Suor Matilde

di
genere
saffico

Firenze, città eterna dove il Rinascimento si intreccia con l'anima devota, custodisce angoli di quiete mistica tra le sue strade affollate e il fiume Arno che scorre pigro sotto i ponti antichi.

Nel cuore di questa metropoli spirituale sorge la Biblioteca delle Oblate, un'oasi di sapere racchiusa in un ex convento del XIII secolo, con le sue sale luminose affacciate sulla cupola del Duomo di Brunelleschi, che domina il cielo come un monito divino.

Qui, tra scaffali polverosi colmi di manoscritti sacri e volumi di teologia, lavorava Suor Matilde, una giovane suora di 32 anni, bionda e slanciata, con gambe affusolate e un fondoschiena che, sotto l'abito monacale, evocava curve armoniose forgiate da una giovinezza turbolenta.

Matilde aveva preso i voti da poco, un rifugio in un porto sicuro dopo un periodo di sbandamenti: niente di irreparabile, solo eccessi giovanili – serate in discoteche affollate lungo l'Arno, baci rubati sotto i portici di Piazza della Signoria, litigi con amici per questioni futili, un flirt con l'alcol e con corpi maschili che le avevano lasciato un vuoto interiore, un senso di smarrimento che la fede aveva colmato come un balsamo. "Il Signore mi ha chiamata qui," pensava spesso Matilde, mentre catalogava testi antichi nelle sale della biblioteca, sentendosi protetta dal chiasso del mondo esterno, dal traffico caotico di Via dell'Oriuolo o dalle folle di turisti che affollavano il Duomo.

La sua devozione era entusiasta, quasi infantile nella sua purezza: pregava con fervore nella cappella interna, le ginocchia sul pavimento freddo, recitando il Rosario come un mantra che scacciava i fantasmi del passato, convinta che i voti l'avessero redenta, donandole una pace interiore che, tuttavia, a volte vacillava nei silenzi notturni, quando ricordi di carezze proibite le sfioravano la mente come echi lontani.

Al suo fianco, come una guida severa ma affettuosa, c'era Suor Maria Teresa, 52 anni, una figura imponente con capelli neri lunghi raccolti in uno chignon austero, seni prosperosi che l'abito nero faticava a contenere, e un portamento che ricordava la Monaca di Monza manzoniana – autoritaria, con un carisma che incuteva rispetto, ma celava un conflitto profondo tra la rigida osservanza della Bibbia e un desiderio represso che la tormentava da anni.

Maria Teresa era una suora di antica concezione: citava i Salmi con fervore durante le messe mattutine nella chiesa di Santa Maria Novella, organizzava letture bibliche per i visitatori della biblioteca, e difendeva i valori cristiani con una passione che intimidiva le consorelle, come se ogni versetto fosse un baluardo contro i demoni interiori. In apparenza, era l'incarnazione della virtù; interiormente, però, combatteva un demone invisibile.
Da giovane, prima dei voti, aveva assaporato i piaceri della carne in fugaci avventure tra le colline toscane – un bacio rubato in un oliveto vicino Fiesole, una notte di passione con un contadino sotto le stelle di Chianti – ma la vocazione l'aveva repressa, trasformando quel fuoco in un tormento sotterraneo.

Ora, sola nella sua cella affacciata sul giardino interno delle Oblate, si abbandonava spesso al piacere solitario: la notte, quando il silenzio avvolgeva il convento, le sue mani esploravano il corpo prosperoso, i capezzoli che si indurivano al tocco, i gemiti soffocati tra le lenzuola, immaginando corpi maschili – quei giovani studenti che frequentavano la biblioteca, con i loro sguardi ingenui e i muscoli tesi sotto le camicie. "Signore, perdonami," pregava dopo, ma il ciclo si ripeteva, un conflitto che la dilaniava: la fede che le imponeva castità, il corpo che reclamava sfogo, un equilibrio precario che la rendeva irrequieta, gli occhi neri che saettavano durante il giorno alla ricerca di distrazioni proibite.

Matilde, con la sua freschezza devota, notò presto quell'abitudine di Suor Maria Teresa. Nei giorni che si susseguivano tra le sale della biblioteca – illuminate dalla luce che filtrava dalle finestre gotiche, con vista sul Duomo che sembrava vegliare su ogni pagina sfogliata – vedeva la superiora osservare attentamente i visitatori maschili, soprattutto i ragazzi giovani che studiavano ai tavoli di legno antico. "Guarda come quel giovane sfoglia il tomo di San Tommaso," commentava Maria Teresa con voce apparentemente neutra, ma i suoi occhi neri si soffermavano troppo a lungo, un velo di intensità che Matilde interpretava come zelo pastorale, forse un desiderio di guidare le anime smarrite. "Sì, sorella, è bello vedere la gioventù immersa nello studio," rispondeva Matilde, ignara del tumulto interiore della compagna, sentendosi invece attratta da quella attenzione, come se fosse un segno di cura materna.

Tra le due nasceva una sintonia profonda, un legame che si consolidava nei rituali quotidiani: pregavano insieme nella cappella interna, le ginocchia sul pavimento freddo, recitando il Rosario con voci unite, Matilde che vedeva in Maria Teresa una guida spirituale, un faro di saggezza in quel mondo di libri sacri e silenzi monastici. "Tu sei la mia luce, sorella," le diceva Matilde con gratitudine durante una passeggiata lungo l'Arno, il sole che tramontava sul Ponte Vecchio, orgogliosa di essere la prediletta di colei che deteneva la leadership nella biblioteca, difendendola dalle angherie delle altre suore – invidie per la giovinezza di Matilde, litigi su turni di pulizia delle sale affrescate, battibecchi su chi dovesse catalogare i nuovi arrivi dal Vaticano.

Maria Teresa metteva tutte a tacere con autorità: "Suor Matilde è un esempio di devozione – il Signore vede la sua purezza," tuonò durante una riunione nel refettorio, il suo carisma che imponeva silenzio, un protezione che Matilde adorava, sentendosi speciale, inorgoglita da quella predilezione, un legame che la faceva sentire al sicuro, come se Maria Teresa fosse un'ancora in quel mare di fede.

Ma per Maria Teresa, quel legame si trasformava in ossessione, un'evoluzione psicologica lenta e tormentata che la portava a interrogarsi nelle notti insonni: "Perché lei? Perché questo fuoco?"

Una sera, nella sua cella –tra le pareti affrescate con scene bibliche, il crocifisso che vegliava sul letto semplice – si abbandonò al solito rito notturno. Le mani scivolarono sotto l'abito, sfiorando la pelle calda dei seni prosperosi, i capezzoli che si indurivano al tocco, i gemiti repressi che echeggiavano nel silenzio del convento. Quel giorno, un giovane studente aveva sostato a lungo in biblioteca, i muscoli guizzanti sotto la maglia mentre sfogliava un volume su Dante, e i suoi pensieri vagavano su di lui.

Ma improvvisamente, un sussulto: l'immagine si sovrappose a quella di Matilde, la giovane suora con i capelli biondi sciolti nel vento immaginario, le gambe affusolate che si intrecciavano alle sue, il fondoschiena favoloso che si offriva in visioni peccaminose. "No, Signore, scaccia questo demone," pregò Maria Teresa, le mani che si fermavano tremanti, il suo animo lacerato dal conflitto – la devozione che combatteva contro un desiderio proibito, la Bibbia sul comodino che sembrava accusarla, un tormento che la faceva sudare freddo, dubitando della sua vocazione. Ma la fantasia era troppo forte, un'onda inarrestabile: riprese, i pensieri che spaziavano su Matilde, il corpo magro e sinuoso che si offriva a lei, un orgasmo che la travolse in spasmi violenti, lasciandola ansimante e confusa, il sudore che le imperlava la fronte prosperosa, un senso di colpa che la assaliva immediatamente dopo, ma che svaniva piano, sostituito da un'ossessione crescente.

Da quel giorno, non smise di pensare ad altro durante i suoi momenti di godimento: la notte, mentre le consorelle dormivano, le sue dita esploravano con urgenza crescente, le fantasie che si facevano più vivide, il corpo che si contraeva in orgasmi sempre più intensi al pensiero di Matilde – la sua pelle liscia, gli occhi innocenti che si velavano di passione.

Maria Teresa lottava internamente: "È peccato mortale," si ripeteva durante le messe in Santa Maria Novella, il Duomo che sembrava giudicarla dalla finestra, un conflitto che la rendeva irrequieta, il suo animo diviso tra la fede e un desiderio che la consumava, facendola dubitare di se stessa, delle sue preghiere. Ma il demone prevaleva, una lenta erosione della sua volontà: iniziò a maturare un piano sottile di seduzione, non vistoso ma progressivo, un crescendo calcolato per erodere le barriere, guidato da quell'ossessione che la faceva sentire viva dopo anni di repressione.

Il crescendo si manifestò nei piccoli gesti quotidiani: in biblioteca, durante le pause, le sfiorava la mano "per caso" mentre passavano un libro, un tocco elettrico che Matilde interpretava come affetto sororale: "Grazie, sorella, la tua guida mi illumina," diceva lei, ignara del fuoco che ardeva in Maria Teresa, un contatto che le accelerava il polso, facendola lottare con il desiderio di stringere di più.

Durante le preghiere comuni nella cappella, Maria Teresa le sedeva più vicina, le loro ginocchia che si toccavano, i sussurri devoti che si intrecciavano in un'intimità crescente: "Il Signore ti ha resa così pura e bella," le diceva con voce bassa, un complimento velato che faceva arrossire Matilde, rafforzando il suo orgoglio per quel rapporto privilegiato, ma seminando in Maria Teresa un tormento maggiore – "Devo resistere," pensava, ma il suo sguardo si attardava sulle curve di Matilde sotto l'abito.

Nei litigi con le altre suore – su chi dovesse pulire la sala lettura o catalogare i testi antichi – Maria Teresa interveniva con leadership ferrea: "Suor Matilde è un esempio – lasciatela in pace," tuonava, il suo carisma che imponeva silenzio, ma dentro di sé, quel protezione era un modo per legarla a sé, un'ossessione che la faceva sentire possessiva, il conflitto che la dilaniava nelle notti successive, le fantasie che si facevano più audaci.

Il crescendo si intensificò: una sera, durante una passeggiata serale lungo l'Arno, con il Duomo illuminato in lontananza, Maria Teresa le confidò frammenti del suo passato immaginario – "Anch'io ho avuto tentazioni, come la Monaca di Monza, ma la fede mi ha salvata," disse, un'allusione che intrigava Matilde, facendola sentire complice di un'anima profonda, ma accendendo in Maria Teresa un desiderio che la travolgeva, il suo animo che lottava con visioni peccaminose.

I tocchi si fecero sempre più frequenti: una carezza sulla schiena durante la catalogazione, uno sguardo prolungato nei corridoi della biblioteca, un sussurro durante la messa in Santa Maria Novella: "La tua bellezza è un dono divino." Maria Teresa si tormentava: "Sto cedendo al demonio," pensava dopo ogni gesto, pregando in ginocchio nella cappella, ma il desiderio cresceva, un'onda che la sommergeva, rendendola audace nei gesti quotidiani – un abbraccio prolungato dopo una preghiera, un complimento sussurrato: "Le tue gambe sono come colonne del tempio," detto con voce tremante, un lento erosione della barriera tra devozione e passione.

Finalmente, una sera, il destino offrì l'opportunità, un culmine naturale di quel crescendo. Matilde, nella sua cella – una stanza semplice con vista sul giardino esterno delle Oblate – ebbe un problema con la televisione: lo schermo si bloccava, un guasto banale ma frustrante che la lasciò irritata".

Suor Maria Teresa, potresti aiutarmi?" le chiese bussando alla sua porta, la voce innocente e fiduciosa, ignara del fuoco che covava nella superiora. Maria Teresa, con il cuore che accelerava per l'eccitazione repressa, entrò nella cella con compostezza apparente, il corpo prosperoso che sfiorava quello magro di Matilde mentre esaminava l'apparecchio, un contatto casuale che le mandò un brivido lungo la schiena. "Vediamo, cara sorella," disse con voce calda, le mani che tremavano leggermente mentre armeggiava con i cavi, il suo animo in subbuglio – "È l'occasione," pensava, il conflitto che la dilaniava, ma il desiderio che prevaleva, un lento avvicinamento mentre chiacchieravano del guasto, i loro corpi che si sfioravano "per caso" nel piccolo spazio della cella.

Prolungarono il momento con dialoghi intimi: "Questi apparecchi moderni sono tentazioni del demonio," disse Maria Teresa, sedendosi sul letto accanto a Matilde, le ginocchia che si toccavano, un tocco che le accelerava il polso. "Come le tentazioni della carne," rispose Matilde con innocenza, ignara del doppio senso, ma Maria Teresa colse l'occasione: "Sì, sorella, tentazioni che ci mettono alla prova – ma a volte, il Signore ci guida verso la verità attraverso di esse."

Il dialogo si fece più personale: Maria Teresa le sfiorò la mano, "Hai mai dubitato della tua vocazione, Matilde? Io sì, in passato – desideri che bruciano dentro, come un fuoco divino." Matilde arrossì, il suo passato di eccessi che riaffiorava: "Anch'io, sorella – prima dei voti, ho conosciuto il mondo, ma qui ho trovato pace." Maria Teresa, con il desiderio che montava, le accarezzò il braccio: "La pace è nel condividere il fuoco, non nel reprimerlo," sussurrò, gli occhi neri che fissavano quelli castani di Matilde, un silenzio carico che si prolungò, i respiri che si sincronizzavano, un crescendo di tensione psicologica – Maria Teresa lottava con l'ultimo baluardo di fede, "È peccato, ma la voglio," pensava, mentre Matilde sentiva un brivido, un'attrazione che la confondeva, "È solo affetto sororale," si diceva, ma il corpo rispondeva.

Il crescendo culminò in un bacio inevitabile: Maria Teresa le prese il viso tra le mani, "Sei un dono, Matilde," mormorò, le labbra piene che si posavano su quelle morbide della giovane, un contatto tenero ma possessivo che si trasformò in passione, lingue che si intrecciavano piano, un'esplorazione che dissolveva ogni barriera. Matilde rispose, sorpresa ma catturata, le mani che si posavano sui seni prosperosi di Maria Teresa, il corpo magro che si premeva contro quello voluttuoso, un cedimento naturale al desiderio accumulato. "Sorella... è sbagliato," sussurrò Matilde, ma Maria Teresa, e il suo conflitto interiore finalmente appagato, la spinse sul letto: "È la nostra verità," rispose, le mani che slacciavano l'abito di Matilde, esponendo le gambe affusolate e il calore tra le cosce.

La notte si trasformò in un abbraccio tenero e prolungato, un'esplorazione dolce e reciproca dei loro corpi, colma di carezze delicate e sussurri affettuosi. Maria Teresa sfiorò con gentilezza la pelle liscia di Matilde, le dita che tracciavano linee morbide lungo le gambe affusolate, mentre Matilde rispondeva con tocchi leggeri sui seni prosperosi, i loro corpi che si intrecciavano piano sul letto, in un ritmo calmo e armonioso.

Si baciarono ancora e a lungo, le lingue che danzavano con dolcezza, e le mani di Maria Teresa scivolarono con tenerezza tra le cosce di Matilde, stimolandola con movimenti lenti, facendola sospirare di piacere in un'onda gentile, un orgasmo che la avvolse come una carezza calda, i muscoli che si contraevano piano in un'onda di calore condiviso.

Poi, con la stessa dolcezza, Matilde ricambiò, le sue labbra che sfioravano il collo e il petto di Maria Teresa, e poi scese giù, alzando il suo vestito, scostando le mutande e la lingua che accarezzava con delicatezza il clitoride, mentre le dita esploravano il calore umido con tocchi affettuosi, portando Maria Teresa a un culmine sereno, il corpo che si inarcava lievemente in un sospiro estatico, contrazioni dolci che la facevano tremare di gioia.

Prolungarono il momento in un'intimità inevitabile, i corpi che si sfregavano con lentezza ondulante, clitoride contro clitoride, il sudore che le univa in un abbraccio carnale e amorevole, orgasmi simultanei che le avvolsero in un turbine di gemiti sommessi e affettuosi, il convento silenzioso che sembrava ignorare il loro segreto.

Rimasero lì, ansimanti tra le lenzuola arruffate, i corpi intrecciati in un abbraccio sudato. Matilde, il cuore che batteva forte, sussurrò: "Sorella... cosa abbiamo fatto?" Maria Teresa la baciò ancora e disse: "Abbiamo trovato la vera fede – nel nostro desiderio."

Da quella notte, il loro legame fu indissolubile, un segreto custodito tra le mura delle Oblate, con Firenze come testimone silente.


(ringrazio per il prezioso regalo Grande Giove)
scritto il
2025-10-26
3 8 8
visite
5
voti
valutazione
6.2
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Lo specchio non mente
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.