Mia cugina: Parte 13
di
Catartico
genere
incesti
Più tardi, entro nel mio appartamento. La mia ex assistente è seduta sul divano a guardare la TV. Mi fissa. — Cosa le è successo?
— Sei ancora qui?
— Non ha una bella cera.
— Non è successo niente. Comunque dovresti andare. È tardi.
Lei si sistema più comodamente sul divano. — Sto bene qui.
Sbuffo, seccato. — Senti, non puoi stare qui, ok? Quindi vattene.
La mia ex assistente fa finta di piangere. — Signor Valeriano, sei davvero cattivo.
Getto le mani in aria e me ne vado in cucina. È del tutto inutile discutere con lei. Trova sempre un modo per raggirarmi. Bevo un bicchiere d’acqua. Penso a Ilaria. Un amicizia più che decennale distrutta in un non nulla. Forse i suoi sentimenti erano solo passeggeri. E i miei? La amo davvero?
La mano della mia ex assistente si posa sulla mia spalla. — Le va di fare l’amore?
Scaccio la sua mano. — Torna a casa.
Monta il broncio come una bambina capricciosa. — Oggi è davvero cattivo. Cosa le è successo?
— Niente, proprio niente.
— È per via del nuovo lavoro?
Ci ha preso in pieno. — Mi stai spiando?
— Non ne ho bisogno. Le si legge in faccia che ha qualcosa che non va. Immagino sia la sua amichetta.
Mi dirigo in soggiorno e mi siedo sul divano a guardare la TV.
Lei si siede accanto. — Quando la smetterà di darle peso?
Non rispondo. Alzo il volume della TV.
Posa una mano sulla mia coscia. — Lei ha me. Non le basta?
La guardo, irritato. — Sei incasinata di brutto.
Fa un sorrisino, divertito. — Perché lei non lo è? Ha fatto l’amore sia con la sua migliore amica, che con sua cugina. È ora entrambe le hanno voltato le spalle. Ma lei continua a inseguirle.
— Non le sto inseguendo.
Posa la testa sulla mia spalla, gli occhi sollevati nei miei. — Guardi me. Io sono qui. Non ha bisogno di nessun’altra.
Mi alzo, vado in camera da letto e chiudo la porta a chiave. Mi butto sul letto, gli occhi fissi al soffitto. Sono esausto.
La mia ex assistente gira la maniglia della porta, picchia i pugni. — Signor Valeriano, perché ha chiuso la porta?
Roteò gli occhi in aria, frustrato. Non rispondo.
— Signore, la prego…
Mi giro sul fianco, chiudo gli occhi.
Lei continua a battere i pugni, piange. — Signore…
Mi tappo le orecchie, irritato, per un momento. Non voglio sentirla, ma mi sento in colpa. Mi alzo, apro la porta.
La mia assistente la spalanca di colpo, gli occhi iniettati di odio. — Tu..
Sgrano gli occhi turbato. Questa è pazza. Completamente pazza.
Scatto verso di me, mi spinge sul letto, mi salta sopra. Mi fissa. — D’ora in poi, ti darò del tu. Contento?
La guardo, sconcertato. — Contento?
— Mi hai sempre detto di darti del tu. Eccoti il tuo "tu."
— Ma… che c'entra questo con quello che stai facendo?
Aggrotta la fronte, irritata, si toglie la maglietta. I seni ballano davanti ai miei occhi. — Sei davvero un bambino cattivo — dice con il broncio.
— Ma che… Non…
Mi mette una tetta in faccia, l’aureola rosata sulle mie labbra. — Ciuccia da bravo.
— Ma…
Mi ficca il capezzolo in bocca. Parlo, ma escono solo versi strani. Inizio a succhiare il capezzolo mentre la guardo negli occhi.
Lei mi accarezza la testa con un sorriso, affettuoso. — Sei proprio un monello. Ti sei calmato, ora?
Sollevo un sopracciglio, perplesso. Continuo a succhiare. È proprio pazza! E io sono anche peggio che l’assecondo.
Mi mette l’altro capezzolo in bocca. — Su, da buono. Ciuccia.
Succhio.
Lei mette una mano dentro i miei pantaloni, dentro i miei boxer, afferra il mio pene duro. — Lo sento pulsare. Sei proprio eccitato.
Smetto di succhiare. Mi abbasso, in tutta fretta, pantaloni e boxer e gli metto il pene davanti alla faccia. La mia ex assistente, inginocchiata sul letto, lo guarda con un sorrisino, divertito. Tocca il buchino del glande con la punta della lingua. Arretro il bacino, eccitato, per un istante.
Lei se lo mette in bocca, comincia a succhiare, la lingua che scivola sotto la lunghezza del pene, il rumore della sua saliva. Mi eccito ancora di più. Tengo ferma la sua testa e muovo velocemente il pene dentro la sua bocca. Vado in profondità. Lei mi fissa, la faccia arrossata, le labbra bagnate di saliva.
Le vengo dentro.
Lei fa una specie di gemito, divertito.
Tolgo il pene dalla sua bocca. — Scusa, non volevo…
Lei ingoia lo sperma e apre la bocca, Mi mostra la lingua.
Mi acciglio, incredulo. — Che… che hai fatto? Perché?
— Volevo assaggiarlo — dice. — E non sarà l’ultima volta.
— Eh!?
Mi prende per il polso, mi tira sul letto, si mette a cavalcioni su di me e si infila il mio pene nella sua vagina, senza mani. — Ha un buon sapore. Voglio berlo ancora. Ma ora ti veglio dentro di me!
— Ma tu…
Mi tappa la bocca con una mano e si muove su di me, i suoi fianchi che sbattono sul mio inguine con vigore. — Mi vedi?
Annuisco.
I suoi occhi si socchiudono, irati. — Allora perché vai dietro a quelle due troie!?
Faccio per parlare, ma lei stende il busto su di me. Le sue tette pressate contro il mio petto. Continua a tenermi la bocca tappata, ruota il bacino sui miei fianchi. — Devi guardare solo me! Solo me!
La fisso quasi, impaurito. Dico qualcosa, ma escono solo versi.
Lei si irrigidisce di colpo, comincia a tremare. — Sì… — Mi toglie la mano dalla bocca. — Non chiudere più a chiave la porta…
La sposto sul letto, mi alzo e la guardo. La luce del lampione fuori dalla finestra, le illumina il seno e metà viso. — Domani ti voglio fuori da qui!
La mia ex assistente mi fissa, malissimo. — Scordatelo.
— Non costringermi a buttarti fuori con la forza.
— Non lo farai mai.
— Non tentarmi!
Distoglie lo sguardo, per un attimo. Poi torna a guardarmi con un sorriso, malizioso, e spalanca le gambe. Le grandi labbra si allargano umide. — Vieni qui…
— Mi hai sentita!? — chiedo, seccato.
— Non fare il bambino cattivo.
— Domani! — dico serio. Esco dalla stanza.
— Ehi! — grida la mia ex assistente. — Non me ne andrò mai da qui. Mi dovrai trascinare fuori con la forza. E in quel caso tornerò di nuovo! Mi hai sentita!? Tornerò di nuovo qui! Non ti libererai mai di me! Tu sei mio! Mio! Soltanto mio! Hai capito!? Soltanto mio!
Sospiro, esasperato, le spalle contro il muro. Se non faccio qualcosa, finirà malissimo.
— Sei ancora qui?
— Non ha una bella cera.
— Non è successo niente. Comunque dovresti andare. È tardi.
Lei si sistema più comodamente sul divano. — Sto bene qui.
Sbuffo, seccato. — Senti, non puoi stare qui, ok? Quindi vattene.
La mia ex assistente fa finta di piangere. — Signor Valeriano, sei davvero cattivo.
Getto le mani in aria e me ne vado in cucina. È del tutto inutile discutere con lei. Trova sempre un modo per raggirarmi. Bevo un bicchiere d’acqua. Penso a Ilaria. Un amicizia più che decennale distrutta in un non nulla. Forse i suoi sentimenti erano solo passeggeri. E i miei? La amo davvero?
La mano della mia ex assistente si posa sulla mia spalla. — Le va di fare l’amore?
Scaccio la sua mano. — Torna a casa.
Monta il broncio come una bambina capricciosa. — Oggi è davvero cattivo. Cosa le è successo?
— Niente, proprio niente.
— È per via del nuovo lavoro?
Ci ha preso in pieno. — Mi stai spiando?
— Non ne ho bisogno. Le si legge in faccia che ha qualcosa che non va. Immagino sia la sua amichetta.
Mi dirigo in soggiorno e mi siedo sul divano a guardare la TV.
Lei si siede accanto. — Quando la smetterà di darle peso?
Non rispondo. Alzo il volume della TV.
Posa una mano sulla mia coscia. — Lei ha me. Non le basta?
La guardo, irritato. — Sei incasinata di brutto.
Fa un sorrisino, divertito. — Perché lei non lo è? Ha fatto l’amore sia con la sua migliore amica, che con sua cugina. È ora entrambe le hanno voltato le spalle. Ma lei continua a inseguirle.
— Non le sto inseguendo.
Posa la testa sulla mia spalla, gli occhi sollevati nei miei. — Guardi me. Io sono qui. Non ha bisogno di nessun’altra.
Mi alzo, vado in camera da letto e chiudo la porta a chiave. Mi butto sul letto, gli occhi fissi al soffitto. Sono esausto.
La mia ex assistente gira la maniglia della porta, picchia i pugni. — Signor Valeriano, perché ha chiuso la porta?
Roteò gli occhi in aria, frustrato. Non rispondo.
— Signore, la prego…
Mi giro sul fianco, chiudo gli occhi.
Lei continua a battere i pugni, piange. — Signore…
Mi tappo le orecchie, irritato, per un momento. Non voglio sentirla, ma mi sento in colpa. Mi alzo, apro la porta.
La mia assistente la spalanca di colpo, gli occhi iniettati di odio. — Tu..
Sgrano gli occhi turbato. Questa è pazza. Completamente pazza.
Scatto verso di me, mi spinge sul letto, mi salta sopra. Mi fissa. — D’ora in poi, ti darò del tu. Contento?
La guardo, sconcertato. — Contento?
— Mi hai sempre detto di darti del tu. Eccoti il tuo "tu."
— Ma… che c'entra questo con quello che stai facendo?
Aggrotta la fronte, irritata, si toglie la maglietta. I seni ballano davanti ai miei occhi. — Sei davvero un bambino cattivo — dice con il broncio.
— Ma che… Non…
Mi mette una tetta in faccia, l’aureola rosata sulle mie labbra. — Ciuccia da bravo.
— Ma…
Mi ficca il capezzolo in bocca. Parlo, ma escono solo versi strani. Inizio a succhiare il capezzolo mentre la guardo negli occhi.
Lei mi accarezza la testa con un sorriso, affettuoso. — Sei proprio un monello. Ti sei calmato, ora?
Sollevo un sopracciglio, perplesso. Continuo a succhiare. È proprio pazza! E io sono anche peggio che l’assecondo.
Mi mette l’altro capezzolo in bocca. — Su, da buono. Ciuccia.
Succhio.
Lei mette una mano dentro i miei pantaloni, dentro i miei boxer, afferra il mio pene duro. — Lo sento pulsare. Sei proprio eccitato.
Smetto di succhiare. Mi abbasso, in tutta fretta, pantaloni e boxer e gli metto il pene davanti alla faccia. La mia ex assistente, inginocchiata sul letto, lo guarda con un sorrisino, divertito. Tocca il buchino del glande con la punta della lingua. Arretro il bacino, eccitato, per un istante.
Lei se lo mette in bocca, comincia a succhiare, la lingua che scivola sotto la lunghezza del pene, il rumore della sua saliva. Mi eccito ancora di più. Tengo ferma la sua testa e muovo velocemente il pene dentro la sua bocca. Vado in profondità. Lei mi fissa, la faccia arrossata, le labbra bagnate di saliva.
Le vengo dentro.
Lei fa una specie di gemito, divertito.
Tolgo il pene dalla sua bocca. — Scusa, non volevo…
Lei ingoia lo sperma e apre la bocca, Mi mostra la lingua.
Mi acciglio, incredulo. — Che… che hai fatto? Perché?
— Volevo assaggiarlo — dice. — E non sarà l’ultima volta.
— Eh!?
Mi prende per il polso, mi tira sul letto, si mette a cavalcioni su di me e si infila il mio pene nella sua vagina, senza mani. — Ha un buon sapore. Voglio berlo ancora. Ma ora ti veglio dentro di me!
— Ma tu…
Mi tappa la bocca con una mano e si muove su di me, i suoi fianchi che sbattono sul mio inguine con vigore. — Mi vedi?
Annuisco.
I suoi occhi si socchiudono, irati. — Allora perché vai dietro a quelle due troie!?
Faccio per parlare, ma lei stende il busto su di me. Le sue tette pressate contro il mio petto. Continua a tenermi la bocca tappata, ruota il bacino sui miei fianchi. — Devi guardare solo me! Solo me!
La fisso quasi, impaurito. Dico qualcosa, ma escono solo versi.
Lei si irrigidisce di colpo, comincia a tremare. — Sì… — Mi toglie la mano dalla bocca. — Non chiudere più a chiave la porta…
La sposto sul letto, mi alzo e la guardo. La luce del lampione fuori dalla finestra, le illumina il seno e metà viso. — Domani ti voglio fuori da qui!
La mia ex assistente mi fissa, malissimo. — Scordatelo.
— Non costringermi a buttarti fuori con la forza.
— Non lo farai mai.
— Non tentarmi!
Distoglie lo sguardo, per un attimo. Poi torna a guardarmi con un sorriso, malizioso, e spalanca le gambe. Le grandi labbra si allargano umide. — Vieni qui…
— Mi hai sentita!? — chiedo, seccato.
— Non fare il bambino cattivo.
— Domani! — dico serio. Esco dalla stanza.
— Ehi! — grida la mia ex assistente. — Non me ne andrò mai da qui. Mi dovrai trascinare fuori con la forza. E in quel caso tornerò di nuovo! Mi hai sentita!? Tornerò di nuovo qui! Non ti libererai mai di me! Tu sei mio! Mio! Soltanto mio! Hai capito!? Soltanto mio!
Sospiro, esasperato, le spalle contro il muro. Se non faccio qualcosa, finirà malissimo.
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