La schiava e il cameriere (parte 4 - epilogo)
di
Kugher
genere
sadomaso
Gli istanti che compongono la vita vanno apprezzati, per far sì che la vita stessa possa essere lunga almeno sotto l’aspetto della quantità di emozioni assorbite e vissute.
Il tempo di chiudere le valigie e archiviare nei ricordi quella vacanza era ormai prossimo.
Vedere lo stesso luogo per un tempo prolungato, tipico delle vacanze stanziali, consente, se ricercato, di approfondire i dettagli e vedere nel particolare cose che, con una visita veloce, rischiano di non essere goduti e di lasciare poco in quella parte della nostra anima deputata a elaborare le emozioni, anche se nella memoria qualcosa, col tempo, può sfuggire.
Al risveglio dell’ultimo giorno, avendo la partenza l’indomani, Simona si avvicinò a Fausto trovando già un cazzo semiteso.
Gli anni di frequentazione e l’assenza dell’abitudine che deriva dalla convivenza, avevano sempre fatto crescere intimità e sessualità.
La circostanza che vedeva il cazzo duro al risveglio non era infrequente e quella mattina non fece difetto.
I movimenti rilassati dell’uomo non fecero capire alla donna se fosse un riflesso o una volontà manifestata con calma, quella che vide la mano dell’uomo tra i suoi capelli che la spinsero verso la zona sulla quale si era concentrata l'attenzione della schiava.
Questa ebbe la certezza della sua veglia quando la spinta non la fermò all’altezza del cazzo ma la spinse oltre, per avere la sua lingua sotto le palle.
Le leccate con la punta della lingua indurita, alternata a lingua piatta e sapienti mani che giocavano con i testicoli, ebbero l’effetto di portare il cazzo in erezione piena.
L’intimità e la sottomissione non abbisognano di parole.
Così fu sufficiente per Fausto tenere la schiava per i capelli e, alzatosi, farsi seguire a quattro zampe. Una delle cose belle di quell’albergo era la doccia, sufficientemente ampia per accogliere la schiava inginocchiata mentre il Padrone si faceva la doccia.
La postura non ebbe bisogno di precisare che il cazzo dovesse stare in bocca.
Con sapienti contorsionismi, la schiava, pur alla cieca, riuscì a insaponare gambe e piedi dell'uomo senza far uscire il cazzo duro alla bocca.
I lunghi capelli bagnati, appena asciugati con l'asciugamani, avevano sempre il potere di conferirle un aspetto selvaggio, in contrasto con il suo ruolo da sottomessa che, pertanto, la rende ancor più eccitante.
Il linguaggio segreto di due amanti porta una parte a comunicare all’altra la sicurezza che accadrà qualcosa, ignota nel contenuto.
Ancora coperta dalle gocce d’acqua, nuda, Simona venne fatta stendere con la schiena appoggiata sopra il tavolo.
La testa penzoloni la portò nell’errore di pensare che le avrebbe scopato la bocca prima di colazione. Le braccia vennero legate alle gambe del tavolo, lasciandole in fuori una parte della schiena e la testa completamente penzoloni.
La figa, dall’altra parte, arrivava giusto giusto poco dopo il bordo.
Lasciandola in quella posizione, l’uomo si vestì, facendo capire che in sala pranzo avrebbero visto accedere solo lui. Prima di uscire, Fausto lasciò per il cameriere un altro biglietto ed un frustino appoggiato sul ventre della donna legata.
La postura portò la schiava a sperare che il suo aguzzino arrivasse il prima possibile, rendendo la scomodità complice dell’eccitazione di Fausto che immaginava la sua ansia ma anche la sua attesa nell’essere usata da quell’uomo sconosciuto se non per il nome attaccato alla divisa.
Il cameriere entrò in quella stanza con la stessa aspettativa che, da quella mattina, aveva tutti i giorni, vedendo che questa volta le sue attese furono accontentate.
Alla seconda esperienza vi è sempre più sicurezza dettata da ciò che è già accaduto e consente di guardare oltre.
“Usabile in ogni dove”.
Poche parole scritte a mano su un foglietto possono aprire mondi e piaceri, oltre che indurire cazzi, cosa che accadde con quello dell’uomo, memore di avere visto la sua figa esposta al bar, evidentemente solo per lui.
Il cartello “non disturbare” fu meglio di una serratura chiusa per garantire riservatezza, pur non sapendo il tempo a disposizione.
La nudità è requisito essenziale.
Le mani dell’uomo perlustrarono quel corpo lasciato a sua disposizione, ancora bagnato da quelle gocce che conferivano ancora ai capelli una sensazione di selvaggio che anche lui aveva percepito.
Impugnò il frustino. Non avendo accesso alle sue espressioni, Simona non potè capire se lo maneggiasse con la destrezza tipica di chi è avvezzo a calare la paletta sulla pelle femminile.
La lingua dell’uomo trovò la figa già bagnata.
Il cameriere si spostò dalla parte opposta del tavolo mentre la mano accarezzò tutto il corpo femminile. L’uomo posò il culo sulla faccia della schiava in quella posa evidentemente scomoda.
“Lecca”.
L’incertezza della donna venne punita col frustino in corrispondenza dell’ombelico. La lingua trovò quindi veloce strada verso il culo dell’uomo che si allargava le natiche per meglio godere di quelle attenzioni.
Il cameriere si girò, per sostituire il culo con il cazzo che entrò in bocca.
L’altezza era giusta e pareva che il falegname avesse costruito il tavolo proprio per quella bisogna.
Spinse il bacino per arrivare fino alla gola, uscendo quel tanto da aspettarsi le attenzioni della lingua sulla cappella.
Le dita strinsero i capezzoli facendo capire alla schiava la velocità della lingua e del pompino. Più strizzava procurando dolore, maggiore doveva essere l’uso della lingua e della bocca.
Quando calava e le dita producevano solo carezze, la lingua diventava più morbida.
I capezzoli venivano stretti all'improvviso per ottenere rapidi cambi di velocità
Il piacere venne ulteriormente fatto crescere usando il fristino sul ventre e sulla figa, che non poteva essere protetta stringendo le gambe in quanto le caviglie erano legate agli estremi del tavolo, costringendola a tenere bene esposto il sesso.
Il ventre era rosso per i colpi, così come la figa a lui visivamente accessibile, in quanto aveva spostato il tavolo in modo da potersi vedere allo specchio.
Il tempo si era eccessivamente dilatato ed il piacere era divenuto il metronomo del suo scandire.
Era incerto se goderle in bocca o nella figa.
Decise di passare dall’altra parte e penetrarla con forza, spingendo, chinandosi su di lei per mordicchiarle i capezzoli ed entrare con la lingua nella bocca che aveva ancora il sapore del suo cazzo.
L’uomo adorava la figa, così come lo portava all’eccesso di piacere godere in bocca.
Sentendo montare lo sperma, uscì e si diresse verso la bocca per infilarlo. La fretta e l’eccitazione fecero sicuramente capire alla schiava cosa sarebbe successo e ciò che in effetti accadde dopo affondi in bocca per terminare la scopata, per far uscire tutto lo sperma che venne ingoiato.
Il tempo di chiudere le valigie e archiviare nei ricordi quella vacanza era ormai prossimo.
Vedere lo stesso luogo per un tempo prolungato, tipico delle vacanze stanziali, consente, se ricercato, di approfondire i dettagli e vedere nel particolare cose che, con una visita veloce, rischiano di non essere goduti e di lasciare poco in quella parte della nostra anima deputata a elaborare le emozioni, anche se nella memoria qualcosa, col tempo, può sfuggire.
Al risveglio dell’ultimo giorno, avendo la partenza l’indomani, Simona si avvicinò a Fausto trovando già un cazzo semiteso.
Gli anni di frequentazione e l’assenza dell’abitudine che deriva dalla convivenza, avevano sempre fatto crescere intimità e sessualità.
La circostanza che vedeva il cazzo duro al risveglio non era infrequente e quella mattina non fece difetto.
I movimenti rilassati dell’uomo non fecero capire alla donna se fosse un riflesso o una volontà manifestata con calma, quella che vide la mano dell’uomo tra i suoi capelli che la spinsero verso la zona sulla quale si era concentrata l'attenzione della schiava.
Questa ebbe la certezza della sua veglia quando la spinta non la fermò all’altezza del cazzo ma la spinse oltre, per avere la sua lingua sotto le palle.
Le leccate con la punta della lingua indurita, alternata a lingua piatta e sapienti mani che giocavano con i testicoli, ebbero l’effetto di portare il cazzo in erezione piena.
L’intimità e la sottomissione non abbisognano di parole.
Così fu sufficiente per Fausto tenere la schiava per i capelli e, alzatosi, farsi seguire a quattro zampe. Una delle cose belle di quell’albergo era la doccia, sufficientemente ampia per accogliere la schiava inginocchiata mentre il Padrone si faceva la doccia.
La postura non ebbe bisogno di precisare che il cazzo dovesse stare in bocca.
Con sapienti contorsionismi, la schiava, pur alla cieca, riuscì a insaponare gambe e piedi dell'uomo senza far uscire il cazzo duro alla bocca.
I lunghi capelli bagnati, appena asciugati con l'asciugamani, avevano sempre il potere di conferirle un aspetto selvaggio, in contrasto con il suo ruolo da sottomessa che, pertanto, la rende ancor più eccitante.
Il linguaggio segreto di due amanti porta una parte a comunicare all’altra la sicurezza che accadrà qualcosa, ignota nel contenuto.
Ancora coperta dalle gocce d’acqua, nuda, Simona venne fatta stendere con la schiena appoggiata sopra il tavolo.
La testa penzoloni la portò nell’errore di pensare che le avrebbe scopato la bocca prima di colazione. Le braccia vennero legate alle gambe del tavolo, lasciandole in fuori una parte della schiena e la testa completamente penzoloni.
La figa, dall’altra parte, arrivava giusto giusto poco dopo il bordo.
Lasciandola in quella posizione, l’uomo si vestì, facendo capire che in sala pranzo avrebbero visto accedere solo lui. Prima di uscire, Fausto lasciò per il cameriere un altro biglietto ed un frustino appoggiato sul ventre della donna legata.
La postura portò la schiava a sperare che il suo aguzzino arrivasse il prima possibile, rendendo la scomodità complice dell’eccitazione di Fausto che immaginava la sua ansia ma anche la sua attesa nell’essere usata da quell’uomo sconosciuto se non per il nome attaccato alla divisa.
Il cameriere entrò in quella stanza con la stessa aspettativa che, da quella mattina, aveva tutti i giorni, vedendo che questa volta le sue attese furono accontentate.
Alla seconda esperienza vi è sempre più sicurezza dettata da ciò che è già accaduto e consente di guardare oltre.
“Usabile in ogni dove”.
Poche parole scritte a mano su un foglietto possono aprire mondi e piaceri, oltre che indurire cazzi, cosa che accadde con quello dell’uomo, memore di avere visto la sua figa esposta al bar, evidentemente solo per lui.
Il cartello “non disturbare” fu meglio di una serratura chiusa per garantire riservatezza, pur non sapendo il tempo a disposizione.
La nudità è requisito essenziale.
Le mani dell’uomo perlustrarono quel corpo lasciato a sua disposizione, ancora bagnato da quelle gocce che conferivano ancora ai capelli una sensazione di selvaggio che anche lui aveva percepito.
Impugnò il frustino. Non avendo accesso alle sue espressioni, Simona non potè capire se lo maneggiasse con la destrezza tipica di chi è avvezzo a calare la paletta sulla pelle femminile.
La lingua dell’uomo trovò la figa già bagnata.
Il cameriere si spostò dalla parte opposta del tavolo mentre la mano accarezzò tutto il corpo femminile. L’uomo posò il culo sulla faccia della schiava in quella posa evidentemente scomoda.
“Lecca”.
L’incertezza della donna venne punita col frustino in corrispondenza dell’ombelico. La lingua trovò quindi veloce strada verso il culo dell’uomo che si allargava le natiche per meglio godere di quelle attenzioni.
Il cameriere si girò, per sostituire il culo con il cazzo che entrò in bocca.
L’altezza era giusta e pareva che il falegname avesse costruito il tavolo proprio per quella bisogna.
Spinse il bacino per arrivare fino alla gola, uscendo quel tanto da aspettarsi le attenzioni della lingua sulla cappella.
Le dita strinsero i capezzoli facendo capire alla schiava la velocità della lingua e del pompino. Più strizzava procurando dolore, maggiore doveva essere l’uso della lingua e della bocca.
Quando calava e le dita producevano solo carezze, la lingua diventava più morbida.
I capezzoli venivano stretti all'improvviso per ottenere rapidi cambi di velocità
Il piacere venne ulteriormente fatto crescere usando il fristino sul ventre e sulla figa, che non poteva essere protetta stringendo le gambe in quanto le caviglie erano legate agli estremi del tavolo, costringendola a tenere bene esposto il sesso.
Il ventre era rosso per i colpi, così come la figa a lui visivamente accessibile, in quanto aveva spostato il tavolo in modo da potersi vedere allo specchio.
Il tempo si era eccessivamente dilatato ed il piacere era divenuto il metronomo del suo scandire.
Era incerto se goderle in bocca o nella figa.
Decise di passare dall’altra parte e penetrarla con forza, spingendo, chinandosi su di lei per mordicchiarle i capezzoli ed entrare con la lingua nella bocca che aveva ancora il sapore del suo cazzo.
L’uomo adorava la figa, così come lo portava all’eccesso di piacere godere in bocca.
Sentendo montare lo sperma, uscì e si diresse verso la bocca per infilarlo. La fretta e l’eccitazione fecero sicuramente capire alla schiava cosa sarebbe successo e ciò che in effetti accadde dopo affondi in bocca per terminare la scopata, per far uscire tutto lo sperma che venne ingoiato.
1
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La schiava e il cameriere (parte 3)
Commenti dei lettori al racconto erotico