Ai piedi della vicina (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
La lingua di Ilaria restituiva ai piedi di Franca le carezze che quest’ultima le aveva dato sul capo.
La ragazza, mentre assaporava le carezze sui capelli, ebbe la visione di sé stessa, bambina, quando accarezzava il cane di famiglia.
Il clacson di un camion, proveniente piani più in basso, le ricordò che fuori da quella finestra vi era un mondo lontano da quello nel quale si trovava lei.
La lingua aveva percorso tutta la pelle di un piede di Franca. Aveva anche cercato di insinuarsi verso la pianta, agevolata dalla donna che aveva alzato appena il piede di lato.
Terminata l’attenzione ad una estremità, Franca, con un colpetto lieve, l’aveva spinta, col piede appena adorato, verso l’altro.
Il piede, privato delle attenzioni, venne posato sulla schiena della giovane.
Ilaria avvertì naturalezza in quel gesto e si concentrò sul lavoro con la sua lingua che sembrava divenuta uno strumento di Franca. La donna, con voce morbida e calda, quasi fosse una carezza all’anima, le dava indicazioni sulle modalità con le quali desiderava le attenzioni.
“Lascia la lingua piatta e morbida”.
Ilaria eseguiva senza domande o esitazioni.
“Accompagna il gesto della leccata con il movimento della testa”.
Non trovò strano quel gesto tipico dei cani, ed eseguì volentieri anche questa indicazione.
Franca appoggiò appena il piede adorato sulle mani a terra della ragazza e lo alzò su un lato, scoprendo poco la pianta per la desiderata attenzione della lingua giovane.
“Lecca anche sotto, tesoro”.
La voce era delicata, e Ilaria cercò di insinuarsi con la lingua tra il piede e la mano, per cercare di raggiungere in profondità la pelle del piede.
Non vi fu stranezza alcuna quando Franca tolse il piede appoggiato sul corpo di Ilaria e le sottrasse l’altro dalle sue attenzioni, allargando le cosce.
“Mettiti in ginocchio, tesoro”.
Ilaria, dalla nuova posizione prostrata, continuò a leccare i piedi di Franca che, invece, le diede ordine di salire e di salire e di salire, per farla insinuare sotto l’ampio vestito leggero estivo.
Il capo della ragazza era nascosto sotto l’indumento. Ilaria, leccando l’interno coscia, raggiunse le mutandine della donna.
“Spostale e leccami”.
Ilaria non sentiva il caldo sotto quel vestito. Avvertiva solo il calore dentro e la testa in fiamme.
Iniziò a leccare le grandi labbra.
Entrava con la lingua il più possibile leccando l’interno, per poi uscire e concentrarsi nuovamente sulle grandi labbra ed il clitoride.
Sotto il vestito l’aria era poca e calda, ma non vi badava.
Entrò ed uscì ripetutamente con la lingua, cercando di simulare la scopata.
Il sesso non era depilato. Il pelo che le era entrato in bocca cominciava a dare fastidio. Tuttavia preferì ubbidire alla tranquilla voce autoritaria che le diceva di non perdere concentrazione e di tenersi quel corpo estraneo, o ingoiarlo, purché non si distrasse.
Cercò di arginare il pelo in bocca ma questo valse una leggera spinta alla testa che la richiamò a prestare al sesso l’attenzione alla quale l’aveva abituata.
Le cosce della donna sulle spalle non valsero la lamentela per il peso e l’ulteriore privazione di aria.
Le mani cercarono di accarezzare le cosce tonde per trasmettere ulteriore delicatezza e attenzione verso quella figa esposta alla sua lingua.
L’evidenza dell’ottimo lavoro, fu manifestato dai movimenti della donna, tipici di chi si avvicina all’orgasmo liberatorio, verso il quale era stata fatta resistenza per prolungare l’azione ricevuta, fino al momento in cui la liberazione dalla tensione erotica non fu più rinviabile.
Le mani di Franca avvolsero la testa di Ilaria, maggiormente stretta tra le grosse cosce che la isolavano ulteriormente dai rumori circostanti, in quanto la pelle sudata era aderente alle sue orecchie.
Franca le spingeva la testa sulla figa, come se quel gesto potesse portare la lingua della ragazza a penetrare maggiormente il suo sesso bagnato ed eccitato, prigioniera della sua volontà.
La liberazione del piacere esploso fu evidente. Ilaria sentì la donna irrigidirsi sulla poltrona e immaginò le mani che stringevano i braccioli in pelle morbida.
Solo quando avvertì in Franca il placarsi del respiro, fu liberata dalla prigionia delle cosce, consentendole di uscire dall’area stretta del vestito e, così, di recuperare aria.
Non ebbe tempo di avere pensieri diversi dal ritornare accucciata ai piedi della donna, che la spinse delicatamente verso il basso, con il dito che le indicava il pavimento, quale gesto inutile per manifestare la sua esplicita volontà, utile solo per sottolinearla.
A terra, fece sistemare la ragazza sulla schiena e le pose i piedi sul ventre e sui seni, godendo del piacere avuto e della rilassatezza del corpo.
La ragazza, mentre assaporava le carezze sui capelli, ebbe la visione di sé stessa, bambina, quando accarezzava il cane di famiglia.
Il clacson di un camion, proveniente piani più in basso, le ricordò che fuori da quella finestra vi era un mondo lontano da quello nel quale si trovava lei.
La lingua aveva percorso tutta la pelle di un piede di Franca. Aveva anche cercato di insinuarsi verso la pianta, agevolata dalla donna che aveva alzato appena il piede di lato.
Terminata l’attenzione ad una estremità, Franca, con un colpetto lieve, l’aveva spinta, col piede appena adorato, verso l’altro.
Il piede, privato delle attenzioni, venne posato sulla schiena della giovane.
Ilaria avvertì naturalezza in quel gesto e si concentrò sul lavoro con la sua lingua che sembrava divenuta uno strumento di Franca. La donna, con voce morbida e calda, quasi fosse una carezza all’anima, le dava indicazioni sulle modalità con le quali desiderava le attenzioni.
“Lascia la lingua piatta e morbida”.
Ilaria eseguiva senza domande o esitazioni.
“Accompagna il gesto della leccata con il movimento della testa”.
Non trovò strano quel gesto tipico dei cani, ed eseguì volentieri anche questa indicazione.
Franca appoggiò appena il piede adorato sulle mani a terra della ragazza e lo alzò su un lato, scoprendo poco la pianta per la desiderata attenzione della lingua giovane.
“Lecca anche sotto, tesoro”.
La voce era delicata, e Ilaria cercò di insinuarsi con la lingua tra il piede e la mano, per cercare di raggiungere in profondità la pelle del piede.
Non vi fu stranezza alcuna quando Franca tolse il piede appoggiato sul corpo di Ilaria e le sottrasse l’altro dalle sue attenzioni, allargando le cosce.
“Mettiti in ginocchio, tesoro”.
Ilaria, dalla nuova posizione prostrata, continuò a leccare i piedi di Franca che, invece, le diede ordine di salire e di salire e di salire, per farla insinuare sotto l’ampio vestito leggero estivo.
Il capo della ragazza era nascosto sotto l’indumento. Ilaria, leccando l’interno coscia, raggiunse le mutandine della donna.
“Spostale e leccami”.
Ilaria non sentiva il caldo sotto quel vestito. Avvertiva solo il calore dentro e la testa in fiamme.
Iniziò a leccare le grandi labbra.
Entrava con la lingua il più possibile leccando l’interno, per poi uscire e concentrarsi nuovamente sulle grandi labbra ed il clitoride.
Sotto il vestito l’aria era poca e calda, ma non vi badava.
Entrò ed uscì ripetutamente con la lingua, cercando di simulare la scopata.
Il sesso non era depilato. Il pelo che le era entrato in bocca cominciava a dare fastidio. Tuttavia preferì ubbidire alla tranquilla voce autoritaria che le diceva di non perdere concentrazione e di tenersi quel corpo estraneo, o ingoiarlo, purché non si distrasse.
Cercò di arginare il pelo in bocca ma questo valse una leggera spinta alla testa che la richiamò a prestare al sesso l’attenzione alla quale l’aveva abituata.
Le cosce della donna sulle spalle non valsero la lamentela per il peso e l’ulteriore privazione di aria.
Le mani cercarono di accarezzare le cosce tonde per trasmettere ulteriore delicatezza e attenzione verso quella figa esposta alla sua lingua.
L’evidenza dell’ottimo lavoro, fu manifestato dai movimenti della donna, tipici di chi si avvicina all’orgasmo liberatorio, verso il quale era stata fatta resistenza per prolungare l’azione ricevuta, fino al momento in cui la liberazione dalla tensione erotica non fu più rinviabile.
Le mani di Franca avvolsero la testa di Ilaria, maggiormente stretta tra le grosse cosce che la isolavano ulteriormente dai rumori circostanti, in quanto la pelle sudata era aderente alle sue orecchie.
Franca le spingeva la testa sulla figa, come se quel gesto potesse portare la lingua della ragazza a penetrare maggiormente il suo sesso bagnato ed eccitato, prigioniera della sua volontà.
La liberazione del piacere esploso fu evidente. Ilaria sentì la donna irrigidirsi sulla poltrona e immaginò le mani che stringevano i braccioli in pelle morbida.
Solo quando avvertì in Franca il placarsi del respiro, fu liberata dalla prigionia delle cosce, consentendole di uscire dall’area stretta del vestito e, così, di recuperare aria.
Non ebbe tempo di avere pensieri diversi dal ritornare accucciata ai piedi della donna, che la spinse delicatamente verso il basso, con il dito che le indicava il pavimento, quale gesto inutile per manifestare la sua esplicita volontà, utile solo per sottolinearla.
A terra, fece sistemare la ragazza sulla schiena e le pose i piedi sul ventre e sui seni, godendo del piacere avuto e della rilassatezza del corpo.
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