Mia cugina: Parte 8

di
genere
incesti

Il giorno successivo la mia assistente si comporta come se non fosse successo nulla. Anzi, è diversa dalle altre volte. È più fredda, distaccata. Molto professionale. Forse l'uscita di ieri le ha fatto realizzare che non sono l’uomo che immaginava. Il bacio dev’essere stato la nota finale. Meglio così, perlomeno non perderà tempo dietro a me.
Nel tardo pomeriggio si presenta nel mio ufficio senza averla chiamata. Resta ferma a guardarmi davanti alla porta chiusa.
Sollevo lo sguardo su di lei. — Puoi andare. Abbiamo finito.
Continua a fissarmi in modo strano. Non risponde.
— Devi dirmi qualcosa?
Chiude le veneziane dei muri di vetro e si avvicina a me.
Mi acciglio confuso. — Che stai facendo?
— Sono andati via tutti — risponde. Si china e posa le mani sulle mie cosce con uno sguardo indecifrabile.
Scatto in piedi. — Che vuoi fare?
Lei mi fissa. — Ieri le ho parlato del rimpianto. Quando sono tornata a casa, ne avevo un altro. Voglio fare l’amore con lei.
Sgrano gli occhi incredulo. — Sei impazzita?!
— Forse. Ma se non lo faccio, lo rimpiangerò.
— Per questo eri così strana oggi?
La mia assistente batte una mano sulla sedia. — Si sieda. Mi lasci fare ciò che voglio.
— Stai oltrepassando il limite.
— Lo so, ma non posso farci nulla. La desidero così tanto. Mi permetta di fare l’amore con lei.
Vado alla porta.
Lei scatta verso di me e mi blocca la strada, gli occhi lucidi. — La prego, non se ne vada.
— Perché ti comporti così?
— Perché la amo.
Aggrotto le sopracciglia turbato. — Questa storia finirà male.
— Perché dovrebbe? Siamo due adulti. Cosa c'è di male?
— Non ti capisco… Perché sei così ostinata con me? Cos’è che ti spinge a essere così?
Avvicina il viso al mio. — Lei. Tutto. Mi piace ogni cosa di lei.
— Ma non sai nemmeno chi sono. L’hai detto tu stessa ieri. Sono un uomo ambiguo.
La mia assistente mi sfiora la mascella con un dito. — Altri al suo posto ci avrebbero già provato con me. Anzi, tutto l'ufficio ci ha provato. Anche quelli fidanzati e sposati. Lei è l’unico che mi ha respinto.
— Lo fai per questo? Per averla vinta?
— No, lo faccio perché lei è un brav’uomo. È gentile, attento e sincero. Qualità rare al giorno d’oggi. Capisce perché voglio farla mio?
Sbuffo nervoso. — Sei ancora una ragazzina.
— Ha ragione, ma so cosa voglio. Se non vuole stare con me, mi basta incontrarla senza impegni. Sono sicura che prima o poi si innamorerà di me.
— Sei troppo sicura di te.
Mi fa un sorriso mellifluo. — Mi permetta di fare l’amore con lei d’ora in poi. Senza impegni. Una relazione dove entrambi gioviamo nello stare insieme.
— Sei brava con le parole. Credo tu sia sprecata come assistente.
— Posso baciarla?
Mi volto e vado alla finestra. Guardo fuori. Dal trentesimo piano il buio della notte si amalgama insieme alle chiazze di luce che punteggiano la città.
La mia assistente appoggia una mano sulla mia spalla. — Si lasci andare, signor Valeriano. So che lo vuole anche lei.
— Dovresti andare.
— Mi permetta di baciarla.
— No.
— La prego.
— Esci.
Un breve silenzio.
La sua mano si ritira dalla mia spalla. Lei si piazza davanti a me, mi guarda negli occhi. — Le chiedo scusa, ma dovrò fare il passo per lei.
— Quale pas…
Mi bacia e mi ficca la lingua in bocca. Faccio per allontanarla, ma le braccia non collaborano. Mi bacia per un po'. Si abbassa e mi tira giù pantaloni e mutande. Osserva il mio pene duro come marmo per un attimo e solleva lo sguardo su di me con un sorrisetto. Mi fa sedere sulla sedia e si mette il pene in bocca. Gemo. La sua lingua gira attorno al mio glande, la sua saliva cola lungo l’asta del pene.
Si alza, si abbassa le mutandine sotto la gonna, si mette a cavalcioni su di me e guida il mio pene dentro di sé. È caldissima, umida. Inizia a muovere il bacino mentre ansima. Torna a baciarmi, serra le braccia attorno alle mie spalle. Comincia a colpire con i fianchi il mio inguine. I suoi baci si fanno più passionali, pregni di un affetto celato. Facciamo l’amore per un pezzo.
Le vengo dentro.
La mia assistente si stringe a me, le cosce che tremano e si chiudono attorno ai miei fianchi. — Non riesco a muovermi…
— Stai bene? — domando preoccupato.
— Mi ha fatto venire…
— Oh…
— Siamo venuti insieme…
— Già…
— Abbiamo un'ottima chimica…
— È stato un errore.
Lei rafforza la presa attorno alle mie spalle. — No, tutt'altro. È stato bello. Non riesco ancora a crederci.
— Amo un’altra donna — dico di getto.
— Lo so.
— Lo sai?
— È la donna che è venuta in ufficio l’altro giorno, vero?
Non rispondo.
La mia assistente mi abbraccia la testa, l'accarezza. — Non fa niente. Io posso amare per tutti e due.
— Tu non capisci che…
— È una mia scelta. La prego di rispettarla.
— Non è una scelta. Ti farai solo del male. Non capisci?
Lei muove leggermente il bacino sul mio inguine, il mio pene si muove all’interno della sua vagina. — Voglio quello che è dentro di me. Mi basta questo. Non le chiedo altro.
— Credo tu abbia un amore malsano nei miei confronti. Se continua così, dovrò trasferirla in un'altra sezione.
Mi abbraccia. — Non lo faccia, per favore. Voglio solo che… — Si alza da sopra di me, righe di acqua le rivolano dalla vagina lungo l’interno coscia. — Per ora la lascio, ma… Voglio rifarlo. Anche lei vuole rifarlo, vero? Glielo leggo negli occhi.
Distolgo lo sguardo a disagio.
La mia assistente si rimette le mutandine, mi saluta con un sorriso soddisfatto e va via.
Resto con il pene di pietra a guardare fuori dalla finestra il cielo stellato.

La sera stessa incrocio i miei amici e Ilaria al bar. Beviamo qualche birra mentre ascoltiamo la solita lagna del nostro amico che parla della sua ex. Per tutta la serata Ilaria non mi guarda nemmeno una volta. Beve il suo thè al limone e fissa il bicchiere. Fissa il bicchiere e beve il suo thè al limone.
Alla fine me ne vado per primo. Sono troppo in sovrappensiero. Sto ancora pensando a ciò che è successo con la mia assistente. Non riesco a credere di averlo fatto con lei. Non dopo aver insistito così tanto per non farlo. Non è stata la prima volta che mi capitava di restare in una situazione delicata con lei. Eppure stavolta non mi sono tirato indietro. Perché? So già che non ci sarà nulla tra noi. Il mio cuore è altrove.
Raggiungo la mia macchina e appoggio le mani sul tettuccio, la testa bassa. Sono un po' alticcio. Ho combinato un bel casino.
— Ti senti male? — chiede Ilaria dietro di me.
Sussulto, mi volto. — Mi hai fatto venire un colpo. Perché sei qui?
— È un mese che non ci parliamo.
— Già. Un mese.
— Ho riflettuto molto.
— Su cosa?
— Su di noi. Non mi sembra giusto non parlarci.
— Sei tu quella che mi ha ignorato fino adesso.
— Hai ragione.
— Quindi?
— Torniamo a essere amici e... dimentica tutto ciò che è successo ultimamente.
Incrocio le braccia con disappunto. — Non è che posso dimenticare le cose a comando. Se fosse così, non sarei incasinato.
Ilaria fa un sorrisino. — Ma non saresti tu. È sarebbe un peccato.
— Sì, sfottimi pure.
Mi allunga mano. — Amici?
Faccio una smorfia, scaccia la sua mano e l’abbraccio, una mano dietro la sua testa. — Siamo già amici.
Le sue braccia restano distese lungo i fianchi.
— Non ignorarmi più — dico accanto al suo orecchio. — Non è divertente.
Nessuna risposta.
Mi stacco dall'abbraccio, ma lei mi stringe forte.
— Oh — dico.
— Zitto…
— Stai piangendo?
— Non rompere.
— E chi sta rompendo?
— Tu!
— Ma non sto facendo niente.
— Allora stai zitto.
— Che ti prende?
— Ancora!?
— Ok, sto zitto.
Restiamo abbracciati per un po’. Una coppia ci guarda da lontano mentre porta a spasso il cane. Una ragazza passa e ci fissa stranita.
Faccio per staccarmi dall’abbraccio, ma Ilaria mi tiene avvinghiato nella sua stretta.
— Non hai intenzioni di lasciarmi andare? — domando con un sorriso. — Questo è sequestro di persona.
— Stai zitto, accidenti a te! — dice lei seccata.
— Vuoi assimilarmi?
— Che?
— Niente.
— Devo dirti una cosa.
— Cosa?
— Non possiamo essere amici.
— Ah… Hai cambiato subito idea.
Un attimo di silenzio.
— È colpa tua — dice Ilaria.
— È sempre colpa mia per te. Anche se respiro è colpa mia.
— Mi hai abbracciata. Perché lo hai fatto? Perché!?
— Siamo amici da un sacco di tempo. Ti pare giusto stringerci la mano come due conoscenti? A me no.
— Non dovevi… Non dovevi farlo…
— Ehi, stai piangendo di nuovo?
— No.
— Ma sta singhiozzando?
— Stai zitto, dannazione!
Faccio per guardarla in viso, ma mi tiene appiccicato a sé.
— Va tutto bene — dico.
— Perché mi hai abbracciato?
— Come perché? Sei mia amica. Sei importante per me.
— Ecco, lo vedi!? La fai apposta?!
— Ma di che stai parlando?
Mi fissa negli occhi. — Non posso essere tua amica. Non più.
La guardo. Ha gli occhi rossissimi dal pianto. — Poco fa hai detto…
— Mi confondi… Non riesco a pensare lucidamente. Mi fai comportare come una ragazzina. E io odio essere una ragazzina.
— Ma…
Mi tappa la bocca con la mano. — Stai zitto! Zitto! Mi stai facendo innervosire.
Annuisco del tutto confuso.
Ilaria toglie la mano. — Ora non riesco nemmeno a staccarmi da te. Ti sembra giusto?
Non rispondo. Qualunque cosa dica mi dirà di starmene zitto.
Torna a stringermi a sé, la testa appoggiata sul mio petto.
Rimaniamo così a lungo. Un gatto zampetta lungo un muretto e sparisce dietro un albero. Un uomo ci passa accanto in tutta fretta con una valigetta. Non ci nota neanche.
Ilaria sospira. — Come fai?
— A fare cosa?
— A farmi comportare così. Non è da me, eppure non riesco a farne a meno.
— Beh, non lo so… In realtà non faccio niente.
Mi tira un pugnetto sul braccio. — Cretino!
— Ahia! Perché mi hai colpito?
— Perché te lo meriti.
— Per cosa?
— Sei anche stupido!
Sbuffo esasperato. — Hai intenzione di rimanere attaccata a me fino a domani?
— Beh, tecnicamente è già domani.
— Spiritosa… Ma almeno non piangi più.
Mi sferra un altro pugnetto sul braccio. — Scemo!
— Ahia! Lo hai fatto di nuovo.
— Zitto! Zitto! Basta!
Mi stringe forte per un istante, poi si stacca con una leggera spinta. — Contento?
Le guardo gli occhi e il viso arrossati. Mi faccio serio. — Dicevi sul serio poca fa?
Ilaria si gira verso la strada per non guardarmi. — Sì…
— Mi… mi ami?
La sua testa si abbassa. Non risponde.
Cala un silenzio pesante per un momento. Forse non dovevo farle quella domanda.
Si volta verso di me. — Ha importanza? Cambierà qualcosa?
Distolgo sguardo. — Non possiamo andare per gradi?
— Gradi? Di che parli?
— Siamo amici da un sacco di tempo, ma solo adesso abbiamo…
— Adesso?! Mi piaci da quando mi hai portato all’infermeria alle superiori. Te ne sei già dimenticato!? Credo di amarti da allora. Quindi cosa c'entra questo ‘andare per gradi?’
— Perché ti stai incazzando?
— Odio girare intorno alle cose!
Mi passo una mano sulla faccia. — Ok, mi sono espresso male. Quello che…
Ilaria si piazza davanti a me e mi fissa dritto negli occhi a pochi centimetri dalla faccia. — So che sei sempre stato un indeciso nato. Rimugini sulle cose all'infinito. Ma questa volta non puoi. Non con me!
— Ho fatto sesso con la mia assistente — dico di getto, nel panico. Perché l’ho fatto!?
Ilaria mi fa un sorrisetto nervoso e furioso. — Ah… Questo… questo cosa c'entra?
— Non… non lo so. Non so neanche perché l’ho detto.
Si copre gli occhi con le dita come se stesse cercando di non esplodere. — Non sono sorpresa. Hai combinato così tanti casini… Ti sei praticamente scopato l’intero edificio in cui lavori. Ogni donna si quel dannato posto… — Fa una smorfia assassina, gli occhi spiritati. — Cosa vuoi che sia un’assistente, no? Era solo questione di tempo.
— Io… Ecco… Non volevo, ma… Non lo so.
— Fai di tutto per sviare il discorso. Perché non mi dici in faccia che non provi niente per me, senza che fai lo stronzo, eh?! — Mi spinge con forza. — Perché non me lo dici? Perché!? Dimmi che ti faccio schifo, che non mi ami. Dimmi…
La bacio e la spingo con il mio corpo contro la mia macchina. Ho perso il controllo. Ilaria si sbaglia. Su tutto. Lei mi stringe e mi infila la lingua in bocca. Apro la portiera posteriore, la faccio distendere e riprendo a limonarla. Ho il pene durissimo, preme contro la sua vagina.
Lei smette di baciarmi, mi fissa. — Sei una bastardo!
Sorrido e la ribacio. Non sono un bastardo. Sono solo uno stronzo egoista che non vuole perderla. Mi abbasso in tutta fretta pantaloni e mutande. Lei si alza la gonna e si tira giù le mutandine.
Il mio pene scivola nella sua vagina bagnata. È un forno. Geme. Si aggrappa a me come un ragno, le braccia attorno alle mie spalle, le cosce attorno ai miei fianchi. Le nostre labbra si divorano a vicenda mentre il mio inguine colpisce il suo con colpi decisi e veloci. Ansima.
Facciamo l’amore per un pezzo.
Le sue cosce cominciano a tremare, i suoi respiri si fanno più corti, il suo corpo si irrigidisce mentre geme.
Le vengo dentro.
Ilaria sospira esausta e incazzata. — Stronzo!
— Già…
— Mi sei venuto di nuovo dentro…
Sbuffo seccato. — Già…
— Sei venuto sul più bello.
— Sei venuta anche tu, no?
— No.
— Sì, invece.
— Ti sbagli.
— Allora perché…
Mi spinge via in modo brusco, prende un fazzoletto dalla borsetta e si pulisce lo sperma che cola dalla vagina. — Era questo che volevi, no? Farti una "scopata" con me. Bravo. Complimenti.
— Pensi che sia un mostro insensibile?
— Dimmelo tu.
— Sono stanco di litigare.
— Anch’io. Quando sono con te finisco per rendermi ridicola.
Non rispondo.
Ilaria si mette le mutandine, si tira giù la gonna, si sistema i capelli e mi guarda. — Abbiamo chiuso.
Non rispondo
— Non hai niente da dire? Meglio così. — Apre la portiera per andare via, ma le afferro il polso. Lei si volta. — Che c’è?
La guardo negli occhi. — Ti amo.
Ilaria serra gli occhi e scende dalla macchina.
Scendo anch'io. — Ilaria!
Lei s’incammina lungo il marciapiede con passo sostenuto. Non risponde.
Le vado dietro. — Fermati. Aspetta. — Le prendo il polso. — Ilaria!
Lei si volta di scatto a guardarmi, il viso una maschera di rabbia. — Lasciami!
— Parliamo.
— Lasciami andare, ti ho detto!
— Ilaria.
Due uomini di passaggio si avvicinano a noi attirati dalla sua voce.
— Che succede? — chiede uno di loro.
Li ignoro e la tengo per il polso con entrambe le mani. — Hai sentito cosa ti ho detto? Ti amo.
Lei si dimena come una pazza. — Ti ho detto di lasciarmi andare!
I due uomini mi spingono via e cominciano a spintonarmi.
— Ehi! — urla uno di loro. — Lasciala stare!
Faccio per andare da lei, ma mi spingono di nuovo via. Ilaria mi fissa con uno sguardo strano. Un odio intenso. Anche peggio. Non mi ha mai guardato così.
— Ilaria… — dico.
Uno dei due uomini mi dà un forte spintone e cado a terra.
Ilaria si allontana nella notte.
scritto il
2025-05-25
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