Trasferta a New York - in volo

di
genere
etero

Ero salita a bordo di quel volo per New York con la convinzione che fosse un viaggio di lavoro come tanti altri. Stavolta viaggiavo in premium, una classe intermedia, più riservata dell'economy, con sedili più larghi e confortevoli. Una volta arrivata al 15A, avevo notato che di fianco a me, al B, era già seduto un uomo di bell'aspetto, affascinante, che si era dimostrato sin da subito molto affabile: di primo acchito mi aveva colpito il suo sguardo intenso, quasi ipnotico, di quelli che ti inchiodano e ti travolgono, ma al tempo stesso aveva anche un modo di fare amichevole, spiritoso, molto trascinante. Con molta naturalezza avevamo quindi iniziato a chiacchierare dei rispettivi impegni di lavoro che ci aspettavano nella Grande Mela, e si era creata subito un'inaspettata intesa, come se ci conoscessimo da tempo. Erano trascorse così, con questa leggerezza, le prime ore, intervallate solo dalle incursioni del personale di bordo che ogni tanto passava a portarci da mangiare e qualcosa da bere.

Arrivati all'altezza del Circolo Polare Artico, le luci nell'abitacolo erano state abbassate, e la cabina si era fatta gradualmente più silenziosa. Io non sono solita dormire in volo, soprattutto di giorno; viaggiando poi quasi sempre da sola non mi sento mai totalmente libera di lasciarmi andare del tutto, in presenza di estranei. Ecco però che stavolta era successo qualcosa di imprevedibile: la grande complicità che si era immediatamente creata col mio interlocutore mi aveva reso talmente vulnerabile alle sue attenzioni e contemporaneamente tanto rilassata, da farmi addormentare serenamente, come una bambina.

Non so poi quantificare per quanto tempo avessi dormito; so soltanto che a un tratto mi ero risvegliata, in modo del tutto naturale, accorgendomi con non poco stupore che la mia testa era delicatamente appoggiata poco al di sotto del suo mento, come in un incastro perfetto, tra il suo collo e la sua spalla, e - cosa ancora più assurda - che tenevo incrociata tra le mie dita la sua mano sinistra, a sua volta adagiata e per metà incuneata tra le mie cosce, appena socchiuse.

Qualsiasi altra donna, al mio posto, si sarebbe probabilmente ritratta con imbarazzo, in una situazione del genere. Io invece, dopo un primo comprensibile momento di incredulità, mi ero sentita sorprendentemente a mio agio, in quella specie di puzzle di corpi, attratti l'uno dall'altro come due magneti. La sensazione poi (non avendo una visuale diretta che me lo potesse confermare) che anche lui si fosse beatamente addormentato, mi impediva di rompere questo inaspettato idillio che si era magicamente creato. Anzi, ammetto che mi faceva sentire incredibilmente bene poter continuare a respirare la sua vicinanza, godendo di quella connessione non soltanto più mentale, ma anche fisica, corporea.

Le mie mani custodivano la sua, nello scrigno delle mie cosce, quasi fosse una perla, ben sigillata e protetta all'interno della propria conchiglia. E il solo pensiero che, mentre dormivo, quella stessa mano avesse coraggiosamente intrapreso tale strada, per andare a immergersi lì, nel calore del mio interno coscia, mi provocava un intimo piacere, così dannatamente potente, da non volerla più lasciar andare.

La forte emozione provata mi aveva tuttavia fatto ricadere poco dopo in un sonno profondo, come travolta da un'estasi, straordinariamente più grande di me.

Mi ero poi risvegliata, qualche ora dopo, con la testa appoggiata da tutt'altra parte, contro il finestrino. Mentre lo speaker di bordo annunciava che a breve avremmo dovuto riallacciare le cinture, per prepararci alla discesa verso la nostra destinazione, avevo tentato, con finta indifferenza, di incrociare di nuovo il suo sguardo, quasi a cercare nei suoi occhi la conferma che, quanto accaduto durante il viaggio, non fosse stato il frutto della mia fantasia, sviluppatasi all'interno di un sogno fantastico.

Un'ora dopo stavo scendendo da quell'aereo senza purtroppo essere riuscita a sciogliere questo dubbio. Lui, pur sorridendomi e mostrandosi estroverso e amichevole come all'inizio, non aveva fatto alcun riferimento a quanto potesse essere accaduto tra di noi nel dormiveglia, e io - codarda - non avevo trovato il coraggio di chiederglielo esplicitamente, né tentato in alcun modo, anche solo timidamente, di entrare in argomento.

Mentre mille pensieri ancora affollavano la mia mente, c'era ahimè stato un brusco commiato, anch'esso inaspettato e, almeno dal mio punto di vista, sfortunato: in fase di dogana eravamo stati smistati su due code differenti, che ci avevano forzatamente diviso: lui era passato veloce e indenne ai controlli; io ero stata invece trattenuta, per qualche minuto di troppo, dalle incalzanti domande di uno zelante poliziotto di frontiera, e una volta sbrigate le formalità del caso e superato il varco degli arrivi, lo avevo ormai perso di vista, inghiottito dalla marea di gente che affolla ogni giorno quello scalo intercontinentale del JFK.

(continua con il racconto di Shadowline https://www.eroticiracconti.it/racconto/109262-trasferta-a-new-york-in-hotel)
scritto il
2025-09-22
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