contro l'altare, le mani che le sollevavano l'abito esponendo le gambe affusolate e il fondoschiena favoloso, la pelle liscia che brillava alla luce della candela. "Ora ti sodomizzo di nuovo, figlia traviata – questo è il castigo che vuoi e che meriti," disse
Il membro che la dilatava in un'estasi dolorosa, ogni spinta che sfregava contro le pareti interne con frizione intensa, facendola gemere, i muscoli che si contraevano in spasmi ritmici. "Senti il castigo, peccatrice?" mormorò lui, le mani che le stringevano i fianchi con forza, schiaffeggiandole il fondoschiena con colpi secchi e ritmati che le mandavano ondate di piacere misto a dolore, il corpo che si tendeva contro il suo, il tavolo dell'altare che scricchiolava sotto il peso. Matilde, il piacere che la consumava, rispondeva con gemiti: "Sì, Padre... più forte, puniscimi così" , i suoi affondi che si facevano più profondi e insistenti, il respiro affannoso che echeggiava nella stanza, fino a quando si riversò dentro di lei, una liberazione per entrambi.
Matilde con un sorriso appagato: "Grazie, Padre – questa è la mia assoluzione. Ma penso che peccherò ancora"
Filippo esitò, le mani che tremavano leggermente mentre posava il pennello sul tavolo coperto di frammenti di pergamena e vasetti di pigmenti, l'aria intrisa dell'odore di inchiostro antico e colla. Si sedette su uno sgabello di legno, invitandola a fare lo stesso di fronte a lui. "Non sono chi dico di essere," iniziò con voce bassa, gli occhi che evitavano i suoi per un momento, come se le parole gli pesassero sull'anima. "Il mio vero nome è Filippo, sì, ma Ombra è un cognome falso, un velo per la mia missione. Sono un agente del Vaticano, inviato qui sotto copertura per investigare su una serie di scandali nelle biblioteche monastiche come le Oblate." Matilde corrugò la fronte, un sorriso scettico che le incurvava le labbra: "Scandali? Qui? Filippo, stai scherzando – le Oblate sono un tempio di pace e sapere."
Lui scosse la testa, la voce che si faceva più ferma, gli occhi che ora la fissavano con intensità penetrante: "Non scherzo, Matilde. Non si tratta solo di scandali sessuali – che pure ci sono stati, con suore coinvolte in relazioni proibite, come ben saprai – ma di corruzione più profonda: furti di manoscritti rari, venduti al mercato nero; donazioni deviate a fini personali; favori a mecenati in cambio di privilegi, come prestiti di volumi sacri per collezioni private. Il Vaticano ha ricevuto segnalazioni anonime, e io sono qui per verificare, raccogliere prove. E... ho trovato qualcosa anche su di te."
Matilde sentì un freddo improvviso percorrerle la schiena, il sorriso che svaniva mentre il cuore accelerava: "Su di me? Filippo, cosa intendi?" Lui tirò fuori dalla borsa un taccuino nascosto, sfogliandolo con mani ferme: "Foto, testimonianze discrete – le tue avventure Matilde, tutte le tue avventure. E non solo sesso, Matilde – rischi di essere accusata anche di essere complice di Suor Maria Teresa, che ha sottratto molti lavori, rivendendoli al mercato nero." Matilde impallidì, le mani che si stringevano sul bordo del tavolo, la mente che vorticava: non era a conoscenza di nessuno scandalo oltre i suoi personali, nessun furto, nessuna donazione deviata – era sconvolta, un turbine di pensieri che la assaliva: "Come è possibile? E Maria Teresa? Sa qualcosa? Devo parlarne con lei, o la metterei in pericolo?" L'incredibile rivelazione la metteva in difficoltà, un brivido di paura che si mescolava alla sua natura libertina, ma lei, con un sorriso calcolato, si avvicinò: "E cosa vuoi in cambio, Filippo, Per coprire tutto?" Lui esitò, gli occhi che si abbassavano: "Il tuo silenzio... e il tuo piacere. Dammi tutto ciò che voglio, e il rapporto al Vaticano sarà pulito."
Matilde, dopo un momento di silenzio, annuì con un sorriso complice: "Allora, Ombra, giochiamo questa partita – il tuo piacere in cambio del mio segreto." Ma dentro di sé, il dubbio la rodeva: non sapeva se parlarne con Maria Teresa, la paura di coinvolgerla in qualcosa di più grande, un segreto che la isolava, facendola dubitare per la prima volta della sua libertà.
Prima di quel confronto, però, Matilde aveva adocchiato un nuovo studente che frequentava le Oblate: un giovane di 22 anni, alto e magro, con occhi curiosi e un'aria da intellettuale, che passava ore a studiare volumi di teologia. Lo aveva notato da giorni, durante le sue pause tra i scaffali, il modo in cui sfogliava i libri con mani delicate, il profilo concentrato che la intrigava, un potenziale conquista che le stuzzicava l'appetito libertino. Decise di avvicinarlo con la sua solita maestria: un pomeriggio, mentre lui era immerso in un tomo su San Agostino, si avvicinò con un sorriso invitante: "Giovane, vedo che ti appassiona la teologia – posso aiutarti a trovare un'edizione rara?" disse, le mani che sfioravano il libro, il corpo che si inclinava leggermente verso di lui, un invito velato nei suoi occhi castani che lei sapeva essero irresistibili. Lui alzò lo sguardo, un rossore che gli colorava le guance: "Grazie, suor Matilde, ma... sto bene così." Matilde insistette, seduta accanto a lui con un gesto casuale: "Dimmi il tuo nome – forse posso guidarti in una sezione privata, con manoscritti che pochi vedono." Lui esitò, gli occhi che guizzavano nervosi: "Mi chiamo Luca... ma preferisco studiare solo. La sua presenza... mi distrae." Matilde rise piano, la mano che sfiorava il suo braccio: "Distrae? In senso positivo, spero – la fede è anche condivisione."
Matilde, decise di spingere oltre. "Luca, quel testo su Sant'Agostino che stai studiando... ne ho una edizione rara in una sala privata della biblioteca, accessibile solo a pochi. Vieni, te la mostro – potrebbe illuminare la tua ricerca," disse con un sorriso invitante, la voce bassa e calda, le mani che sfioravano leggermente il libro come per enfatizzare l'offerta, un gesto calcolato per stuzzicare la sua curiosità intellettuale. Luca esitò, gli occhi che guizzavano nervosi, il corpo magro che si tendeva sulla sedia: "Suor Matilde, non è necessario... sto bene qui." Ma lei insistette con gentilezza, chinandosi leggermente verso di lui, il suo profumo di incenso e lavanda che lo avvolgeva: "Fidati, è un'opportunità unica – pochi vedono quei manoscritti. Seguimi, solo per un momento." Il suo tono era persuasivo, gli occhi castani che lo fissavano con intensità complice, un invito che mescolava sapere e mistero. Luca, incuriosito dalla promessa di un'edizione rara, annuì infine: "Va bene..." Matilde sorrise tra sé, guidandolo attraverso i corridoi ombrosi della biblioteca, le sue gambe affusolate che si muovevano con grazia sotto l'abito, consapevole dello sguardo di lui che la seguiva.
Arrivati nella sala privata – una stanza appartata con scaffali alti e una finestra che dava sul giardino interno delle Oblate, l'aria intrisa dell'odore di pergamena antica e polvere – Matilde chiuse la portao, girandosi verso di lui con un sorriso più audace. "Ecco, Luca, il manoscritto è qui," disse, prendendo un volume rilegato in pelle dal ripiano più alto, chinandosi deliberatamente per far intravedere la curva del suo fondoschiena attraverso l'abito. Lui arrossì, distogliendo lo sguardo: "Grazie, suor Matilde... lo apprezzo." Ma lei non si fermò: posò il libro sul tavolo centrale, avvicinandosi a lui con passo felino, le mani che sfioravano il suo braccio: "Non essere timido – la fede è anche condivisione del sapere... e non solo." Luca si irrigidì: "Suor Matilde, io..." Lei rise piano, le dita che tracciavano una linea leggera sul suo petto: "I voti sono sacri, ma la curiosità è umana – dimmi, Luca, non ti intriga esplorare oltre i libri?" Si slacciò lentamente l'abito, lasciando scivolare le spalle nude, esponendo i seni: "Guardami – non ti eccita?" Luca impallidì, gli occhi che guizzavano sul suo corpo ma si ritraevano: "No... è sbagliato! Mi dispiace, suor Matilde, ma non posso." Si voltò bruscamente, uscendo dalla stanza con passo affrettato, lasciando Matilde sola, nuda e affranta.
Matilde rimase lì, il cuore che batteva forte per l'umiliazione, ma il corpo ancora eccitato dal suo stesso ardire. "Come ha potuto rifiutarmi?" pensò, ma la frustrazione si trasformò in urgenza: si sdraiò sul tavolo di legno antico, le mani che scivolavano sui seni. Una mano scese più in basso, le dita che sfioravano il clitoride con tocchi leggeri, aumentando la pressione gradualmente, l'altra che penetrava il calore umido con affondi lenti, curvandosi per sfregare il punto sensibile all'interno, il corpo che si inarcava in spasmi ritmici, i muscoli interni che si contraevano in ondate violente, un orgasmo che la travolse senza freno, il suo animo che assaporava quella solitudine come un atto di auto-liberazione.
Sconvolta da questi due episodi – il segreto incredibile di Filippo, che metteva in pericolo la sua vita clericale, e il rifiuto di quel nuovo studente, che feriva il suo orgoglio – Matilde si consolò tornando da Padre Ernesto. Lo trovò nella piccola chiesa vicino a Piazza della Signoria, immerso in una preghiera solitaria, e con un sussurro lo avvicinò: "Padre, ho bisogno di assoluzione... di nuovo." Lui alzò lo sguardo, gli occhi che brillavano di un desiderio represso, la voce ferma ma incrinata: "Figlia mia, entra nel confessionale – il Signore ascolta." Nel buio del confessionale, Matilde iniziò con voce bassa: "Padre, i miei peccati sono aumentati, ho provato ad abbordare un nuovo studente, ma mi ha rifiutato. E ne sono rimasta sconvolta. E poi ho avuto un'avventura con un uomo in visita alle Oblate per ristrutturare dei manoscritti, mi ha fatto godere tantissimo, mi fa impazzire come mi lecca in mezzo alle cosce Padre" Padre Ernesto inspirò bruscamente: "Questi dettagli... sono necessari?" Matilde insistette: "Sì, Padre – devo liberarmi." Lui, con la voce ferma: "Vuoi tornare in sacrestia eh? Ti accontento, andiamo."
Padre Ernesto chiuse la porta con un gesto secco, il clic che echeggiò nella stanza come un sigillo definitivo, voltandosi verso Matilde con il viso distorto da una furia controllata, gli occhi fiammeggianti che la squadravano dall'alto in basso. "Hai peccato di nuovo come una figlia perduta, Matilde! Sei un'anima traviata dal demonio della lussuria!" disse. "Padre, cerco assoluzione – i miei desideri sono parte di me, e voi lo sapete bene, dopo l'ultima volta."
Matilde si mosse piano verso di lui, le mani che sfioravano il suo braccio: "Forse devo essere punita nuovamente padre.." Lui la interruppe con un gesto brusco, afferrandole il polso: "Basta!" La sua voce era un ringhio basso, gli occhi che saettavano su di lei con un misto di furia e qualcosa di più oscuro, il corpo che si tendeva verso il suo, il membro che si induriva sotto l'abito talare, un desiderio che lo travolgeva nonostante la vocazione. Matilde, sorrise complice: "Castigatemi Padre – come l'ultima volta, quando mi avete preso con forza." Lui esitò, il crocifisso che gli scivolava dalle mani: "Non tentarmi, figlia – il demonio parla attraverso di te." Ma lei si avvicinò ancora, le mani che gli slacciavano l'abito talare con dita esperte: "Il demonio? O il desiderio che brucia in voi quanto in me? Ricordate, Padre – la mia bocca attorno al vostro membro, i vostri affondi che mi facevano gemere." Lui gemette piano, la resistenza che si spezzava: "Sei una sirena...il castigo deve essere severo."
Padre Ernesto la spinse contro l'altare con mani ferme, le dita che le stringevano i fianchi attraverso l'abito, "Inginocchiati, peccatrice – espia con la bocca," ordinò, la voce rude ma intrisa di un decoro spezzato, gli occhi colmi di desiderio represso. Matilde obbedì con un sorriso, inginocchiandosi sul pavimento freddo, le mani che slacciavano i suoi pantaloni, il membro eretto che balzava libero, venoso e pulsante. Lo prese tra le labbra con avidità, la lingua che danzava sulla punta con cerchi umidi e insistenti, succhiando con ritmo lento e profondo, la bocca che lo avvolgeva completamente"Così... espia, figlia." Lei accelerò, le mani che accarezzavano la base, la testa che si muoveva su e giù con urgenza crescente, i gemiti soffocati che vibravano attorno a lui, leccandogli e succhiandogli anche le palle, fino a quando lui la fermò: "Basta – ora il vero castigo che brami."
La girò bruscamente, spingendola contro l'altare, le mani che le sollevavano l'abito esponendo le gambe affusolate e il fondoschiena favoloso, la pelle liscia che brillava alla luce della candela. "Ora ti sodomizzo di nuovo, figlia traviata – questo è il castigo che vuoi e che meriti," disse
Il membro che la dilatava in un'estasi dolorosa, ogni spinta che sfregava contro le pareti interne con frizione intensa, facendola gemere, i muscoli che si contraevano in spasmi ritmici. "Senti il castigo, peccatrice?" mormorò lui, le mani che le stringevano i fianchi con forza, schiaffeggiandole il fondoschiena con colpi secchi e ritmati che le mandavano ondate di piacere misto a dolore, il corpo che si tendeva contro il suo, il tavolo dell'altare che scricchiolava sotto il peso. Matilde, il piacere che la consumava, rispondeva con gemiti: "Sì, Padre... più forte, puniscimi così" , i suoi affondi che si facevano più profondi e insistenti, il respiro affannoso che echeggiava nella stanza, fino a quando si riversò dentro di lei, una liberazione per entrambi.
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