Ai piedi della vicina (parte 5)

di
genere
sadomaso

Franca diede alla schiava il tempo necessario perché si ambientasse in cucina e capisse come e dove andavano ritirati gli oggetti acquistati al supermercato.
Non voleva metterle ansia ma lasciarle vivere quella tranquillità che entrambe apprezzavano.
Passarono 10 minuti quando azionò il telecomando attivando l'ovetto vibratore nel culo della ragazza.
Questa corse dalla Padrona e si inginocchiò.
Franca accarezzò con fare materno il viso della ragazza accompagnando il gesto da un sorriso sereno, sempre in contrasto con le parole usate.
“Portami da bere".
La ragazza tornò con un vassoio sul quale vi era il bicchiere di acqua gasata che le era stato ordinato.
Si inginocchiò per offrire quando richiesto e, mentre la donna beveva, pose la fronte a terra. Il piede della Padrone sulla testa della ragazza fu quasi come una carezza.
“Sei brava”.
Aveva capito che la ragazza adorava le rassicurazioni e a lei piaceva darle.
Al termine del lavoro, Ilaria si allontanò senza baciare i piedi.
Il tono con il quale la fermò fu di evidente rimprovero.
Altri gradini dovevano essere percorsi dalla schiava.
Restando in posizione, Ilaria attese che la Padrona si munisse del frustino che aveva visto e che temeva, o attendeva.
“In ginocchio e appoggia le mani al muro sporgendoti in avanti”.
La ragazza assunse quella che era la posizione tipica delle punizioni.
Il frustino colpì tre volte la schiena, in maniera non forte, ma significativa, in quanto ancora avrebbe dovuto abituarsi al dolore.
La reazione fu immediata, tipica di chi non ha mai provato il dolore del frustino per una punizione.
Si chinò a terra con una lamento trattenuto tra le labbra chiuse.
Il frustino accarezzò il viso della ragazza.
“Rimettiti in posizione e mantienila”.
Seppur con difficoltà, la ragazza riuscì ad eseguire.
“Ora vai”.
Il bacio ai piedi non mancò, questa volta.
Il lavoro eseguito consentì a Ilaria di riconquistare una posa che aveva già conosciuto ed apprezzato, intimo nella sua enorme forza, seppure fosse cosa semplice rispetto a quanto subito.
Si inginocchiò accanto a Franca e posa il capo sul suo grembo.
La donna prese ad accarezzarlo con quel tocco tranquillo e morbido che aveva conquistato Ilaria.
Il tocco fu il motore che spinse la ragazza a lasciar correre i suoi pensieri e le sue emozioni, trovando nella Padrona che la accarezzava, un porto emotivamente sicuro.
Ilaria assorbì in sé, con serenità, quella situazione nuova, come se fosse vecchia e consolidata, con quella naturalezza che, ogni tanto e spontaneamente, la portava a chinarsi, baciare i piedi della Padrona, sua ascoltatrice, e ritornare con il capo nel suo grembo generoso di dimensioni ma anche di capacità di ricevere quella parte di anima che lasciava uscire.
Il tempo non venne misurato in minuti ma in quantità di pensieri trasmessi, che andarono anche oltre al loro rapporto per percorrere la strada della vita di Ilaria, con le sue insicurezze ignote a chi la frequentava ma che lei sentiva sempre più presenti nella sua anima.
Non riusciva a comunicare ad altri le sue sensazioni e il tempo, gli anni in cui le aveva trattenute, le avevano colmato il vaso che, ora, trovava in Franca accogliente alveo e argini resistenti per accogliere il suo flusso di emozioni che non poteva più trattenere al suo interno.
Franca ascoltava e non dava consigli, cosa che sapeva sarebbe stata inutile, ma avviò un dialogo che fece maggior breccia nell’animo della ragazza in quanto, ponendo domande, le scavava dentro e le faceva emergere pensieri e sensazioni sconosciuti, rivelando cose di lei che la portavano a scavare ancora, e ancora, grazie a quella donna che sapeva porre i giusti quesiti e alla quale, ogni tanto, destinava un bacio ai piedi.
Vi è però un momento in cui anche i pensieri si devono fermare, per dar modo a quanto emerso di trovare una sua collocazione.
Il silenzio non divenne così una mancanza di comunicazione, ma il momento in cui mettere ordine nell’eccesso di comunicazione.
A quel punto Franca allargò le cosce e, accarezzando delicatamente il capo della schiava, le ordinò di darle piacere.
Il viso di Ilaria, nonostante il caldo, sparì sotto l’ampio vestito per raggiungere la figa della Padrona, alla quale destinò il lavoro della sua lingua per un tempo che parve indefinito.
Non fece l’errore di sospendere il movimento della lingua solo per qualche pelo di figa che le era finito in bocca e che sopportò nonostante il fastidio.
L’orgasmo culminato con le cosce intorno al suo viso che le stringevano il capo, forte al punto da renderle difficoltoso il respiro, fu il segnale che la volle stesa a terra, come la volta precedente, in funzione di tappeto per la Padrona che, poggiati i piedi sul suo ventre, trovò la tranquillità del corpo dopo l’orgasmo, scivolando in un breve sonno rilassato, caratterizzato dalla regolare calma dell’aria che si insinuava nei polmoni portando la dose di ossigeno necessaria per il riposo.
Il respiro della donna denunziò che si era appisolata e impose alla schiava di restare sotto i suoi piedi, ferma, nonostante il dolore che il piede sinistro le procurava al seno.
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2025-06-26
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