Danza del ventre
di
Yuko
genere
saffico
Mi aggiro tra i vicoli di De Wallen sbirciando con palese curiosità nelle vetrine del famoso quartiere a luci rosse di Amsterdam.
Il sex appeal qui è più che esplicito, in questa città, in questo paese in cui posso passeggiare per mano e tranquillamente baciare per strada la mia fidanzata, senza incorrere in severi sguardi di riprovazione o in fastidiosa intolleranza. Nemmeno i sorrisetti maliziosi dei ragazzini.
Io e Fuuka ci fermiamo di fronte a una donna molto attraente che ci nota dalla penombra in cui posa, attraverso il cristallo quasi invisibile.
Solo un paio di mutandine e una studiata coreografia di riflessi di rubino sono gli indumenti della ragazza, sfacciatamente bionda; i capelli su un seno ben sviluppato e uno sguardo da cucciola che non lascia impassibili.
Io e la mia compagna, entrambe more come uno schizzo di inchiostro nero, di notte, in una grotta, non rimaniamo indifferenti ai peli biondi, né, almeno per quanto mi riguarda, allo sguardo di bisogno.
La ragazza ci scorge, ci vede, ci focalizza, ci guarda, capisce.
Io e la mia ragazza.
Per mano.
Ci ammicca, ci scocca un bacio contraendo delle labbra che percepisco morbide e vellutate. Io sostengo il suo sguardo e le rispondo con lo stesso invito, apertamente, mentre Fuuka, imbarazzata, ride e si accascia sulla mia spalla.
La donna in vendita ha tutta la mia solidarietà, la mia comprensione, ma il vetro che ci separa è anche, soprattutto, un indissolubile vincolo commerciale, imprescindibile.
Non è di sicuro un biglietto da visita per una bibita insieme o due chiacchiere in amicizia.
Io però le sorrido. Con l'indice indico la donna che tengo per mano, poi mi giro verso Fuuka, le prendo il mento con una mano e la bacio delicatamente sulle labbra.
La ragazza oltre il cristallo ammicca di nuovo e con la mano ci telegrafa il suo "ok!".
È una di noi. O forse no e lo fa solo per lavoro.
Ma io e la mia donna siamo giapponesi e, sì, siamo carine e innamorate e un segnale di forte empatia riesce a superare la spessa lastra di vetro per raggiungere la donna rivestita di sola porpora.
Qui nei Paesi Bassi molte cose diventano possibili, per magia.
La sconosciuta ci regala una sensuale danza del ventre e solo adesso scorgo una catenina che abbraccia i suoi fianchi, un ciondolo sotto l'ombelico che brilla di rosso tiziano. Movimenti evocativi e professionali che ci toccano e che sanno coltivare il nostro desiderio.
Ma Fuuka non ha bisogno di pagare una ragazza di De Wallen per un'esperienza di sesso estremo. Per quello ci sono io.
E adesso ho veramente una voglia incontenibile di fare io stessa una danza del ventre alla mia donna, e di evocare un'analoga danza, quella che innesca i lenti e inconsapevoli movimenti del suo bacino quando, inginocchiata tra le sue cosce aperte, corteggio la deliziosa sorgente del suo piacere.
Stiamo a osservare la bionda vestita di rossi rintocchi, affascinate, partecipi e solidali.
E quando quella completa le sue evoluzioni, mi prendo un seno in mano, le rimando un bacio e strizzo un occhio piegando il capo verso Fuuka.
L'altra capisce, ci sorride e annuisce. Ci saluta avvicinando due dita alla sua bocca e stillando un bacio complice, riconsegnandoci ai canali della capitale olandese.
Stringo la mano che, già nella mia, percepisco calda e umida di emozione e acceleriamo il passo verso casa.
La voglia di fare l'amore, ora, è urgente.
Superiamo il braccio settentrionale dell'Amstel su uno dei tanti traghetti che assicurano a ogni ora il collegamento con i quartieri a nord della città.
Questi viaggi gratuiti sulla Amsterdam liquida hanno sempre il loro fascino romantico e stringo Fuuka tra le braccia mentre ci lasciamo pettinare dalla brezza carica di muschio e pesce vecchio del fiume che separa il centro della capitale dal suo quartiere settentrionale.
I nostri capelli si fondono insieme, come le nostre anime. Alghe di tenebra fluttuanti nel cielo notturno delle Nederland si dipanano nella nostra notte, carica di promesse.
Guardo gli occhi a mandorla della mia cucciola, avvolta dal mio abbraccio amoroso.
Occhi orientali che brillano nella notte, emissari di gioia condivisa.
Sento il suo seno contro il mio.
I nostri cuori si scambiano sentimenti che neanche le nostre menti riescono a percepire.
"Siediti!" Le comando, appena giunte a casa: l'appartamento del mio compagno, stasera assente per seguire il match dell'Amsterdamsche football club Ajax.
Due candele aromatiche troneggiano avvolte da spire di sentori esotici al di sopra di un corteo di lumini di Granada, variopinte ceramiche trasparenti dai riflessi serpeggianti.
Ora sarò io a serpeggiare per la mia fidanzata.
Scompaio un secondo in camera da letto, mentre la mia ragazza affonda nel divano con un gorgheggio da usignolo.
Il suo gesto di slacciarsi il bottone dei jeans è il messaggio che mi traduce la sua aspettativa.
Ritorno nella sala debolmente illuminata dalle tremolanti fiammelle rivestita da una maglietta di cotone che mi scende fino alle cosce. Le gambe nude rivelano lo smalto delle unghie dei miei piedi.
Il gatto del racconto di Sepùlveda sul mio petto si muove rivelando i miei seni nudi sotto al cotone.
Inizio la mia danza, anticipando le note di Ravel nel suo celebre bolero, le braccia alte sopra la testa, le mani unite, come se fossi legata e appesa a un palo della tortura.
Ma i miei fianchi oscillano lentamente mentre piego e distendo le ginocchia al ritmo che dal flauto lascia spazio al clarinetto in tonalità do maggiore.
Come una serpentessa che si innalza dal cesto di un incantatore sulle rive del Gange, i miei movimenti sono armonici e ritmati nel miele balsamico della musica ripetitiva.
Il ventre si muove seguendo i fianchi, a destra, poi a sinistra, e poi avanti e indietro in movimenti rotatori che ipnotizzano lo sguardo della mia concubina asiatica.
Mentre la musica si impossessa degli spazi vuoti della stanza comincio a sollevare la maglietta costringendo lo sguardo di Fuuka ad abbandonare i miei occhi per decantare sulle mie cosce.
Il bolero si pone in profilo di sottofondo mentre il bordo della mia maglietta raggiunge il confine del mio pelo nero.
Guardo Fuuka, il suo sguardo è magnetizzato verso la mia vulva; è inchiodato lì e non riesce a smuoversi, mentre oscillo con il bacino avvicinando la mia passera ai suoi occhi per poi allontanarla.
La maglietta cala come un sipario sul mio nido di amore e percepisco distintamente un sospiro di desiderio represso e di dispiacere mentre mi volto di spalle per porgere il mio sedere alla donna che mi sta bramando.
Le mie rotondità posteriori si muovono per incatenare lo sguardo di cui percepisco la carezza, mentre tiro i bordi della maglietta per evidenziarne la curvatura, il contrasto tra i pieni e i vuoti e dare tridimensionalità all'oggetto danzante.
La musica insiste, ti percuote l'anima e io sollevo la maglietta sulle mie belle chiappotte sode che oscillano tra i miei fianchi in moto perpetuo.
“Wow!” Sento squittire alle mie spalle. “Hai proprio un gran bel culo, Yuko! Non mi stancherò mai di dirtelo.”
Incasso il complimento, gongolando di soddisfazione, mordendomi un labbro e socchiudendo gli occhi, ma la maglietta, inesorabile, cala sulle mezze lune. “Noooooo!” Un gemito strozzato alle mie spalle.
Mi rigiro, la maglietta tirata per scolpire la forma delle tette su cui i capezzoli si ergono come alfieri in vigile guardia, eccitati dalla danza e dallo sfregamento sul tessuto. Le macchie nere vincono il candore della maglietta, al di sopra del gatto nero disegnato sul cotone.
Ravel ti consuma, ti stordisce, ti martella nelle tempie dissipando i pensieri, dissolvendo ogni volontà di ribellione e il mio ventre riprende a ondeggiare, a sporgersi e ritrarsi.
La pienezza del mio pancino, derubato del vuoto dell'ombelico, la rinnovata curvatura sporgente del monte di Venere, così vicino allo sguardo di Fuuka, così accessibile, eppure lontano e intoccabile.
Sono io, ora la donna a luci rosse, protetta dal trasparente cristallo.
Ma maglietta si alza, il coniglietto dal pelo lungo e nero ammicca a una donna che, mollemente adagiata sul divano, sta perdendo consistenza e scheletro, sciogliendosi in piacere e tensione erotica.
La mano della giapponesina sfiora l'elastico delle mutandine, sui jeans già calati a metà coscia.
Il mio ventre danza, il mio ombelico assorbe la luce e lo sguardo rapito della giovane compagna.
I miei fianchi descrivono una poesia di seduzione scritta in fluente corsivo, lettere arabe punteggiate di erotismo, la tensione sta diventando insostenibile e gli estrogeni saturano l'atmosfera in questa stanza che di momento in momento diventa sempre più incandescente.
Fuuka si stringe un seno, l'altra mano serpeggia all'esterno delle mutandine, cercando il solco più sensibile nel candore già macchiato di paziente, umida, attesa.
Il suo bacino ha cominciato a danzare al ritmo del mio, sotto la morbida bacchetta d'orchestra del suo dito medio, ma l'ordine è quello di non oltrepassare il tessuto, a nessun costo.
Movimenti che invocano i miei baci, la mia bocca, la mia lingua pietosa.
Una danza armonica incontro alle sue dita, in cerca delle mie, delle carezze bagnate che solo io posso darle.
Sollevo del tutto la maglietta, scoprendo il seno, liberando i capezzoli verso la danza pura delle forme.
Le candele si riflettono sul mio corpo esaltando la tonalità dorata della mia pelle.
Il continente giallo si espande nella stanza del piccolo appartamento olandese, conquistandolo, colonizzandolo di sentori orientali e profumi di eccitazione femminile.
Lancio la maglietta in un angolo inaccessibile, consegnandola alle tenebre, mentre il mio corpo in sinuoso lamento conquista tutta la tenue luce, tremolante sotto i vapori esotici delle candele in fermento.
Braccia alzate e ginocchia piegate mi avvicino serpeggiando alle ginocchia di Fuuka, il mio ventre ondeggia, luci chiare brillano sulle convessità delle mie anche e dell'addome, il buio si impossessa del mio pube di soffice crine nero, scivolando nel profilo eclissato tra le mie cosce chiare.
Sfilo i calzoni alla mia amante. Lei solleva le gambe per facilitare l'impresa, i suoi piedi nudi adornati di punti fucsia sulle unghie ben curate.
La musica tempesta, la musica stordisce, le note avvinghiano la mente disarmando ogni volontà.
Concedo solo una carezza leggera sulle sue mutandine, un invito che fa trasalire la ragazza dai capelli neri, insondabili come il cuore di tenebra alla ricerca delle fonti del fiume Congo, una scossa incoercibile del suo bacino elastico e sensibile, la resa incondizionata di un impero sconfitto ai suoni obnubilanti del compositore francese e ai movimenti imperturbabili del mio ventre.
Le sfilo le mutandine senza perdere il ritmo, senza fermare la danza del mio ventre, implacabile.
Un filo di bava lucente si allunga dalla vulva della cucciola, vano tentativo di trattenere il suo indumento, di difendere la sua nudità incipiente, e il pube rasato della ragazza si arrende alla mia vista e al piacere terebrante che sta per scardinarla.
Fuuka allarga le cosce e le sue grandi labbra, rasate in modo ineccepibile, si schiudono come un'orchidea ai primi raggi del sole, luccicante della rugiada del suo desiderio.
Le piccole labbra si increspano di eccitazione, palpitano lucide, pulsano gonfie e ubertose.
Le mie ginocchia si placano appoggiandosi sul tappeto iraniano ai piedi del fiore che mi si offre, i miei fianchi si sedano e le mie mani si appoggiano sulle ginocchia della donna che mi aspetta e che mi desidera.
Con le mie mani faccio pressione sulle ginocchia e allargo ulteriormente le cosce. Un'offerta sacrificale giace davanti ai miei occhi, accessibile al mio olfatto, pronta per il mio gusto, e anche le piccole ancelle, l'ultimo baluardo rosa chiaro in strenue difesa, si distendono convergendo verso il piccolo vertice di sensibilità estrema.
La mia danza è finita, ma la musica continua, accecante, ottenebrante, e i movimenti pendolari si trasferiscono dal mio bacino a quello che si offre di fronte ai miei occhi, alla mia lingua e al mio naso.
La figa della mia spasimante mi chiama, mi implora, con ossequiosi movimenti che cercano la mia bocca e il muscolo che, fiammella impertinente, vi dimora; involontarie pulsioni in attesa di adempimento.
Un piccolo tocco tra la mia lingua e l'apice del suo piacere strappa un gemito a Fuuka e una violenta contrazione del suo ventre che mi fiata addosso tutto il profumo di eccitazione della donna succube dei miei sensi.
Mi distacco da lei per vedere la sua vulva ondeggiare, implorare le mie attenzioni orali e solo quando la sua danza si placa, ripercorro con tutta la lingua, profondamente, il solco vulvare, dal sedere fino al monte di Venere.
Un sussulto, un urlo strozzato, e la danza riprende, fibrillante, imperativa.
La musica lenisce la scottatura, placa l'ansia, addormenta i sensi.
Allargo con le dita il fornice vaginale e soffio aria fresca sul clitoride.
Un ringhio represso.
“Yuko, mi stai torturando...” una preghiera, una confessione, una supplica, una resa.
Lenti conati di liquido filante scivolano tra le cosce della ragazza in mio potere, a ogni contrazione del bacino, catturando scintillanti vestigia dei lumi delle candele.
Una danza che posso regolare con la mia lingua, con le mie labbra, con la mia volontà.
L'intero apparato genitale di Fuuka pulsa e si dilata sotto ai miei occhi, brilla di riflessi che sfumano nei colori dell'iride e la danza del suo bacino continua, un rosario di preghiere perchè io vada a compimento.
“Amore...” cerca di ammansirmi la cucciola in estasi.
Mi avvicino e la annuso: un piacere voluttuoso, lussurioso, solo sfiorandola con la punta del naso, inebriandomi del profumo della sua figa giovane.
“Non... io non...” balbetta la ragazza completamente in mio potere, mentre ancora orchestro i movimenti del suo ventre, al lume incerto del bolero di Ravel.
Le sue dita si infiltrano nei miei capelli e decido di non ribellarmi, le lascio scivolare nella seta della mia criniera, subendo le petulanti invocazioni delle sue mani che mi spingono tra le sue cosce in cerca di un appagamento definitivo.
Ancora mi avvicino al suo fiore, soffio sulla sua vulva, poi lecco lentamente, da sotto in su, ricevendo in bocca un fiotto dei suoi intimi umori alla nuova contrazione del suo bacino che ho evocato.
Riprende la sua danza, la sua figa mi chiama, mi vuole, mi si offre.
Alito aria fresca che invece di lenire, infiamma il desiderio accentuando la sua danza.
Valichiamo a una frontiera di eccitazione in cui anche un cubetto di ghiaccio sul suo clitoride potrebbe fare esplodere l'orgasmo.
Con le dita le massaggio il buchetto del sedere, umettato dal piacere che le cola dalle ghiandole vaginali, risalgo lenta con le dita mentre le bacio il clitoride, trattenendolo tra le mie labbra.
“Yuko!” Un avvertimento, un presagio, un indizio.
Le mia labbra si fermano, ma la danza della sua vagina continua, su e giù, a cercare un contatto con le mie labbra, vicinissime. “Yuko, ti prego...”
Con gli incisivi le stimolo il pistillo: una ruvida carezza, accenno di dolore che il suo apparato sensitivo trasforma in piacere, reclutando fibre sensitive anomale per un effetto evocativo fuorviante. “Yuko...” piange la mia piccola stella.
La musica raggiunge il climax, il piacere l'apex e ancora il ventre di Fuuka danza, instancabile nella sua preghiera di eutanasia attiva.
Le sue mani spingono la mia testa fra le sue cosce, le dita tirano i miei capelli, le unghie mi graffiano il cuoio capelluto.
Un alito caldo dalle mie labbra alle sue, un bacio ai suoi petali più sensibili, le mie dita le entrano in vagina, lentamente, assecondando il suo urlo soffocato e straziante.
Un bacio lento e morbido, la lingua staziona sul clitoride, calda e umida, e inizia un movimento rotatorio, al ritmo della musica che ormai raggiunge i nostri sensi per vie subliminali.
Le dita si allargano nel suo ventre caldo e stretto, contorcendosi come un ramo di ulivo.
Succhio delicatamente il clitoride e sento la stretta delle cosce di Fuuka che mi stritolano le tempie.
Un gorgoglio prolungato, un urlo soffocato e disumano, mentre trattengo l'apnea, bocca e naso immersi nel mollusco caldo e colante della donna che amo.
Contrazioni violente e involontarie del bacino mi schiacciano la vulva contro il viso, in cerca di un contatto più prolungato, più profondo e penetrante.
Mi divincolo per cercare aria, tra le cosce indemoniate da un orgasmo a oltranza.
Scosse telluriche, urla non represse, contrazioni spasmodiche, dita ritorte tra i miei capelli e poi la pace: un rilassamento universale ci risucchia in un deliquio in cui i sensi si confondono e trovano requie in una definizione indistinta. Le ultime forsennate e sguaiate note del bolero si spengono tra gli strumenti stremati dell'orchestra sinfonica e le cosce si allargano, facendomi scivolare sul tessuto impregnato di succhi vitali, al cospetto di Fuuka, priva di ogni scheletro e di vitalità residua.
Il sex appeal qui è più che esplicito, in questa città, in questo paese in cui posso passeggiare per mano e tranquillamente baciare per strada la mia fidanzata, senza incorrere in severi sguardi di riprovazione o in fastidiosa intolleranza. Nemmeno i sorrisetti maliziosi dei ragazzini.
Io e Fuuka ci fermiamo di fronte a una donna molto attraente che ci nota dalla penombra in cui posa, attraverso il cristallo quasi invisibile.
Solo un paio di mutandine e una studiata coreografia di riflessi di rubino sono gli indumenti della ragazza, sfacciatamente bionda; i capelli su un seno ben sviluppato e uno sguardo da cucciola che non lascia impassibili.
Io e la mia compagna, entrambe more come uno schizzo di inchiostro nero, di notte, in una grotta, non rimaniamo indifferenti ai peli biondi, né, almeno per quanto mi riguarda, allo sguardo di bisogno.
La ragazza ci scorge, ci vede, ci focalizza, ci guarda, capisce.
Io e la mia ragazza.
Per mano.
Ci ammicca, ci scocca un bacio contraendo delle labbra che percepisco morbide e vellutate. Io sostengo il suo sguardo e le rispondo con lo stesso invito, apertamente, mentre Fuuka, imbarazzata, ride e si accascia sulla mia spalla.
La donna in vendita ha tutta la mia solidarietà, la mia comprensione, ma il vetro che ci separa è anche, soprattutto, un indissolubile vincolo commerciale, imprescindibile.
Non è di sicuro un biglietto da visita per una bibita insieme o due chiacchiere in amicizia.
Io però le sorrido. Con l'indice indico la donna che tengo per mano, poi mi giro verso Fuuka, le prendo il mento con una mano e la bacio delicatamente sulle labbra.
La ragazza oltre il cristallo ammicca di nuovo e con la mano ci telegrafa il suo "ok!".
È una di noi. O forse no e lo fa solo per lavoro.
Ma io e la mia donna siamo giapponesi e, sì, siamo carine e innamorate e un segnale di forte empatia riesce a superare la spessa lastra di vetro per raggiungere la donna rivestita di sola porpora.
Qui nei Paesi Bassi molte cose diventano possibili, per magia.
La sconosciuta ci regala una sensuale danza del ventre e solo adesso scorgo una catenina che abbraccia i suoi fianchi, un ciondolo sotto l'ombelico che brilla di rosso tiziano. Movimenti evocativi e professionali che ci toccano e che sanno coltivare il nostro desiderio.
Ma Fuuka non ha bisogno di pagare una ragazza di De Wallen per un'esperienza di sesso estremo. Per quello ci sono io.
E adesso ho veramente una voglia incontenibile di fare io stessa una danza del ventre alla mia donna, e di evocare un'analoga danza, quella che innesca i lenti e inconsapevoli movimenti del suo bacino quando, inginocchiata tra le sue cosce aperte, corteggio la deliziosa sorgente del suo piacere.
Stiamo a osservare la bionda vestita di rossi rintocchi, affascinate, partecipi e solidali.
E quando quella completa le sue evoluzioni, mi prendo un seno in mano, le rimando un bacio e strizzo un occhio piegando il capo verso Fuuka.
L'altra capisce, ci sorride e annuisce. Ci saluta avvicinando due dita alla sua bocca e stillando un bacio complice, riconsegnandoci ai canali della capitale olandese.
Stringo la mano che, già nella mia, percepisco calda e umida di emozione e acceleriamo il passo verso casa.
La voglia di fare l'amore, ora, è urgente.
Superiamo il braccio settentrionale dell'Amstel su uno dei tanti traghetti che assicurano a ogni ora il collegamento con i quartieri a nord della città.
Questi viaggi gratuiti sulla Amsterdam liquida hanno sempre il loro fascino romantico e stringo Fuuka tra le braccia mentre ci lasciamo pettinare dalla brezza carica di muschio e pesce vecchio del fiume che separa il centro della capitale dal suo quartiere settentrionale.
I nostri capelli si fondono insieme, come le nostre anime. Alghe di tenebra fluttuanti nel cielo notturno delle Nederland si dipanano nella nostra notte, carica di promesse.
Guardo gli occhi a mandorla della mia cucciola, avvolta dal mio abbraccio amoroso.
Occhi orientali che brillano nella notte, emissari di gioia condivisa.
Sento il suo seno contro il mio.
I nostri cuori si scambiano sentimenti che neanche le nostre menti riescono a percepire.
"Siediti!" Le comando, appena giunte a casa: l'appartamento del mio compagno, stasera assente per seguire il match dell'Amsterdamsche football club Ajax.
Due candele aromatiche troneggiano avvolte da spire di sentori esotici al di sopra di un corteo di lumini di Granada, variopinte ceramiche trasparenti dai riflessi serpeggianti.
Ora sarò io a serpeggiare per la mia fidanzata.
Scompaio un secondo in camera da letto, mentre la mia ragazza affonda nel divano con un gorgheggio da usignolo.
Il suo gesto di slacciarsi il bottone dei jeans è il messaggio che mi traduce la sua aspettativa.
Ritorno nella sala debolmente illuminata dalle tremolanti fiammelle rivestita da una maglietta di cotone che mi scende fino alle cosce. Le gambe nude rivelano lo smalto delle unghie dei miei piedi.
Il gatto del racconto di Sepùlveda sul mio petto si muove rivelando i miei seni nudi sotto al cotone.
Inizio la mia danza, anticipando le note di Ravel nel suo celebre bolero, le braccia alte sopra la testa, le mani unite, come se fossi legata e appesa a un palo della tortura.
Ma i miei fianchi oscillano lentamente mentre piego e distendo le ginocchia al ritmo che dal flauto lascia spazio al clarinetto in tonalità do maggiore.
Come una serpentessa che si innalza dal cesto di un incantatore sulle rive del Gange, i miei movimenti sono armonici e ritmati nel miele balsamico della musica ripetitiva.
Il ventre si muove seguendo i fianchi, a destra, poi a sinistra, e poi avanti e indietro in movimenti rotatori che ipnotizzano lo sguardo della mia concubina asiatica.
Mentre la musica si impossessa degli spazi vuoti della stanza comincio a sollevare la maglietta costringendo lo sguardo di Fuuka ad abbandonare i miei occhi per decantare sulle mie cosce.
Il bolero si pone in profilo di sottofondo mentre il bordo della mia maglietta raggiunge il confine del mio pelo nero.
Guardo Fuuka, il suo sguardo è magnetizzato verso la mia vulva; è inchiodato lì e non riesce a smuoversi, mentre oscillo con il bacino avvicinando la mia passera ai suoi occhi per poi allontanarla.
La maglietta cala come un sipario sul mio nido di amore e percepisco distintamente un sospiro di desiderio represso e di dispiacere mentre mi volto di spalle per porgere il mio sedere alla donna che mi sta bramando.
Le mie rotondità posteriori si muovono per incatenare lo sguardo di cui percepisco la carezza, mentre tiro i bordi della maglietta per evidenziarne la curvatura, il contrasto tra i pieni e i vuoti e dare tridimensionalità all'oggetto danzante.
La musica insiste, ti percuote l'anima e io sollevo la maglietta sulle mie belle chiappotte sode che oscillano tra i miei fianchi in moto perpetuo.
“Wow!” Sento squittire alle mie spalle. “Hai proprio un gran bel culo, Yuko! Non mi stancherò mai di dirtelo.”
Incasso il complimento, gongolando di soddisfazione, mordendomi un labbro e socchiudendo gli occhi, ma la maglietta, inesorabile, cala sulle mezze lune. “Noooooo!” Un gemito strozzato alle mie spalle.
Mi rigiro, la maglietta tirata per scolpire la forma delle tette su cui i capezzoli si ergono come alfieri in vigile guardia, eccitati dalla danza e dallo sfregamento sul tessuto. Le macchie nere vincono il candore della maglietta, al di sopra del gatto nero disegnato sul cotone.
Ravel ti consuma, ti stordisce, ti martella nelle tempie dissipando i pensieri, dissolvendo ogni volontà di ribellione e il mio ventre riprende a ondeggiare, a sporgersi e ritrarsi.
La pienezza del mio pancino, derubato del vuoto dell'ombelico, la rinnovata curvatura sporgente del monte di Venere, così vicino allo sguardo di Fuuka, così accessibile, eppure lontano e intoccabile.
Sono io, ora la donna a luci rosse, protetta dal trasparente cristallo.
Ma maglietta si alza, il coniglietto dal pelo lungo e nero ammicca a una donna che, mollemente adagiata sul divano, sta perdendo consistenza e scheletro, sciogliendosi in piacere e tensione erotica.
La mano della giapponesina sfiora l'elastico delle mutandine, sui jeans già calati a metà coscia.
Il mio ventre danza, il mio ombelico assorbe la luce e lo sguardo rapito della giovane compagna.
I miei fianchi descrivono una poesia di seduzione scritta in fluente corsivo, lettere arabe punteggiate di erotismo, la tensione sta diventando insostenibile e gli estrogeni saturano l'atmosfera in questa stanza che di momento in momento diventa sempre più incandescente.
Fuuka si stringe un seno, l'altra mano serpeggia all'esterno delle mutandine, cercando il solco più sensibile nel candore già macchiato di paziente, umida, attesa.
Il suo bacino ha cominciato a danzare al ritmo del mio, sotto la morbida bacchetta d'orchestra del suo dito medio, ma l'ordine è quello di non oltrepassare il tessuto, a nessun costo.
Movimenti che invocano i miei baci, la mia bocca, la mia lingua pietosa.
Una danza armonica incontro alle sue dita, in cerca delle mie, delle carezze bagnate che solo io posso darle.
Sollevo del tutto la maglietta, scoprendo il seno, liberando i capezzoli verso la danza pura delle forme.
Le candele si riflettono sul mio corpo esaltando la tonalità dorata della mia pelle.
Il continente giallo si espande nella stanza del piccolo appartamento olandese, conquistandolo, colonizzandolo di sentori orientali e profumi di eccitazione femminile.
Lancio la maglietta in un angolo inaccessibile, consegnandola alle tenebre, mentre il mio corpo in sinuoso lamento conquista tutta la tenue luce, tremolante sotto i vapori esotici delle candele in fermento.
Braccia alzate e ginocchia piegate mi avvicino serpeggiando alle ginocchia di Fuuka, il mio ventre ondeggia, luci chiare brillano sulle convessità delle mie anche e dell'addome, il buio si impossessa del mio pube di soffice crine nero, scivolando nel profilo eclissato tra le mie cosce chiare.
Sfilo i calzoni alla mia amante. Lei solleva le gambe per facilitare l'impresa, i suoi piedi nudi adornati di punti fucsia sulle unghie ben curate.
La musica tempesta, la musica stordisce, le note avvinghiano la mente disarmando ogni volontà.
Concedo solo una carezza leggera sulle sue mutandine, un invito che fa trasalire la ragazza dai capelli neri, insondabili come il cuore di tenebra alla ricerca delle fonti del fiume Congo, una scossa incoercibile del suo bacino elastico e sensibile, la resa incondizionata di un impero sconfitto ai suoni obnubilanti del compositore francese e ai movimenti imperturbabili del mio ventre.
Le sfilo le mutandine senza perdere il ritmo, senza fermare la danza del mio ventre, implacabile.
Un filo di bava lucente si allunga dalla vulva della cucciola, vano tentativo di trattenere il suo indumento, di difendere la sua nudità incipiente, e il pube rasato della ragazza si arrende alla mia vista e al piacere terebrante che sta per scardinarla.
Fuuka allarga le cosce e le sue grandi labbra, rasate in modo ineccepibile, si schiudono come un'orchidea ai primi raggi del sole, luccicante della rugiada del suo desiderio.
Le piccole labbra si increspano di eccitazione, palpitano lucide, pulsano gonfie e ubertose.
Le mie ginocchia si placano appoggiandosi sul tappeto iraniano ai piedi del fiore che mi si offre, i miei fianchi si sedano e le mie mani si appoggiano sulle ginocchia della donna che mi aspetta e che mi desidera.
Con le mie mani faccio pressione sulle ginocchia e allargo ulteriormente le cosce. Un'offerta sacrificale giace davanti ai miei occhi, accessibile al mio olfatto, pronta per il mio gusto, e anche le piccole ancelle, l'ultimo baluardo rosa chiaro in strenue difesa, si distendono convergendo verso il piccolo vertice di sensibilità estrema.
La mia danza è finita, ma la musica continua, accecante, ottenebrante, e i movimenti pendolari si trasferiscono dal mio bacino a quello che si offre di fronte ai miei occhi, alla mia lingua e al mio naso.
La figa della mia spasimante mi chiama, mi implora, con ossequiosi movimenti che cercano la mia bocca e il muscolo che, fiammella impertinente, vi dimora; involontarie pulsioni in attesa di adempimento.
Un piccolo tocco tra la mia lingua e l'apice del suo piacere strappa un gemito a Fuuka e una violenta contrazione del suo ventre che mi fiata addosso tutto il profumo di eccitazione della donna succube dei miei sensi.
Mi distacco da lei per vedere la sua vulva ondeggiare, implorare le mie attenzioni orali e solo quando la sua danza si placa, ripercorro con tutta la lingua, profondamente, il solco vulvare, dal sedere fino al monte di Venere.
Un sussulto, un urlo strozzato, e la danza riprende, fibrillante, imperativa.
La musica lenisce la scottatura, placa l'ansia, addormenta i sensi.
Allargo con le dita il fornice vaginale e soffio aria fresca sul clitoride.
Un ringhio represso.
“Yuko, mi stai torturando...” una preghiera, una confessione, una supplica, una resa.
Lenti conati di liquido filante scivolano tra le cosce della ragazza in mio potere, a ogni contrazione del bacino, catturando scintillanti vestigia dei lumi delle candele.
Una danza che posso regolare con la mia lingua, con le mie labbra, con la mia volontà.
L'intero apparato genitale di Fuuka pulsa e si dilata sotto ai miei occhi, brilla di riflessi che sfumano nei colori dell'iride e la danza del suo bacino continua, un rosario di preghiere perchè io vada a compimento.
“Amore...” cerca di ammansirmi la cucciola in estasi.
Mi avvicino e la annuso: un piacere voluttuoso, lussurioso, solo sfiorandola con la punta del naso, inebriandomi del profumo della sua figa giovane.
“Non... io non...” balbetta la ragazza completamente in mio potere, mentre ancora orchestro i movimenti del suo ventre, al lume incerto del bolero di Ravel.
Le sue dita si infiltrano nei miei capelli e decido di non ribellarmi, le lascio scivolare nella seta della mia criniera, subendo le petulanti invocazioni delle sue mani che mi spingono tra le sue cosce in cerca di un appagamento definitivo.
Ancora mi avvicino al suo fiore, soffio sulla sua vulva, poi lecco lentamente, da sotto in su, ricevendo in bocca un fiotto dei suoi intimi umori alla nuova contrazione del suo bacino che ho evocato.
Riprende la sua danza, la sua figa mi chiama, mi vuole, mi si offre.
Alito aria fresca che invece di lenire, infiamma il desiderio accentuando la sua danza.
Valichiamo a una frontiera di eccitazione in cui anche un cubetto di ghiaccio sul suo clitoride potrebbe fare esplodere l'orgasmo.
Con le dita le massaggio il buchetto del sedere, umettato dal piacere che le cola dalle ghiandole vaginali, risalgo lenta con le dita mentre le bacio il clitoride, trattenendolo tra le mie labbra.
“Yuko!” Un avvertimento, un presagio, un indizio.
Le mia labbra si fermano, ma la danza della sua vagina continua, su e giù, a cercare un contatto con le mie labbra, vicinissime. “Yuko, ti prego...”
Con gli incisivi le stimolo il pistillo: una ruvida carezza, accenno di dolore che il suo apparato sensitivo trasforma in piacere, reclutando fibre sensitive anomale per un effetto evocativo fuorviante. “Yuko...” piange la mia piccola stella.
La musica raggiunge il climax, il piacere l'apex e ancora il ventre di Fuuka danza, instancabile nella sua preghiera di eutanasia attiva.
Le sue mani spingono la mia testa fra le sue cosce, le dita tirano i miei capelli, le unghie mi graffiano il cuoio capelluto.
Un alito caldo dalle mie labbra alle sue, un bacio ai suoi petali più sensibili, le mie dita le entrano in vagina, lentamente, assecondando il suo urlo soffocato e straziante.
Un bacio lento e morbido, la lingua staziona sul clitoride, calda e umida, e inizia un movimento rotatorio, al ritmo della musica che ormai raggiunge i nostri sensi per vie subliminali.
Le dita si allargano nel suo ventre caldo e stretto, contorcendosi come un ramo di ulivo.
Succhio delicatamente il clitoride e sento la stretta delle cosce di Fuuka che mi stritolano le tempie.
Un gorgoglio prolungato, un urlo soffocato e disumano, mentre trattengo l'apnea, bocca e naso immersi nel mollusco caldo e colante della donna che amo.
Contrazioni violente e involontarie del bacino mi schiacciano la vulva contro il viso, in cerca di un contatto più prolungato, più profondo e penetrante.
Mi divincolo per cercare aria, tra le cosce indemoniate da un orgasmo a oltranza.
Scosse telluriche, urla non represse, contrazioni spasmodiche, dita ritorte tra i miei capelli e poi la pace: un rilassamento universale ci risucchia in un deliquio in cui i sensi si confondono e trovano requie in una definizione indistinta. Le ultime forsennate e sguaiate note del bolero si spengono tra gli strumenti stremati dell'orchestra sinfonica e le cosce si allargano, facendomi scivolare sul tessuto impregnato di succhi vitali, al cospetto di Fuuka, priva di ogni scheletro e di vitalità residua.
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