A casa della coppia schiava (parte 3)
di
Kugher
genere
sadomaso
Il Padrone aveva cambiato il sedile e l’atto erotico.
Non era in programma, lui non aveva mai un programma, faceva ciò che le circostanze gli suggerivano, di pelle, di istinto, ciò che in quel momento il cazzo gli suggeriva.
Mentre il cane cercava in giro per la stanza i bocconi di cibo, con la fretta di tornare così che il Padrone si alzasse dal ventre della moglie sulla quale era seduto, Andrea ripensò alla lingua francese che, durante la cena, gli aveva leccato i piedi.
Sentì così l’esigenza di avere quella lingua altrove.
Si mise in ginocchio sul marito steso sul divano, avendo il viso verso lo schienale e il culo esposto in direzione della schiava, anche lei in ginocchio, ma a terra, dietro di lui.
Mentre tirava con forza il guinzaglio che passava tra le sue gambe, si godette quella lingua francese che accarezzava l’esterno del culo e cercava, riuscendoci, di entrare.
Cazzo se la sapeva usare quella lingua.
Il marito soffriva e questo, assieme alla lingua nel culo, gli induriva il cazzo.
L’eccitazione lo portò a soddisfare ben altre esigenze.
Si sedette sulla faccia di Massimiliano.
Era appena indietro così che lo schiavo potesse respirare, pur se a fatica, e, soprattutto, vedere.
Il Padrone voleva che osservasse il suo cazzo bello dritto, eccitato, che dalle palle, appoggiate sul suo viso, partisse pronto per essere leccato, succhiato, avvolto da quella lingua francese, da quella bocca calda al cui interno veniva accarezzato da quella parte umida che ne lambiva il glande, per poi scendere e salire, avvolgere, accarezzare con la punta della lingua.
Eppure lo schiavo guardava gli occhi della moglie, che ricambiava.
Andrea volse gli occhi in quella stanza ancora priva di foto ma piena degli sguardi tra i due coniugi.
Eppure sui mobili c’erano spazi vuoti, spazi evidentemente riempiti da oggetti che immaginava essere personali e, probabilmente, erano stati tolti prima del suo arrivo.
Mentre la bocca francese succhiava il cazzo sempre più duro, immaginò la coppia che, eccitata, preparava la stanza, la casa intera, per accogliere quello sconosciuto incontrato in un sito a tema.
La lingua leccava il cazzo ma lo sguardo e le emozioni dei due schiavi lo lasciavano in disparte, come fosse un estraneo, come se in quella stanza ci fossero solo i due amanti e amati.
Il suo cazzo duro gli sembrò, d’improvviso, solo un attrezzo sessuale per quella coppia che stava traendo piacere ed eccitazione da quello strumento del loro piacere.
Il pensiero è in grado di muoversi velocemente, di pensare tante cose in pochi secondi, di provare mille emozioni in pochi attimi che racchiudevano una vita, la sua.
Ripensò alla sua casa, piena di oggetti personali che gli ricordavano una vita che era stata condivisa e adesso era sola, con le emozioni delegate ai ricordi di una vita passata con Elena che lui non aveva saputo tenere, o che lei non aveva saputo farsi tenere, fino al giorno in cui era uscita senza portarsi via oggetti pieni di ricordi.
Ecco quella cazzo di lama che si insinuava ancora nel suo piacere, gelando i contorni di ciò che toccava ma che, fortunatamente, non faceva venire meno il cazzo nella sua durezza.
Era stato accolto in una casa senza ricordi in vista, senza che lui potesse attingere da quegli oggetti alla vita e alle emozioni di quei due schiavi che, facendolo entrare, lo avevano lasciato fuori.
Adesso gli sguardi dei due gli pesavano e lo allontanavano.
Era seduto su una faccia che stava facendo l’amore con la bocca che leccava il suo cazzo.
Doveva finire, voleva venire per scappare da quegli affetti che gli facevano sentire l’assenza dei suoi.
Il cazzo dello schiavo era duro, eppure la lingua della moglie stava leccando il suo cazzo, quello del Padrone.
I due si guardavano e per un attimo ebbe la sensazione che quella donna stesse succhiando il sesso del marito.
Ebbe la visione dei due stesi a letto, abbracciati, dopo avere fatto sesso, dopo essersi scopati, dopo avere fatto l’amore, raccontandosi le emozioni vissute, le sensazioni godute che non prevedano lui, il detentore del cazzo in quella bocca umida, bagnata, con quella lingua che glielo succhiava da impazzire ma che non era per lui.
Voleva durare, ma voleva finire, andarsene, andare via senza voler andare a casa, dove lo attendevano quelle foto piene di ricordi di emozioni che adesso gli sembravano vuote.
Pensò alle foto di quella casa che non aveva visto ma che gli sembravano ancora vive, vibranti, cariche di promesse per il futuro che avevano le radici in quelle immagini che ricordavano il passato.
Non era in programma, lui non aveva mai un programma, faceva ciò che le circostanze gli suggerivano, di pelle, di istinto, ciò che in quel momento il cazzo gli suggeriva.
Mentre il cane cercava in giro per la stanza i bocconi di cibo, con la fretta di tornare così che il Padrone si alzasse dal ventre della moglie sulla quale era seduto, Andrea ripensò alla lingua francese che, durante la cena, gli aveva leccato i piedi.
Sentì così l’esigenza di avere quella lingua altrove.
Si mise in ginocchio sul marito steso sul divano, avendo il viso verso lo schienale e il culo esposto in direzione della schiava, anche lei in ginocchio, ma a terra, dietro di lui.
Mentre tirava con forza il guinzaglio che passava tra le sue gambe, si godette quella lingua francese che accarezzava l’esterno del culo e cercava, riuscendoci, di entrare.
Cazzo se la sapeva usare quella lingua.
Il marito soffriva e questo, assieme alla lingua nel culo, gli induriva il cazzo.
L’eccitazione lo portò a soddisfare ben altre esigenze.
Si sedette sulla faccia di Massimiliano.
Era appena indietro così che lo schiavo potesse respirare, pur se a fatica, e, soprattutto, vedere.
Il Padrone voleva che osservasse il suo cazzo bello dritto, eccitato, che dalle palle, appoggiate sul suo viso, partisse pronto per essere leccato, succhiato, avvolto da quella lingua francese, da quella bocca calda al cui interno veniva accarezzato da quella parte umida che ne lambiva il glande, per poi scendere e salire, avvolgere, accarezzare con la punta della lingua.
Eppure lo schiavo guardava gli occhi della moglie, che ricambiava.
Andrea volse gli occhi in quella stanza ancora priva di foto ma piena degli sguardi tra i due coniugi.
Eppure sui mobili c’erano spazi vuoti, spazi evidentemente riempiti da oggetti che immaginava essere personali e, probabilmente, erano stati tolti prima del suo arrivo.
Mentre la bocca francese succhiava il cazzo sempre più duro, immaginò la coppia che, eccitata, preparava la stanza, la casa intera, per accogliere quello sconosciuto incontrato in un sito a tema.
La lingua leccava il cazzo ma lo sguardo e le emozioni dei due schiavi lo lasciavano in disparte, come fosse un estraneo, come se in quella stanza ci fossero solo i due amanti e amati.
Il suo cazzo duro gli sembrò, d’improvviso, solo un attrezzo sessuale per quella coppia che stava traendo piacere ed eccitazione da quello strumento del loro piacere.
Il pensiero è in grado di muoversi velocemente, di pensare tante cose in pochi secondi, di provare mille emozioni in pochi attimi che racchiudevano una vita, la sua.
Ripensò alla sua casa, piena di oggetti personali che gli ricordavano una vita che era stata condivisa e adesso era sola, con le emozioni delegate ai ricordi di una vita passata con Elena che lui non aveva saputo tenere, o che lei non aveva saputo farsi tenere, fino al giorno in cui era uscita senza portarsi via oggetti pieni di ricordi.
Ecco quella cazzo di lama che si insinuava ancora nel suo piacere, gelando i contorni di ciò che toccava ma che, fortunatamente, non faceva venire meno il cazzo nella sua durezza.
Era stato accolto in una casa senza ricordi in vista, senza che lui potesse attingere da quegli oggetti alla vita e alle emozioni di quei due schiavi che, facendolo entrare, lo avevano lasciato fuori.
Adesso gli sguardi dei due gli pesavano e lo allontanavano.
Era seduto su una faccia che stava facendo l’amore con la bocca che leccava il suo cazzo.
Doveva finire, voleva venire per scappare da quegli affetti che gli facevano sentire l’assenza dei suoi.
Il cazzo dello schiavo era duro, eppure la lingua della moglie stava leccando il suo cazzo, quello del Padrone.
I due si guardavano e per un attimo ebbe la sensazione che quella donna stesse succhiando il sesso del marito.
Ebbe la visione dei due stesi a letto, abbracciati, dopo avere fatto sesso, dopo essersi scopati, dopo avere fatto l’amore, raccontandosi le emozioni vissute, le sensazioni godute che non prevedano lui, il detentore del cazzo in quella bocca umida, bagnata, con quella lingua che glielo succhiava da impazzire ma che non era per lui.
Voleva durare, ma voleva finire, andarsene, andare via senza voler andare a casa, dove lo attendevano quelle foto piene di ricordi di emozioni che adesso gli sembravano vuote.
Pensò alle foto di quella casa che non aveva visto ma che gli sembravano ancora vive, vibranti, cariche di promesse per il futuro che avevano le radici in quelle immagini che ricordavano il passato.
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