A casa della coppia schiava (parte 2)

di
genere
sadomaso

La casa era ampia e questo gli diede modo di fare un bel tragitto tra la sala da pranzo ed il salotto. Non aveva cenato in cucina. Lì mangiano i servi e gli schiavi. Lui era il Padrone ed i Padroni mangiano in sala, sui bei tavoli, magari, come in quella casa, avendo a fianco una biblioteca della quale fece solo finta di apprezzarne i volumi. Scusa utile per avere la coppia di coniugi accanto a lui, a quattro zampe, al guinzaglio, fedeli cani in attesa che lui guardasse qualcosa che non gli interessava, non in quel momento almeno.
Avrebbe potuto essere eccitante camminare seguito da due cani, uno con la coda davanti, che non penzolava solo perchè era dura. Anche la cagna, aveva la coda, ma dietro, nel culo, dove le aveva infilato un plug con una coda finta. Un oggetto che si era portato da casa, assieme ad altri oggetti, in una piccola borsa che avrebbe indotto chi l’avesse visto uscire dall’ascensore, che il dottore del quarto piano stesse andando a trascorre un breve week end.
Andrea dovette rinunciare al piacere di essere seguito dalla cagna, dalla quale si fece invece precedere. Ne aveva già apprezzato i movimenti e volle vederle il culo con quella coda che si muoveva da destra a sinistra, da destra a sinistra, come se avesse vita propria dopo che era uscita da quel culo che avrebbe preso, ma più tardi.
Il cane, invece, stava dietro.
Mentre camminava verso il divano, osservò che la cagna, ogni tanto, voltava la testa indietro. Non verso di lui ma oltre, verso il marito.
Non si voltò a guardare l’uomo, non gli interessava. Aveva però notato quello sguardo femminile. Ebbe nuovamente la sensazione di quella lama di freddo che pensava di avere accantonato.
Senza nessun motivo, almeno conscio, le diede una frustata sul culo.
Si guardò in giro e non seppe il motivo. Non guardava mai le case altrui, delle donne con le quali scopava con la promessa di rivedersi ma la certezza che non sarebbe accaduto, sapendo che si trattava di una promessa falsa per entrambi.
Eppure quella sera era attratto dalla casa senza foto, senza oggetti che potessero ricordare una vacanza, un momento assieme, qualcosa da ricordare.
Avrebbe anche potuto pensare che si trattasse di una casa presa in affitto, se in bagno non avesse visto le tipiche cose di una casa abitata: lo spazzolino, l’asciugamano appoggiato male, l'accappatoio, la carta igienica quasi finita, il rasoio elettrico in carica.
Scacciò la sensazione quando arrivò al divano. In realtà fu la fantasia erotica a scacciarla.
“Stenditi sul divano”.
Osservata l’incertezza, ripetè alla schiava francese di stendersi sulla schiena indicando il divano.
In mano il Padrone aveva un piattino con alcuni avanzi di cena.
Si sedette sul ventre della schiava. Era magra, lui no. Non poteva non soffrire, non poteva non eccitarlo con quella sofferenza, con quel bel visino francesce circondato dai capelli lunghi e lisci e castani in evidente smorfia silente di sofferenza.
Lanciò un boccone al cane, ma lontano.
“Mi alzo da tua moglie per farla respirare solo quando lo avrai mangiato e sarai tornato qui”.
Prima che il cane si allontanasse velocemente, pensando alla moglie sofferente, Andrea prese il capezzolo di sinistra della schiava con la sua mano destra e iniziò a strizzarlo, fino a che la erre francese non emise un lamento, soffocato, come se avesse un panno davanti alla bocca.
Il cane tornò velocemente ed indirizzò lo sguardo verso quello della donna usata come divano.
Andrea si alzò, consentendo alla francesina di respirare e recuperare le forze.
Aspettò che avesse espirato per sedersi nuovamente.
Lanciò ancora un pezzo di carne avanzata, ma più lontano, in un posto non protetto dai tappeti, immaginando il dolore alle ginocchia del cane.
Ricominciò a strizzare il capezzolo, l’altro, sempre con la mano destra e si eccitò a vedere quel cano nudo, col cazzo duro tra le gambe che correva a quattro zampe.
Al ritorno dal Padrone, ancora quel cane dedicò il primo sguardo alla moglie che, nonostante la sofferenza, diresse verso di lui i suoi occhi.
Aveva qualcosa di strano quello sguardo, sia quello del cane sia quello della cagna, era come se in quella stanza ci fossero solo loro due.
Infastidito attardò ad alzarsi e strinse maggiormente il capezzolo tra le dita.
L’ultimo boccone non ebbe più come sottofondo il lamento della schiava col capezzolo francese strizzato.
Andrea cercò il sesso e lo trovò umido. Entrò nella figa bagnatissima. Osservò la schiava che stava ancora guardando il marito che, tornando, ricambiava lo sguardo.
Quella cazzo di lama di ghiaccio si insinuava nel caldo della sua eccitazione che, comunque, non ne risentì.
di
scritto il
2025-09-10
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