La direttrice del carcere 7 Festa proibita
di
Kyknox
genere
etero
Era una sera speciale. Nel corridoio del carcere girava voce che i detenuti avessero organizzato qualcosa di clandestino, una sorta di “festa” tutta per la direttrice.
Carla lo intuì subito: entrando nella sala comune trovò le luci abbassate, tavoli spostati e un’atmosfera che ricordava più un cabaret improvvisato che una prigione.
Al centro, un cartello fatto con lenzuola strappate: “OPEN HOUSE DEL DESIDERIO”.
«Ma guarda un po’,» sospirò lei, piantando le mani sui fianchi. «Cos’è questa sceneggiata?»
Tonino fece un inchino esagerato. «Direttrice, è la nostra… festa di laurea. Dopo tutte le sue lezioni, ci sembrava giusto dimostrare i progressi.»
Dietro di lui, Gino il Poeta declamava:
«A lei offriamo coriandoli e preservativi,
tra sbarre e sogni repressi ma sempre… vivi!»
Gli altri detenuti ridevano e fischiavano, battendo le mani a ritmo. Qualcuno aveva persino gonfiato decine di profilattici e li aveva appesi come palloncini al soffitto.
Carla scosse la testa, ma non poté trattenere un sorriso. «E sarebbe questa la vostra festa? Palloncini e poesie?»
Fu allora che scattò la vera sorpresa: al centro della sala misero una poltrona, quasi un trono.
«Questa è per lei, direttrice,» disse Tonino con aria furbetta. «Stasera è la nostra… regina.»
Gli applausi esplosero. I detenuti iniziarono a improvvisare uno spettacolo grottesco e malizioso: chi si metteva a ballare goffamente con i profilattici gonfiati, chi faceva finta di usarli come microfoni per cantarle canzoni stonate, chi mimava scenette erotiche esagerate che ricordavano un varietà da osteria.
Carla, seduta sulla poltrona, rideva suo malgrado. Ogni tanto incrociava le gambe lentamente, lasciando intravedere più del dovuto, consapevole che ogni suo gesto accendeva la sala più delle buffonate dei detenuti.
A un certo punto, uno di loro — il più audace — si inginocchiò davanti a lei porgendole un profilattico come fosse un anello di fidanzamento.
«Direttrice,» disse con finta solennità, «vuole sposare la nostra fantasia?»
La sala esplose in risate e fischi. Carla lo fissò con un mezzo sorriso, poi, senza dire una parola, prese il profilattico e se lo infilò al dito come fosse davvero un anello.
«Accetto,» disse infine, con voce lenta e sensuale, «ma solo finché restiamo… in prigione.»
L’applauso fu così fragoroso che sembrava crollasse il soffitto.
E mentre usciva dalla sala, lasciando i detenuti in delirio, tutti sapevano che quella notte le loro fantasie avrebbero avuto una regina indiscussa: la direttrice Carla Belli.
Carla lo intuì subito: entrando nella sala comune trovò le luci abbassate, tavoli spostati e un’atmosfera che ricordava più un cabaret improvvisato che una prigione.
Al centro, un cartello fatto con lenzuola strappate: “OPEN HOUSE DEL DESIDERIO”.
«Ma guarda un po’,» sospirò lei, piantando le mani sui fianchi. «Cos’è questa sceneggiata?»
Tonino fece un inchino esagerato. «Direttrice, è la nostra… festa di laurea. Dopo tutte le sue lezioni, ci sembrava giusto dimostrare i progressi.»
Dietro di lui, Gino il Poeta declamava:
«A lei offriamo coriandoli e preservativi,
tra sbarre e sogni repressi ma sempre… vivi!»
Gli altri detenuti ridevano e fischiavano, battendo le mani a ritmo. Qualcuno aveva persino gonfiato decine di profilattici e li aveva appesi come palloncini al soffitto.
Carla scosse la testa, ma non poté trattenere un sorriso. «E sarebbe questa la vostra festa? Palloncini e poesie?»
Fu allora che scattò la vera sorpresa: al centro della sala misero una poltrona, quasi un trono.
«Questa è per lei, direttrice,» disse Tonino con aria furbetta. «Stasera è la nostra… regina.»
Gli applausi esplosero. I detenuti iniziarono a improvvisare uno spettacolo grottesco e malizioso: chi si metteva a ballare goffamente con i profilattici gonfiati, chi faceva finta di usarli come microfoni per cantarle canzoni stonate, chi mimava scenette erotiche esagerate che ricordavano un varietà da osteria.
Carla, seduta sulla poltrona, rideva suo malgrado. Ogni tanto incrociava le gambe lentamente, lasciando intravedere più del dovuto, consapevole che ogni suo gesto accendeva la sala più delle buffonate dei detenuti.
A un certo punto, uno di loro — il più audace — si inginocchiò davanti a lei porgendole un profilattico come fosse un anello di fidanzamento.
«Direttrice,» disse con finta solennità, «vuole sposare la nostra fantasia?»
La sala esplose in risate e fischi. Carla lo fissò con un mezzo sorriso, poi, senza dire una parola, prese il profilattico e se lo infilò al dito come fosse davvero un anello.
«Accetto,» disse infine, con voce lenta e sensuale, «ma solo finché restiamo… in prigione.»
L’applauso fu così fragoroso che sembrava crollasse il soffitto.
E mentre usciva dalla sala, lasciando i detenuti in delirio, tutti sapevano che quella notte le loro fantasie avrebbero avuto una regina indiscussa: la direttrice Carla Belli.
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