Avventura folle (parte 9)
di
Kugher
genere
sadomaso
Pur avendo la cittadinanza di seconda generazione, Frank ed Helen si sentivano ancora ospiti in questo Stato non ancora pronto all’integrazione, soprattutto nei confronti di quelle persone che non avevano il medesimo colore della loro pelle i cui genitori, come tanti negli ultimi anni, erano giunti con mezzi di fortuna.
Quest’ultima, la fortuna, non aveva assistito i loro genitori se non per essere riusciti, a fatica e con tanto orgoglio represso, ad ottenere la cittadinanza che avevano trasmesso alla coppia che, così, aveva potuto studiare e vivere in una realtà nella quale non erano integrati ma sopportati.
A differenza dei genitori, avevano fatto quell’altra fortuna, quella economica, tale da fargli comprare il rispetto.
La stessa mattina in cui Alfio avrebbe preparato Ileana per la consegna, Helen si era svegliata con un'eccitazione diversa da quella erotica, che derivava dall’attesa di una sorpresa tanto attesa, per la quale il marito tanto aveva fatto per alimentare la curiosità.
La donna, nonostante gli anni che l’hanno appesantita leggermente, si sentiva come una bambina il giorno di Natale, tanto era stato bravo il marito a ingenerare in lei l’attesa di ciò che avrebbe rappresentato una dono per l’anniversario.
Questo suo entusiasmo trasformava i suoi occhi ed il suo sguardo al punto da far rivivere, in chi la guardava, sensazioni di gioia fanciullesca ed era ancora in grado di generare emozioni di affetto nel marito.
Il caldo estivo non impediva loro di essere sempre eleganti e composti in ogni situazione, pur volendo avere sempre qualche particolare che ricordasse la loro origine. Fosse esso un foulard, una camicia, una gonna, comunque elementi non stonati nella moda del paese nel quale vivevano.
Il viaggio sembrò più lungo delle due ore necessarie per raggiungere quel parcheggio ben tenuto, circondato da un prato curato.
Il muro esterno, che separava due mondi, era curato ma, una volta oltrepassato, subito si percepì il cambio di atmosfera e di ambiente.
Frank, benché fosse stato preparato, restò comunque colpito. Si voltò a vedere la moglie, la cui espressione sembrava far trapelare il dubbio che forse avevano sbagliato posto.
Si guardava in giro basita, colpita da un ambiente che pareva fuori dal tempo o, almeno, collocato in un tempo indietro nel tempo, quando le fattorie erano vissute e poco curate, perché l’attenzione era per il lavoro, quando la comodità lasciava il posto alla praticità e all’attenzione verso il lavoro dei campi.
Venne percepita subito l’assenza di antenne, di cavi per l’illuminazione o di altri elementi moderni. Nemmeno l’auto del proprietario trovava posto in quell’ampio cortile in terra battuta dove, invece, si vedevano calessi di varie dimensioni oltre a gioghi per animali appesi ai muri di ciò che, evidentemente, era una stalla.
Frank sapeva cosa avrebbe trovato, ma Helen fu colta da sorpresa quando vide una donna bianca, giovane, incatenata in un recinto che altro non era che un canile, accucciata a terra accanto ad una ciotola.
Presto, però, la sensazione che la pervase fu quella dell’eccitazione erotica, attesi i vari giochi fatti con schiave nere o bianche, nella loro abitazione borghese.
In quel cortile era tutto più vero e crudo. Trovarsi in un ambiente fuori dal tempo, alimentava la sensazione della realtà della schiavitù.
Con tutti i pensieri assorbiti da quella scena, Helen non vide altro, nemmeno Alfio che si stava avvicinando per accoglierli e salutarli.
Si diresse, seguita da un Frank divertito e, pari suo, eccitato, verso il recinto per osservare, da vicino, quella giovane donna bianca, incatenata e tenuta come una cagna.
Il colore della pelle nascose il rossore determinato dall’eccitazione erotica, procurata da una situazione in cui non si era nemmeno posta la domanda sulla legalità o meno, più assorbita dalla situazione di schiavitù.
Avvicinandosi al recinto, si girò verso il marito, sorridendogli con quel sorriso che di fanciullesco ormai non aveva più nulla, avendo ceduto il posto alla luce dell’eccitazione.
Helen notò finalmente Alfio, per salutare il quale Frank si era fermato.
La donna no, nonostante avesse capito che era il proprietario, continuò il suo viaggio verso quell’erotismo che la pervadeva. Entrò nel recinto e si avvicinò a quella che per lei era solo una cagna.
La ragazza era ai suoi piedi. Per sincerarsi che tutto fosse reale, Helen la spinse con un piede e, accertatasi che la ragazza non reagiva, trovò ulteriore eccitazione nella figa e alla bocca dello stomaco.
Si girò verso il marito, che nel frattempo l’aveva raggiunta. Lo guardò con occhi che facevano capire la sua gioia nell’aver capito quale fosse la sorpresa.
Colta da errore, pose un piede sul corpo della ragazza a terra e premette col tacco, pensando che fosse quello il regalo.
Aspettandosi qualcosa di diverso, Frank osservò interrogativamente Alfio.
“Signori, seguitemi nella casa padronale, il vostro oggetto è un altro, più di classe rispetto a questo animale”.
Quest’ultima, la fortuna, non aveva assistito i loro genitori se non per essere riusciti, a fatica e con tanto orgoglio represso, ad ottenere la cittadinanza che avevano trasmesso alla coppia che, così, aveva potuto studiare e vivere in una realtà nella quale non erano integrati ma sopportati.
A differenza dei genitori, avevano fatto quell’altra fortuna, quella economica, tale da fargli comprare il rispetto.
La stessa mattina in cui Alfio avrebbe preparato Ileana per la consegna, Helen si era svegliata con un'eccitazione diversa da quella erotica, che derivava dall’attesa di una sorpresa tanto attesa, per la quale il marito tanto aveva fatto per alimentare la curiosità.
La donna, nonostante gli anni che l’hanno appesantita leggermente, si sentiva come una bambina il giorno di Natale, tanto era stato bravo il marito a ingenerare in lei l’attesa di ciò che avrebbe rappresentato una dono per l’anniversario.
Questo suo entusiasmo trasformava i suoi occhi ed il suo sguardo al punto da far rivivere, in chi la guardava, sensazioni di gioia fanciullesca ed era ancora in grado di generare emozioni di affetto nel marito.
Il caldo estivo non impediva loro di essere sempre eleganti e composti in ogni situazione, pur volendo avere sempre qualche particolare che ricordasse la loro origine. Fosse esso un foulard, una camicia, una gonna, comunque elementi non stonati nella moda del paese nel quale vivevano.
Il viaggio sembrò più lungo delle due ore necessarie per raggiungere quel parcheggio ben tenuto, circondato da un prato curato.
Il muro esterno, che separava due mondi, era curato ma, una volta oltrepassato, subito si percepì il cambio di atmosfera e di ambiente.
Frank, benché fosse stato preparato, restò comunque colpito. Si voltò a vedere la moglie, la cui espressione sembrava far trapelare il dubbio che forse avevano sbagliato posto.
Si guardava in giro basita, colpita da un ambiente che pareva fuori dal tempo o, almeno, collocato in un tempo indietro nel tempo, quando le fattorie erano vissute e poco curate, perché l’attenzione era per il lavoro, quando la comodità lasciava il posto alla praticità e all’attenzione verso il lavoro dei campi.
Venne percepita subito l’assenza di antenne, di cavi per l’illuminazione o di altri elementi moderni. Nemmeno l’auto del proprietario trovava posto in quell’ampio cortile in terra battuta dove, invece, si vedevano calessi di varie dimensioni oltre a gioghi per animali appesi ai muri di ciò che, evidentemente, era una stalla.
Frank sapeva cosa avrebbe trovato, ma Helen fu colta da sorpresa quando vide una donna bianca, giovane, incatenata in un recinto che altro non era che un canile, accucciata a terra accanto ad una ciotola.
Presto, però, la sensazione che la pervase fu quella dell’eccitazione erotica, attesi i vari giochi fatti con schiave nere o bianche, nella loro abitazione borghese.
In quel cortile era tutto più vero e crudo. Trovarsi in un ambiente fuori dal tempo, alimentava la sensazione della realtà della schiavitù.
Con tutti i pensieri assorbiti da quella scena, Helen non vide altro, nemmeno Alfio che si stava avvicinando per accoglierli e salutarli.
Si diresse, seguita da un Frank divertito e, pari suo, eccitato, verso il recinto per osservare, da vicino, quella giovane donna bianca, incatenata e tenuta come una cagna.
Il colore della pelle nascose il rossore determinato dall’eccitazione erotica, procurata da una situazione in cui non si era nemmeno posta la domanda sulla legalità o meno, più assorbita dalla situazione di schiavitù.
Avvicinandosi al recinto, si girò verso il marito, sorridendogli con quel sorriso che di fanciullesco ormai non aveva più nulla, avendo ceduto il posto alla luce dell’eccitazione.
Helen notò finalmente Alfio, per salutare il quale Frank si era fermato.
La donna no, nonostante avesse capito che era il proprietario, continuò il suo viaggio verso quell’erotismo che la pervadeva. Entrò nel recinto e si avvicinò a quella che per lei era solo una cagna.
La ragazza era ai suoi piedi. Per sincerarsi che tutto fosse reale, Helen la spinse con un piede e, accertatasi che la ragazza non reagiva, trovò ulteriore eccitazione nella figa e alla bocca dello stomaco.
Si girò verso il marito, che nel frattempo l’aveva raggiunta. Lo guardò con occhi che facevano capire la sua gioia nell’aver capito quale fosse la sorpresa.
Colta da errore, pose un piede sul corpo della ragazza a terra e premette col tacco, pensando che fosse quello il regalo.
Aspettandosi qualcosa di diverso, Frank osservò interrogativamente Alfio.
“Signori, seguitemi nella casa padronale, il vostro oggetto è un altro, più di classe rispetto a questo animale”.
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