Suor Matilde e il richiamo del Belgio

di
genere
prime esperienze

Firenze, con il suo Duomo che svettava come un gigante di marmo sotto il cielo autunnale, sembrava sempre più lontana mentre Suor Matilde saliva sul treno diretto a Bruxelles. Il motivo del viaggio era un ritiro spirituale organizzato dalla congregazione: un seminario di tre giorni sulle tradizioni monastiche europee, con focus sulle abbazie belghe dove i monaci trappisti producevano birra come atto di devozione e sostentamento.

"La birra come simbolo di labor et oratio," le aveva spiegato la superiora, citando San Benedetto, e Matilde aveva accettato con entusiasmo, vedendolo come un'opportunità per rafforzare la fede, lontana dalle tentazioni della città eterna.

A 32 anni, con i voti presi da poco, sentiva il bisogno di quel distacco: Firenze, con le sue strade affollate e i ricordi nascosti – le notti con Daniele e Suor Maria Teresa, dove si erano abbandonati a più amplessi appassionati, l'intensa passione con la superiora nelle Oblate, la turbavano ancora, un conflitto interiore tra devozione e desideri repressi che la faceva dubitare della sua purezza. "Il Belgio mi purificherà," pensò mentre il treno sfrecciava attraverso le Alpi, il paesaggio che mutava in pianure nebbiose, un viaggio che simboleggiava il suo cammino interiore, dal caos alla quiete monastica, un'opportunità per riflettere sulla sua vocazione e scacciare i demoni del passato, un dubbio psicologico che la assaliva: "Sono davvero redenta, o il desiderio è solo sopito?"

Arrivata a Bruxelles, Matilde si unì a un piccolo gruppo di suore e monaci per visitare le abbazie. Il primo giorno fu dedicato a Orval, un'abbazia cistercense immersa nelle Ardenne, con le sue rovine medievali e la birreria dove i monaci producevano una birra ambrata, frutto di secoli di tradizione. Camminando tra i chiostri silenziosi, Matilde assaporò la pace: l'aria frizzante odorava di luppolo e malto, i monaci in abito bianco che lavoravano nei tini con gesti rituali, un'armonia tra lavoro e preghiera che la affascinava, un momento di serenità che le permetteva di pregare con fervore, sentendosi più vicina al divino, lontana dai tormenti fiorentini.

Ma la sera, nella cella spartana dell'ostello monastico, la nostalgia la assalì come un'onda improvvisa. Pensò a Suor Maria Teresa, la sua guida prosperosa e autoritaria, i seni pieni che aveva accarezzato in quella notte proibita nelle Oblate, il calore del loro amplesso che le aveva aperto un mondo di sensazioni negate, un legame che la faceva sentire protetta e al tempo stesso colpevole, un vuoto interiore che la dilaniava – la fede che la chiamava alla purezza, il desiderio che la reclamava, un dubbio che la assaliva durante le preghiere serali:

"Signore, perché questi pensieri mi assillano, perché il corpo tradisce l'anima?" E Daniele, quel giovane fiorentino con cui aveva condiviso una passione fugace, il suo corpo muscoloso che la penetrava con affondi ritmici, la sua pelle contro la sua in quell'appartamento sull'Arno – un ricordo che la eccitava e la colpevolizzava, un'eco che la faceva sentire viva, ma lontana dalla vocazione, un tormento psicologico che la rendeva irrequieta, il suo animo diviso tra il ritiro e il richiamo del corpo, un conflitto che la spingeva a pregare più intensamente, ginocchia sul pavimento freddo della cella, cercando assoluzione nel silenzio.

Il secondo giorno, a Chimay, l'abbazia circondata da foreste umide, Matilde partecipò a una degustazione guidata: la birra scura, dal sapore di caramello e spezie, le scaldò lo stomaco, ma non l'anima, un assaggio moderato che le ricordava la temperanza monastica, ma che non scacciava i pensieri. Durante la visita alla birreria, dove i monaci spiegavano il processo come un atto di obbedienza divina, la nostalgia si fece più acuta: immaginava Maria Teresa al suo fianco, la mano che le sfiorava la schiena in un gesto protettivo ma intimo, o Daniele che la baciava con passione giovanile, un tormento psicologico che la rendeva irrequieta, il suo animo diviso tra la devozione del ritiro e il richiamo del corpo, un dubbio che la assaliva: "Signore, perché questi ricordi mi inseguono, perché la carne è debole nonostante i voti?"

Quella sera, sola nella cella, si toccò piano, le dita che sfioravano il calore tra le cosce, immaginando i tocchi di Maria Teresa e Daniele, un orgasmo soffocato che la lasciò esausta ma non appagata, un passo verso l'accettazione che il suo desiderio non era peccato mortale, ma parte di un cammino umano, un'evoluzione interiore che la faceva dubitare della sua scelta monastica, sentendosi sempre più lontana dalla purezza che cercava, un conflitto che la struggeva, il suo animo che oscillava tra rimorso e un brivido di libertà.

Il terzo giorno, a Westvleteren, l'abbazia più austera, famosa per la birra trappista più rara al mondo, Matilde sentì il peso della nostalgia attenuarsi. Durante la visita, tra i chiostri silenziosi e i tini di fermentazione, incontrò Alex, un giovanotto di colore sui 25 anni, un turista congolese in viaggio spirituale, con muscoli scolpiti sotto la camicia leggera, un sorriso contagioso che illuminava il viso scuro, e un portamento sicuro che parlava di una vita vissuta tra le sfide di Kinshasa e la ricerca di pace in Europa.
Alex era un ingegnere specializzato in energie rinnovabili, in Belgio per un seminario sulla sostenibilità ambientale, ma con un profondo interesse per le tradizioni monastiche: "Vengo da una famiglia cattolica – le abbazie mi ricordano le missioni in Congo, dove la fede si mescola al lavoro quotidiano," le disse con un accento musicale, mentre degustavano la birra ambrata in un cortile ombroso, l'aria intrisa dell'odore di malto.

Matilde, inizialmente incuriosita dalla sua presenza esotica in quel contesto monastico, chiacchierò con lui su temi spirituali: "La birra qui è un atto di fede – come la tua ricerca di sostenibilità, un'armonia con la creazione divina," rispose, sentendo un'affinità intellettuale, un dialogo che la distraeva dalla nostalgia, un incontro che la faceva sentire connessa al mondo oltre il convento, un brivido di normalità che la rassicurava, il suo animo devoto che vedeva in lui un compagno di riflessione, non un tentatore, un'opportunità per condividere la fede senza pericol ma un dubbio interiore la assaliva: "È il Signore che mi manda questa distrazione, o una nuova prova?"

Il crescendo fu sottile e progressivo, un percorso che Matilde viveva con crescente consapevolezza, un lento accumulo di tensione interiore che la portava a interrogarsi sulla sua vocazione: durante la passeggiata nel bosco circostante, Alex le raccontò della sua vita in Congo – le difficoltà economiche, la fede come ancora in un paese turbolento, i progetti per portare energia solare nei villaggi remoti – le mani che sfioravano le sue "per caso" mentre indicava un fiore o un albero antico, un tocco innocente che le accelerava il polso senza allarmarla, un'attrazione che nasceva piano dalla sua intelligenza, dalla sua fede condivisa, dal suo ottimismo contagioso che contrastava con la sua nostalgia, mentre il dubbio interiore si faceva sempre più complesso:

"È il Signore che mi mette alla prova con questa connessione?" Alex, dal canto suo, era affascinato dalla sua bellezza eterea sotto l'abito, dalla sua devozione sincera, mentree la conversazione proseguiva su temi spirituali: "La tua vocazione è ispirante – mi fai sentire vicino al divino," le disse, e lei arrossì leggermente, sentendo un calore familiare ma non immediato, un conflitto che nasceva: la fede che la frenava, ma un senso di connessione umana che la attirava, un brivido che cresceva dal dialogo profondo, dall'affinità culturale, dalla sua presenza rassicurante che scacciava la nostalgia di Maria Teresa e Daniele piano piano, un'evoluzione interiore che la faceva dubitare: "Forse il ritiro è anche questo – incontrare anime affini per rafforzare la fede," pensava, ma il suo corpo rispondeva con un calore sottile,, il suo animo che oscillava tra devozione e un'attrazione che si insinuava come un sussurro.

Quella sera, l'ultima del ritiro, la tensione raggiunse un picco, un crescendo che si dispiegava in un percorso di seduzione naturale, emozioni che Matilde sentiva montare come una marea: nella sala comune dell'ostello, dopo la cena monastica, Alex le propose una discussione privata: "Parliamo ancora della fede – la tua prospettiva è unica," disse con un sorriso gentile, e Matilde, incuriosita dalla sua mente vivace, accettò di continuare nella sua cella.

Nella cella spartana dell'ostello monastico, l'aria era carica di un silenzio denso, interrotto solo dal ticchettio distante di un orologio e dal fruscio del vento contro la finestra. Matilde sedeva sul bordo del letto, l'abito monacale che le avvolgeva il corpo, le mani intrecciate in grembo come per ancorarsi alla sua vocazione. Alex, con il suo portamento sicuro e il sorriso che illuminava il viso scuro, si accomodò sulla sedia di fronte a lei, il corpo atletico che sembrava riempire lo spazio ristretto, emanando un calore umano che contrastava con la freddezza ascetica della stanza. "La tua vocazione è ispirante, Matilde," disse lui con voce bassa e musicale, l'accento congolese che dava alle parole un ritmo esotico, come una preghiera africana. "In Congo, le suore sono pilastri delle comunità, ma tu... tu sembri portare la fede con una grazia speciale, come se il divino ti avesse scelta per illuminare gli altri."

Matilde arrossì leggermente, lo sguardo che guizzava verso il crocifisso appeso al muro, un monito silenzioso che le ricordava i voti presi. "Grazie, Alex, ma è il Signore che guida i miei passi," rispose con voce ferma, ma dentro di lei un conflitto iniziava a ribollire: la devozione che la ancorava alla purezza, ma un brivido non nuovo, molto familiare, che le saliva dal petto, un dubbio che la assaliva – "È solo conversazione spirituale, o sto flirtando con il pericolo?" Il suo animo devoto lottava, ricordandole le preghiere mattutine nelle Oblate, il tocco di Maria Teresa che le aveva aperto un mondo proibito, e la notte con Daniele che aveva sepolto nel rimpianto. Non voleva cedere, non poteva – era il suo scudo contro il recente passato turbolento, un rifugio che non intendeva tradire per un'attrazione passeggera.

Alex annuì, gli occhi scuri che si fissavano nei suoi con intensità gentile, come se potesse leggere i suoi pensieri. "Capisco. La fede è un cammino solitario, a volte. In Congo, durante le missioni, ho visto suore come te – forti, ma umane. Dimmi, Matilde, cosa ti ha portata ai voti? Una chiamata divina, o un bisogno di pace interiore?" La domanda era innocente, ma il suo tono era avvolgente, come una carezza vocale, e lui si chinò leggermente in avanti, le ginocchia che sfioravano le sue per un istante, un contatto che le mandò un fremito lungo la gamba.

Matilde si ritrasse impercettibilmente, il cuore che accelerava: "Una chiamata, sì... dopo un periodo di confusione. La fede mi ha dato chiarezza," rispose, le mani che stringevano l'abito come per ancorarsi, il suo animo in subbuglio – "Non devo pensare al suo tocco, è peccato anche solo immaginarlo," si rimproverava, ma il brivido persistente la tradiva, un conflitto tra la purezza monastica e un'attrazione che cresceva come una pianta in un terreno fertile- "Perché il mio corpo reagisce così? È una prova del Signore?"

Alex sorrise, la mano che si posava sul tavolo vicino alla sua, le dita che sfioravano il bordo del suo polso "per caso" mentre indicava il crocifisso. "... è ciò che cerco anch'io. Ma a volte, la fede si intreccia con l'umano – con connessioni come questa." Il tocco fu fugace, ma intenzionale, la sua pelle calda contro la sua, un elettricità che le fece accelerare il polso, e Matilde ritrasse la mano con un gesto brusco, arrossendo: "Alex, siamo qui per discutere di spiritualità, non... di altro," disse con voce tremante, il suo animo devoto che si aggrappava ai voti come a un salvagente, – la vocazione che la frenava, ma un calore che si diffondeva dal punto di contatto, "Perché mi sento attratta? È il demonio che mi tenta in questo ritiro?" Alex ritrasse la mano con gentilezza, gli occhi che non lasciavano i suoi: "Scusa se ti ho turbata. Ma la tua presenza... è come una luce in questo luogo sacro. Parliamo di te, allora – cosa ti manca della tua vita passata, prima dei voti?"

La conversazione proseguì in un intreccio di confidenze, un lento crescendo che Matilde sentiva montare come una marea: lei gli parlò del suo passato turbolento, "un amore fugace che mi ha lasciato vuota," confessò, e Alex ascoltava con empatia, la voce che la avvolgeva: "Il vuoto si riempie con connessioni vere – come questa, Matilde. Senti come il nostro dialogo è... intimo?" Le sue parole erano un sussurro, il corpo che si inclinava verso di lei, il profumo muschiato di bosco e birra che la inebriava, un'attrazione che cresceva dal suo ascolto attivo, dalla sua spiritualità condivisa, "Davvero sto cedendo?" Matilde si alzò per distanziarsi, ma lui la seguì con lo sguardo, "La tua bellezza è parte della tua fede – non negarla," disse, e lei sentì un calore salire dal basso ventre, il corpo che tradiva la mente, un conflitto che la consumava – "Non devo, non di nuovo" pensava, ma il brivido persistente la tradiva, un lento cedimento che si accumulava.

Il crescendo culminò quando Alex le prese la mano con gentilezza, "Matilde, in te vedo una donna, non solo una suora," sussurrò, e lei esitò, il cuore che martellava, un dubbio che si risolveva in un bacio – le labbra piene di lui che si posavano sulle sue con tenerezza insistente, un contatto che la travolgeva, il suo animo che cedeva al desiderio accumulato.

La notte fu un'esplosione di passione dettagliata, un amplesso che Matilde visse con un misto di estasi e sorpresa: Alex la spinse sul letto con delicatezza possessiva, le labbra che divoravano i suoi seni piccoli ma sodi, la lingua che tracciava cerchi umidi sui capezzoli eretti, facendola inarcare con gemiti soffocati, il corpo che si tendeva sotto le sue mani forti, un brivido che le saliva dal basso ventre al suo tocco esperto, emozioni pure e in libertà, nuovamente – liberazione dalla nostalgia, un conflitto risolto in un ardore che la travolgeva.

Poi Alex scese più in basso, le gambe affusolate che si aprivano al suo tocco, la lingua che lambiva l'interno delle cosce con leccate lente e alternate, risalendo verso il clitoride con pressioni crescenti, cerchi ritmici che la facevano tremare, affondi della lingua che esploravano ogni piega umida, il suo aroma muschiato che lo inebriava, un orgasmo che la travolse in ondate violente, i muscoli interni che si contraevano in spasmi ritmici, il corpo che si arcuava in estasi mentre gridava piano, un culmine che la lasciava ansimante, il suo animo che assaporava quella liberazione come un atto di ribellione alla vocazione.

Matilde, con il desiderio che la consumava, ribaltò i ruoli con audacia crescente: lo spinse sul letto, le mani che esploravano il petto scolpito, la lingua che tracciava linee umide sull'addome definito, scendendo verso il suo membro eretto – un mebro molto grosso, spesso e lungo, che la lasciò senza fiato, un misto di stupore e eccitazione che la fece impazzire, il suo animo che virava verso l'ossessione: "È enorme – mi riempirà completamente, mi farà sentire piena come mai," pensò, le mani che lo accarezzavano con movimenti lenti, la bocca che lo avvolgeva con succhiate profonde, la lingua che danzava sulla punta mentre lo ingoiava il più possibile, il suo sapore salato che la inebriava.

Alex che ansimava: "Matilde... sei incredibile," il suo corpo che si tendeva sotto di lei, un piacere acuto che lo travolgeva. Lo cavalcò con i suoi fianchi ondulanti, il suo calore che lo avvolgeva stretto, affondi profondi che la facevano gemere per le dimensioni che la dilatavano, la portavano al limite tra dolore e estasi, i muscoli interni che si contraevano attorno a lui in spasmi ritmici, un secondo orgasmo che la scuoteva mentre lui si riversava dentro di lei in fiotti caldi, il sudore che li univa in un groviglio carnale, un culmine che la lasciava appagata, il corpo che tremava per l'intensità di quell'organo imponente che la aveva riempita come mai prima, un'esperienza che la segnava profondamente, il suo animo che assaporava quella completezza con un misto di euforia e sorpresa.

Rimasero lì, ansimanti tra le lenzuola arruffate, Matilde con un sorriso appagato: "Il Belgio mi ha portata a un nuovo capitolo".
Al ritorno a Firenze, la biblioteca delle Oblate l'attendeva, ma il suo animo era cambiato, pronto a nuovi peccati.
scritto il
2025-10-31
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