Un sole rosso, verso occidente
di
Yuko
genere
sentimentali
Stancamente.
Un alito d'aria muove solo un poco la tenda sulle sfumature di cenere di una città che mi ha accolta, tanti anni fa, conducendomi per mano in quello che per me era un nuovo mondo, in tutti i sensi.
I grigi si colorano di tinte pastello per poi ritornare in una anonima monotonia nel far della sera.
Tinte sbiadite.
La vita regala pennarelli colorati di cui poi chiede conto.
Pesantemente affondo tra i cuscini di un divano logorato dal ripetersi di gesti consueti.
Il tuo volto arabescato di rughe decanta sulle mie gambe: un labirinto di sentieri in cui ci siamo persi negli anni, ritrovandoci in mete sempre più lontane eppure sempre più profonde.
Giochi di luce e ombre sulla barba che incornicia il tuo sorriso appena accennato.
Pagine chiare e pagine scure riassunte sul libro del tuo volto.
Un indice analitico di una vita di alte vette e profonde valli: le sculture che scandiscono il tuo viso, le pieghe che circondano i tuoi occhi e un sorriso timido.
Ogni solco uno scavo, introspezione tra vivide gioie e lacunose sofferenze.
Un volto che contemplo con le dita e ripercorro con lo sguardo della memoria.
La consuetudine al sorriso ha scolpito profili cutanei che fanno da sipari aperti sulla luce dei tuoi occhi chiari.
Pupille debolmente opalescenti e congiuntive che sfumano in ramificazioni arrossate.
Le tracce del tempo hanno scritto le emozioni sulla tua pelle.
Con dita rispettose percorro vicissitudini di toni acuti e vibrazioni basse.
Un sorriso, mentre ti accarezzo la barba grigia. Mi guardi con sorpresa gratitudine, quando increspo le mie labbra circondandoti di tenerezza.
Gioco con i tuoi ricci, come ho giocato nel tempo con i tuoi sogni e i tuoi bisogni.
Mi tocchi la mano, mentre affondo le dita fra i tuoi capelli.
La fronte aggrottata, libera da nuovi pensieri, riposa in certezze garantite dal tempo.
Vene azzurre sul dorso delle tue appendici quando tocchi la mia pelle sottile.
Fragilità in irregolari losanghe, le mie mani invecchiate.
Il tuo sguardo: una miscela di commozione e gratitudine silenziosa; con i polpastrelli riscopro il campionario del tuoi pensieri, mi destreggio fra i ricordi che riaffiorano dalle tue rughe.
Ti canto una dolce canzone.
Note sfumate con voce rotta nel respiro frammentato, parole a te sconosciute provenienti da un continente antico.
Scivolo sulla tua camicia, lungo il tramonto di una cavalcata di emozioni scuotenti.
Mi soffermo a percepire il tuo respiro.
La tua mano si alza come una bandiera bianca sul ponte deserto di un galeone e le tue dita si incontrano con le mie labbra, per confermare un bacio iniziato in una corsa fra puledri e non ancora concluso.
Il sole che reclina allunga le ombre sui solchi di due vite lungamente vissute.
Notti lunghe in abbracci senza sospiri e senza gemiti.
Le mie mani ancora ti avvolgono per proteggere un bambino dai riccioli neri e le ginocchia sbucciate.
Pelle flaccida, mammelle svuotate di desiderio, sensibilità in declino.
Qualche filo bianco rompe la monotonia del mio vello scuro, corona di sorgenti inaridite.
Virilità sospesa, un pendolo dalle escursioni lente e posate, senza più guizzi di imprevedibilità.
Una melodia scandita in rintocchi di una campana lontana dà suono al tempo.
Cavalli stanchi si abbeverano sulle sponde di un fiume che scorre pigro in ampie anse.
Un bottone dietro l'altro cede alla mia sollecitudine. Il tuo petto, una siberia di licheni dipinti dal freddo, vestigia di una forza che un tempo mi sollevava per racchiudermi in una culla di braccia.
Sfiori il mio seno spento mentre ti spoglio.
Guizzi di sensazioni elettriche dai miei capezzoli grinzi.
La tua cintura, invecchiata con te, sorprendente discrepanza di vigore inossidabile.
Ti allargo i calzoni serpeggiando verso il tempio del tuo vigore.
Segnali di passione sul tessuto di una ponderata fiducia.
Le mie dita fresche nel calore fra le tue gambe massaggiano soffici strutture che rispondono ancora con vigile turgore.
Ti accarezzo con delicatezza assaporando ogni tuo sospiro, le gentili espressioni di piacere.
Una corona di baci rincorre le tue pieghe.
Con la bocca ti porto a compimento, il mio sguardo orgoglioso contempla una rinnovata promessa.
Poi ti alzi, di nuovo mi avvolgi e intanto mi apri i vestiti, le tue mani sotto l'elastico, le tue carezze leggere sugli apici di sensibili terminazioni nervose.
Giochi di creme e gel colorati, tratteggi i miei sospiri muovendoti con sicurezza tra i punti più appaganti. Percorsi consolidati da tempo ed esperienza nella mesopotamia tra i miei inguini.
Piccoli gemiti in autoreggenti blu scuro si sprigionano dal mio petto finché ti catturo nella stretta tra i miei arti.
Un sorriso complice ci unisce, conferma di un patto rinnovato al termine dei nostri dialoghi digitali.
Una intesa rapita tra gli sguardi e le mani mentre il sole si muove a occidente.
Un alito d'aria muove solo un poco la tenda sulle sfumature di cenere di una città che mi ha accolta, tanti anni fa, conducendomi per mano in quello che per me era un nuovo mondo, in tutti i sensi.
I grigi si colorano di tinte pastello per poi ritornare in una anonima monotonia nel far della sera.
Tinte sbiadite.
La vita regala pennarelli colorati di cui poi chiede conto.
Pesantemente affondo tra i cuscini di un divano logorato dal ripetersi di gesti consueti.
Il tuo volto arabescato di rughe decanta sulle mie gambe: un labirinto di sentieri in cui ci siamo persi negli anni, ritrovandoci in mete sempre più lontane eppure sempre più profonde.
Giochi di luce e ombre sulla barba che incornicia il tuo sorriso appena accennato.
Pagine chiare e pagine scure riassunte sul libro del tuo volto.
Un indice analitico di una vita di alte vette e profonde valli: le sculture che scandiscono il tuo viso, le pieghe che circondano i tuoi occhi e un sorriso timido.
Ogni solco uno scavo, introspezione tra vivide gioie e lacunose sofferenze.
Un volto che contemplo con le dita e ripercorro con lo sguardo della memoria.
La consuetudine al sorriso ha scolpito profili cutanei che fanno da sipari aperti sulla luce dei tuoi occhi chiari.
Pupille debolmente opalescenti e congiuntive che sfumano in ramificazioni arrossate.
Le tracce del tempo hanno scritto le emozioni sulla tua pelle.
Con dita rispettose percorro vicissitudini di toni acuti e vibrazioni basse.
Un sorriso, mentre ti accarezzo la barba grigia. Mi guardi con sorpresa gratitudine, quando increspo le mie labbra circondandoti di tenerezza.
Gioco con i tuoi ricci, come ho giocato nel tempo con i tuoi sogni e i tuoi bisogni.
Mi tocchi la mano, mentre affondo le dita fra i tuoi capelli.
La fronte aggrottata, libera da nuovi pensieri, riposa in certezze garantite dal tempo.
Vene azzurre sul dorso delle tue appendici quando tocchi la mia pelle sottile.
Fragilità in irregolari losanghe, le mie mani invecchiate.
Il tuo sguardo: una miscela di commozione e gratitudine silenziosa; con i polpastrelli riscopro il campionario del tuoi pensieri, mi destreggio fra i ricordi che riaffiorano dalle tue rughe.
Ti canto una dolce canzone.
Note sfumate con voce rotta nel respiro frammentato, parole a te sconosciute provenienti da un continente antico.
Scivolo sulla tua camicia, lungo il tramonto di una cavalcata di emozioni scuotenti.
Mi soffermo a percepire il tuo respiro.
La tua mano si alza come una bandiera bianca sul ponte deserto di un galeone e le tue dita si incontrano con le mie labbra, per confermare un bacio iniziato in una corsa fra puledri e non ancora concluso.
Il sole che reclina allunga le ombre sui solchi di due vite lungamente vissute.
Notti lunghe in abbracci senza sospiri e senza gemiti.
Le mie mani ancora ti avvolgono per proteggere un bambino dai riccioli neri e le ginocchia sbucciate.
Pelle flaccida, mammelle svuotate di desiderio, sensibilità in declino.
Qualche filo bianco rompe la monotonia del mio vello scuro, corona di sorgenti inaridite.
Virilità sospesa, un pendolo dalle escursioni lente e posate, senza più guizzi di imprevedibilità.
Una melodia scandita in rintocchi di una campana lontana dà suono al tempo.
Cavalli stanchi si abbeverano sulle sponde di un fiume che scorre pigro in ampie anse.
Un bottone dietro l'altro cede alla mia sollecitudine. Il tuo petto, una siberia di licheni dipinti dal freddo, vestigia di una forza che un tempo mi sollevava per racchiudermi in una culla di braccia.
Sfiori il mio seno spento mentre ti spoglio.
Guizzi di sensazioni elettriche dai miei capezzoli grinzi.
La tua cintura, invecchiata con te, sorprendente discrepanza di vigore inossidabile.
Ti allargo i calzoni serpeggiando verso il tempio del tuo vigore.
Segnali di passione sul tessuto di una ponderata fiducia.
Le mie dita fresche nel calore fra le tue gambe massaggiano soffici strutture che rispondono ancora con vigile turgore.
Ti accarezzo con delicatezza assaporando ogni tuo sospiro, le gentili espressioni di piacere.
Una corona di baci rincorre le tue pieghe.
Con la bocca ti porto a compimento, il mio sguardo orgoglioso contempla una rinnovata promessa.
Poi ti alzi, di nuovo mi avvolgi e intanto mi apri i vestiti, le tue mani sotto l'elastico, le tue carezze leggere sugli apici di sensibili terminazioni nervose.
Giochi di creme e gel colorati, tratteggi i miei sospiri muovendoti con sicurezza tra i punti più appaganti. Percorsi consolidati da tempo ed esperienza nella mesopotamia tra i miei inguini.
Piccoli gemiti in autoreggenti blu scuro si sprigionano dal mio petto finché ti catturo nella stretta tra i miei arti.
Un sorriso complice ci unisce, conferma di un patto rinnovato al termine dei nostri dialoghi digitali.
Una intesa rapita tra gli sguardi e le mani mentre il sole si muove a occidente.
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