Colazione con Sguardo - 3
di
JM
genere
feticismo
La donna fece un passo indietro, infilando di nuovo la sneaker sinistra con una naturalezza studiata. Paolo la seguì in silenzio verso il parcheggio tranquillo dietro al bar: poche auto, aria frizzante, niente che chiamasse attenzione fuori da loro due.
Lei si fermò davanti a una station wagon grigio scuro, aprì la portiera del passeggero e si voltò a guardarlo con calma: «Sali». Fu la prima parola. Paolo non rispose; salì, e il portellone si chiuse con un clic delicato, isolandoli nel mondo sospeso dell’abitacolo.
Fuori, lei si appoggiò alla portiera lato guida. Quindi, con un gesto lento e carico di intenzione, liberò di nuovo il piede sinistro dalla sneaker. Non per comodità, ma per intensificare il contatto. Era un invito silenzioso, potente.
Seduta al volante, fece scivolare il piede nudo sul sedile, in vista di Paolo. L’aria dell’abitacolo, già raccolta e calda, si arricchì di una fragranza inaspettata: un aroma forte, quasi terroso, con lievi accenni di pelle calda e un tocco di floreale dolciastro. Un profumo inconfondibile, personale e viscerale.
Paolo lo percepì prima di vederlo davvero. Il respiro si fece più profondo, le narici si dilatarono per catturare quel richiamo olfattivo. Lo prese tra le mani. Era morbido, caldo, vivo. E odoroso.
Le labbra di Paolo sfiorarono il dorso del piede, baciandolo leggermente, quasi per captare meglio quella fragranza intima. Poi, con lentezza devota, passò le dita tra le curve dell’arco, sentendo sotto la sua pelle pulsare una vibrazione quasi segreta.
Lei lo guardava, con un sorriso sottile, complice. Continuò il contatto con la punta del piede, facendola scivolare lungo la guancia di Paolo, lambendo la zona tra labbra e naso. Il profumo si intensificò nel microcosmo dell’auto. Caldo, terroso, evocativo.
Paolo chiuse gli occhi. Quel profumo, quel contatto, quell’abbraccio sensoriale — era una carezza mistica. Con ambe le mani riprese il piede, sentendo ogni linea, ogni archetto, ogni segreto dell’odore epidermico che emanava la sua pelle.
Lei abbassò lo sguardo, quasi impercettibilmente. La sua voce arrivò come un sussurro:
«Hai ancora fame?»
*Continua*
Lei si fermò davanti a una station wagon grigio scuro, aprì la portiera del passeggero e si voltò a guardarlo con calma: «Sali». Fu la prima parola. Paolo non rispose; salì, e il portellone si chiuse con un clic delicato, isolandoli nel mondo sospeso dell’abitacolo.
Fuori, lei si appoggiò alla portiera lato guida. Quindi, con un gesto lento e carico di intenzione, liberò di nuovo il piede sinistro dalla sneaker. Non per comodità, ma per intensificare il contatto. Era un invito silenzioso, potente.
Seduta al volante, fece scivolare il piede nudo sul sedile, in vista di Paolo. L’aria dell’abitacolo, già raccolta e calda, si arricchì di una fragranza inaspettata: un aroma forte, quasi terroso, con lievi accenni di pelle calda e un tocco di floreale dolciastro. Un profumo inconfondibile, personale e viscerale.
Paolo lo percepì prima di vederlo davvero. Il respiro si fece più profondo, le narici si dilatarono per catturare quel richiamo olfattivo. Lo prese tra le mani. Era morbido, caldo, vivo. E odoroso.
Le labbra di Paolo sfiorarono il dorso del piede, baciandolo leggermente, quasi per captare meglio quella fragranza intima. Poi, con lentezza devota, passò le dita tra le curve dell’arco, sentendo sotto la sua pelle pulsare una vibrazione quasi segreta.
Lei lo guardava, con un sorriso sottile, complice. Continuò il contatto con la punta del piede, facendola scivolare lungo la guancia di Paolo, lambendo la zona tra labbra e naso. Il profumo si intensificò nel microcosmo dell’auto. Caldo, terroso, evocativo.
Paolo chiuse gli occhi. Quel profumo, quel contatto, quell’abbraccio sensoriale — era una carezza mistica. Con ambe le mani riprese il piede, sentendo ogni linea, ogni archetto, ogni segreto dell’odore epidermico che emanava la sua pelle.
Lei abbassò lo sguardo, quasi impercettibilmente. La sua voce arrivò come un sussurro:
«Hai ancora fame?»
*Continua*
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